Ippc/Aia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 4 febbraio 2015, n. 394

Ippc - Autorizzazione integrata ambientale - Provvedimento di diffida al rispetto delle prescrizioni dell'Aia rilasciata - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione

Il provvedimento con cui la P.a. diffida un’impresa dal proseguire l’attività produttiva in difformità a quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale (Aia) non deve essere preceduta da alcun avviso.
Lo stabilisce il Tar di Milano (sentenza 394/2015), che ricorda come la diffida sia il primo atto della procedura di contestazione nel caso di violazione dei parametri ambientali, che cumula in sé anche la funzione di portare il destinatario a conoscenza dell’apertura del procedimento.
La diffida adottata ai sensi del Dlgs 59/2005 (ora parte II del Dlgs 152/2006), prosegue il Giudice amministrativo, è anche un atto vincolato perché costituisce la misura minima adottabile nelle situazioni di accertata violazione delle prescrizioni fissate con l’Aia.
Rigettato quindi il ricorso contro una diffida provinciale, presentato da un impianto di produzione di argilla espansa sorpreso a stoccare senza alcuna autorizzazione – invece che reintrodurre nel ciclo produttivo - le polveri generate dai sistemi di abbattimento, che in Giudizio si era lamentato di non aver ricevuto alcuna comunicazione di avvio del procedimento (ai sensi della legge 241/1990).

Tar Lombardia

Sentenza 4 febbraio 2015, n. 394

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 669 del 2009, proposto da:

(A) Srl, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis);

 

contro

Provincia di Pavia, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis).

 

per l'annullamento

— del provvedimento n. 2/08 prot. 42164/2008 del 09.12.2008 con il quale il Dirigente del settore tutela ambientale della Provincia di Pavia ha diffidato la società (A) Srl dal proseguire l'attività produttiva in difformità da quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale ed ha ordinato alla medesima società di "presentare un piano di quantificazione, classificazione smaltimento dei rifiuti presenti sull'area dello stabilimento (cumuli di polveri da abbattimento di fumi e materiale derivante dall'attività di demolizione) con relativo cronoprogramma, da sottoporre all'Autorità competente ed agli Enti di controllo per la conseguente approvazione";

— di ogni atto presupposto;

— della comunicazione del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente — nucleo operativo ecologico di Milano n. 31/9-4 del 12 novembre 2008;

— del verbale di sopralluogo effettuato dall'Arpa in data del 24 novembre 2008.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Pavia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2014 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La società ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone la illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, chiedendone l'annullamento.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione resistente, eccependo l'infondatezza del ricorso avversario, di cui ha chiesto il rigetto.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

All'udienza del giorno 11 dicembre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Diritto

1) Dalla documentazione prodotta in giudizio e dalle deduzioni formulate dalle parti emerge che: a) la società (A) Srl opera nel settore della produzione di argilla espansa mediante cottura al forno ed è stata autorizzata allo svolgimento di tale attività con autorizzazione integrata ambientale n. 13094, identificativo n. 1079, datata 22 novembre 2006 e rilasciata dalla Regione Lombardia; b) il paragrafo B dell'Aia, dedicato al quadro produttivo ed impiantistico esplicita che "si riscontra che all'interno del ciclo produttivo sono reintrodotte le polveri generate dai sistemi di abbattimento. Giornalmente vengono prodotti circa 250 quintali di polveri che vengono miscelate con l'argilla (circa il 3%) e temporaneamente stoccate sui piazzali con l'argilla cruda"; c) la relazione del Nucleo operativo ecologico del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente di Milano, datata 19 novembre 2008, evidenziava come, all'esito di controlli effettuati a seguito di un esposto presentati dai cittadini del Comune di Retorbido, era stata riscontrata presso lo stabilimento la presenza: 1) di "un deposito incontrollato di rifiuti provenienti da attività di demolizioni e costruzioni per una quantità di circa 100 mc, depositati ai limiti di proprietà lato ovest dell'azienda", 2) la presenza di una quantità di circa 30.000 mc di polveri da abbattimento dei fumi, con conseguente violazione dell'Aia perché le polveri non vengono reintrodotte nel ciclo produttivo; 3) altre violazioni consistenti nell'attivazione di due scarichi sul suolo parte dei quali occupati dal deposito di rifiuti, nonché la non corretta tenuta del bacino di contenimento delle cisterne, la carenza strutturale di alcune parti di macchinari ed in particolare il fatto che nell'area del forno la ciminiera stesse "letteralmente cadendo a pezzi"; d) in data 24 novembre 2008, l‘Arpa di Pavia effettuava un sopralluogo presso l'impianto utilizzato dalla società (A), sito in (omissis), frazione (omissis), alla presenza dell'Amministratore unico della società e del direttore dello stabilimento, sulla base della nota trasmessa dai Carabinieri, ribadendo la situazione già accertata dalle Forze dell'Ordine; e) sulla base dei dati appena richiamati, la Provincia di Pavia adottava il provvedimento impugnato, mediante il quale diffidava la società (A) Srl dal proseguire l'attività produttiva in difformità da quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale ed ordinava alla medesima società di "presentare un piano di quantificazione, classificazione smaltimento dei rifiuti presenti sull'area dello stabilimento (cumuli di polveri da abbattimento di fumi e materiale derivante dall'attività di demolizione) con relativo cronoprogramma, da sottoporre all'Autorità competente ed agli Enti di controllo per la conseguente approvazione", nonché di adottare altre specifiche e dettagliate misure, indicate dallo stesso provvedimento, al fine di superare le criticità riscontrate; f) le prescrizioni relative alla predisposizione di un piano di quantificazione, classificazione e smaltimento dei rifiuti non sono state adempiute dalla società ricorrente, mentre le altre prescrizioni sono state eseguite dalla società (B) Srl, la quale in data 19 dicembre 2008 ha acquistato il ramo di azienda relativo alla produzione e alla commercializzazione dell'argilla espansa.

Avverso la diffida e le risultanze delle indagini effettuate, la ricorrente ha proposto l'impugnazione in esame.

2) (A) Srl articola più censure, che possono essere trattate congiuntamente, perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, dirette a contestare la violazione delle garanzie partecipative, con riferimento alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, nonché il difetto di motivazione e la mancanza dei presupposti di adozione della misura prevista, in quanto le polveri prodotte dall'impianto non sarebbero un rifiuto, ma un sottoprodotto derivante dalla realizzazione dell'argilla, ai sensi del Dlgs 2006 n. 152.

Le censure sono infondate e devono essere respinte.

2.1) Palesemente infondata è la censura relativa alla violazione delle garanzie partecipative.

La ricorrente lamenta di non avere ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento prima della diffida impugnata e tale omissione non è giustificata da ragioni di urgenza.

Al di là del fatto che la diffida rappresenta il primo atto del procedimento di contestazione della violazione, sicché la sua trasmissione integra anche la comunicazione di avvio del procedimento, resta fermo che, a fronte dell'accertata esistenza di uno stoccaggio illecito di rifiuti, l'adozione della diffida costituisce la misura minima adottabile, sicché rappresenta una determinazione vincolata e, pertanto, la circostanza che essa non sia stata preceduta da alcun preavviso non può, in ogni caso, determinare l'annullamento dell'atto, ai sensi dell'articolo 21-octies della legge 1990 n. 241.

Il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del Dlgs 2005 n. 59, ove si prevede che, in caso di inosservanza delle prescrizioni stabilite con l'autorizzazione integrata ambientale, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente.

La semplice lettura della norma conferma che la diffida è il primo atto della procedura di contestazione della violazione dei parametri massimi di sostanze inquinanti, che cumula in sé anche la funzione di portare il destinatario a conoscenza dell'apertura del procedimento; essa, inoltre, è un atto vincolato, in quanto costituisce la misura minima adottabile nelle situazioni di accertata violazione delle prescrizioni fissate con l'autorizzazione integrata.

Né è ipotizzabile la comunicazione al momento dell'effettuazione del sopralluogo, sia perché si tratta di un'operazione solo materiale, che non determina necessariamente l'apertura di un procedimento ex articolo 11 cit., sia perché si tratta di un atto che l'Autorità preposta al controllo può compiere in piena autonomia, nelle circostanze di tempo che ritiene più opportune, salvo poi verificarne la coerenza con il tipo di indagine da compiere, circostanza, quest'ultima, che non costituisce oggetto di contestazione.

Del resto, la documentazione acquisita in sede processuale evidenzia che il sopralluogo è stato effettuato alla presenza dell'amministratore unico e del direttore di stabilimento, sicché non è dubitabile che questa fase dell'attività si sia svolta nel contraddittorio tra le parti.

La violazione non è ipotizzabile neppure rispetto all'attività svolta dal reparto tecnico dell'Arma dei Carabinieri, sia perché si tratta di un atto di polizia giudiziaria, sfociato in una segnalazione all'Autorità giudiziaria, sia perché esso integra una mera comunicazione rispetto alla successiva attività di indagine svolta, nel pieno rispetto delle garanzie partecipative, dall'amministrazione competente e posta a base del provvedimento impugnato.

Ne deriva il pieno rispetto delle garanzie partecipative, con conseguente infondatezza delle censure proposte.

2.2) Del tutto infondata è la censura diretta a contestare, anche in termini di carenza motivazionale, l'insussistenza dei presupposti di adozione della diffida.

Il ricorrente sostiene che il deposito di circa 30.000 mc. di polveri da abbattimento dei fumi non è un rifiuto, ma un sottoprodotto di lavorazione, ai sensi del Dlgs 2006 n. 152, sicché la diffida si fonderebbe su un presupposto di fatto inesistente.

Le censure sono infondate.

Vale precisare che la definizione di sottoprodotto, cui si riferisce la ricorrente, è stata poi modificata per effetto di novelle legislative e risulta ora dal coordinamento tra l'articolo 183 e l'articolo 184-bis del Dlgs 2006 n. 152 e non più dal solo articolo 183, richiamato dalla ricorrente; in ogni caso, la novella ha riguardato aspetti che non rilevano ai fini della definizione del presente giudizio.

Invero, resta fermo che una sostanza si definisce sottoprodotto e non rifiuto quando è originata da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; inoltre, deve essere certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi e può essere utilizzata direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.

Nel caso di specie non sussistono i presupposti appena richiamati.

Si è detto che l'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla ricorrente prevede espressamente (pag. 8 del doc. 3 di parte ricorrente) che "all'interno del ciclo produttivo sono reintrodotte le polveri generate dai sistemi di abbattimento", con la precisazione che "giornalmente vengono prodotti circa 250 quintali di polveri che vengono miscelate con l'argilla (circa il 3%) e temporaneamente stoccate sui piazzali con l'argilla cruda".

Si badi che anche nel ricorso la società (A) ribadisce che le polveri da abbattimento dei fumi vengono normalmente reintrodotte nel ciclo produttivo ed integralmente riciclate nel ciclo stesso.

Nondimeno, in sede di sopralluogo l'Autorità procedente ha accertato l'esistenza, presso l'impianto della ricorrente, sia di un deposito incontrollato di rifiuti provenienti da attività di demolizioni e costruzioni per una quantità pari a circa 100 mc, sia la presenza di circa 30.000 mc di polveri da abbattimento dei fumi, non reintrodotte nel ciclo produttivo, in violazione della prescrizione contenuta nell'autorizzazione integrata e tale da provocare una segnalazione all'Autorità giudiziaria per discarica abusiva.

La ricorrente contesta il dato quantitativo, ma con delle allegazioni del tutto generiche, che non valgono a superare il dato fattuale accertato tanto dai Carabinieri, quanto dall'Amministrazione procedente.

Inoltre, in sede di sopralluogo, i rappresentanti della ditta, presenti durante le operazioni e interpellati in ordine alla destinazione del deposito di polveri e di materiali, hanno precisato "di non averlo mai considerato rifiuto in quanto riutilizzato in piccola percentuale nel ciclo produttivo e quindi mai registrato come tale sui registri di carico/scarico", aggiungendo che "l'attuale deposito è così risultante dall'eccedenza non riutilizzata e stoccata negli anni".

Tanto le dichiarazioni rese dai rappresentanti dell'azienda, quanto le dimensioni del cumulo di polveri, rendono palese che solo una minima parte di esse veniva riutilizzata nel ciclo produttivo dell'argilla, mentre la parte prevalente restava depositata presso lo stabilimento, senza alcuna indicazione nei registri della ditta.

È significativo che proprio i rappresentanti della società abbiano dichiarato che si tratta di un deposito di polveri formatosi nel corso degli anni, a dimostrazione della loro natura di rifiuto, perché utilizzate solo in minima parte nel processo produttivo, sicché la tesi per la quale dovrebbero essere considerate come un sottoprodotto è destituita di ogni fondamento.

Invero, seppure le polveri sono state generate da un processo di produzione, di cui costituivano parte integrante, resta fermo che esse solo in minima parte erano utilizzate nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, sicché il residuo (circa 30.000 mc) ha natura di rifiuto, accumulato per anni dalla società.

Ne deriva che il provvedimento impugnato, se letto in correlazione con gli atti istruttori, secondo la tecnica della motivazione per relationem, contiene la chiara indicazione delle ragioni fattuali e giuridiche ad esso sottese, ragioni del tutto coerenti con le risultanze degli accertamenti compiuti dall'Amministrazione procedente e già richiamate.

Va, pertanto, ribadita l'infondatezza delle censure proposte.

3) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese della lite in favore dell'Amministrazione resistente, liquidandole in complessivi euro 4.000,00 (quattromila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2014 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 4 febbraio 2015.

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