Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Molise 17 aprile 2015, n. 154

Rifiuti - Sottoprodotti di origine animale (Soa) - Impianto di stoccaggio in zona agricola - Attività "connessa" dell'imprenditore agricolo - Articolo 2135 C.c. - Non rientra

Lo stoccaggio di sottoprodotti di origine animale (soa), in quanto fase intermedia nello smaltimento dei rifiuti, ben difficilmente può inquadrarsi in una delle attività “connesse” dell’imprenditore agricolo ai sensi dell’articolo 2135 C.c..
Lo dice il Tar Molise (sentenza 154/2015) che ha così respinto il ricorso presentato contro un provvedimento di diniego, opposto dal Comune, al permesso di costruire un capannone per lo stoccaggio di sottoprodotti di origine animale derivanti da attività agricola (categorie 1 e 3 ai sensi dell’articolo 8 del regolamento 1069/2009/Ce) in una zona agricola.
L’attività di un impianto del genere, secondo Comune e Tar, non rientra tra i servizi agricoli collettivi previsti dal Piano regolatore generale dell’Ente locale, “ancorché si tratti di rifiuti con qualche possibile provenienza da attività agricole”.
La disciplina non soccorre poi il ricorrente sia a livello comunitario, visto che il regolamento 1069/2009/Ce “non fornisce alcuna utile indicazione sulla possibilità che lo stoccaggio o il trattamento dei soa possa avvenire in zona agricola”, sia a livello nazionale dove il Dlgs 152/2006 “non consente di escludere che gli stessi siano classificabili come rifiuti speciali non pericolosi”.

Tar Molise

Sentenza 17 aprile 2015, n. 154

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 59 del 2014, proposto da (omissis) Srl, in persona del legale rappresentante p. t., con sede in Venafro, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis),

contro

Comune di Venafro, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall'avv. (omissis),

per l'annullamento dei seguenti atti:

1) il diniego del permesso di costruire prot. n. 19150 del 13 novembre 2013, notificato alla ricorrente il 21 novembre 2013, relativo alla richiesta prot. n. 4597 del 6 aprile 2012, per la realizzazione di un capannone e di locali annessi per lo stoccaggio di sottoprodotti di origine animale e di prodotti derivati rientranti nelle categorie 1 e 3 (articoli 8 e seguenti del Regolamento Ue 2009/1069);

2) tutti gli atti conseguenti e connessi;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione comunale intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2015 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

I – La ricorrente società, avendo chiesto un permesso di costruire per realizzare un capannone in zona agricola e ricevendone un diniego — motivato dal fatto che il progetto riguarderebbe una costruzione priva del carattere agricolo – insorge, con il ricorso notificato il 20 gennaio 2014 e depositato il 17 febbraio 2014, per impugnare i seguenti atti:

1) il diniego del permesso di costruire prot. n. 19150 del 13 novembre 2013, notificato alla ricorrente il 21 novembre 2013, relativo alla richiesta prot. n. 4597 del 6 aprile 2012, per la realizzazione di un capannone e di locali annessi per lo stoccaggio di sottoprodotti di origine animale e di prodotti derivati rientranti nelle categorie 1 e 3 (articoli 8 e seguenti del Regolamento Ue 1069/2009);

2) tutti gli atti conseguenti e connessi.

La ricorrente deduce i seguenti motivi:

1) illegittimità per violazione di legge e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990 in relazione agli articoli 7 e 10 del Regolamento Ce 1069/2009, travisamento ed erronea valutazione di fatti;

2) violazione articoli 1 e 3 legge n. 241/1990 in relazione agli articoli 8, 9 e 10 Regolamento Ce 1069/2009, eccesso di potere, contraddittorietà interna e tra più atti di diverse Amministrazioni, difetto di istruttoria, illogicità della motivazione;

3) illegittimità per violazione di legge e falsa applicazione articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990 in relazione agli articoli 7 e 10 del Regolamento Ce 1069/2009, travisamento ed erronea valutazione di fatti;

4) violazione articoli 1 e 3 legge n. 241/1990 in relazione agli articoli 8, 9 e 10 Regolamento Ce 1069/2009, eccesso di potere, contraddittorietà interna e tra più atti di diverse Amministrazioni, difetto di istruttoria, illogicità della motivazione;

5) violazione degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990, in relazione all'articolo 216 T.u.l.p., all'articolo 2135 C.c. e all'articolo 16 del Prg, eccesso di potere, contraddittorietà interna e tra più atti di diverse Amministrazioni, difetto di istruttoria, illogicità della motivazione.

Si costituisce l'Amministrazione comunale intimata, deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

All'udienza del 26 marzo 2015, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è infondato.

III – La ricorrente società chiede un permesso di costruire per realizzare un capannone in zona agricola e riceve dal Comune un diniego, motivato dal fatto che il progetto riguarderebbe una costruzione priva del carattere agricolo. Infatti, l'intervento oggetto dell'istanza di assenso edilizio, quale proposta dalla società ricorrente, riguarda sottoprodotti di origine animale provenienti da attività agricole e prodotti derivati rientranti nelle categorie 1 e 3 di cui all'articolo 8 del Regolamento Ue 1068/2009.

Il Comune – con l'impugnato provvedimento di diniego del permesso di costruire – ha ritenuto, dunque, che l'attività proposta non rientri tra i servizi agricoli collettivi di cui all'articolo 16 delle N.t.a. del vigente Prg, di guisa che il relativo progetto non possa essere assentito. Invero, la stessa società ricorrente, nella sua istanza, descrive un'attività di stoccaggio di scarti di macellazione anche per conto terzi, avente carattere commerciale e industriale di servizio. Poiché l'uso del capannone progettato non sarebbe agricolo, né agricolo-collettivo, in quella zona non si potrebbe utilizzare, per il volume del fabbricato, l'indice di fabbricazione 05mc/mq. Inoltre, l'attività progettata – che non ha funzione migliorativa o integrativa dello sviluppo del fondo agricolo, o della zootecnia o di trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici — rientra tra quelle classificabili come "industria insalubre di prima classe", ai sensi dell'articolo 216 del Rd 27 luglio 1934 n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie). L'intervento, pertanto, è giudicato non conforme all'articolo 16 delle N.t.a. che, per la zona E2 (zona agricola speciale con servizi agricoli collettivi) consente la realizzazione — con indice 0,5 — di cantine, frantoi, caseifici, centri di raccolta di prodotti agricoli, ma certamente non lascia intendere che in detto genere di strutture sia annoverabile anche un impianto di stoccaggio di rifiuti speciali, ancorché si tratti di rifiuti con una qualche possibile provenienza da attività agricole.

IV – I motivi del ricorso sono destituiti di fondamento.

Il provvedimento impugnato è stato preceduto dal preavviso di diniego, che ha reso possibile una fase partecipativa del procedimento. Inoltre, esso è stato congruamente motivato e, nella motivazione, non presenta evidenti aspetti di contraddittorietà. Il diniego, invero, non ha alcuna attinenza con i presupposti pareri tecnici (paesaggistico, sanitario, ambientale), ma si basa sulla semplice constatazione – plausibile sul piano argomentativo e rientrante nell'apprezzamento tecnico-discrezionale dell'Amministrazione – che la struttura progettata non sia affatto classificabile nel novero di quelle assentibili in zona E2 del Prg comunale.

La normativa europea sui sottoprodotti di origine animale (s.o.a.) non fornisce alcuna utile indicazione sulla possibilità che il loro stoccaggio o il loro trattamento possa avvenire in zona agricola. Neppure il Dlgs 3 dicembre 2010 n. 205, recante l'attuazione della Direttiva 2008/98/Ce, nella parte in cui ha integrato e modificato il codice ambientale (Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articoli 181-bis, 184-bis e 184-ter), consente di escludere che i s.o.a. siano classificabili come rifiuti speciali non pericolosi. Quanto alla possibilità che un rifiuto cessi di essere tale, se sottoposto a operazione di recupero, riciclaggio o riutilizzo (ex articolo 184-ter del Dlgs 152/2006), si deve considerare che il progetto della società ricorrente si limita a individuare un capannone quale spazio chiuso e coperto di stoccaggio (non di riciclaggio) e, comunque, se anche si trattasse di riciclaggio di sottoprodotti animali, sarebbe la struttura di un'attività artigianale o industriale, non precisamente rientrante tra le attività agricole in senso proprio. Di scarsa utilità è anche il richiamo dell'articolo 2135, comma terzo, del codice civile, riguardante le cosiddette "attività connesse" dell'imprenditore agricolo (manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali), poiché lo stoccaggio di carcasse animali ben difficilmente può inquadrarsi in una di queste attività. Lo stoccaggio, inteso come deposito preliminare, per poi destinare gli scarti verso l'incenerimento o la discarica autorizzata, davvero non rientra in nessuna delle menzionate attività agricole. Esso è piuttosto una fase intermedia nello smaltimento dei rifiuti e, pertanto, non può giustificare il sensibile aumento di cubatura nei fabbricati agricoli che soltanto l'attività agricola in senso proprio giustificherebbe.

V – Il ricorso, in conclusione, non può essere accolto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 1000,00 (mille), oltre Iva e accessori di legge.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge, perché infondato.

Condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio, forfetariamente liquidate in euro 1000,00 (mille), oltre Iva e accessori di legge.

Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Così deciso in Campobasso, presso la sede del Tar, nella Camera di Consiglio del 26 marzo 2015, dal Collegio così composto:

(Omissis)

Depositata in Segreteria il 17 aprile 2015

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