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Roma, 11 dicembre 2001

I provvedimenti cautelari nel contesto della difesa dell'ambiente

(Simone Togni)

1) Perché l'affermarsi delle tematiche ambientali

Le tematiche ambientali stanno assumendo una rilevanza sempre più vasta a seguito di un maggiore e costante aumento della sensibilità individuale e collettiva nei confronti di quelle che sono la tutela dell'ecosistema e della salute umana a seguito dell'impatto antropico sul territorio, nella sua triplice ripartizione di acqua, suolo e atmosfera.

 

L'entropia naturale ha subito numerose forzature dovute proprio alla ingerenza delle attività umane. L'entropia è una specie di chiave di lettura generale dei processi che riguardano la materia non vivente. In ordine al mondo biologico si nota che tutti gli esseri viventi mostrano l'evidente tendenza a svilupparsi ed evolversi, e questa tendenza è altrettanto spontanea quanto quella della materia verso la disorganizzazione. In sostanza, è come se la materia non vivente si spostasse sempre verso la disorganizzazione e quella vivente (al contrario) verso l'organizzazione.

 

Grazie al "doppio binario" entropico, l'ecosistema si è permesso di essere (apparentemente) "dispendioso", poiché privo di intenzioni sottintese e progettualità, ma solo colmo di processi che si sviluppano in base ad un andamento probabilistico; cioè: date certe condizioni di partenza, si verifica semplicemente ciò che è più probabile che si verifichi. La regola è sempre stata una: quanto più complesso e variato è il risultato di un processo, tanto più quel processo richiede abbondanza di risorse. Dal canto suo, l'azione antropica si è innestata su di esso senza valutare e ponderare dove e quando finisse la disponibilità della risorsa munificamente messale a disposizione. In tal modo, poiché un ecosistema è caratterizzato dalle relazioni al suo interno che si esprimono in modo strutturato, si considera tale quell'insieme di organismi che raggiungono un regime di equilibrio e di ricambio relativamente stabile; cioè che sono in grado (grazie ai cicli che fluiscono al loro interno) di mantenere uno stato di equilibrio dinamico. L'ecosistema può rapidamente precipitare nella catastrofe quando, per un qualunque motivo, si spezza uno dei cicli fondamentali che lo caratterizzano.

 

Infatti, il nostro pianeta è un "sistema chiuso" dove, a parte l'energia solare, le ricchezze, le risorse e i progetti devono tutti essere giocati all'interno di uno spazio di possibilità di cui ormai conosciamo i confini.

Questo spazio che è a nostra disposizione (per quanto possa sembrare grande) è racchiuso in un limitato grumo di materia e circondato da un velo di aria ed acqua che chiamiamo "biosfera" poiché è l'unica sede possibile per la vita biologica.

 

Soltanto ora stiamo capendo che apparteniamo ad un bacino completamente delimitato, finito e non più espandibile in alcun modo. Si tratta di recentissima acquisizione culturale, paragonabile -per le sue implicazioni— solo alla scoperta della sfericità della terra. Finora lo spazio era una possibilità infinita a cui attingere liberamente; lo stesso poteva dirsi per le risorse, per l'energia, per i minerali preziosi e le ricchezze di ogni tipo, acquisibili immediatamente ed indefinitivamente. Una specie di "malinteso" facilmente motivabile con il fatto che l'offerta di risorse superava la loro domanda.

 

Oggi non è più così, è necessario riposizionare le cose nel modo più appropriato, migliorando il rapporto tra utilizzi e risorse, valorizzando l'energia che oggi viene gratuitamente e platealmente dissipata, nel perseguimento dello "sviluppo sostenibile".

 

2) La formazione della legislazione ambientale e le interazioni con il diritto positivo vigente

La legislazione ambientale delegata ed attuativa è "cogestita" dal Ministero dell'ambiente e dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato il quale è nei confronti del Ministero dell'ambiente, Amministrazione concertante per la quasi totalità dei provvedimenti relativi alla compatibilità tra sistema economico/produttivo e sistema ecologico/ambientale. Il motivo è facilmente reperibile nel fatto che la conoscenza ambientale si fonda ancora in gran parte sull'esplorazione; cresce chiarendo progressivamente i propri criteri e la propria scala di valori. Tali valori sono dati dalla qualità dei rapporti che si formano all'interno di una sistema stratificato e complesso, dove contano le risorse, la varietà biologica, le strutture sociali e la praticabilità di una evoluzione culturale prima e tecnologica dopo. Da questo punto di vista, la conoscenza dei problemi risulta tanto più efficace quanto più si hanno a disposizione strumenti in grado di dare una visione di insieme: per la gestione ambientale non è sufficiente l'analisi accurata dei singoli elementi; occorre decifrare il modo in cui si trasforma e si evolve il sistema nel suo complesso. Non di rado alle due Amministrazioni maggiormente interessate, si affiancano quelle della sanità, dei lavori pubblici, del tesoro, dei trasporti, delle risorse agricole. Il che rende facilmente intuibile la trasversalità (e la conseguente complessità) della materia ambientale in sede di legislazione e regolamentazione.

 

Ciò premesso, va da sé che ogni provvedimento di natura legislativa o regolamentare rappresenta la sintesi giuridica di tutto quanto fin qui (sinteticamente) esposto, la sua rielaborazione in termini di "regola" obbligatoria per i consociati. Ed è proprio attraverso l'interazione e il dialogo con l'Amministrazione centrale proponente (Ambiente) che si crea un canale dialogico in grado di prendere atto delle opposte esigenze (produzione/economia e ambiente) nel perseguimento dello sviluppo compatibile che, in difetto di interazione, rischia di rimanere sulla carta come semplice vessillo di intenzioni, quantomeno velleitarie. Infatti, in difetto di un equo contemperamento delle diverse visioni, il sistema che si va ad elaborare potrebbe essere invariabilmente sbilanciato in un senso o in un altro senza raggiungere mai il punto di equilibrio che la situazione delineata sub1) richiede a gran voce.

 

Il fatto che la legislazione ambientale stia ormai diventando una "corpus juris" a sé stante, con specifiche ripartizioni al suo interno (rifiuti, acqua, suolo, aria) non significa che la stessa sia avulsa dal complesso di norme che improntano e regolamentano il diritto positivo nazionale. Infatti, il primo si integra e si completa con il secondo in un armonico assetto. E' il caso del diritto processuale, per il quale nessuna norma specifica in materia di ambiente prevede deroghe o modifiche, sia esso civile o penale. A volte, addirittura, la disciplina processualistica viene in queste norme richiamata. Intendo riferirmi, ad esempio, al comma 2, dell'articolo 53 (relativo al traffico illecito di rifiuti), decreto legislativo 5 febbraio 1997 in tema di rifiuti, dove si stabilisce che "Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del Codice di procedura penale, per il reati relativi al traffico illecito....o al trasporto illecito ...., consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo".

Da un punto di vista sostanziale, la legislazione ambientale non vanifica nulla di quanto previsto nei Codici, bensì lo completa affiancandovisi. Si pensi, ad esempio, al sistema delle bonifiche di siti inquinati di cui all'articolo 17 del citato decreto legislativo 22/1997 dove si prevede l'esistenza del privilegio speciale immobiliare e di quello generale mobiliare in tema di spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate.

 

3) Ambiente: l'oggetto della tutela

Risulta oltremodo difficile definire giuridicamente il bene ambiente. Il suo uso frequente nell'ambito della nostra legislazione non chiarisce affatto il senso di una parola spesso usato e non di rado abusata. La nozione di "ambiente" ha poi sempre mal vissuto con quella di "beni culturali ed ambientali".1

Una impostazione riduttiva di cui si trova traccia nella legge urbanistica 765/1967 che rendeva obbligatorio l'intervento dei sovrintendenti alle belle arti nei procedimenti di formazione dei piani urbanistici.

 

Una prima definizione sistematica di "ambiente" è reperibile nelle riflessioni di M. S. Giannini2 che propone una definizione giuridica basata su tre dati:

  • l'ambiente a cui fa riferimento la normativa relativa al paesaggio;
  • l'ambiente a cui fa riferimento la normativa relativa alla difesa del suolo, dell'aria e dell'acqua;
  • l'ambiente a cui fa riferimento la normativa relativa all'urbanistica.

Questa tripartizione, di fatto, è stata accolta nella legislazione vigente. L'ambiente come bene giuridico appartenente alla collettività nella sua interezza è stato oggetto di alcune ipotesi, finalizzate a considerare il danno all'ambiente quale danno al patrimonio pubblico.3

 

Con la legge 27 dicembre 1977, n. 968, il Legislatore ha valorizzato gli aspetti pubblicistici del "bene ambiente" dichiarando (articolo 1) che la fauna selvatica "costituisce patrimonio indisponibile dello Stato", con ciò configurando l'uccisione e la caccia non consentita di animali selvatici come un vero e proprio furto perseguibile ai sensi del Codice penale.

 

Di contro il concetto di "bene ambiente" non può essere considerato alla stregua della nozione civilistica di bene di cui all'articolo 810 C.c. poiché non può essere materialmente posseduto e gestito dal titolare del diritto avente per oggetto tale bene.

 

Il "bene ambiente" è stato dunque configurato dalla giurisprudenza come oggetto di un diritto che inerisce alla persona e alla personalità del cittadino; per semplificare si parla di "diritto all'ambiente" quale esplicazione del diritto alla salute, con tutte le conseguenti applicazioni di tutela giudiziaria.4

Il termine "ambiente", dunque, racchiude in sé una nuova diffusa esigenza sociale che necessita di una rilettura anche delle norme costituzionali in modo più attento agli evoluti bisogni sociali. Il diritto all'ambiente fruibile, quale diritto soggettivo che inerisce alla sfera dei diritti della personalità, non è in contrasto con il perseguimento dei fini pubblici diretti alla tutela dell'ambiente quale bene pubblico. Si pensi, infatti, che al diritto del cittadino corrisponde il dovere per la Pubblica Amministrazione di porre in essere ogni più opportuna tutela dell'ambiente. Si va, dunque, verso, un diritto all'ambiente inteso come diritto "alla qualità della vita" che viene in parte a coincidere con quella rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana garantita dalla Costituzione (articolo 3).

 

Con sentenza 30 giugno 1986, n. 184, la Corte Costituzionale ha legittimato la nozione di "danno biologico" come danno a sé stante il quale costituisce un "danno-evento" da tenersi distinto dal "danno-conseguenza" del fatto offensivo. L'evento è dato dalla menomazione psico-fisica del soggetto, mentre il danno che è conseguente al fatto offensivo deve essere valutato a parte, alla luce delle tradizionali categorie del danno patrimoniale e morale. Tale principio si basa sull'articolo 32, comma 1 della Costituzione, al quale l'articolo 2043 C.c. fornisce la sanzione (risarcimento del danno).

 

"Danno biologico" e "danno ambientale" dunque, si collocano nel più ampio scenario del diritto alla salute. Di queste indicazioni il Legislatore, con l'articolo 18, legge 349/1986, si è fatto interprete accogliendo il "danno ambientale" nella più generale categoria di "danno" da fatto illecito di cui all'articolo 2043 C.c.

 

4) I provvedimenti cautelari nel contesto della difesa dell'ambiente

Non ritengo opportuno dilungarmi in questa sede sulle ragioni che hanno condotto alla riforma del codice di procedura civile in ordine ai procedimenti cautelari, di cui al Capo III, Titolo I, Libro IV del Codice medesimo, nonché sul merito di tale riforma. Resta comunque utile ricordare che la riforma recata dalla legge 353/1990 ha ricondotto ad unitarietà sistematica i procedimenti cautelari. Infatti, solo prendendo atto di tale unitarietà di disciplina, l'interprete può condurre il proprio lavoro in modo proficuo.5 Tale affermazione di unitarietà risulta ancora più importante laddove si pensi che nonostante le azioni possessorie non siano azioni cautelari, il legislatore le ha formalmente richiamate nelle regole del processo cautelare uniforme.6

 

Attraverso la riforma del 1990, infatti, si è posto fine alla divaricazione tra misura cautelare e definizione in sede cognitoria della controversia, soprattutto con riguardo ai provvedimenti ex articolo 700 del Codice di rito civile. Tali provvedimenti, infatti, nel corso del tempo avevano assunto un carattere anticipatorio del merito, rendendo sempre più incisivo il prodursi dei loro effetti nel giudicato a definizione del processo cognitivo.7 Oggi, infatti, non è più necessario distinguere tra i provvedimenti cautelari "tipici" (per i quali il giudice competente era quello competente a conoscere del merito della controversia) e "atipici" (competenza pretorile) poiché la riforma ha unificato il criterio di individuazione della competenza individuandolo nel principio di correlazione tra giudice della cautela e giudice del merito.

 

a) l'articolo 669-quaterdecies C.p.c.

Nell'ambito del già richiamato sistema di unitarietà di disciplina giuridica del procedimento cautelare giova soffermare la propria attenzione sull'articolo 669-quaterdecies C.p.c. il quale sotto il titolo "ambito di applicazione" stabilisce che "le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo nonché, in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali".

 

Da un punto di vista ermeneutico, dunque, si pone il problema di capire gli ambiti di operatività del richiamo alle "leggi speciali". Infatti, è necessario capire l'estensibilità delle regole generali dettate dal nuovo articolo a quanto disciplinato da altre fonti normative diverse dal Codice civile, cioè l'esatta portata dell'articolo in esame.

 

Tale articolo si esprime in termini di "leggi speciali". Che cosa significa? Legge che deroga alla legge generale in base ai principi tradizionali oppure complesso di leggi "complementari" al Codice civile? La distinzione è decisamente pregna di significati. Infatti, laddove si adottasse il canone classico di "legge speciale" il riferimento contenuto nell'articolo 669-quaterdecies del codice di rito civile sarebbero privo di un concreto interesse. Laddove, invece, si prendesse in considerazione il secondo significato la portata diverrebbe assolutamente ampia tanto da coinvolgere tutti i complessi normativi paralleli al Codice civile e la non risolta questione tra "codificazione" e "legislazione".

La questione è interessante, ma personalmente propendo, nonostante l'ordinamento settoriale dell'ambiente, per l'applicabilità dell'articolo 669-quaterdecies C.p.c. ad ogni tipo di misura cautelare prevista sia dal codice civile che in leggi diverse da questo (comprese quelle a tutela dell'ambiente), anche in considerazione di una giurisprudenza non prodiga di pronunce sul tema.

 

I provvedimenti cautelari tipici previsti dal Codice di procedura civile sono:

  • sequestro;
  • azioni possessorie;
  • denuncia di nuova opera e di danno temuto.

Accanto ad essi si pongono gli altri provvedimenti cautelari previsti dal Codice di procedura civile, non contemplati dal Capo III, Titolo I, Libro IV (per es.: provvedimenti di istruzione preventiva; in materia di lavoro; di sospensione del procedimento esecutivo in caso di opposizione all'esecuzione; di sospensione dell'esecuzione richiesta con ricorso per giudizio di opposizione da parte del terzo; di sospensione dell'esecuzione della sentenza e del decreto ingiuntivo; dell'ordinanza di rilascio in caso di opposizione alla convalida; dei provvedimenti presidenziali; di nomina del tutore e del curatore provvisorio). Su ogni singola tipologia di provvedimenti si può aprire il dibattito su "cautelare sì/cautelare no". Infatti, mentre su alcuni non v'è dubbio che non abbiano tale natura (es. nomina del curatore provvisorio); su altri, invece, il dubbio rimane (es. ordinanza di rilascio in caso di opposizione alla convalida — articolo 665 C.p.c.).

 

Nell'ambito del sistema ambientale che si sostanzia nella tutela del diritto alla salute propria e di quella delle generazioni future, ivi compresa la fruibilità del "bene ambiente", quelli che possono trovare immediata e principale applicazione sono alcuni dei provvedimenti cautelari contemplati dal Codice di rito civile:

 

a) sequestro

La riforma del 1990 non ha modificato la distinzione tra sequestro giudiziario, conservativo e liberatorio. La nuova struttura del procedimento ha, però, comportato una radicale modifica della competenza a decidere sull'emanazione della misura cautelare prima dell'inizio del giudizio di merito. Ora, infatti, il giudice della cautela coincide con quello del merito (v. supra), anche se con qualche eccezione (es. controversie appartenenti alla giurisdizione del giudice straniero; giudizi arbitrali). La difesa nei confronti delle aggressioni all'ambiente ad opera di impianti inquinanti come discariche, centrali termoelettriche, cementifici non viene attuata con il provvedimento cautelare di cui agli articolo 670 e ss. del Codice di rito civile, bensì con il decreto motivato di cui all'articolo 253 C.p.p. Ad esso procede direttamente l'Autorità giudiziaria o un ufficiale di polizia giudiziaria delegato con lo stesso decreto. Il sequestro penale rappresenta uno degli procedimenti tipici ai quali l'Autorità giudiziaria ricorre in caso di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti (discariche, inceneritori, cementifici, ecc.). Con il sequestro, infatti, il corpo del reato e le cose ad esso pertinenti necessarie per l'accertamento dei fatti sono custodite in base a quanto deciso dall'Autorità giudiziaria affinché si possa poi procedere.

E' il caso classico degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti (gestione) non in regola con il regime autorizzatorio o recanti pregiudizio all'ambiente. Si tratta però di istituto diverso dal sequestro giudiziario di natura cautelare, il quale è previsto per stabilire la proprietà o il possesso di un bene mobile o immobile o per stabilire il diritto alla esibizione o comunicazione di libri, registri documenti, campioni (da non confondere con le scritture ambientali poiché la ratio della norma è diversa). Né va confuso con il sequestro conservativo, previsto per la garanzia del credito.

 

Di esso, però, si farà sicuramente largo uso nel momento in cui sarà in vigore la disciplina di cui all'articolo 17 , decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, disciplina relativa alle bonifiche di siti inquinati e relativo regime civilistico di risarcimento del danno.

 

b) azioni possessorie

Rientrano nella competenza del Pretore e sono dirette ad assicurare la tutela provvisoria del possesso attraverso l'azione di reintegrazione (o di spoglio) e l'azione di manutenzione.

Sono queste le azioni che sono soliti proporre i gestori di impianti di gestione dei rifiuti (la reintegrazione è legittimata da una detenzione non qualificata quando costoro detengono gli impianti in nome e nell'interesse dei terzi titolari) quando sono disturbati da coloro i quali insistono sul territorio (collettività locali o associazioni ambientaliste) e che arrecano molestie o turbative di fatto o di diritto al possesso (ad esempio interrompendo il flusso dell'acqua in un impianto che recupera rifiuti nel processo produttivo del cemento -fatto-; o notificando una opposizione alla costruzione di un ampliamento dell'impianto -diritto-).

 

c) azioni di nunciazione

La denuncia di nuova opera e di danno temuto si collocano sotto la dizione "azioni di nunciazione" e anch'esse tendono a conservare uno stato di fatto; però la loro natura cautelare è assolutamente tipica poiché tendono a prevenire un danno o un pregiudizio che può derivare da una nuova opera o dalla cosa di terzi, in attesa che -dopo— si accerti il diritto alla proibizione. Poiché le azioni di nunciazione possono essere esercitate sia da parte dei possessori, che dei proprietari che dei titolari di altri diritti reali di godimento, in caso di impianti industriali tali azioni possono essere esercitate dal titolare (proprietario) o dal gestore (possessore) degli impianti medesimi.

Si ritiene debbano essere queste le azioni esercitabili in caso di impianti industriali e produttivi ubicati in determinate zone che hanno visto gradatamente sorgere intorno ad essi nuclei abitativi a distanza tale da rendere difficoltosa (quando non pericolosa) la convivenza. Intendo riferirmi all'inquinamento da rumore di cui alla legge 447/1995 e alla possibilità di incidenti rilevanti da eccessiva vicinanza rispetto alle abitazioni di cui al Dlgs 334/1999 (cd. "decreto Seveso bis", intervenuto in sostituzione del Dpr 175/1988 in attuazione della direttiva 96/82/Ce)

Tali situazioni insediative di carattere successivo, infatti, laddove non contestate ab initiis, costringono l'impresa a dover modificare i processi produttivi (nel caso del rumore) o ad adottare onerosi piani di emergenza esterna (in caso di rischi di incidenti rilevanti) di tale entità che non di rado conviene delocalizzare l'impianto.

 

Da quanto precede, si evince chiaramente che il provvedimento cautelare sposta sulla logica della tutela dell'ambiente la conflittualità sociale che sul tema, in questi ultimi anni, è quanto mai viva.

 

d) l'articolo 700 C.p.c.

A complemento e completamento del sistema cautelare che prevede azioni tipiche, si pone la figura "cautelare" dai contorni meno definiti per eccellenza: quella data dal procedimento d'urgenza ex articolo 700 C.p.c. Stante l'ampiezza del concetto giuridico di "ambiente" (v. par. 3) e l'eterogeneità delle situazioni per le quali tale procedimento può essere attivato e presa atto della conflittualità inevitabile tra "diritto all'ambiente" e iniziativa economica, si ritiene che tale strumento possa costituire una possibile "arma" attivabile nei casi più disparati.

 

La conflittualità è spesso alimentata da mancata comunicazione ed inevitabile mancato consenso reciproco, con ciò rendendo sempre più lontano l'implementarsi di un sano processo di sviluppo sostenibile che, affermato dal V Programma d'Azione Comunitaria in materia di Ambiente e dall'Agenda XXI, resta più che mai sulla carta restituendo ai Tribunali nazionali la decisione su sempre più ipotetiche possibilità di serena convivenza tra diritto alla libera iniziativa economica (con conseguente ciclo economico ed occupazionale) e ad un diritto alla salute ormai talmente intimidito (ed a maggior ragione reclamato) da non saperne neanche più riconoscere gli estremi di probabile effettiva minaccia.

 

Note redazionali

1. La cd. "Commissione Franceschini" di cui alla legge 24 aprile 1964, n. 310, fu istituita con il compito di indagare "per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio". La Commissione divideva i beni ambientali in beni ambientali di tipo paesaggistico (aree naturali, spiagge, aree ecologiche di pregio naturalistico, paesaggi artificiali) e beni ambientali di tipo urbanistico (strutture di insediamenti umani, urbane e non urbane).
2. Cfr. M. S. Giannini, "Ambiente" saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. Dir. Pubbl., 1973, I, 15.
3.
Cfr. Maddalena "Danno ambientale, danno pubblico e responsabilità amministrativa" in Il territorio, Ancona 1982, p. 37 ss.
4. Cass. 9 aprile 1973 n. 999 in Foro It. 1974, I, 843; Cass. 6 ottobre 1975 n. 3164, id. 1976, I, 385; Cass. 6 ottobre 1979 n. 5172, id;, 1979, I, 2303. In dottrina cfr. Torregrossa, "Profili della tutela dell'ambiente", in Studi per il cinquantenario del Consiglio di Stato, Roma 1981.
5.
Cfr. Andolina "Profili della nuova disciplina dei provvedimenti cautelari in generale" in Foro it., 1993, V. p. 65 e ss. dove si individua il grado di espansività del nuovo modello procedimentale unitario ed i limiti di applicabilità alle misure cautelari non previste dal Codice di procedura civile.
6. Cfr. Cecchella "Il processo cautelare, commentario" 1997, Giappichelli Editore - Torino - p. 265
7. Cfr. Tommaseo "Provvedimenti d'urgenza" in Enc. Dir. , XXXVIII, p. 870 ss. dove si ritiene che la struttura anticipatoria è "vista oggi come una vera e propria necessità posta dalle esigenze evocate dalla tutela d'urgenza".
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