Acque

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Friuli Venezia Giulia12 febbraio 2015, n. 81

Acque - Nozione di agglomerato - Articolo 74, Dlgs 152/2006 - Valutazioni tecniche - Differenza con accertamenti tecnici - Scarichi - Autorizzazioni - Competenze - Articolo 124, comma 10, Dlgs 152/2006

Tar Friuli Venezia Giulia

Sentenza 12 febbraio 2015, n. 81

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 250 del 2014, proposto da:

(omissis) Srl, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis), domiciliata ex lege presso la Segreteria Generale del Tar, in (omissis);

contro

Provincia di Pordenone, rappresentata e difesa dagli avv.ti (omissis) e (omissis) , con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, (omissis);

Regione Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;

Arpa Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;

Cato Occidentale, non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione della provvisoria esecutorietà

— della determina n. 864 di data 4 aprile 2014 emessa dalla Provincia di Pordenone nelle parti in cui l'Ente dispone l'autorizzazione allo scarico per i 12 tratti di rete fognaria non recapitati a un impianto di trattamento finale con la prescrizione di dotarsi entro 365 giorni dal ricevimento del provvedimento del trattamento secondario o equivalente;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pordenone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2015 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

Fatto

1.1. La società (omissis) Srl è gestore del servizio idrico integrato, fra gli altri, anche per gli impianti in Comune di Prata di Pordenone.

1.2. In tale veste, la succitata società presentava alla Provincia di Pordenone domanda di rinnovo, ai sensi dell'articolo 124, comma 8, Dlgs 152/2006, della autorizzazione allo scarico – per quanto qui di interesse — di acque reflue domestiche e meteoriche di dilavamento, provenienti da dodici scarichi terminali di tratti isolati di fognatura di tipo misto non recapitanti in un impianto di trattamento finale, ma in un corpo idrico dopo il trattamento con vasca imhoff, al servizio della frazione di Prata di Sopra in Comune di Prata di Pordenone.

1.3.1. Con provvedimento prot. n. 2350 del 1° ottobre 2013 la Provincia di Pordenone denegava in tale parte la richiesta dell'odierna deducente, in considerazione del fatto che nelle more il progetto di Piano di tutela delle acque, adottato in via definitiva dalla Giunta regionale, aveva riperimetrato – in regime di salvaguardia – l'agglomerato urbano cui gli scarichi in questione afferiscono, portando a superare il limite dei 2.000 abitanti equivalenti. La sopravvenienza rendeva non più adeguato il trattamento primario, e gli scarichi stessi non risultano dotati di trattamento secondario.

1.3.2. La testé ricordata determina dirigenziale è stata impugnata in parte qua con ricorso a questo tribunale rubricato al n. 394/2013 di R.G..

1.4. È successivamente intervenuta la nuova perimetrazione degli agglomerati urbani da parte della Consulta d'Ambito ottimale – Cato, individuata come ente competente dall'articolo 4, commi da 22 a 28, Lr FVG 6/2013: quello cui afferiscono gli scarichi per cui è causa è sceso al di sotto dei 2.000 abitanti equivalenti.

1.5. La Provincia di Pordenone con determinazione dirigenziale prot. n. 864 del 4 aprile 2014 autorizzava gli scarichi, ponendo peraltro una serie di condizioni, tra le quali quella per cui entro 365 giorni dal ricevimento del provvedimento stesso gli scarichi così autorizzati avrebbero dovuto dotarsi di sistema secondario o equivalente di trattamento dei reflui.

La prescrizione trova fondamento nelle indicazioni provenienti dall'Arpa, secondo cui essa è necessaria, per poter raggiungere, entro il 2015 l'obiettivo del miglioramento dello stato ecologico del fiume Meduna, nel quale gli scarichi alla fine recapitano, da sufficiente a buono, come stabilito dal cd. Codice dell'ambiente.

2.1. Avverso tale ultimo provvedimento, nella parte in cui pone la suvvista prescrizione, insorge la società (omissis) Srl, chiedendone l'annullamento in parte qua, previa sospensione cautelare dell'efficacia.

2.2. Resiste la Provincia di Pordenone, opponendosi alla prospettazione avversaria e chiedendo il rigetto del ricorso proposto da controparte, siccome parzialmente inammissibile e comunque infondato nel merito.

2.3. Nei successivi scritti difensivi le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi.

La società ricorrente ha anche dedotto quale ulteriore motivo di ricorso la disparità di trattamento con riguardo alla posizione assunta dalla Provincia in altra fattispecie sostanzialmente analoga.

La difesa di parte resistente ha, tuttavia, eccepito la tardività e irritualità della censura.

2.4. Non si sono costituite in giudizio la Regione Friuli Venezia Giulia, l'Arpa per il Friuli Venezia Giulia e la Cato occidentale cui pure il ricorso introduttivo del presente giudizio era stato notificato.

3.1. Questo Tribunale con ordinanza n. 85/2014, ritenuto non sussistente il requisito del fumus boni iuris, rigettava la domanda cautelare formulata dalla ricorrente.

3.2. Il Consiglio di Stato, adito dalla società (omissis) Srl, accoglieva l'appello cautelare ai soli fini della sollecita fissazione dell'udienza di merito.

4. All'udienza del 28 gennaio 2015 la causa è trattenuta in decisione.

 

Diritto

1. Viene in decisione il ricorso vertente sulla prospettata illegittimità della prescrizione posta dalla Provincia di Pordenone, in forza della quale anche scarichi provenienti da agglomerati urbani con meno di 2.000 abitanti equivalenti debbono essere dotati di sistema di trattamento secondario al fine di migliorare lo stato ecologico del fiume che funge da ricettore finale.

2.1. Con il primo motivo di impugnazione, rubricato "Violazione di legge (articoli 1, 3, 21-quinquies, 21 nonies, legge 241/1990; articolo 124, comma 12, Dlgs 152/2006; articolo 97 Cost.)", ritiene la ricorrente che con riferimento ai dodici scarichi in questione la Provincia abbia consumato il proprio potere di provvedere con la determina n. 2350/2013, tenuto conto che, da un lato, nelle more non è intervenuta alcuna variazione quali/quantitativa, giusta quanto dispone l'articolo 124, comma 12, Dlgs 152/2006, e, dall'altro lato, che l'Amministrazione non ha annullato o revocato in autotutela, ai sensi degli articoli 21 nonies e 21 quinquies, legge 241/1990, il proprio precedente provvedimento di diniego.

2.2.1. La censura è infondata in punto di fatto e in punto di diritto.

2.2.2. Invero, risulta dalla documentazione versata in atti che la domanda, che ha avviato il procedimento poi conclusosi con il provvedimento impugnato, è stata presentata dalla società ricorrente in ragione di una 'variazione quali e/o quantitativa dello scarico ai sensi dell'articolo 124, comma 12, Dlgs 152/2006'.

D'altro canto, a seguire il ragionamento della ricorrente, se la Provincia avesse esaurito il proprio potere con il precedente diniego, allora non solo non avrebbe potuto porre la prescrizione contestata, ma non avrebbe comunque potuto nemmeno autorizzare gli scarichi in questione.

2.2.3. Vero è, piuttosto, che il provvedimento che qui si impugna testualmente precisa che esso 'sostituisce la precedente Determinazione dirigenziale n. 2350 del 1° ottobre 2013'.

Peraltro, il nostro ordinamento ben conosce l'istituto dell'atto amministrativo implicito, quante volte 'l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente' (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 813/2011).

Sicché, la successiva autorizzazione, sia pure con prescrizioni, di uno scarico, in funzione di una sopravvenienza fattuale, implica necessariamente e inequivocabilmente la revoca del precedente atto di diniego.

3. Le suesposte considerazioni consentono di rigettare anche il secondo motivo di impugnazione, epigrafato "Eccesso di potere per il sintomo dello sviamento di potere (articolo 21-octies, legge 241/1990)", con il quale la ricorrente si duole del fatto che la Provincia non abbia agito in autotutela nei confronti del precedente diniego. Il precedente diniego è da ritenersi quanto meno implicitamente revocato.

4.1.1. Con il terzo motivo di impugnazione, epigrafato "Violazione di legge (articolo 124, comma 10 e comma 7, Dlgs 152/2006; articolo 76, comma 4 — articolo 77, comma 6; Dgr 15 novembre 2012, n. 2000 – articolo 10, Norme di attuazione del Ppta; articolo 3, comma 1, lett. t — 5 comma 1, Lr 6/1998; articoli 1 – 3, legge 241/1990; articolo 97 Cost.)", la società ricorrente ritiene carente se non addirittura priva di motivazione la prescrizione in contestazione contenuta nel provvedimento qui gravato.

Essa, infatti, si fonda esclusivamente sul parere dell'Arpa, la quale tuttavia, ai sensi della Lr FVG 6/1998 svolge attività di supporto di natura tecnico-consultiva, non può imporre prescrizione nei provvedimenti finali adottati da altra Autorità, e non emette pareri vincolanti. A detta della ricorrente, la Provincia avrebbe dovuto effettuare un'istruttoria tecnica per verificare se gli scarichi rispettino i limiti di cui alla Parte III del Codice dell'ambiente, e solo in caso negativo applicare la prescrizione.

4.1.2. Inoltre, l'obiettivo del miglioramento della qualità dello stato ecologico del fiume Meduna deve essere realizzato, ex articolo 76, comma 4, Dlgs 152/2006 attraverso il Piano di tutela delle acque di competenza regionale. Il Piano, peraltro, individua come prioritari gli investimenti per gli interventi negli agglomerati urbani con più di 2000 abitanti equivalenti, e non, come quelli serviti dagli scarichi per cui è causa, con meno di 2000 abitanti equivalenti.

4.1.3. Contesta poi parte ricorrente, sulla scorta del parere di professionista qualificato, la valutazione operata da Arpa in ordine allo stato del fiume Meduna, che funge da recapito finale degli scarichi de quibus.

4.2.1. La questione dell'effettivo stato ecologico del fiume Meduna è stato oggetto di insistita contrapposizione tra le parti, e più precisamente tra il consulente della ricorrente, da un lato, e l'Arpa dall'altro, con scambio di pareri incrociati.

Il Collegio ritiene, nondimeno, che il proprio sindacato debba arrestarsi, allorquando la discrezionalità tecnica risulta esercitata dalla competente Autorità consultiva in modo non manifestamente abnorme, illogico o incoerente. Nel caso di specie, l'Arpa ha spiegato le ragioni delle proprie conclusioni e del perché queste divergono da quello del consulente di parte (che considera solamente alcuni parametri e non tutti), sicché non vi è ragione per negare che lo stato ecologico del fiume Meduna sia solo sufficiente (e non buono), come sostiene l'Agenzia regionale, e che dunque occorra adottare idonee misure per migliorarlo.

4.2.2. Quanto alle priorità fissate dal Piano regionale, esse attengono alla gestione delle risorse pubbliche e non incidono sulla legittimità dei provvedimenti. In altri termini, un provvedimento, in ipotesi pur conforme alla legge, non può dirsi illegittimo per il solo fatto che il destinatario non ha la disponibilità delle risorse economiche per attuarlo.

In ogni caso, le priorità, per definizione, indicano una tendenza ma non pongono un divieto assoluto di effettuare interventi non ritenuti prioritari.

4.2.3. La circostanza, poi, che l'Arpa emetta pareri non vincolanti non impedisce che essi possano per relationem motivare un provvedimento amministrativo.

4.2.4. E, invece, fondata la doglianza nella parte in cui rileva che spetta alla Regione, per il tramite del Piano di tutela delle acque, raggiungere gli obiettivi di qualità fissati dal cd. Codice dell'ambiente.

Invero, l'articolo 76, comma 4, stabilisce, tra le altre cose, che l'obiettivo di qualità ambientale del raggiungimento entro il 22 dicembre 2015 dello stato buono dei corpi idrici significativi superficiali (quali per l'appunto il fiume Meduna) sia conseguito mediante idonee misure fissate nel Piano di tutela delle acque di cui al successivo articolo 121, di competenza regionale.

Spetta, dunque, alla Regione l'introduzione di misure, anche sotto forma di prescrizioni, finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo di qualità, come pure l'individuazione di obiettivi di qualità più elevati, senza che — contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte resistente — sia attribuito alle Provincie, che pure svolgono funzioni di controllo, compiti di supplenza in caso di inerzia dell'Ente competente.

L'unico potere sostitutivo al riguardo previsto è quello, ex articolo 75, comma 2, Dlgs 152/2006, attribuito all'Autorità governativa per il caso in cui l'inattività della Regione comporti la violazione degli obblighi comunitari, o pregiudizio di interessi sensibili.

Il potere riconosciuto dall'articolo 124, comma 10, Dlgs 152/2006, per cui 'In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della Parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente', va esercitato nei limiti della disciplina nazionale e regionale e delle previsioni degli strumenti di pianificazione.

In altri termini, se, come nel caso di specie, uno scarico è dotato di un trattamento (segnatamente, di tipo primario) ritenuto adeguato dalla regolamentazione di settore, la Provincia non può imporre un trattamento più efficiente, ma anche più oneroso per il gestore, perché non spetta a tale Ente ma alla Regione agire per il raggiungimento degli obiettivi di qualità delle acque. La Provincia può sicuramente prescrivere adempimenti tecnici aggiuntivi, ma nell'ambito di quel tipo di trattamento dei reflui imposto dalla disciplina nazionale e regionale, e senza con ciò modificare il tipo di trattamento da effettuare.

5.1. Con il quarto motivo di impugnazione, rubricato "Violazione di legge (articolo 149 comma 1-3-4— Dlgs 152/2006; articolo 1 legge 241/1990; articolo 97 Cost.)", rappresenta la società ricorrente come non spetti alla Provincia, ma, ai sensi dell'articolo 149, comma 3, Dlgs 152/2006, alla Cato, tramite il piano d'ambito, formulare il programma degli interventi e delle nuove opere da realizzare. Rappresenta altresì che né nel vigente piano d'ambito, né nella proposta del piano economico finanziario per il quadriennio 2014-2017 sono previsti gli interventi per adempiere alla contestata prescrizione provinciale.

5.2. Fermo restando quanto già osservato al punto 4.2.2., la prospettazione di parte ricorrente è smentita in punto di fatto dall'allegato tecnico alla nota di data 16 maggio 2013 della società (omissis) Srl alla Provincia di Pordenone, prodotta in atti, in cui si dichiara che l'adeguamento dei dodici scarichi per cui è causa rientra negli interventi previsti nel piano d'ambito.

6.1. Con il quinto motivo di impugnazione, intitolato "Eccesso di potere per il sintomo della contraddittorietà tra gli atti della stressa amministrazione e dello sviamento di potere (articolo 21 octies legge 241/1990; articolo 97, Cost.)", la ricorrente deduce l'eccesso di potere per sviamento del provvedimento impugnato dal raffronto tra i due successivi pareri formulati dall'Arpa e posti a giustificazione, il primo della determina n. 2350/2013, e il secondo della determina n. 864/2014. Invero, mentre nel 2013 l'Arpa ritiene "auspicabile" sottoporre a trattamento secondario gli scarichi per cui è causa, nel 2014, pur in presenza del medesimo quadro conoscitivo della situazione fattuale, il trattamento secondario diviene"necessario". A dire della ricorrente la modifica terminologica rende palese il tentativo di giungere al medesimo risultato, ovverosia vietare gli scarichi, sia pure con una diversa motivazione.

6.2. Al Collegio appare, tuttavia, persuasiva la spiegazione fornita dalla difesa di parte resistente dell'intervenuto mutamento di intensità del parere Arpa, spiegazione che riconduce alla sopravvenuta modifica del quadro fattuale. Rileva in particolar modo la modifica qualitativa degli scarichi, che non convogliano più soltanto reflui urbani, ma anche le acque di dilavamento derivanti da attività di distribuzione di carburanti: la diversa composizione dei liquidi, alla fine recapitati nel fiume Meduna, spiega perché l'Arpa ha ritenuto necessario un tipo di trattamento (quello secondario o equivalente) prima solo auspicabile.

7. Infine, condividendo l'eccezione sollevata al riguardo dalla Provincia, va dichiarata inammissibile, perché tardivamente e irritualmente proposta, la doglianza – concernente una asserita disparità di trattamento — contenuta nella memoria difensiva depositata alla ricorrente in data 22 dicembre 2014.

8. In definitiva il ricorso viene accolto.

La complessità delle questioni giuridiche trattate giustifica nondimeno l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 21 febbraio 2015

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