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Nota Ministero beni culturali 27 luglio 2016, prot. n. 22539

Conferenza di servizi - Chiarimenti sulle novità introdotte dal Dlgs 127/2016

Ministero per i beni e le attività culturali

Nota 27 luglio 2016, prot. n. 22539

Decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, recante "Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza dei servizi, in attuazione dell'articolo 2 de/la legge 7 agosto 2015, n.124", pubblicato in Gazzetta ufficiale serie fenerale n. 162 del 13 luglio 2016 - Nota circolare.-

1. Come è noto, con legge 7 agosto 2015, n. 124, recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ", il legislatore delegante è intervenuto al fine di realizzare una profonda opera di razionalizzazione del complesso normativo che disciplina l'azione dei pubblici poteri.

In tal senso, sono state attribuite deleghe al Governo a intervenire in diversi settori della pubblica amministrazione, autorizzando più specificamente l'esercizio del potere normativo delegato in materia di semplificazioni amministrative (Capo I), organizzazione dell'amministrazione dello Stato (Capo Il), personale (Capo III) e semplificazione normativa (Capo IV). I decreti legislativi in questione incidono profondamente su alcuni istituti di semplificazione procedimentale — su tutti, la conferenza di servizi — al fine di semplificare e accelerare l'agire della pubblica amministrazione. Sulle novità legate all'entrata in vigore, lo scorso anno, dell'articolo 3 della legge n. 124 del 2015, introduttivo del silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni, anche nel settore della tutela del patrimonio culturale, questo Ufficio ha già fornito prime indicazioni applicative con la nota circolare protocollo 27158 del 10 novembre 2015, recentemente integrata con nota protocollo 21892 del 20 luglio 2016 a seguito del parere n. 1640 del 13 luglio 2016 reso dal Consiglio di Stato. La presente nota intende fornire agli Uffici elementi informativi e interpretativi in relazione al decreto legislativo indicato in oggetto, che entrerà in vigore il 28 luglio p.v., con il quale è stata introdotta una notevole riforma dell'istituto della conferenza di servizi.

2. Sul piano generale, come opportunamente evidenziato nella relazione illustrativa (al decreto legislativo di riforma della conferenza di servizi) e nei pareri resi dal Consiglio di Stato (n. 890 del 2016) e dalle Commissioni parlamentari competenti, l'azione riformatrice del Governo si muove lungo un continuum ai cui estremi si trovano, da una parte, l'intervento sul complesso di attività non necessitanti di alcun provvedimento autorizzativo (vedi la riforma della segnalazione certificata di inizio attività (Scia) di cui al Dlgs 30 giugno 2016, n. 126) e, dal lato opposto, la riforma della disciplina generale della conferenza di servizi, con la quale si interviene evidentemente sul "governo" delle attività più complesse da gestire e che richiedono provvedimenti di assenso più complessi, con molteplici amministrazioni e interessi coinvolti.

In questa sede, con riferimento al decreto legislativo in oggetto, si intende dare preliminarmente conto dei possibili profili di interesse per l'organizzazione e le attività del Ministero, riservandosi con successivi atti di esaminare più nel dettaglio singoli istituti e possibili soluzioni di eventuali profili problematici, di carattere generale, sul piano interpretativo o applicativo.

Il decreto legislativo in esame prevede la ridefinizione e la semplificazione della disciplina della conferenza di servizi, sulla base di una serie di criteri direttivi, tra i quali la differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori, secondo proporzionalità, e la ridefinizione e riduzione dei casi in cui la convocazione è obbligatoria, anche in base alla complessità del procedimento, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi che la conferenza si svolga attraverso la convocazione di riunioni in presenza; lo snellimento dei lavori da conseguire anche con l'utilizzo di strumenti informatici; lo svolgimento della conferenza anche in modalità asincrona; la semplificazione del modello decisionale attraverso la previsione della partecipazione alla conferenza di un rappresentante unico delle amministrazioni statali. E' importante sin d'ora evidenziare come il criterio di delega della "riduzione dei casi di convocazione obbligatoria della conferenza di servizi" sia strettamente connesso al criterio della semplificazione e possa ritenersi rispettato sotto il profilo della riconduzione della "conferenza di servizi semplificata", prevista dal nuovo articolo 14-bis inserito nella legge n. 241 del 1990, a uno scambio telematico di atti di assenso o pareri comunque denominati richiesti dall'amministrazione procedente, mentre la vera e propria "conferenza di servizi", nel senso tradizionale del termine, costitutivamente caratterizzata dalla simultaneità "in presenza" della trattazione dell'affare da parte delle diverse amministrazioni coinvolte e della decisione conclusiva derivante dal raffronto dialettico dei diversi punti di vista da esse apportati, rappresenta, nel nuovo sistema, come si illustrerà qui di seguito, un'ipotesi condizionata e subordinata alla mancata conclusione favorevole della prima fase "semplificata", che si risolve, in realtà, come detto, in un modo di procedere "asincrono" e "a distanza", caratterizzato solo dalla possibile simultaneità degli invii telematici all'amministrazione procedente degli atti delle singole amministrazioni coinvolte, ma non anche dalla necessità di effettuare apposite riunioni. Ancorché, dunque, la conferenza di servizi "vera e propria", ossia quella prevista dal nuovo articolo 14-ter introdotto nella legge n. 241 del 1990 dal decreto legislativo in esame, denominata "conferenza di servizi in forma simultanea e in

modalità sincrona", possa essere indetta direttamente (comma 7) qualora risulti necessario in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere, essa, nella normalità dei casi, si porrà come evenienza obbligatoria solo in caso di "fallimento" della procedura "semplificata".

3. L'articolo 1 reca le modifiche alla disciplina generale della conferenza di servizi mediante la completa riformulazione del testo degli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

In particolare, il novellato articolo 14 specifica e distingue le varie tipologie di conferenze di servizi.

La conferenza di servizi istruttoria, in linea con l'attuale disciplina, è facoltativa e può svolgersi con la modalità "semplificata" (articolo 14-bis) ovvero con modalità diverse.

La conferenza di servizi decisoria, invece, innovando la disciplina, è sempre obbligatoria quando la conclusione positiva del procedimento, ovvero lo svolgimento di un'attività privata, è subordinata all'acquisizione di più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici. Come già accennato al paragrafo 2, tale obbligatorietà della conferenza decisoria è nella sostanza "temperata" dalla previsione, contenuta nel nuovo articolo 14-ter della legge n. 241, della conferenza in forma simultanea e in modalità sincrona, che "scatta" solo se non ha esito positivo la conferenza semplificata o nei casi più complessi.

Si prevede, inoltre, che possa essere indetta la conferenza dei servizi preliminare, per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di assenso. La conferenza preliminare si svolge secondo le disposizioni che regolano la conferenza semplificata, con abbreviazione dei termini fino alla metà.

Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico la conferenza di servizi si esprime sul progetto di fattibilità tecnica ed economica (che sostituisce il "vecchio" progetto preliminare, ai sensi del Dlgs n. 50 del 2016), al fine di indicare le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente.

A seguito di un quesito formulato dalla Presidenza del Consiglio, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Consiglio di Stato, con parere n. 1640 del 13 luglio 2016, si è espresso sui rapporti tra la conferenza di servizi e il silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche (disciplinato dall'articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990) aderendo al criterio interpretativo proposto dalla Presidenza, ritenuto il più semplice per la risoluzione dell'apparente sovrapposizione normativa, per cui si forma il silenzio-assenso quando è necessario acquisire l'assenso di una sola amministrazione, mentre opera la conferenza di servizi quando è necessario acquisire l'assenso di due o più amministrazioni. Il Consiglio di Stato ha tuttavia precisato che, in alternativa, per estendere l'ambito applicativo dell'articolo 17-bis, si può sostenere che il silenzio-assenso opera sempre, anche qualora siano coinvolte più amministrazioni interpellate, evitando, ove si formi, la necessità di ricorrere alla conferenza, che andrebbe pertanto convocata solo a seguito del dissenso espresso al fine del superamento del dissenso medesimo.

Secondo il Consiglio di Stato non è invece possibile sostenere la tendenziale identità tra silenzio— assenso e conferenza semplificata asincrona, anche se tale tesi potrebbe apparire condivisibile in linea di principio, a causa della diversa disciplina prevista per la composizione dei conflitti, pur riservata in entrambi i casi al Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Resta dunque confermato — come si evince, del resto, dall'uso, nel decreto delegato, della locuzione "più atti di assenso" (cui la conclusione positiva del procedimento è subordinata), quale condizione per l'obbligatorio ricorso a tale istituto — che la conferenza di servizi, anche nella forma "semplificata", opera solo nel caso in cui per l'intervento da realizzare o per l'attività da intraprendere siano richiesti, oltre all'assenso dell'autorità procedente che indice la conferenza di servizi, almeno altri due atti di assenso. La conferenza di servizi non è invece obbligatoria, ma solo facoltativa, in tutti i casi in cui — guardando al campo specifico del patrimonio culturale — l'intervento o l'attività non richiedano altri titoli (per esempio) all'infuori di quello edilizio e di quello di tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al Dlgs n. 42 del 2004.

Tale conclusione è applicabile anche al caso dell'autorizzazione paesaggistica, poiché a essa non

osta la particolare articolazione di tale procedimento (articolo 146 del predetto codice di settore), che implica (spesso) il concorso di tre atti di assenso tra loro variamente connessi, quello edilizio, se richiesto, quello paesaggistico e, all'interno di quest'ultimo, il parere vincolante del soprintendente, ma non implica (di regola) una trilateralità di rapporto (agendo, nel procedimento, di regola, solo il Comune delegato dalla Regione e la soprintendenza). Nei casi in cui l'ente preposto alla gestione del vincolo sia diverso dal Comune (per es., Regione o Ente parco), allora, in presenza di tre attori istituzionali che cooperano nello stesso procedimento può apparire conveniente il ricorso alla conferenza di servizi (prima nella forma "semplificata", solo in via subordinata e successiva, alla conferenza di servizi "in presenza", in modalità sincrona).

Conseguentemente, nel caso degli interventi di lieve entità, in sede di redazione del nuovo regolamento di modifica del Dpr n. 139 del 2010 approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 15 giugno 2016, si è ritenuta condivisibile una proposta emendativa della Conferenza unificata al decreto in itinere, volta a prevedere la conferenza di servizi (semplificata) solo quando, oltre all'autorizzazione paesaggistica semplificata e al titolo abilitativo edilizio, sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso. Tale proposta è sembrata infatti coerente con il principio di delega della riduzione dei casi di ricorso alla conferenza di servizi.

La conferenza di servizi, nell'ipotesi in cui un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, rappresenta il "luogo" nel quale confluiscono gli esiti dell'integrazione di due procedimenti, quello finalizzato al rilascio del provvedimento autorizzatorio per la realizzazione di un intervento e quello relativo al giudizio di compatibilità ambientale che deve esprimersi sul relativo progetto (vedi l'articolo 25, comma 3, del Dlgs n. 152 del 2006). In tal modo il giudizio di compatibilità ambientale espresso a seguito dei lavori della conferenza andrà a sostituire tutti gli atti di assenso necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto. Restano ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale. In accoglimento di un'osservazione del Consiglio di Stato, è stato introdotto il comma 5, il quale stabilisce che l'indizione della conferenza è comunicata ai soggetti già destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, ai quali è riconosciuta la facoltà di intervenire nel procedimento. La disposizione, si noti, si applica a tutte le conferenze di servizi, non solo alla preliminare.

L'articolo 14-bis disciplina la conferenza in forma semplificata e in modalità asincrona. Tale modalità è obbligatoria, di regola, per la conferenza decisoria. La conferenza è indetta dall'amministrazione procedente entro cinque giorni lavorativi dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda (specificazione richiesta dalla Conferenza unificata) se il procedimento è a iniziativa di parte. L'amministrazione procedente è tenuta a comunicare alle altre amministrazioni di cui si renda necessario acquisire pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, l'oggetto della determinazione, corredato della relativa documentazione o delle credenziali informatiche per accedervi in via telematica; il termine perentorio e comunque non superiore a quindici giorni entro il quale richiedere eventuali integrazioni istruttorie; il termine perentorio entro il quale rendere le proprie determinazioni comunque non superiore a quarantacinque giorni ed esteso a novanta giorni per le amministrazioni portatrici di interessi sensibili (ove disposizioni di legge o i decreti di cui all'articolo 2 della legge n. 241 del 1990 non prevedano un termine diverso) quale espressa considerazione della particolare rilevanza degli interessi di tutela del patrimonio culturale e di tutela ambientale; la data della eventuale riunione in modalità sincrona (entro i successivi cinque giorni). E' sempre fatto salvo il termine di conclusione del procedimento.

Le determinazioni conclusive, congruamente motivate, devono essere formulate in termini di assenso o dissenso e, in tale ultimo caso, devono essere indicate ove possibile (la locuzione è stata aggiunta in adesione al parere del Consiglio di Stato) le modifiche necessarie ai fini dell'assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso devono essere, inoltre, chiare e analitiche e specificare se sono relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa, da un atto amministrativo generale (per esempio, il Piano paesaggistico) ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell'interesse pubblico. Merita di essere sottolineata l'aggiunta "ove possibile", introdotta quale condizione limitatrice alla regola generale del così detto "diniego costruttivo" o "propositivo". Questa limitazione chiarisce che resta comunque aperta la così detta "opzione zero", ossia la possibilità che sia opposto un diniego assoluto alla realizzazione dell'intervento, allorquando siano minacciati o pregiudicati in modo non mitigabile i valori culturali e paesaggistici dell'area o dell'immobile tutelati. E' evidente tuttavia che il ricorso a tale posizione di diniego assoluto dovrà essere più che congruamente motivato, proprio e specificamente sotto il profilo della non contenibilità del pregiudizio, mediante apposite prescrizioni "costruttive", entro limiti di compatibilità con i valori tutelati. Una carenza di motivazione su tale punto essenziale configurerebbe un evidente indice di illegittimità del diniego per eccesso di potere, esponendo l'amministrazione a contenziosi dall'esito prevedibilmente sfavorevole e aggravando la percezione esterna di questa amministrazione come puramente interdittiva (percezione purtroppo già molto diffusa nell'opinione pubblica e presso le autonomie territoriali, come formalmente manifestato da numerosi Presidenti di Regioni proprio in occasione della discussione in Conferenza unificata degli schemi di decreti delegati attuativi della legge n. 124 del 2015). Il diniego "assoluto" dovrà in particolare essere escluso, perché intrinsecamente illogico e sproporzionato, in tutti i casi in cui si abbia a che fare non già con nuovi interventi comportanti esteso consumo di suolo verde o la profonda alterazione irreversibile del bene culturale tutelato, bensì con interventi manutentivi o di risanamento conservativo e di restauro, spesso in sé necessari per la stessa conservazione del bene protetto, in ordine ai quali potrà ragionevolmente discutersi del modo, non del se debbano essere realizzati, sicché, rispetto a essi, particolarmente cogente appare la regola logica del dissenso costruttivo, ossia del dovere funzionale dell'amministrazione di tutela di fornire essa stessa indicazioni propositive utili a rendere l'intervento compatibile e rispettoso delle caratteristiche tipologiche del bene protetto.

Fatti salvi i casi in cui la normativa europea richieda l'adozione di un provvedimento espresso, la mancata comunicazione della determinazione relativa alla decisione oggetto della conferenza entro i termini poc'anzi illustrati o la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti verso l'amministrazione, per l'assenso reso, ancorché implicito.

Scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni, l'amministrazione procedente adotta, entro cinque giorni lavorativi la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza. Qualora siano pervenuti esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, o qualora le condizioni e prescrizioni indicate dalle amministrazioni coinvolte possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.

Viceversa, in presenza di atti di dissenso non ritenuti superabili, l'amministrazione procedente adotta la determinazione di conclusione negativa, avente l'effetto di rigetto della domanda. In accoglimento di un'osservazione del Consiglio di Stato è stato previsto che nei procedimenti a istanza di parte la suddetta determinazione produce gli effetti della comunicazione di cui all'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990. L'amministrazione procedente trasmette alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine; dell'eventuale mancato accoglimento ditali osservazioni è data ragione nell'ulteriore determinazione di conclusione della conferenza.

Il comma 6 disciplina l'ipotesi in cui durante lo svolgimento della conferenza in modalità asincrona siano stati comunicati dissensi espressi che l'amministrazione procedente ritiene possibile e opportuno superare. Si stabilisce, in tal caso, che quest'ultima, ai fini dell'esame contestuale degli interessi coinvolti, svolga la riunione della conferenza in modalità sincrona, ai sensi del successivo articolo 14-ter, nella data fissata ai sensi del comma 2, lettera d) dell'articolo 14-bis, ossia tra il quarantacinquesimo e il cinquantacinquesimo giorno dall'indizione della conferenza.

La possibilità per l'amministrazione procedente di attivare direttamente la conferenza di servizi in forma simultanea e in modalità sincrona è espressamente prevista, infine, nel comma 7, qualora risulti necessario in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere. Si è già evidenziato come questa vera e propria conferenza di servizi, più "pesante" e impegnativa, sia destinata a operare solo in casi residuali di maggiore complessità o di acquisizione di dinieghi nel corso della fase "semplificata".

L'amministrazione procedente può procedere in forma simultanea e in modalità sincrona anche su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato avanzata entro quindici giorni; in questo secondo caso la riunione ha luogo nei successivi quarantacinque giorni (come richiesto dalla Conferenza unificata).

Il nuovo articolo 14-ier detta le disposizioni che regolano la conferenza di servizi che si svolge in forma simultanea e in modalità sincrona, con la partecipazione contestuale, ove possibile anche in via telematica, dei rappresentanti delle amministrazioni competenti.

I lavori della conferenza si concludono non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della prima riunione. Nei casi di particolare complessità in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in novanta giorni (tale importante precisazione, che riconosce lo statuto speciale della tutela del patrimonio culturale, recepisce l'osservazione formulata dalle Commissioni parlamentari). Resta fermo l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

4. Il comma 3 dell'articolo 14-ter reca il principio generale secondo cui ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato a esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell'amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza.

Nella conferenza simultanea, si prevede altresì che, ove alla conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto, abilitato a esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per le amministrazioni periferiche, dal Prefetto (così detto "rappresentante unico di governo"). Si prevede, poi, che, ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possano comunque intervenire ai lavori della conferenza, ma esclusivamente in funzione di supporto. Le amministrazioni titolari di interessi sensibili (tra cui le amministrazioni preposte alla tutela paesaggistico-territoriale e del patrimonio storico-artistico), che hanno facoltà di proporre opposizione, possono formalizzare al rappresentante unico il proprio dissenso, ai fini dell'opposizione.

Si prescrive, inoltre, che deve considerarsi acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alla riunione, ovvero pur partecipando alla riunione non abbia espresso la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato.

Giova chiarire immediatamente, riguardo a questo punto della riforma, che la questione dell'unica rappresentanza di governo in seno alla conferenza di servizi (in caso di partecipazione anche di amministrazioni non statali) si porrà esclusivamente per la conferenza di servizi vera e propria, ossia per la conferenza in forma simultanea e in modalità sincrona (di cui all'articolo 14-ter), che opererà solo in caso di esito negativo della conferenza "semplificata" o nei casi di maggiore complessità della determinazione. Nella pratica, dunque, gli uffici periferici di questa amministrazione — segnatamente, le Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio — riceveranno senz'altro la "convocazione" (recte: la comunicazione di avvio) della conferenza in forma semplificata, in uno al carteggio (telematico) concernente la documentazione necessaria all'istruttoria e alla valutazione dell'intervento, quindi disporranno di ben novanta giorni di tempo per esprimersi e per inviare in via telematica all'amministrazione procedente il proprio motivato avviso; solo in caso di diniego ostativo, valutato "superabile" dall'amministrazione procedente, scatterà la seconda fase, quella della conferenza di servizi vera e propria, in modalità sincrona e simultanea, indetta proprio per tentare il superamento del dissenso, ed è soltanto rispetto a tale seconda fase che si porrà il problema dell'interlocuzione con il Prefetto, quale, allo stato, ufficio periferico a cui la legge demanda la individuazione del rappresentate unico del governo in seno alla conferenza.

Riguardo alle modalità di interlocuzione con la Prefettura e alle modalità di costruzione del dialogo interno alle amministrazioni statali in preparazione della conferenza di servizi ex articolo 14-ter, ci si riserva di fornire in un secondo tempo indicazioni applicative e interpretative, all'esito di ulteriori approfondimenti in corso con le altre amministrazioni centrali coinvolte (e in attesa del decreto attuativo dell'art 8 della legge n. 124 del 2015, relativo alla riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato).

5. L'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalla amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. La modifica introdotta, su suggerimento del Consiglio di Stato, al testo inizialmente proposto — che faceva riferimento alle posizioni espresse dai rappresentanti, anziché dalle (singole) amministrazioni, se pur rappresentate — chiarisce che le posizioni delle amministrazioni statali si sommano (senza ridursi a unità in ragione dell'unico rappresentante) ai fini del computo della prevalenza. Il comma 1 del novellato articolo 14-quater contiene la previsione secondo cui la determinazione motivata di conclusione della conferenza adottata dall'amministrazione procedente sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni interessate.

Le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare, motivando congruamente, l'amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza (previsione richiesta dalle Commissioni parlamentari), determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21-nonies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante unico, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21-quinquies (il comma è stato modificato in accoglimento di un'osservazione del Consiglio di Stato che suggeriva di distinguere le ipotesi di annullamento d'ufficio da quelle di revoca).

Al comma 3 si dettano le disposizioni in tema di efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza. Si stabilisce, quindi, che, in caso di approvazione unanime, tale determinazione è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l'efficacia della determinazione è, invece, temporaneamente sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell'articolo 14-quinquies per il periodo utile all'esperimento della procedura di opposizione ivi prevista.

Al sensi del comma 4, i termini di efficacia di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell'ambito della conferenza di servizi decorrono dalla data della comunicazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza.

6. Con il novellato articolo 14-quinquies si regola il procedimento di opposizione, introdotto in via innovativa dal decreto in favore delle amministrazioni con posizione "qualificata", che abbiano espresso un dissenso motivato in seno alla riunione della conferenza (anche, eventualmente, per il tramite del rappresentante unico).

Al comma i si prevede che, entro dieci giorni dall'adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico— territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza.

Lo scopo della disposizione è quello di indurre dette amministrazioni ad assumere una posizione chiara e inequivoca, così scongiurando il rischio di comportamenti ostruzionistici e dilatori. Si stabilisce, poi, che per le amministrazioni statali l'opposizione debba essere proposta dal Ministro (evidentemente, su proposta degli uffici ministeriali competenti che ritengano permanere le ragioni ostative espresse nell'atto di dissenso). La proposizione dell'opposizione sospende l'efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza (già temporaneamente sospesa pendente il termine per proporre opposizione).

Con i commi 4, 5 e 6 si disciplinano le due fasi in cui si articola il procedimento di opposizione. La sede in cui si svolge la prima fase è stata individuata nella Presidenza del Consiglio dei ministri, che indice, entro quindici giorni dalla ricezione dell'opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti. Qualora alla conferenza di servizi abbiano partecipato amministrazioni delle Regioni o delle Province autonome di Trento e Bolzano e l'intesa non venga raggiunta nella predetta riunione, si prevede la possibilità di indire, entro i successivi quindici giorni, una seconda riunione che si svolge con le medesime modalità e allo stesso fine.

Qualora all'esito delle riunioni di cui ai commi 4 e 5 sia raggiunta un'intesa tra le amministrazioni partecipanti, l'amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza. Qualora all'esito delle suddette riunioni e, comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l'intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri. Alla riunione del Consiglio dei ministri possono partecipare i Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate. Qualora il Consiglio dei ministri non accolga l'opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza acquisisce definitivamente efficacia (a decorrere dal momento in cui è comunicato il rigetto dell'opposizione). Il Consiglio dei ministri può accogliere parzialmente l'opposizione, modificando di conseguenza il contenuto della determinazione di conclusione della conferenza, anche in considerazione degli esiti delle riunioni con le amministrazioni dissenzienti e con le altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza (sul punto è stata recepita l'osservazione del Consiglio di Stato con riferimento alle ipotesi di accoglimento solo parziale dell'opposizione). Tale ultima specificazione consente di "recuperare" in sede di delibera del Consiglio dei ministri le parziali convergenze e le prescrizioni migliorative di tutela via via stipulate tra i diversi attori istituzionali nella fase istruttoria prodromica alla delibera del Consiglio, evitando che il voto dell'Organo politico possa risolversi in una scelta "secca" per il "si" (incondizionato, ossia per l'approvazione della proposta progettuale originaria) o per il "no" assoluto alla realizzazione dell'intervento, apparendo comunque auspicabile la definizione di un punto mediano di equilibrio che consenta un serio bilanciamento degli interessi in gioco (bilanciamento fisiologicamente demandato dalla legge alla sede politica, più che a quella tecnica).

La riforma ha dunque invertito il tradizionale ordine procedurale: dall'effetto di "veto" del diniego promanante dall'organo ministeriale di tutela, con onere a carico dell'autorità procedente di adire la sede politica, si è passati alla possibilità di una composizione degli interessi pubblici configgenti operata in loco dalla rappresentanza unica di governo, con onere a carico di questa amministrazione, in caso di soccombenza dell'interesse protetto, di adire la sede politica.

L'Ufficio periferico che ha adottato l'atto di diniego o il parere negativo e che ha visto "superato" il proprio diniego in sede di conferenza di servizi, dovrà, ove ritenga nell'esercizio delle sue competenze tecnico-scientifiche (di discrezionalità tecnica) assolutamente necessario impedire la conclusione favorevole della conferenza di servizi e impedire la realizzazione dell'intervento, inviare un'apposita richiesta, approfonditamente motivata e adeguatamente documentata, idonea a dimostrare la assoluta incompatibilità dell'intervento con i valori tutelati e la strategicità per l'amministrazione di portare l'affare all'esame del Consiglio dei ministri. La richiesta andrà naturalmente inviata per la via gerarchica al Direttore generale centrale, cui competerà, sentito sul punto il Segretario generale, la valutazione della possibile richiesta al Ministro. E' evidentemente da escludere che tale richiesta possa essere inoltrata dagli organi periferici direttamente al Ministro, dovendosi su di essa motivatamente esprimere il Direttore generale centrale, sentito il Segretario generale.

7. L'articolo 2 del decreto in esame reca modifiche al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, intervenendo, in particolare, sugli articoli 5 (Sportello unico per l'edilizia) e 20 (Procedimento per il rilascio del permesso di costruire) del Dpr 6 giugno 2001, n. 380. In primo luogo, la soppressione (al comma 3 dell'articolo 5) delle parole "direttamente o tramite conferenza di servizi" rende ordinaria l'indizione della conferenza nell'ambito del procedimento per il rilascio del permesso di costruire avviato presso il SUE; l'abrogazione (alla lettera g), del comma 3 dell'articolo 5) del riferimento all'applicabilità del codice di settore nel caso di dissenso manifestato dagli uffici ministeriali su interventi riguardanti immobili vincolati ai sensi del medesimo codice adegua la disciplina urbanistica alla nuova disciplina generale, in base alla quale nella conferenza di servizi nessun interesse, compreso quello posto alla tutela dei beni culturali e del paesaggio, può, di per sé, bloccare la conclusione del procedimento. In secondo luogo, le modifiche apportate all'articolo 20 consentono l'allineamento alla nuova disciplina generale per l'indizione della conferenza prevista nell'ambito del permesso di costruire, disponendo che ove sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso resi da amministrazioni diverse si procede ai sensi degli articoli 14 e ss. della legge n. 241 del 1990. Anche nell'ipotesi ora considerata, in cui l'intervento richieda sia il titolo edilizio sia l'assenso di questa amministrazione, si ritiene che debba applicarsi il principio dianzi indicato per cui la conferenza di servizi opera solo quando l'amministrazione procedente debba acquisire l'assenso di due o più amministrazioni. In alternativa, secondo l'interpretazione proposta dal Consiglio di Stato a favore dell'estensione dell'ambito applicativo dell'articolo 17-bis, la conferenza andrebbe convocata solo a seguito del dissenso espresso, al fine del superamento del dissenso medesimo.

In materia di Scia o Cila edilizia, si segnala la recente pubblicazione in Gazzetta ufficiale anche del Dlgs n. 126 del 30 giugno 2016, recante "Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (Scia), a norma dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124", che apporta modifiche e integrazioni alla legge n. 241 del 1990. In particolare, viene introdotto l'articolo 19-bis in tema di "concentrazione dei regimi amministrativi" che prevede, tra l'altro, una norma di coordinamento con la disciplina della conferenza di servizi ove l'attività oggetto di Scia sia condizionata all'acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero all'esecuzione di verifiche preventive. In tale ipotesi, infatti, il termine per la convocazione della conferenza decorre dalla data di presentazione dell'istanza e l'inizio dell'attività resta subordinato al rilascio degli atti medesimi, di cui lo sportello da comunicazione all'interessato (non è pertanto possibile iniziare l'attività già a far data dalla presentazione dell'istanza).

L'articolo 3 provvede a modificare la disciplina della conferenza di servizi nell'ambito dello Sportello unico per le attività produttive attualmente previsto dall'articolo 38, comma 3, lettera O del decreto legge 25 giugno 2008, 112, nonché le modalità operative della conferenza stabilite dall'articolo 7 del Dpr 7 settembre 2010, n. 160. In particolare vengono abrogate la previsione della facoltatività dell'indizione della conferenza e la condizione di avvio obbligatoria nel caso in cui i procedimenti necessari per acquisire le intese, nulla osta, concerti o assensi abbiano una durata superiore ai novanta giorni. Questa ipotesi, infatti, appare assorbita dal criterio più ampio della complessità previsto dalla disciplina generale.

L'articolo 4 incide sulla disciplina adottata in materia di Autorizzazione unica ambientale. Essendo stata costruita sul modello del Suap, la disciplina della procedura per il rilascio dell'Aua presenta gli stessi problemi di coordinamento rilevati per lo sportello unico. In particolare è necessario eliminare le disposizioni dell'articolo 4 del Dpr 13 marzo 2013, n. 59, che prevedono una conferenza di servizi facoltativa (nei casi in cui i termini dei procedimenti necessari per acquisire gli atti di assenso siano inferiori a 90 giorni) e una obbligatoria (quando gli stessi termini superino i 90 giorni). A tal fine è prevista la soppressione del secondo periodo del comma 4, dell'articolo 4 e dell'ultimo periodo del comma 5 del medesimo articolo.

L'articolo 5 definisce il coordinamento con la disciplina della conferenza di servizi prevista nell'ambito del Codice dell'ambiente. In particolare sono abrogate le disposizioni che prevedono l'indizione facoltativa della conferenza di servizi e sono modificate le disposizioni di rinvio alla vecchia formulazione degli articoli 14 e seguenti.

L'articolo 6, al fine di rendere praticabile il nuovo schema generale di conferenza di servizi nel caso di acquisizione di autorizzazioni paesaggistiche, prevede un coordinamento con la tempistica e la specifica sequenza procedimentale fissata dall'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, volta ad assicurare il necessario coinvolgimento delle anmiinistrazioni a diverso titolo preposte alla tutela del vincolo paesaggistico. In particolare, la norma prevede che, nell'ambito della conferenza decisoria in forma semplificata, in caso di interventi che richiedono l'autorizzazione paesaggistica, le comunicazioni (circa le istanze e la relativa documentazione) siano date dall'amministrazione procedente anche al soprintendente che deve esprimere il parere di cui all'articolo 146 del codice di settore (non solo, quindi, all'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione, se diversa dall'amministrazione procedente). Nel caso in cui l'amministrazione procedente sia competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, la documentazione che deve essere trasmessa a corredo dell'istanza include la relazione tecnica illustrativa e la proposta di provvedimento da trasmettersi al soprintendente.

Nell'articolo 7 è stata soppressa la disposizione transitoria che era stata inserita nelle more del recepimento della direttiva 2014/23/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, in caso di affidamento di concessione di lavori pubblici, in quanto medio tempore recepita con il Dlgs n. 50 del 2016. Le nuove norme si applicano ai procedimenti avviati (d'ufficio, o su istanza di parte) successivamente alla loro entrata in vigore.

L'articolo 8 contiene una clausola generale di coordinamento, ai sensi della quale i rinvii operati dalle disposizioni vigenti agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificati dal decreto in esame.

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