Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 6 luglio 2015, n. 781

Discarica - Autorizzazione rifiuti non pericolosi - Rifiuti contaminati da idrocarburi - Pericolosità - Limite legale dello 0,1% - Necessità analisi "markers" cancerogenicità - Sussistenza

Annullato un provvedimento provinciale che imponeva di qualificare come pericolosi i rifiuti aventi una percentuale di idrocarburi superiore allo 0,1%, a prescindere da qualsiasi analisi o ricerca sui “markers” di cancerogenicità.
Secondo il Giudice amministrativo veneto (sentenza 781/2015), il semplice superamento del valore percentuale “non è di per sé indice di pericolosità del rifiuto”, come confermato dalla normativa sopravvenuta (legge 13/2009 e Dl 91/2014) al provvedimento annullato dalla sentenza, datato 2006.
Pur in assenza di una normativa positiva in materia, sottolinea comunque il tar, anche all’epoca dei fatti il provvedimento non poteva ritenersi giustificato.
L’esistenza di specifiche indicazioni provenienti dalle autorità centrali (il riferimento è al parere del 5 luglio 2006 con cui l’Istituto superiore di sanità aveva evidenziato la necessità di accertare anche la presenza di specifici markers di cancerogenicità) avrebbe infatti dovuto essere tenuto maggiormente in considerazione dalla Provincia, che invece ha ritenuto, senza alcun avallo scientifico e sulla base di una invocata ma non giustificata applicazione del principio di precauzione, di assumere un atteggiamento più cautelativo ma non rispettoso degli indirizzi dettati dalle autorità competenti.

Tar Veneto

Sentenza 6 luglio 2015, n. 781

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 2382 del 2006, proposto da:

P. A. Spa, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis);

contro

Provincia di Verona — (Vr), rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis;

Regione Veneto — (Ve), Arpav — Padova — (Pd);

per l'annullamento

quanto al ricorso principale— della nota prot. n. 82946 del 28 settembre 2006 a firma del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona;— degli atti del Commissario Straordinario Arpav prot. 45783 del 5 aprile 2006 e dell'Arpav di Verona prot. n. 121437 del 25 settembre 2006;

quanto ai motivi aggiunti— della nota prot. 108594 del 20 dicembre 2006 a firma del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona;— della nota prot. 821 del 5 gennaio 2007 a firma del Dott. (omissis);— delle note Arpav di Verona prot. 147763 del 16 novembre 2006 e prot. 148576 del 17 novembre 2006;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Verona — (Vr);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La ricorrente gestisce un impianto di "bonifica con apporto nuovi rifiuti", così come autorizzato dalla Regione Veneto con Dgrv n. 4177/97 del 25 ottobre 1997, ubicato in Comune di S. Martino Buon Albergo, località Ca' Vecchia.

Trattasi di un'area già compromessa e destinata a ospitare, anche a fini di bonifica, una discarica che può raccogliere rifiuti pericolosi e non..

Ai sensi dell'articolo 17 del Dlgs 36/2007, l'impianto è stato classificato come discarica per rifiuti non pericolosi e non tossico-nocivi limitata ai rifiuti speciali, con individuazione mediante i Codici Cer dei rifiuti ammissibili.

Il provvedimento oggetto del ricorso proposto dalla società è la comunicazione del 28 settembre 2006 inviata dal Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona, la quale giunge all'esito di un quesito proposto alla Regione Veneto dal Commissario Straordinario dell'Arpav Veneto del 5 aprile 2006, con il quale era stato chiesto se, in mancanza di specificazioni, ai fini della classificazione, un rifiuto poteva considerarsi pericoloso quando la concentrazione degli idrocarburi in esso presenti è pari o superiore allo 0,1% del totale oppure fosse necessario comunque procedere con la ricerca di "markers" di cancerogenicità, così come, peraltro, indicato dall'Istituto superiore di sanità (Iss).

La risposta data dalla Regione, dopo aver acquisito il parere dell'Iss del 5 luglio 2006 e dell'Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) dell'8 giugno 2006, è stata, conformemente alle indicazioni ricevute con i citati pareri, nel senso che per qualificare un rifiuto come pericoloso non basta la sola presenza di idrocarburi in misura superiore allo 0,1% del totale, essendo necessario accertare anche la presenza di specifici markers di cancerogenicità, così come indicati dalla Direttiva 67/548/Cee, in concentrazioni superiori ai rispettivi limiti di soglia.

Nonostante le indicazioni così fornite dalla Regione e basate sui pareri resi dall'Iss e dall'Apat, il Dipartimento Arpav di Verona, invocando il principio di precauzione e, testualmente, di maggior cautela, riteneva con nota del 25 settembre 2006 di attenersi a disposizioni più prudenziali che, nell'attesa di un preciso intervento normativo chiarificatore sul punto, avrebbero considerato comunque pericolosi i rifiuti per i quali fosse stata accertata la presenza di oli minerali o di metalli pesanti in concentrazione uguale o maggiore a 1000 mg/kg (0,1%) su tal quale.

Pur riconoscendo la valenza del proprio atto di indirizzo, che non assolve la funzione di un parere tecnico, l'Arpav di Verona ha quindi concluso nel senso di dover dare seguito a tale criterio più rigoroso, al fine di operare con la massima cautela per la tutela della salute pubblica e dell'ambiente.

Per l'effetto il Settore Ecologia della Provincia di Verona, in data 28 settembre 2006, inviava alla ricorrente la comunicazione qui impugnata, contenente i riferimenti agli atti che l'hanno preceduta, indicando i criteri di classificazione dei rifiuti, ispirati al principio di massima cautela, prescrivendo, alla luce delle indicazioni fornite, che i gestori ed i controllori indipendenti si attivino onde rispettare i criteri così stabiliti, segnalando eventuali difformità.

Avverso la suddetta comunicazione e gli atti ad essa presupposti sono state dedotte le seguenti censure:

Violazione dell'articolo 7 della legge 241/90, in quanto l'applicazione dei nuovi criteri di classificazione dei rifiuti come pericolosi ha comportato, nella sostanza, una modifica dell'autorizzazione all'esercizio della discarica, così come in origine rilasciata, imponendo la classificazione di rifiuto pericoloso ogni qual volta risulti accertata la presenza di oli minerali in percentuale superiore allo 0,1% sul tal quale.

Considerata la rilevanza di tale modifica dei criteri di classificazione, sarebbe stato indispensabile coinvolgere preventivamente la società dando la comunicazione di avvio del procedimento.

Violazione di legge con riferimento all'articolo 174, par.2 del Trattato Ce, nonché agli articoli 178, comma 3, 301, e 307 del Dlgs 152/2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria, motivazione e ragionevolezza.

I diversi criteri di classificazione dettati dalla comunicazione impugnata, sulla scorta delle indicazioni contenute nelle note del Commissario straordinario Arpav del Veneto del 5 aprile 2006 e del Dipartimento Arpav del Veneto del 25 settembre 2006, sono unicamente basati sul principio di precauzione, al fine di assicurare la massima cautela in presenza di rifiuti contenenti idrocarburi e/o metalli.

Tuttavia, l'applicazione del principio di precauzione, che trova le sue fonti nel Trattato Ce e nella normativa interna, richiede che vengano accertate specifiche condizioni di pericolo e che le misure imposte trovino avallo su precisi dati di carattere scientifico, al fine di giustificare le limitazioni connesse alla cautela da assumere.

Nel caso di specie l'invocato principio non è in alcun modo supportato da dati scientifici che dimostrino i rischi derivanti dalla presenza sul tal quale degli idrocarburi, sussistendo, al contrario, diverse indicazioni provenienti dalle autorità centrali (Iss) che forniscono altri criteri di rilevazione del rischio, per cui la decisione assunta dalla Provincia risulta del tutto arbitraria, in evidente violazione dei principi comunitari e di quelli recepiti dalla legislazione interna.

Appare palese il contrasto della decisione assunta con i pareri resi dall'Iss e dall'Apat, che con chiara indicazione avevano precisato che la pericolosità doveva essere rilevata a mezzo di specifici markers di cancerogenicità, in quantità superiore ai valori soglia, e non sulla base della sola presenza, anche se oltre la percentuale dello 0,1%, degli oli minerali o dei metalli.

Violazione dell'articolo 184 e allegato D alla parte IV del Dlgs 152/2006, in quanto non si tiene conto delle indicazioni contenute nella norma richiamata, ove, ai fini della pericolosità della sostanza, è necessario rapportarsi ai parametri dettati dalla Direttiva Ce 67/548/Cee e successive modifiche.

In base a tale direttiva, nelle more di una precisa normativa interna o internazionale che definisca il limite riferibile alla presenza di idrocarburi, l'unico parametro utilizzabile è quello della pericolosità di tali sostanze evidenziata attraverso l'utilizzo di markers di cancerogenicità, così come individuati dalla Direttiva, e solo in presenza di tali markers, in concentrazione superiore ai valori soglia stabiliti, sarà possibile classificare il rifiuto come pericoloso.

Le diverse e più restrittive conclusioni cui è giunta la Provincia di Verona, pur se invocando il principio di precauzione, si pongono, quindi, in palese contrasto con le direttive europee, così come peraltro recepite dallo stesso Iss e dall'Apat.

Le medesime considerazioni valgono, oltre che per la presenza di idrocarburi, anche per l'ipotesi in cui si rilevi la presenza di metalli, sostanze parimenti considerate, sempre ai fini della classificazione della pericolosità del rifiuto, nella nota impugnata.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Verona, la cui difesa ha ribadito la piena legittimità del provvedimento impugnato proprio alla luce del principio di precauzione, debitamente applicabile al caso di specie anche sulla scorta di diversi e più cautelativi orientamenti espressi dal Ministero dell'ambiente e dalla Commissione Europea — Direzione regionale ambiente.

Esclusa la violazione delle garanzie di partecipazione in considerazione della natura di atto generale del provvedimento impugnato, la resistente ha quindi concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza cautelare n. 969 del 6 dicembre 2006 il Tribunale accoglieva la richiesta di sospensione del provvedimento impugnato, rilevando apprezzabili profili di fumus con riguardo al secondo motivo di ricorso.

Faceva quindi seguito la nota della Provincia di Verona del 20 dicembre 2006, la quale, pur prendendo atto dell'ordinanza del Tar, ha comunque ribadito di considerare pericolosi i rifiuti conferiti dopo il ricevimento della comunicazione, laddove aventi una percentuale di idrocarburi superiore allo 0,1% sul tal quale, e di considerarli anche tossico nocivi, come tali non conferibili presso la discarica gestita dalla ricorrente.

La nota veniva quindi impugnata con motivi aggiunti, in quanto provvedimento nella sostanza elusivo del pronunciamento cautelare, avendo ingiunto alla ricorrente di non conferire comunque i rifiuti con presenza di oli minerali oltre il limite fissato.

Resisteva nuovamente, anche in ordine ai motivi aggiunti, la Provincia di Verona, rilevando l'inammissibilità degli stessi attesa la natura non provvedimentale della nota impugnata e comunque l'assenza di lesività.

Con ordinanza n. 174/2007 veniva respinta la richiesta di sospensione della nota provinciale.

Confermata, ai fini della fissazione del merito, la persistenza dell'interesse alla definizione del giudizio, di cui è ribadita la fondatezza anche alla luce delle normative sopravvenute (in particolare la legge 27 febbraio 20009, n. 13, che, riprendendo il parere dell'Iss circa i parametri di riferimento, ha confermato che la pericolosità del rifiuto dipende non solo dal superamento del limite di concentrazione pari a 1000 mg/kg, ma anche dalla presenza di almeno uno degli Idrocarburi policiclici aromatici, in concentrazione maggiore rispetto ai limiti fissati nelle apposite tabelle) la difesa istante ha precisato le proprie conclusioni con ulteriori memorie, chiedendo l'accoglimento del ricorso.

La difesa della Provincia, a sua volta, ha ulteriormente ribadito le proprie conclusioni, rilevando che proprio la sopravvenuta normativa ha dato conferma della necessità di ricondurre i rifiuti contenenti le sostanze inquinanti nell'ambito dei rifiuti pericolosi, sottolineando che nel caso della ricorrente nessun controllo, neppure al fine di accertare la presenza di markers, è mai stato effettuato.

All'udienza del 24 giugno 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

Diritto

L'esame della fondatezza delle censure dedotte in ricorso necessita preliminarmente la corretta individuazione dei contenuti del provvedimento impugnato.

Come ricordato in fatto, la nota del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona del 28 settembre 2006 ha imposto ai gestori ed ai controllori indipendenti di accertare che nei rifiuti conferiti in discarica non fosse presente una quantità di idrocarburi o di metalli pesanti superiore alla percentuale di 1000 mg/kg sul tal quale, in quanto in tale ipotesi il rifiuto sarebbe stato considerato pericoloso, da cui l'assunzione di ogni responsabilità derivante dall'accettazione in discarica dello stesso.

La decisione assunta dall'amministrazione — unicamente basata sul superamento di tale soglia (sul tal quale), senza alcuna ulteriore prescrizione, soprattutto riguardo ad ulteriori accertamenti da effettuarsi da parte dei gestori (quale è la ricorrente) sulla qualità delle sostanze presenti nei rifiuti — è stata giustificata invocando il principio di precauzione e massima cautela, nell'obbiettivo di assicurare che comunque non venissero conferiti rifiuti contenenti tali sostanze.

Indipendentemente, quindi, dall'accertamento della reale pericolosità del rifiuto, il provvedimento impugnato presuppone che la sola presenza di tali sostanze, oltre la percentuale dello 0,1%, denoti ex sé la qualificazione del rifiuto come pericoloso e quindi non conferibile.

Le due note richiamate a sostegno della determinazione così esplicitata (del Commissario Straordinario di Arpa del 5 aprile 2006 e del Dipartimento Arpav di Verona del 25 settembre 2006) confermano, peraltro, l'incertezza della questione relativa alla classificazione di un rifiuto come pericoloso, così da giustificare il ricorso al principio di precauzione nell'attesa di un intervento normativo chiarificatore.

Quindi, i dati che emergono con chiarezza dall'atto impugnato attestano la rilevanza attribuita alla sola presenza di idrocarburi in percentuale superiore allo 0,1% sul tal quale al fine di classificare il rifiuto come pericoloso, senza necessità di effettuare alcuna indagine ulteriore, volta ad accertare il livello di pericolosità delle sostanze presenti nel rifiuto da conferire.

In buona sostanza, atteso che la massima preoccupazione era quella di assicurare che comunque non venissero conferiti rifiuti contenenti idrocarburi o metalli pesanti, in quanto considerabili, come tali, pericolosi, l'amministrazione ha inteso assumere un atteggiamento estremamente prudenziale e ha così imposto i limiti contestati.

In sede cautelare il provvedimento impugnato è stato sospeso, essendo stata rilevata, seppure a seguito di sommaria delibazione, la fondatezza, in via assorbente le ulteriori doglianze, della censura dedotta con il secondo motivo di diritto.

Ritiene il Collegio che tale iniziale valutazione, favorevole all'accoglimento del ricorso, possa trovare conferma per le seguenti considerazioni, anche alla luce delle normative sopravvenute, così come peraltro sottolineato, anche se da prospettive diverse, dalle difese di entrambe le parti in causa.

E, invero, pacifico che all'epoca in cui è stato assunto il provvedimento impugnato (2006) gli orientamenti scientifici circa la pericolosità del rifiuto sulla base della sola presenza, oltre una determinata percentuale, di idrocarburi, erano nel senso di escludere che in tale ipotesi potesse direttamente darsi luogo alla classificazione dello stesso come pericoloso, atteso che comunque veniva richiesto un ulteriore dato derivante dall'indagine circa la presenza di markers di cancerogenicità, i quali, quindi, avrebbero dato la conferma della pericolosità.

Come noto tali dati scientifici sono quelli espressi nel 2006 dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Apat, i quali hanno individuato i criteri per valutare la pericolosità dei rifiuti contenenti idrocarburi o metalli pesanti.

In particolare l'Iss con nota n. 36565 del 5 luglio 2006 ha dato atto espressamente che la sola applicazione del valore 1000 mg/kg di idrocarburi per qualificare un rifiuto come pericoloso (cancerogeno) risultava eccessivamente conservativa, in quanto, seguendo tale approccio, tutti gli idrocarburi, indipendentemente dalla loro composizione e provenienza sarebbero stati considerati pericolosi; per cui, oltre alla rilevata presenza di tali sostanze, sarebbe stato necessario accertare la presenza di markers cancerogeni, così da affermare la pericolosità del rifiuto.

Sulla stessa linea interpretativa si è espressa l'Apat sempre nel 2006, confermando la necessità di effettuare la ricerca dei markers di cancerogenicità, conformemente a quanto dettato dalla Direttiva Comunitaria 67/548/Cee.

A sua volta la Regione, proprio rispondendo ai quesiti posti sul punto dall'amministrazione veronese, ha confermato, anch'essa riportandosi alla direttiva comunitaria, la necessità di osservare tali criteri ai fini della classificazione del rifiuto come pericoloso.

Si tratta quindi di accertare se la decisione assunta dall'amministrazione intimata, basata sul principio di precauzione e massima cautela, sia legittima e sostenibile unicamente sulla base della presumibile pericolosità dei rifiuti solo in quanto contenenti tali sostanze.

Al riguardo va dato atto che solo a seguito dell'intervento normativo sopravvenuto, legge 13/2009, è stato affermato che, conformemente a quanto sostenuto sin dal 2006 dall'Iss, "…il materiale contenente "Idrocarburi Totali" (Thc) è da considerarsi pericoloso solo se la concentrazione degli stessi è maggiore di 1000 mg/kg s.s. e contiene almeno uno degli Idrocarburi Policiclici Aromatici, classificati dalla Ue "Cancerogeni Cat. 1" oppure "Cancerogeni Cat. 2" in base all'Allegato 1 direttiva 67/548/Cee aggiornato al 29° Atp recepito con Dm 28 febbraio 2006, in concentrazione superiore a quella indicata in Tabella".

Tuttavia, neppure invocando il principio di precauzione, nell'assenza di una norma positiva, può essere giustificato il diverso e più restrittivo orientamento imposto dall'Amministrazione provinciale di Verona.

E ben noto infatti che il principio di precauzione costituisce il fondamento di una politica di gestione del rischio che deve orientare l'adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività.

L'applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.

Tuttavia, proprio in considerazione delle conseguenze che possono derivare – come avvenuto nel caso di specie – da un'applicazione rigorosa di tale principio, che non deve trasformarsi in arbitrio, è necessario che la decisione di assumere misure cautelative sia comunque supportata da adeguati dati scientifici, che avallino la decisione da assumere, senza disconoscere diversi orientamenti ed interpretazioni altrettanto rilevanti ai fini della tutela ambientale.

Affinchè, quindi, il ricorso al principio di precauzione non dia luogo a decisioni arbitrarie è necessario adeguatamente argomentare sulle ragioni per le quali, soprattutto sul piano delle conoscenze scientifiche, si intende assumere provvedimenti più rigorosi in materia ambientale

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, ove la Provincia di Verona, pur essendo a conoscenza dell'orientamento espresso dall'Iss e da Apat, che a loro volta hanno dato seguito agli indirizzi espressi a livello comunitario, ha ritenuto, senza alcuna ulteriore giustificazione o avallo scientifico, di assumere un atteggiamento più cautelativo, ma senza dubbio non rispettoso degli indirizzi e criteri dettati dalle autorità competenti.

Con la nota impugnata l'amministrazione intimata non appare aver adeguatamente tenuto conto di quelli che erano gli orientamenti del Ministero circa la necessità che, oltre alla rilevazione della presenza di idrocarburi, venissero riscontrati i markers di cancerogenicità, oltre i limiti di soglia previsti, essendosi limitata ad imporre semplicemente l'obbligo di non accettare il rifiuto una volta superato il limite dello 0,1% di idrocarburi sul tal quale.

L'esistenza di specifiche indicazioni sui criteri da seguire provenienti dalle autorità centrali, nel rispetto degli indirizzi comunitari, doveva, quindi, essere tenuta in considerazione dall'amministrazione, onde non incorrere nei vizi denunciati in ricorso.

Sul punto va altresì osservato, tenuto conto delle considerazioni conclusive espresse dalla difesa della Provincia, che ha espressamente richiamato la normativa sopravvenuta così come dettata dal Dl 91/2014, che anche tale disciplina comunque subordina l'accertamento concreto della pericolosità, richiedendo la ricerca di markers e della loro concentrazione, onde affermare la pericolosità del rifiuto.

Il che conferma le conclusioni sopra esposte, in quanto, ricordando che il provvedimento impugnato si è limitato a imporre la classificazione di rifiuto pericoloso laddove fossero presenti idrocarburi oltre lo 0,1%, senza imporre specifiche analisi o ricerche di markers, è dimostrato che, anche tenendo conto della normativa sopravvenuta, così come invocata dalla difesa resistente, il semplice superamento di tale valore percentuale non è di per sé indice di pericolosità del rifiuto.

Altro problema sarà quello di imporre ai gestori degli impianti di effettuare le analisi, proprio per accertare la presenza dei markers, ma questo, come già si è osservato, non era il contenuto del provvedimento impugnato, per cui non assumono rilevanza le ulteriori considerazioni svolte dalla difesa resistente (peraltro contestate dalla ricorrente) circa la mancata effettuazione delle analisi.

Per tutte le considerazioni sin qui espresse il ricorso va quindi accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Non può essere parimenti accolta anche l'ulteriore richiesta risarcitoria, atteso che, proprio per effetto della tutela cautelare accordata, non si è verificato alcun arresto pregiudizievole dell'attività svolta dalla ricorrente.

Considerata la particolarità della questione trattata e dell'oggettiva incertezza normativa, quanto meno all'epoca dei fatti, si ritiene equo disporre la compensazione delle spese di lite, fatta eccezione per quanto riguarda la refusione delle somme versate da parte ricorrente a titolo di contributo unificato.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, fatta eccezione per quanto riguarda la pretesa risarcitoria, e per l'effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate, fatta eccezione per quanto versato da parte ricorrente a titolo di contributo unificato, che dovrà essere rifuso con onere a carico dell'amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati

 

Depositata in Segreteria il 6 luglio 2015

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