Rifiuti

Documentazione Complementare (Normativa regionale)

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Delibera Corte dei Conti Toscana 28 aprile 2015, n. 73

Tia-1 e Tari - Richiesta di parere articolata in quattro quesiti

Corte dei Conti Toscana

Delibera 28 aprile 2015, n. 73/2015/Par

Comune di Ponte Buggianese (PT) - Richiesta di parere articolata in quattro quesiti

Sezione regionale di controllo per la Toscana composta dai magistrati:

(omissis)

nell’adunanza del 28 aprile 2015;

 

Visto l’articolo 100, comma 2, della Costituzione;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Visto il regolamento n. 14/2000 per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti in data 16 giugno 2000, e successive modificazioni;

Vista la convenzione stipulata il 16 giugno 2006 tra Sezione regionale di controllo, Consiglio delle autonomie locali e Giunta regionale Toscana in materia di "ulteriori forme di collaborazione" tra Corte ed autonomie, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della citata legge n. 131 del 2003;

Vista la richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Ponte Buggianese con nota prot. n. 1159 del 30.1.2015, inoltrata dal Consiglio delle autonomie locali il 2 febbraio 2015;

Udito il relatore, consigliere Maria Annunziata Rucireta;

 

Premesso

1. La questione proposta dal Comune di Ponte Buggianese è articolata in quattro quesiti, aventi ad oggetto rispettivamente: a) la possibilità di considerare quali "costi comuni diversi", nel piano finanziario Tari, ai fini della determinazione della relativa tariffa, gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti per i crediti Tia-1 pregressi, non incassati dal precedente soggetto gestore nel periodo 2002-2012; b) la possibilità di considerare allo stesso titolo anche i "costi per crediti Tia-1 inesigibili", di cui sia stata accertata la perdita, per la parte non coperta da fondo rischi o garanzia assicurativa, temporalmente collocati nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2012; c) nella negativa, se tali costi debbano essere considerate come una "perdita ad esclusivo carico del soggetto gestore"; d) se, in generale, sia legittimo inserire nel piano finanziario Tari accantonamenti e perdite su crediti afferenti ad una forma di prelievo soppressa con legge n. 147/2013.

Sul piano fattuale, il richiedente specifica altresì che, durante la vigenza della Tia-1, la tariffa era applicata e riscossa dal soggetto gestore del servizio in regime in house, mentre successivamente l’attività di accertamento e riscossione del prelievo relativo al servizio rifiuti (Tares dal 1°.1.2013 e Tari dal 1°.1.2014) è stata svolta dal Comune mediante gestione diretta.

 

Considerato

2. — La richiesta di parere, formulata ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, soddisfa il requisito soggettivo di ammissibilità, in quanto proviene, per il tramite del Consiglio delle autonomie, dall’organo politico di vertice e rappresentante legale dell'ente, ai sensi dell’articolo 50 del Tuel.

Quanto al requisito oggettivo, il parere richiesto è certamente riconducibile all’ambito della contabilità pubblica, dal momento che esso verte sulla determinazione della tariffa per l’erogazione di un servizio pubblico, e dunque sull’acquisizione di entrate da parte del Comune.

Risultano altresì integrati i caratteri di generalità ed astrattezza, la richiesta in esame non implicando né l’apprezzamento di scelte gestionali specifiche, riservate all’autonomia decisionale dell’ente, né la valutazione di comportamenti amministrativi già adottati, e dunque suscettibili di interferire con le funzioni di controllo o giurisdizionali della Corte dei conti o di altri soggetti.

Tanto precisato, la questione si ritiene ammissibile anche dal punto di vista oggettivo.

3. – Nel merito, la richiesta di parere riguarda in sostanza la possibilità di considerare come componenti della tariffa per il servizio di smaltimento rifiuti, a titolo di costi comuni diversi, sia gli accantonamenti a fondo svalutazione crediti per crediti di dubbia esigibilità non incassati, che i costi per crediti rivelatisi inesigibili, risalenti al periodo di vigenza di un tributo ormai soppresso (la tariffa di igiene ambientale, o Tia-1), ancorché destinato anch’esso, al pari dell’attuale Tari, al finanziamento del servizio di gestione rifiuti.

La richiesta fa leva sul presupposto implicito che la tariffa debba assicurare il recupero totale dei costi del servizio. Tale principio, che costituisce dichiarata attuazione della direttiva 91/156/Cee sui rifiuti, è stato introdotto dall’articolo 49, 4° comma, Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, con riferimento alla Tia-1 ("La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio"), ed è oggi ribadito, con riferimento alla Tari, dall’articolo 1, comma 654, legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevede "la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio", comprendendovi anche i costi di smaltimento dei rifiuti nelle discariche (ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36), ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori".

Con il regolamento di cui al Dpr 27 aprile 1999, n. 158, è stato approvato il metodo normalizzato per definire le componenti di costo da coprire con il gettito della tariffa e i criteri di determinazione della tariffa di riferimento relativa alla gestione dei rifiuti urbani. Le disposizioni del Dpr 158 rappresentano la base per la redazione dei regolamenti comunali concernenti l’istituzione e l’applicazione della tariffa. Le entrate tariffarie devono essere determinate in modo da assicurare l’equivalenza con i costi, tenuto conto del programma degli interventi necessari, del piano finanziario degli investimenti e della forma di gestione prescelta fra quelle previste dall’ordinamento.

Con riferimento sia alla Tia-1 che alla Tari, le componenti di costo da considerare in applicazione del predetto regolamento sono le medesime: tra queste — e più precisamente tra le voci qualificate come "costi comuni" ai fini della determinazione della tariffa — sono previsti all’allegato 1 anche gli accantonamenti a fondo rischi (ma non, invece, i crediti risultati inesigibili, che vanno qualificati più correttamente come insussistenze attive, ovvero come mancati ricavi).

La Sezione ritiene che la questione dell’inseribilità di tali voci, riferite alla Tia-1, nel piano tariffario della Tari debba trovare risposta negativa.

Va rilevato in primo luogo che non c’è alcuna continuità tra l’uno e l’altro prelievo, essendo nel frattempo sopravvenuti almeno altri due interventi legislativi, ciascuno dei quali ha disposto la soppressione del prelievo precedente: il Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, successivamente modificato con Dl n. 208/2008, istitutivo della Tariffa integrata ambientale, o Tia-2 (che peraltro il Comune richiedente non ha mai applicato), ed il Dl n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, istitutivo della Tares (che l’ente dichiara di aver applicato nel periodo 1° gennaio-31 dicembre 2013).

Neppure vi è piena coincidenza dei presupposti impositivi tra Tia-1 e Tari. Da un lato, infatti, il legislatore ha previsto l’applicazione della Tia-1 a "chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale" (v. articolo 49, comma 3, Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22); dall’altro, invece, il presupposto impositivo della Tari è "il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla Tari le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva" (così l’articolo 1, comma 641, legge 27 dicembre 2013, n. 147). Pertanto, l’obbligo del pagamento della Tari non sussiste laddove non vi sia, neppure in astratto, la capacità di produrre rifiuti urbani. Neppure sovrapponibili sono, com’è naturale, i regimi di esenzione e di agevolazione, la cui determinazione in concreto è rimessa ai regolamenti comunali.

Stanti tali premesse di diversità formale e sostanziale della disciplina dei due prelievi (peraltro rilevate a più riprese dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione con riferimento alla successione nel tempo delle fonti istitutive delle varie tariffe: v. sent. C. cost. n. 238/2009 e, fra le altre, Cass. Civ., sez. V, n. 3756/2012), la conclusione negativa della Sezione poggia su considerazioni attinenti al già richiamato principio di integrale recupero dei costi: ciascuna tariffa, infatti, deve essere costruita in modo da bastare a sé stessa, e non nascere già gravata da oneri pregressi (relativi a crediti non incassati, originati da tributi risalenti e ormai soppressi), che avrebbero dovuto trovare idonea copertura nel quadro dei rispettivi regimi normativi, attraverso adeguati accantonamenti o maggiori previsioni di entrata.

Ove tali modalità di copertura siano risultate insufficienti (e dunque per la parte dei mancati ricavi non coperta da fondi rischi o da maggiori entrate), i minori incassi derivanti dalla mancata riscossione dei crediti maturati sotto il previgente regime si traducono in perdite definitive a carico del soggetto gestore (e cioè, nel caso di specie, la società in house affidataria del servizio), come del resto lo stesso ente ha intuìto nel formulare il terzo quesito.

Peraltro, consentire ora per allora al Comune di considerare, ai fini della quantificazione della tariffa, i mancati ricavi relativi ad altro tributo, non incassati dal precedente gestore, comporterebbe il trasferimento sull’utenza attuale di perdite, che avrebbero dovuto gravare su una platea almeno in parte diversa di soggetti, e che, ove sia cessata la società in house che gestiva il servizio, vanno ormai coperte a carico del bilancio generale del soggetto controllante.

Per il complesso delle ragioni enunciate, anche il quarto quesito non può che avere risposta negativa.

 

***

 

Nelle considerazioni sopra esposte è il parere della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana, in relazione alla richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Ponte Buggianese con nota prot. n. 1159 del 30.1.2015.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa al Presidente del Consiglio delle autonomie locali della Regione Toscana, al Sindaco del Comune di Ponte Buggianese e al Presidente della Sezione delle autonomie della Corte dei conti.

Firenze, 28 aprile 2015

Depositata in Segreteria il 28 aprile 2015

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