Rifiuti

Commenti e Approfondimenti

print

Roma, 1 marzo 2012

Sfalci e potature: rifiuto o sottoprodotto?

(Massimo Centemero - Coordinatore e Direttore tecnico Cic – Consorzio italiano compostatori)

 

 

Di recente, nell'iter di conversione in legge del decreto legge 23 febbraio 2012, n. 2 ("Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale"), il Senato ha inserito una serie di modifiche al Codice ambientale, tra le quali anche alcune che riguardano gli sfalci e le potature, comprese quelle da manutenzione del verde pubblico e privato.

 

Esaminiamo in dettaglio ciò che è stato modificato in attesa dell'approvazione e, dunque, del testo definitivo.

La modifica

L'articolo 185 (Esclusioni dall'ambito di applicazione) verrà modificato in questo modo:

comma 1: Non rientrano nel campo di applicazione della Parte IV del presente decreto (…)

lettera f), "le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo e forestale, naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura ivi inclusi in tal caso quelli derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato sempre che soddisfino i requisiti di cui all'articolo 184-bis, per la produzione di energia da questa biomassa, in ogni caso mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana".

 

Prima di entrare nel merito della questione si rileva innanzitutto la non conformità della norma così modificata rispetto alla direttiva comunitaria 2008/98/Ce.

Infatti, introducendo le modifiche sull'esclusione di alcune categorie di rifiuti (e nel caso specifico degli scarti della manutenzione del verde pubblico e privato) si andrebbe a creare una palese contraddizione con quanto previsto dalla citata direttiva rifiuti 2008/98/Ce, recepita dall'Italia con il Dlgs 205/2010. Il che è confortato anche dalla lettura del testo originale in inglese della medesima direttiva laddove questa recita che sono escluse, oltre alle materie fecali "Straw and other naturai non-hazardous agricultural or forestry material", cioè "paglia e altri materiali naturali agroforestali non pericolosi."

Dal punto di vista giuridico la direttiva 2008/98/Ce — sul punto — si esprime come si esprime ora il "Codice ambientale". Cambiarlo significherebbe disattendere la direttiva comunitaria e tutto ciò che ne consegue. Si ritiene che ove questa norma dovesse davvero cambiare nel senso sopraindicato, la priorità andrebbe data alla normativa europea, almeno per quanto riguarda le modifiche che contemplano la variazione di un articolo che riguarda l'esclusione di un rifiuto dal campo di applicazione della disciplina comunitaria.

 

Probabilmente, sul punto, sarà la Unione europea ad esprimersi.

 

Un altro punto formalmente contraddittorio è il seguente: escludendo alcune categorie di rifiuti dalla Parte IV del "Codice ambientale" (come si è voluto fare con queste modifiche) a condizione che siano sottoprodotti, si ravvisa una palese contraddizione in termini proprio perché la Parte IV del Dlgs 152/2006 include e regolamenta i sottoprodotti. Quindi non potranno essere esclusi dalla Parte IV dei rifiuti che sono "declassati" a sottoprodotti. Tanto è vero che, in caso sia di rifiuti sia di sottoprodotti, si applicherebbe, in caso di non rispetto della norma, il regime sanzionatorio del "Codice ambientale".

Anche su questo punto potrà essere l'Unione europea ad esprimersi.

Considerazioni di dettaglio sulla modifica

Nel merito, invece, è importante capire ed interpretare le modifiche introdotte perché interessano almeno tre articoli del Codice ambientale (articoli 183, 184 e 185).

Per poter essere escluse dal campo di applicazione della Parte IV (come detto sopra condizione non verosimile) gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato dovranno:

— soddisfare i requisiti di cui all'articolo 184-bis (sottoprodotti),

— essere destinati alla produzione di energia da questa biomassa e, nel contempo,

— tutto questo dovrà essere fatto mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana.

 

Quindi, nonostante si rilevi che non possono essere esclusi dalla Parte IV del Dlgs 152/2006, la condizione per essere considerato un sottoprodotto e non un rifiuto si manifesta quando qualsiasi sostanza od oggetto soddisfi tutte le seguenti condizioni (articolo 184-bis):

"a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.".

 

Il produttore/detentore di un rifiuto se ritiene che possano sussistere le condizioni affinché il rifiuto possa essere considerato un sottoprodotto è tenuto a dimostrarlo e a garantire con continuità il rispetto delle condizioni di cui sopra. Quindi se il legale rappresentante dell'azienda che produce quei rifiuti dimostra di possedere le caratteristiche sopra citate e dimostra costantemente (quindi nel tempo e nello spazio) di possedere le prerogative del sottoprodotto, allora può declassare un rifiuto a sottoprodotto.

È tuttavia difficile pronunciarsi su intere categorie di scarti di produzione; infatti, devono necessariamente essere definite caso per caso sia l'esclusione dal campo di applicazione sia la sottoponibilità del materiale alla categoria (e relativa disciplina) dei sottoprodotti. Come già ricordato, infatti, il sottoprodotto è un rifiuto "declassato" e tale "declassamento" deve essere dimostrato.

 

Con questi criteri di precauzione proviamo a calarci nella realtà e a verificare se possono essere soddisfatti i requisiti di cui sopra per considerare gli sfalci e le potature derivati dalla manutenzione del verde pubblico e privato come sottoprodotti.

La lettera a) dell'articolo 184-bis recita che la sostanza o l'oggetto deve essere originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto. L'attività di manutenzione del verde pubblico e privato genericamente intesa come attività di giardinaggio a servizio dei parchi e giardini pubblici e privati non può essere definita tout court un processo di produzione. Si possono classificare invece tra i processi produttivi quelli finalizzati alle attività agricole, quali per esempio la silvicoltura, l'attività floricola, il vivaismo, la frutticoltura.

La lettera c), invece, recita che la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; anche qui lo scarto vegetale (siano essi sfalci e/o potature) prodotto da attività di giardinaggio a servizio dei parchi e giardini pubblici e privati non deve essere ulteriormente trattato per cui potrebbero essere, anche qui, idonei solo i residui da legno vergine, i residui della silvicoltura, della frutticoltura, del vivaismo, eccetera.

 

Dunque, sembra che solo un parte del rifiuto vegetale possa essere considerata e a determinate condizioni un sottoprodotto.

Considerazioni di carattere merceologico

A complicare la situazione e a limitare le possibilità di esclusione dal campo di applicazione ci sono alcune considerazioni di carattere merceologico. Il cosiddetto verde urbano, lo scarto vegetale che viene prodotto dalle attività di manutenzione del verde, possiede caratteristiche molto disomogenee e poco compatibili con la potenziale destinazione per produrre energia da biomassa.

 

Merceologicamente il rifiuto vegetale raccolto in ambito urbano, con o senza i trattamenti definiti "normale pratica industriale", presenta caratteristiche inidonee alla combustione in caldaie per biomasse in quanto:

— non è legno vergine;

— non si tratta di legno forestale o da potature di aree demaniali ma si tratta di rifiuto vegetale prodotto in aree urbane e periurbane;

— contiene percentuali di plastiche (vasi per fiori, sacchetti, sacchi per concimi, ecc.), e materiale litoide in quote fino al 10% che renderebbe incompatibile questo materiale per centrali a biomassa;

— inoltre contiene acqua: gli sfalci erbosi (prodotti da marzo a ottobre) e le potature verdi (prodotte anche nei mesi invernali) contengono l'80-90% di acqua che renderebbe ambientalmente non sostenibile la pratica dell'incenerimento.

Queste caratteristiche influiscono sulla coerenza con la lettera d) delle condizioni richieste dalla norma per essere considerati sottoprodotti.

e altro…

Inoltre per quanto riguarda gli sfalci e le potature derivate dalla manutenzione del verde pubblico e privato si possono individuare alcuni punti fermi che sarebbe bene prendere in considerazione:

1) rimane (quasi) inalterata la definizione (articolo 183, lettera d)) di "rifiuto organico", cioè: "rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall'industria alimentare raccolti in modo differenziato, nonché manufatti compostabili certificati Uni En 13432:2002.".

Quanto derivante da giardini e parchi mantiene lo status di rifiuto e il codice Cer relativo, 20.02.01;

2) rimane inalterata la classificazione (articolo 184, comma 2) dei rifiuti urbani che alla lettera e) contempla i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali.

 

In sintesi, il rifiuto vegetale di parchi e giardini prodotto in ambito urbano rimane un rifiuto a tutti gli effetti proprio in virtù della non esclusione e può essere considerato sottoprodotto (ma non escluso dal campo di applicazione del Codice ambientale) solo a particolari condizioni che, da una lettura attenta e dall'esperienza acquisita sul campo, è molto difficile da ottenere e interessa quantitativi marginali.

Le modifiche introdotte, in attesa di definitiva approvazione e pubblicazione, oltre alla divergenza tra la norma europea e la norma italiana che ha recepito nel 2010 la direttiva comunitaria 2008/98/Ce, andrebbero a introdurre molti elementi di incertezza e confusione mettendo in difficoltà l'interpretazione dello status giuridico di un rifiuto che è sempre stato recuperato per la produzione di materia ed energia nel rispetto delle norme e con notevoli vantaggi per l'ambiente.

 

 

Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598