Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Puglia 6 agosto 2015, n. 1204

Energia - Impianto eolico - Autorizzazione - Valutazione di impatto ambientale - Provvedimento di Via - Articolo 26, Dlgs 152/2006 - Ricomprensione dell'autorizzazione paesaggistica - Esclusione - Possibilità - Condizioni - Presenza di norma di coordinamento regionale - Necessità

Parole chiave Parole chiave: Energie rinnovabili | Energia | Beni culturali e paesaggistici | Beni culturali e paesaggistici | Eolico | Eolico | Via (Pua-Paur) / Vas | Via (Pua-Paur) / Vas | Autorizzazioni | Autorizzazioni | Procedure semplificate

Tar Puglia

Sentenza 6 agosto 2015, n. 1204

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 63 del 2014, proposto da:

M. Srl, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis), (omissis);

 

contro

Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

nei confronti di

E. Srl;

 

per l'annullamento

— della nota dell'Ufficio energia della Regione Puglia prot. 8826 dell'11 novembre 2013 a mezzo della quale è stato comunicato il diniego dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di un impianto, delle opere di connessione nonché delle infrastrutture indispensabili per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica della potenza elettrica di 125,4 MW sito nel Comune di San Severo (FG) in località San Riccardo proposto dalla Società Margherita;

— della nota dell'Ufficio energia della Regione Puglia prot. 4883 del 6 giugno 2013;

— della nota dell'Ufficio energia della Regione Puglia prot. 7749 del 3 ottobre 2013;

— della nota dell'Ufficio assetto del territorio della regione Puglia prot. 9886 del 7 novembre 2013;

— della nota dell'Ufficio assetto del territorio della regione Puglia prot. 4883 del 9 ottobre 2013;

— di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa (omissis);

Uditi nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 per le parti i difensori avvocati (omissis) e (omissis); (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

1. Con ricorso passato per la notifica in data 8 gennaio 2014, pervenuto in Segreteria il successivo 16 gennaio 2014, la società M. a r.l. ha impugnato il provvedimento regionale recante il diniego di autorizzazione unica, relativo alla costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica della potenza elettrica di 125,4 MW nel Comune di San Severo (FG) in località San Riccardo, proposto dalla Società M..

2. Avverso il prefato provvedimento, nonché il sotteso parere paesaggistico negativo del Servizio assetto del territorio della Regione Puglia, la Società ricorrente ha articolato plurimi motivi di ricorso, prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere riconducibili a due rubriche principali.

2.1 Con la prima, deduce una serie di censure afferenti allo svolgimento del procedimento conferenziale, che sarebbe stato condotto dall'Ufficio energia della Regione in evidente contrasto sia con i principi in materia di autorizzazione unica ex articolo 12 Dlgs n. 387/2003, che con quelli di semplificazione amministrativa ricavabili dagli articoli 14 ss. legge n. 241/1990; sicché i denunciati vizi procedimentali sarebbero in grado di inficiare direttamente il provvedimento conclusivo di diniego. Più nel dettaglio la M. lamenta l'illegittima acquisizione al procedimento del parere paesaggistico del Servizio assetto del territorio, sia perché nel caso di specie era già stata acquisita la Via positiva, inclusiva anche di detto parere, e sia poiché il termine per la conclusione dei lavori della conferenza di servizi era scaduto. In ogni caso, non avendo detta struttura espresso definitivamente la propria volontà all'interno della conferenza di servizi, il relativo parere favorevole si sarebbe dovuto considerare già acquisito per silentium. Lamenta, inoltre, che l'Ufficio energia ha adottato l'impugnato diniego, tenendo conto esclusivamente del parere paesaggistico negativo, espressivo di una posizione minoritaria, senza considerare gli altri pareri positivi (in particolare la Via positiva); sicché sulla base di tali presupposti, avrebbe dovuto certamente rilasciare la richiesta A.U.. In mancanza, secondo la ricorrente, l'Autorità procedente avrebbe dovuto quantomeno rimettere l'intera questione al Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 14-quater legge n. 241/1990.

Con un'articolata separata serie di censure la società deducente lamenta che il parere negativo in esame, pur essendo stato assunto al di fuori della conferenza di servizi, ha illegittimamente assunto il valore di un vero e proprio veto, senza che l'Ufficio energia verificasse, anche di concerto con gli altri Enti coinvolti, se i rilievi sollevati dal Servizio assetto del territorio fossero superabili; che in ogni caso la motivazione del censurato provvedimento (fondata su un acritico rinvio al parere negativo del Servizio assetto del territorio) non dà conto dei vari interessi coinvolti e non motiva per nulla in ordine alle posizioni prevalenti emerse nel corso della conferenza di servizi.

Infine, la società ricorrente si duole della circostanza che il diniego regionale sia stato adottato senza neppure previamente acquisire le risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento.

2.2 Con un secondo gruppo di censure la ricorrente avversa il presupposto parere paesaggistico negativo espresso dal Servizio assetto del territorio e per derivationem, il diniego di A.U.. Lamenta, in primis, l'incompetenza assoluta del Servizio assetto del territorio, non essendo necessaria per la realizzazione dell'intervento alcuna autorizzazione paesaggistica, atteso che le aree interessate dagli aerogeneratori in progetto ricadrebbero tutte in A.t.e. di tipo "E", di valore normale, e conseguentemente non sottoposte a tutela diretta del Putt/P, così pure i cavidotti, in quanto interrati, sarebbero esentati dall'autorizzazione paesaggistica. Lamenta, inoltre, che in ogni caso il Servizio assetto del territorio, in applicazione del criterio del "rappresentante unico" di cui all'articolo 14-ter, comma 6, legge n. 241/1990, non aveva alcuna legittimazione a partecipare alla conferenza di servizi, né ad esprimere le valutazioni regionali, in quanto mera struttura interna della Regione Puglia, che viceversa avrebbe dovuto avere un unico rappresentante; che, inoltre, il Servizio assetto del territorio nell'impugnato parere non ha tenuto conto delle puntuali controdeduzioni formulate dalla società ricorrente; che il parere adottato dal predetto Servizio costituisce il risultato di un'istruttoria del tutto carente.

3. Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, domandando la reiezione del ricorso, in quanto infondato in fatto e in diritto.

4. Le parti hanno svolto difese in vista dell'udienza pubblica del 22 aprile 2015, all'esito della quale la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione.

 

Diritto

1. Come anticipato nello svolgimento della narrativa in fatto, le numerose censure formulate dalla ricorrente possono essere schematicamente distinte in due gruppi: da un lato quelle relative a pretesi vizi procedimentali, direttamente afferenti al procedimento conferenziale di autorizzazione unica, da soli idonei ad inficiare la determinazione finale con cui la Regione ha negato l'autorizzazione alla realizzazione del parco eolico in questione e, dall'altro, quelle appuntate avverso il parere negativo espresso dal Servizio regionale assetto del territorio, in prevalenza a carattere più propriamente tecnico, in grado di inficiare in via consequenziale anche il provvedimento di diniego che su di esso risulta sostanzialmente fondarsi.

2. Avendo la ricorrente graduato l'ordine dei motivi proposti in ricorso, in conformità ai principi espressi dall'Adunanza plenaria 25 febbraio 2015, n. 5 si procederà al loro esame seguendone la tassonomia indicata in ricorso.

2.1 Con un primo motivo la ricorrente si duole della violazione dell'articolo 26, comma 4, Dlgs n. 152/2006, a norma del quale "il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto".

Secondo la prospettazione difensiva della ricorrente la norma sarebbe chiara nel disporre che il provvedimento di valutazione di impatto ambientale "assorbe" in sé qualsivoglia autorizzazione in materia ambientale, e, dunque, anche l'autorizzazione paesaggistica. Detto assunto è contestato dalla Regione Puglia, che ha rimarcato ex adverso come la onnicomprensività del parere Via si riferisca esclusivamente alla materia ambientale e non già al paesaggio.

Il motivo di gravame non è condiviso dal Collegio, nonostante la sua perspicua articolazione che impone di principiare partendo da considerazioni di respiro più generale. All'uopo giova premettere che il carattere di potenziale inclusività, all'interno del procedimento di Via, della disamina trasversale di tutti gli effetti diretti e indiretti di un dato intervento modificativo sull'ambiente, considerato nei suoi vari aspetti, non necessariamente assolve anche a quella specifica esigenza di tutela del paesaggio, che viene in rilievo ove l'intervento incida su beni che, in ragione dell'elevato intrinseco valore che li connota, sono tutelati dalla legge o in base alla legge, ai sensi dell'articolo 146 Dlgs n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). In tal caso, infatti, è la legge ad imporre l'attivazione di una speciale procedura, che si pone quale istituto di protezione ambientale posto a presidio dei valori di primario ed indiscusso rilievo costituzionale e confluente nell'autorizzazione paesaggistica, atto autonomo e presupposto rispetto a tutti i titoli legittimanti l'intervento in quanto diretto a verificarne la compatibilità con riferimento a beni paesaggistici oggetto di specifica e motivata tutela.

Va ribadito che proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall'articolo 146 Dlgs n. 42/2004, deve ritenersi che alcuna deroga può ritenersi implicitamente ed automaticamente apportata dalla normativa in tema di Via di cui al Dlgs 3 aprile 2006 n. 152 (Codice dell'ambiente). Il provvedimento di Via, infatti, ove previsto, non elimina sic et simpliciter la necessità di conseguire l'autorizzazione paesaggistica, non potendo questa ritenersi automaticamente assorbita nel provvedimento di Via, occorrendo piuttosto una previsione attuativa in grado di attivare meccanismi di coordinamento e semplificazione strutturale, nell'ottica di unificazione di procedimenti caratterizzati da un'intrinseca connessione funzionale; coordinamento peraltro auspicabile in concreto in omaggio a principi di semplificazione procedimentale. Va infatti ricordato che proprio in ragione dell'ampia formulazione dell'articolo 26, comma 4, Codice dell'ambiente, la valutazione di impatto ambientale risulta, in potenza, idonea ad includere in sé la valutazione di tutti i possibili effetti dell'intervento sull'ambiente, nell'accezione consolidata comprensiva anche della componente paesaggistica. Dunque, è ben possibile che a livello di legislazione regionale si dia attuazione a quanto prescritto dal citato articolo 26, comma 4, realizzando forme di "coordinamento" per mezzo della Via di tutte le autorizzazioni in materia ambientale (fra le quali vi è anche l'autorizzazione paesaggistica). In tale caso, infatti, piuttosto che derogare alla previsione dell'autorizzazione paesaggistica, si consente che il provvedimento di Via "comprenda" l'autorizzazione paesaggistica, in una prospettiva di semplificazione amministrativa, lasciando sostanzialmente inalterato il livello uniforme di protezione ambientale previsto dal Codice del paesaggio (sulla possibilità che tale coordinamento sia realizzato a livello di legislazione regionale cfr. Corte Costituzionale 22 maggio 2013, n. 93).

Applicando le superiori coordinate al caso di specie, ne consegue che, in assenza dell'attuazione di un'effettiva forma di coordinamento tra i procedimenti de quibus (che per la Regione Puglia può dirsi concretizzata solo a partire dagli indirizzi dettati dalla Dgr n. 2122 del 23 ottobre 2012, citata dalla stessa ricorrente, e da ultimo con Lr Puglia 12 febbraio 2014, n. 4, modificativa della Lr Puglia 12 aprile 2001, n. 11), il provvedimento di Via rilasciato dalla Provincia di Foggia in data 28 ottobre 2011 non può dirsi inclusivo anche del parere paesaggistico.

2.2 Con un secondo motivo si denuncia la violazione degli articoli 14-ter, commi 2, 3, 6-bis, 7, e 14-quater, comma 1, legge 241/1990, lamentandosi l'assunzione del parere del Servizio assetto del territorio in un frangente temporale in cui i lavori della conferenza (svoltasi in data 8 gennaio 2013) erano da considerarsi oramai conclusi, essendo decorsi più di 90 giorni dalla sua convocazione. Infatti, il parere paesaggistico ostativo all'intervento risulta espresso solo in data 7 novembre 2013, ovvero successivamente alla scadenza dell'inderogabile e perentorio termine di conclusione dei lavori previsto dall'articolo 12, comma 4, Dlgs 387/2003.

Il motivo non è fondato.

Va da subito precisato in punto di fatto che i lavori conferenziali, alla data della prima seduta della conferenza dei servizi non potevano dirsi senz'altro conclusi, avendo il Presidente, consultato il responsabile del procedimento, chiuso la riunione invitando la società Margherita a fornire le integrazioni richieste e restando in attesa dei restanti pareri mancanti e di quelli definitivi degli Enti che avevano rappresentato esigenze istruttorie. Inoltre, con nota del 3 ottobre 2013, prot. 7749 era stata altresì fissata un'ulteriore e definitiva sessione conclusiva per la data del 2 dicembre 2013, per la valutazione del progetto anche in connessione con le molteplici proposte di impianti eolici insistenti sulla medesima area di San Severo. Occorre rimarcare che, sebbene il procedimento versasse in una fase patologica sotto il profilo diacronico, in ragione della sua abnorme durata rispetto ai tempi di conclusione fissati dall'articolo 12, comma 4, Dlgs n. 387/2003, ciò non ha comportato la perdita del potere delle Amministrazioni coinvolte di esprimere in via definitiva il proprio parere sull'intervento. Infatti, secondo un costante orientamento giurisprudenziale da cui non si ha motivo per discostarsi, la violazione del termine di conclusione del procedimento non può comportare per ciò solo conseguenze in punto di consumazione del potere di provvedere ovvero di validità degli atti sopravvenuti alla scadenza di questo (ex plurimis: Sezione IV, 12 giugno 2012, n. 2264; 10 giugno 2010 n. 3695; Sezione VI, 1 dicembre 2010, n. 8371; 14 gennaio 2009, n. 140; 25 giugno 2008 n. 3215). Il richiamato orientamento si fonda sull'applicazione di consolidate categorie di teoria generale di diritto, in base alle quali vanno tenute distinte le norme di comportamento dalle norme di validità degli atti giuridici e le conseguenze rispettivamente discendenti dalla violazione delle prime o delle seconde, nel senso che solo in quest'ultimo caso la sanzione ricade sull'atto medesimo, determinandone la nullità o l'annullabilità, laddove nella prima ipotesi sorgono conseguenze esclusivamente di carattere risarcitorio (cfr. Consiglio di Stato, V, 11 ottobre 2013, n. 4980; Cassazione, Seziono Unite, 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, Tar Molise, 15 febbraio 2013, n. 124). Del resto l'ordinamento prevede un'azione apposita avverso il silenzio-inadempimento delle Amministrazioni, onde consentire, anche eventualmente attraverso meccanismi sostitutori, il rispetto dei tempi procedimentali inderogabilmente fissati dal legislatore.

Secondo la prospettazione difensiva della società ricorrente, inoltre, ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 7, legge n. 241/1990 il parere paesaggistico avrebbe comunque dovuto ritenersi acquisito per silentium, non avendo il Servizio assetto del Territorio espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione all'esito dei lavori della conferenza.

Va rimarcato, in ragione delle superiori precisazioni in fatto, che all'epoca dell'espressione del parere in questione i lavori conferenziali non potevano dirsi conclusi, avendo gli stessi viepiù subito un nuovo impulso sollecitatorio con la convocazione di una seconda seduta conclusiva, in vista della quale tutti gli Enti interessati erano stati invitati ad esprimersi definitivamente sul progetto della Margherita, così come risultante all'esito delle integrazioni documentali apportate, da valutarsi anche alla luce delle eventuali sopravvenienze in fatto e in diritto, con espressa avvertenza che si sarebbero considerati acquisiti "gli assensi delle Amministrazioni il cui rappresentante, all'esito dei lavori della Conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'Amministrazione rappresentata, ai sensi dell'articolo 14-ter legge n. 241/1990 e s.m.i.".

Sennonché, avendo il Servizio assetto del territorio fatto pervenire il proprio parere negativo alla realizzazione dell'intervento prima della predetta riunione conclusiva (cfr. parere del 9 ottobre 2013, confermato in data 7 novembre 2013, a seguito delle controdeduzioni formulate dalla Margherita), il Servizio Energia ha implicitamente revocato la programmata riunione conclusiva, provvedendo ad emanare in data 11 novembre 2013 il diniego definitivo di autorizzazione unica, tenuto conto della piena condivisione delle motivazioni poste alla base del predetto parere e prescindendo del tutto dall'apporto partecipativo delle altre Autorità coinvolte.

2.3 Dunque, come fondatamente dedotto dalla società ricorrente con i motivi sub. A.III, A.V e A.VI, la cui trattazione congiunta è imposta dalla loro intrinseca connessione oggettiva, risulta contraddittoria ed irragionevole la soluzione prescelta dal Servizio energia di ritenere sufficiente il parere espresso dal Servizio assetto del territorio, peraltro al di fuori della sede conferenziale, per poter conclusivamente denegare la richiesta A.U., senza operare preventivamente quella necessaria sintesi delle risultanze dei lavori che il modulo prescelto dal legislatore avrebbe imposto all'esito di un doveroso e imprescindibile dialogo tra i vari Enti interessati, al fine di consentire l'assunzione delle diverse posizioni in contraddittorio e in un unico contesto spazio-temporale, nell'ottica di una leale collaborazione e reciproca interlocuzione.

Infatti, sebbene la valutazione di prevalenza delle posizioni emerse in sede conferenziale sia rimessa alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione procedente, ben potendo questa, all'esito dei lavori e tenuto conto delle specifiche risultanze della conferenza, ritenere motivatamente di assegnare prevalenza alla posizione di un'amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, qual è quello paesaggistico, avente un rilevante peso di carattere qualitativo – sostanziale nell'ambito del procedimento (cfr. Tar Puglia, Bari, Sezione I, 26 agosto 2013, n. 1247), ciò non elimina affatto la necessità che detta valutazione debba correttamente svolgersi sulla base del rispetto delle regole partecipative e di confronto, all'esito di un'adeguata e proporzionata considerazione di tutti gli interessi coinvolti, essendo viepiù previsti specifici meccanismi di superamento di tali dissensi qualificati ex articolo 14-quater, comma 3, ove gli stessi siano ritenuti dall'Amministrazione procedente espressione di una posizione solo minoritaria.

Va infatti ricordato come la conferenza di servizi sia stata designata dalla legge come sede propria ed esclusiva in cui le Amministrazioni interessate, senza alcuna possibilità di parcellizzare il confronto, manifestano – con le forme ivi necessarie — l'assenso o il dissenso rispetto al rilascio del domandato titolo abilitativo regionale alla realizzazione dell'impianto. Va rilevato, in particolare, che dal comma 1 dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 si desume il principio di base della necessità della manifestazione del dissenso in conferenza, con particolare riguardo al c.d. "dissenso qualificato". Secondo la disposizione, infatti, "il dissenso di uno o più rappresentanti delle Amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, [...] paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso".

Le Amministrazioni preposte alla cura di valori e interessi sensibili (come quelli qui in rilievo) hanno l'onere di ritualmente esprimere all'interno della conferenza di servizi, proprio per il valore aggiunto del confronto dialettico, il loro eventuale dissenso qualificato (ex plurimis: Consiglio di Stato, VI, 23 febbraio 2012, n. 451; 23 maggio 2012, n. 3039; 27 novembre 2012, n. 5494; 15 gennaio 2013, n. 220; 24 gennaio 2013, n. 434).

Il Collegio non ignora la giurisprudenza richiamata dall'Amministrazione resistente che, in omaggio ad esigenze sostanziali di tutela del territorio, ha attenuato il rigore delle forme, ritenendo che quando il dissenso sia stato irritualmente formulato al di fuori della conferenza esso non può essere considerato tamquat non esset, ove sia comunque assicurato il contraddittorio. Occorre infatti superare conseguenze formalistiche, eccessive ed ultronee, che arrivano a negare la stessa ragione di base dei detti principi di confronto dialettico e di leale collaborazione che presiedono alla conferenza di servizi, e con essi i fondanti criteri di economicità e di efficacia che, a norma del principio generale dell'articolo 1 legge n. 241 del 1990, debbono comunque presiedere alla complessiva azione amministrativa, anche in riferimento al principio costituzionale di buon andamento della pubblica Amministrazione, di cui all'articolo 97 Cost. (cfr. Consiglio di Stato, VI, 10 marzo 2014, n. 1144). Tuttavia, proprio in applicazione dei principi espressi dalla richiamata giurisprudenza, l'Amministrazione procedente avrebbe dovuto approfondire in tempi adeguati quanto "irritualmente" rappresentatole, rinnovando l'invito alla partecipazione effettiva ad una seduta successiva della conferenza, per modo che il dissenso potesse essere espresso – con le forme necessarie — inter presentes. Ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 6-bis, della legge 241/1990, infatti, l'Amministrazione procedente, solo "all'esito dei lavori della conferenza (...) valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione conclusiva del procedimento (...)".

Come chiarito dalla VI Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1059 del 27 agosto 2014, "... l'Amministrazione procedente, chiamata ad adottare il provvedimento finale, deve tenere conto delle posizioni prevalenti espresse in seno alla conferenza, ma non essendo in presenza di un organo collegiale, bensì di un modulo procedimentale, ciò non significa che deve attuare la volontà della maggioranza delle amministrazioni, quanto piuttosto che deve esercitare un potere discrezionale bilanciando le ragioni manifestate in seno alla conferenza, verificando in che termini si delinei la prevalenza del soddisfacimento degli interessi in gioco. Pertanto, il ruolo assunto dall'amministrazione procedente non è meramente notarile, ma di sintesi delle ragioni emerse, dovendone ponderare l'effettiva rilevanza per come sono state in concreto prospettate, al fine di esprimere un giudizio di prevalenza".

Trasponendo i superiori principi al caso di specie, va ribadito che il parere paesaggistico negativo non poteva assumersi come idoneo a fondare il provvedimento conclusivo di rigetto dell'istanza di autorizzazione senza prima assicurare, attraverso lo svolgimento di un'ulteriore seduta, il contraddittorio procedimentale e la contestuale analisi di tutti gli interessi pubblici, primari e secondari, e privati coinvolti.

Infatti, non può ritenersi integralmente soddisfatto il principio del contraddittorio ove si sia consentito alla sola parte proponente il progetto di replicare alle ragioni di diniego, essendo necessario accordare a tutte le Amministrazioni coinvolte la possibilità di esprimere il proprio apporto propositivo al fine della valutazione dinamica degli interessi coinvolti, in particolare in relazione all'interesse sotteso alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In mancanza, la conferenza dei servizi verrebbe snaturata della funzione assegnatale dal legislatore, trasformando l'Autorità procedente in un mero collettore di pareri espressi sulla base di una valutazione dei fatti e degli interessi, a carattere monosettoriale, sganciata dal contesto complessivo di incidenza. In tale ottica, venendo in rilievo l'estrinsecarsi di un potere tecnico-discrezionale non correttamente esercitato, i vizi di natura procedimentale finiscono per trasmodare in violazione di canoni di legittimità sostanziale dell'azione amministrativa, la cui corretta esplicazione ne impone invece il rispetto, risultando imprescindibile un'analisi compiuta delle varie posizioni articolate nel procedimento in esame.

L'Amministrazione procedente avrebbe pertanto dovuto rimettere alla conferenza dei servizi la valutazione del dissenso manifestato ed esprimere la determinazione finale solo all'esito della ponderata valutazione di tutte le posizioni espresse dalle amministrazioni partecipanti in detta sede e, in particolare, di quelle che all'esito del confronto dialettico potevano dirsi prevalenti.

Solo da tale confronto, inoltre, sarebbe stato possibile appurare l'esistenza della possibilità di un superamento del parere negativo, ove eventualmente possibili opportune modifiche progettuali, viepiù considerando che l'impianto in questione, oltre ad aver conseguito il provvedimento di Via favorevole, risulta incidere in prevalenza su A.t.e. di tipo E, non soggetti a tutela diretta dal Putt/P, mentre le opere localizzate in A.t.e. di tipo C, interessano per lo più viadotti interrati (sottratti all'autorizzazione paesaggistica) ed opere minori (piazzole e opere di viabilità), non incide direttamente su aree vincolate ex Dlgs n. 42/2004, né dal Putt.

Per quanto esposto le censure dedotte si pongono come sintomatiche dello sviamento dell'azione amministrativa sotto il profilo del difetto assoluto di istruttoria e di motivazione. Il Servizio energia si è limitato ad una formale condivisione delle ragioni del diniego, senza bilanciare adeguatamente la portata delle esigenze di tutela paesaggistica espresse con le specifiche finalità perseguite dallo sfruttamento di fonti di energia rinnovabile, che avrebbe richiesto una valutazione comparativa più approfondita in ragione del rilievo costituzionale e comunitario degli interessi oggetto di necessario bilanciamento, dovendosi dar conto in maniera espressa del grado di compromissione del territorio ritenuto accettabile in ragione dell'interesse alla realizzazione dell'opera.

Ne consegue, dall'accoglimento in parte qua dei motivi di ricorso in esame, l'obbligo dell'Amministrazione procedente di convocare in tempi brevi una seduta conclusiva della conferenza al fine di consentire la rinnovata manifestazione dei pareri espressi dalla Direzione regionale per i beni architettonici e paesaggistici e dal Servizio assetto del territorio nella sede procedimentale propria, sulla base del confronto dialettico di tutte le amministrazioni interessate.

2.4 È invece infondato il motivo con cui la ricorrente si duole della mancata rimessione della decisione al Consiglio dei Ministri, in ragione del veto espresso sull'iniziativa dal Servizio assetto del territorio, ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, legge n. 241/1990, a norma del quale "ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri ..."

La doglianza non è condivisibile.

Il parere dissenziente di un'Amministrazione preposta alla cura di interessi particolarmente sensibili, qual è tra l'altro quello paesaggistico — territoriale, genera, ma solo se l'Amministrazione procedente intenda insistere, l'effetto proprio di rendere la conferenza non più competente a trattare la questione e l'inderogabile necessità di rimettere la valutazione, ad altro, superiore e centrale livello di governo. Come chiarito dalla VI Sezione del Consiglio di Stato con sentenza 23 maggio 2012, n. 3039, "In questi casi dunque la manifestazione del dissenso qualificato in conferenza di servizi provoca senz'altro la sostituzione della formula e del livello del confronto degli interessi, fa cessare il titolo dell'Amministrazione procedente a trattare nella sostanza il procedimento salvo, in conformità al dissenso, rinunciare essa stessa allo sviluppo procedimentale e disporre negativamente sull'iniziativa che gli ha dato origine".

Dunque è l'esistenza di un contrasto tra l'Amministrazione preposta alla salvaguardia di un interesse sensibile e l'autorità procedente (ovvero tra amministrazione statale e una regionale, ovvero più Amministrazioni regionali ovvero tra queste ed un Ente locale o più Enti locali) a fondare l'obbligo di attivazione del menzionato superiore livello di governo, ciò al fine precipuo di superare il veto così opposto all'intervento, e non condiviso, in quanto ritenuto espressivo di una posizione minoritaria all'interno della conferenza (cfr. Tar Puglia Bari, 12 giugno 2014, n. 721).

Nel caso di specie, invece, l'Amministrazione procedente ha fatto proprio il parere paesaggistico negativo del Servizio assetto del territorio e su di esso ha fondato il proprio diniego.

La doglianza, in conclusione, va respinta.

2.5 Con il motivo sub. A)VII, infine, la M. si duole della mancata acquisizione da parte del Dirigente del Servizio energia della relazione istruttoria del responsabile del procedimento che non sarebbe stata redatta. Sennonché, in disparte il rilievo che detta circostanza non può dirsi pacificamente provata, comunque rientra nelle facoltà dell'organo competente per l'adozione del provvedimento finale la possibilità di avocare a sé il procedimento, in caso di mancato puntuale adempimento dell'attività istruttoria assegnata ad altro dipendente o funzionario del suo ufficio, senza che la mancata redazione di una relazione conclusiva possa attardare la conclusione del procedimento ove i tempi dell'istruttoria non siano stati rispettati.

3. È dunque possibile passare all'esame dei motivi di censura formulati avverso il parere paesaggistico.

3.1 Con un primo motivo si deduce l'incompetenza assoluta del Servizio assetto del territorio per avere il progetto intercettato esclusivamente A.t.e. di tipo E. La censura è smentita dalla considerazione che, per ammissione della stessa ricorrente (cfr. pag. 54-55 del ricorso introduttivo) parte delle piazzole di servizio e dell'area spazzata relativa ad alcuni aerogeneratori ricade in ambito C, il che destituisce di fondamento l'asserita assenza di competenza del Servizio assetto del territorio ad esprimersi in relazione all'intervento in questione. Detta circostanza è oggetto di puntuale precisazione da parte del Servizio assetto del territorio (cfr. pag. 8 del parere del 7 novembre 2013) che, in risposta alle controdeduzioni formulate della ricorrente, ha evidenziato che l'impianto comprende non solo cavidotti interrati ma anche opere edilizie fuori terra (aerogeneratori, cabina di selezionamento, sottostazione elettrica e nuova viabilità), e, pertanto non risultava dispensato dall'autorizzazione paesaggistica a norma dell'articolo 5.01, comma 1, delle Nta del Putt/P.

3.2 La società M. contesta la legittimazione del Servizio assetto del territorio a partecipare alla conferenza dei Servizi, in violazione del principio del rappresentante unico sancito dall'articolo 14-ter, comma 6, legge 241/1990.

Il motivo non è condiviso dal Collegio.

Va premesso che nell'ambito della Conferenza dei servizi convocata ai sensi dell'articolo 12 Dlgs n. 387/2003, convergono tutte le Amministrazioni altrimenti competenti singolarmente all'adozione dei necessari e presupposti atti di assenso comunque denominati. La conferenza in questione si presenta come pluristrutturata, con la conseguente convergenza nell'ambito di un unico procedimento di tutti i singoli procedimenti presupposti al rilascio del provvedimento autorizzatorio e occorrenti per la realizzazione e messa in esercizio dell'impianto. È chiaro che non essendo la conferenza dei servizi un organo collegiale, bensì un modello di semplificazione amministrativa, risulta ben plausibile che alla stessa partecipino, in presenza di Enti dotati di una complessa struttura compositiva, più articolazioni ove autonomamente deputate alla cura di interessi differenti (quali nella specie, da un lato, l'interesse alla realizzazione di impianti Fer e dall'altro, quello alla tutela del paesaggio), diversamente oggetto di presupposti e distinti procedimenti. Alla luce di tali precisazioni il Collegio ritiene che il concetto di Amministrazione vada correttamente inteso come centro di imputazione di un interesse specifico coinvolto dall'esercizio del potere, di modo che la disposizione si pone come preclusiva alla partecipazione di più strutture di un medesimo Ente solo ove rappresentative del medesimo interesse pubblico attribuito alla sua cura. A ben vedere una tale soluzione rappresenta attuazione dei principi di buona amministrazione e semplificazione, coniugati con quello di sussidiarietà (che in particolar modo valorizza la cura degli interessi pubblici a livello di governo più prossimo ai cittadini ma al contempo più adeguato alla loro cura), così da consentire nell'ambito di un'unica conferenza di servizi la rappresentazione contestuale dei vari interessi affioranti a livello regionale, in uno a quelli delle altre Amministrazioni, in ragione della loro idoneità, in una dimensione dialettica, a fornire un contributo partecipativo significativo rispetto alla formazione della decisione conclusiva.

Del resto lo stesso allegato 1 (punto 13.2), alle Linee guida nazionali (Dm 10 settembre 2010) prevede, nell'elenco indicativo degli atti di assenso che confluiscono nel procedimento unico, tra l'altro, "... 2. l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 146 del Dlgs n. 42/2004 e s.m.i.; 3. la valutazione dell'impatto ambientale prevista dalla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 di competenza dello Stato o della Regione ...".

3.3 Proseguendo nell'esame dei motivi di ricorso, non è nemmeno condivisibile la censura sub B.III con la quale si lamenta la violazione della fondamentale garanzia partecipativa, per non aver il Servizio assetto del territorio controdedotto alle osservazioni procedurali, atteso che sotto il profilo tecnico-giuridico è contenuta un'esaustiva disamina della ritenuta permanenza delle ragioni del diniego, sicché, nella sostanza, sono rese percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell'azione dell'Amministrazione alle deduzioni defensionali della ricorrente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 7 gennaio 2001, n.17; Tar Campania, Napoli, n. 1581/2013.)

3.4 Infine, risultano in parte fondati i motivi di ricorso sub B.IV, dedotti avverso il parere paesaggistico sfavorevole del Servizio assetto del territorio, di cui va disposto l'annullamento nei limiti e nei sensi di cui in motivazione.

3.4.1 Nel merito delle censure formulate, il Collegio ritiene condivisibili le argomentazioni spese dalla ricorrente nella parte in cui lamenta l'illegittimità dell'azione svolta dal predetto Servizio regionale, che nel fare applicazione di norme di salvaguardia del Pptr adottato non più vigenti, ha rilevato l'interferenza di parte del parco eolico in progetto (segnatamente gli aerogeneratori contrassegnati con i nn. 28, 29 e 6, il cavidotto interrato MT e le opere di adeguamento della viabilità esistente) con gli "ulteriori contesti" tutelati dal predetto piano paesaggistico, adottato con delibera di Giunta regionale n. 1435 del 2 agosto 2013. Infatti, sebbene l'articolo 105, comma 2, delle Nta del Pptr avesse in origine vietato sin dalla data dell'adozione "interventi in contrasto con specifiche misure di salvaguardia ed utilizzazione previste per gli ulteriori contesti", detta disposizione, al momento della redazione del censurato parere, risultava già abrogata con delibera di Giunta regionale n. 2022 del 29 ottobre 2013, pubblicata sul Burp del 6 novembre 2013 e, pertanto, non più vigente, sicché alcun contrasto poteva dirsi sussistente sotto tali profili tra l'intervento da autorizzare e le Nta del Piano.

3.4.2 Risulta inoltre fondato il motivo di ricorso con cui si censura il predetto parere nella parte in cui le valutazioni tecnico-discrezionali in esso espresse esorbitano dalla sfera di competenza dell'Amministrazione, per ricomprendere considerazioni afferenti all'impatto dell'intervento anche sul paesaggio circostante, esternamente alla perimetrazione geometrica dei terreni interessati dalle opere in progetto.

Infatti, in sede di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, il rapporto di compatibilità da verificare a norma dell'articolo 146 Dlgs 42/2004 concerne l'impianto da realizzare e l'area di interesse paesaggistico oggetto di trasformazione, salvo che specifiche disposizioni autorizzino l'esercizio di ulteriori poteri di tutela del paesaggio, inteso in un'accezione più ampia rispetto a quella considerata dalla legislazione riguardante la gestione dei singoli vincoli paesaggistici, per quanto detto ancorata alla perimetrazione fisica dei beni di interesse paesaggistico specificamente considerati. Si pensi ad esempio ai poteri riconosciuti in relazione alle "aree contermini" dal Dm 10 settembre 2010 al Ministero per i beni e le attività culturali recante le "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili" ovvero alle specifiche ulteriori prescrizioni dei piani paesaggistici regionali relative agli "ulteriori contesti" ovvero ancora alle più ampie valutazioni di carattere ambientale effettuabili per le opere di rilevanti dimensioni nell'ambito del procedimento di Via, che prescindono dall'esistenza di specifiche prescrizioni di tutela afferenti alle aree oggetto di modificazione, per valutarne gli effetti diretti ed indiretti nell'ambiente circostante.

Nel caso di specie, dunque, in assenza di una specifica norma attributiva di tale potere, il Servizio Assetto del Territorio non risultava competente ad esprimersi sulla compatibilità del parco eolico in questione, anche in relazione al suo impatto visivo complessivo sull'ambiente inteso in tale lata accezione, comprendente anche il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato da opere di rilevante impatto ambientale.

A ciò va aggiunto e rimarcato che nel caso esaminato gli aerogeneratori ricadono per la maggior parte in A.t.e. di tipo E, per cui sono sottratti dalla tutela diretta del Putt/P, ed inoltre risulta positivamente esperita la procedura di Via.

3.4.3 Resterebbero da esaminare le ulteriori doglianze con cui la società M. contesta in punto di fatto la presenza in loco di altri impianti eolici, asserisce la correttezza delle misure di mitigazione da essa adottate in fase progettuale, divisa la difformità della simulazione effettuata dall'Ufficio assetto del territorio rispetto alla percezione dell'impianto dal Belvedere di Rignano Garganico.

Tuttavia il Collegio ritiene che l'interesse al loro esame risulti depotenziato in ragione della necessità di riedizione del potere da parte del Servizio Assetto del Territorio, nell'ambito della rinnovata fase procedimentale imposta dall'accoglimento del ricorso per le ragioni indicate ai precedenti punti sub 2.3 e 3.4.1-2 della presente sentenza, che impone anche la valutazione in contraddittorio tre le amministrazioni interessate e la società di tali ulteriori profili, di cui occorrerà dare conto nella motivazione dei provvedimenti che saranno in seguito adottati.

4. In conclusione, in ragione dei suesposti motivi, l'azione demolitoria è fondata e va accolta, con l'effetto di annullare il diniego di autorizzazione unica impugnato ed il presupposto parere paesaggistico del Servizio assetto del territorio, con conseguente necessità di rinnovo, da parte della Regione, della determinazione conclusiva della conferenza di servizi, secondo i criteri conformativi di cui in motivazione nonché della successiva decisione in ordine all'autorizzazione unica finale.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza nei confronti della Regione Puglia e sono liquidate nella misura determinata in via forfetaria ed equitativa di cui al dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto, negli stessi limiti annulla il diniego di autorizzazione unica dell'Ufficio energia della Regione Puglia prot. 8826 dell'11 novembre 2013 ed il presupposto parere del Servizio assetto del territorio del prot. 9886 del 7 novembre 2013, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione.

Condanna la Regione Puglia alla rifusione delle spese processuali in favore della società ricorrente, quantificate in €. 3.000 euro, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 6 agosto 2015.

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