Inquinamento (altre forme di)

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 30 gennaio 2015, n. 1768

Stazioni radio base in zona sottoposta a vincolo - Adeguamento tecnologico - Scia - Articolo 87-bis, Dlgs 259/2003 - Rispetto disposizioni generali - Richiesto - Autorizzazione paesaggistica - Dlgs 42/2004 - Obbligatoria

Qualsiasi intervento” su impianti di telefonia mobile posti in area sottoposta a vincolo culturale/ambientale, se modifica o altera il paesaggio, necessita del preventivo rilascio della autorizzazione paesaggistica.
Il Tar Lazio (sentenza 30 gennaio 2015, n. 1768) ha così respinto il ricorso contro una diffida comunale ricevuta, dopo alcuni mesi, dal titolare di un impianto radio-base che aveva presentato, ai sensi dell’articolo 87-bis del Dlgs 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), una segnalazione certificata di inizio attività (Scia) per dei lavori di adeguamento tecnologico radioelettrico (la norma prevede la Scia rimanga priva di effetti solo qualora la P.a. comunichi un diniego entro 30 giorni).
La procedura semplificata prevista da tale norma, precisa il Tar, deve comunque rispettare le disposizioni generali dello stesso Dlgs 259/2003, che a loro volta fanno ferme le norme di tutela previste dal Dlgs 42/2004 (Codice dei beni culturali), il quale obbliga i proprietari di aree di interesse paesaggistico a presentare alle autorità “il progetto degli interventi che intendano intraprendere”, astenendosi dall’avviare i lavori fino all’ottenimento dell’autorizzazione.

Tar Lazio

Sentenza 30 gennaio 2015, n. 1768

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 7083 del 2014, proposto da:

Società (omissis), rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis);

contro

Comune di Frascati, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis) e (omissis);

per l'annullamento

della nota n. 13966 del 3 aprile 2014 del Responsabile del servizio patrimonio del Comune di Frascati, con cui si diffidava le società(omissis) e (omissis) dall'iniziare i lavori di cui alla richiesta di autorizzazione del 14 marzo 2014 prot. 11092 relativa all'adeguamento radioelettrico della stazione radio base rm 2908 — Frascati autostrada — area di servizio Frascati ovest 2

della delibera del Consiglio Comunale n. 13 del 7 maggio 2013 e del piano di potenziamento e riqualificazione delle aree comunali con la stessa approvato;

del regolamento comunale approvato con delibera n. 44 del 27 luglio 2006 e del relativo piano delle antenne; di ogni altro atto presupposto e connesso;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune del Frascati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e Diritto

La (omissis) Spa il 28 novembre 2013 presentava al Comune di Frascati istanza, ai sensi dell'articolo 87-bis del Dlgs 259/2003, per l'adeguamento tecnologico radioelettrico di una stazione radio base esistente, autorizzata con provvedimento n. 52 del 1996, sita nell'area di servizio autostradale Frascati ovest al catasto al foglio 9 mappale 144.

Con la nota del 3 aprile 2014 il responsabile del servizio patrimonio del Comune diffidava dall'inizio dei lavori relativi a tale richiesta di autorizzazione, non ricadendo l'area oggetto dell'intervento nelle aree indicate nel piano comunale delle antenne, informando della possibilità di presentare memorie ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 241/1990 nel termine di dieci giorni.

La società ricorrente presentava memoria ai sensi dell'articolo 10-bis con nota del 29 aprile 2014.

Avverso l'atto di diffida, avverso la delibera del 7 maggio 2013 e avverso il regolamento per l'installazione di impianti di telefonia mobile approvato con la delibera del consiglio comunale n. 44 del 27 luglio 2006 è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione degli articoli 87 e 87-bis del Dlgs 259/2003; carenza di potere; eccesso di potere per difetto dei presupposti;

violazione e falsa applicazione della legge 36/2001 e del Dpcm 8 luglio 2003; illegittimità del regolamento e del piano delle antenne; incompetenza, eccesso di potere, sviamento, contraddittorietà;

violazione e falsa applicazione dell'articolo 86, comma 3, Dlgs 259/2003; eccesso di potere per sviamento e irragionevolezza;

violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 della legge 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto dei presupposti, sviamento , perplessità della causa.

Si è costituito il Comune di Frascati, eccependo l'inammissibilità del ricorso in relazione alla mancata impugnazione del regolamento comunale del 2006 al momento della pubblicazione e contestando la fondatezza delle censure proposte.

Alla camera di consiglio del 14 luglio 2014 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

All'udienza pubblica del 27 novembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare si deve evidenziare, ai fini dell'ammissibilità del presente ricorso, che l'atto impugnato, anche se contiene la comunicazione relativa alla presentazione delle memorie, ai sensi dell'art 10-bis della legge 241/1990, deve essere considerato un atto dal contenuto immediatamente lesivo della posizione della società ricorrente, in primo luogo con riferimento alla parte in cui contiene la diffida a non eseguire i lavori; inoltre, ha costituito un blocco del procedimento, non essendo stato depositato neanche dalla difesa del comune un atto successivo del procedimento, a seguito delle osservazioni della società ricorrente; anzi la difesa del Comune, in relazione alla censura relativa alla violazione dell'articolo 10-bis, è stata basata sulla natura vincolata del provvedimento adottato in base al regolamento comunale di localizzazione delle antenne ai fini dell'applicazione dell'articolo 21-octies della legge 241/1990, riconoscendo, quindi, la natura provvedimentale dell'atto impugnato (sulla autonoma impugnabilità del preavviso di rigetto cfr. Consiglio di Stato n. 3554 del 2011, che ha ritenuto impugnabile tale atto quando a detto preavviso non solo non abbia fatto seguito, in tempi ragionevoli, l'emanazione di alcun provvedimento formale sull'istanza presentata, ma sia anche ravvisabile una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento).

Sostiene, invece, il Comune la inammissibilità del presente ricorso avverso l'atto del 10 marzo 2014 per carenza di interesse, avendo quale unico presupposto il regolamento comunale per la installazione di impianti di telefonia mobile, approvato con delibera del consiglio comunale del 27 luglio 2006, pubblicato all'albo pretorio del Comune dal 31 luglio 2006 al 16 agosto 2006 ed impugnato, tardivamente, solo con la proposizione del presente ricorso.

Tale eccezione di tardività deve ritenersi infondata.

Infatti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, si è già pronunciata nel senso che il regolamento comunale, previsto dall'articolo 8 della legge 36/2001, costituisca un atto di carattere generale avente natura regolamentare, con la conseguenza che le relative disposizioni vanno impugnate unitamente agli atti applicativi, perché è solo con questi ultimi che la lesione presenta i caratteri dell'attualità e della concretezza (cfr. Cons. di Stato, n. 898 del 2010; n. 5258 del 2009; n. 4056 del 2009; n. 1567 del 2007). Nel caso di specie, neppure si può ritenere immediatamente lesiva nei confronti della società ricorrente, che già gestiva l'impianto — per cui è stata chiesta l'autorizzazione all'adeguamento-, al momento dell'approvazione del regolamento nel 2006, la disposizione che prevedeva la delocalizzazione degli impianti esistenti posti nelle aree non coincidenti con quelle indicate nel regolamento per la localizzazione delle antenne. Infatti, il piano faceva nel complesso riferimento ad aree ";preferenziali";; in ogni caso, la norma sulla delocalizzazione degli impianti esistenti, se considerata immediatamente lesiva, avrebbe dovuto essere oggetto di comunicazione individuale.

Con il primo motivo di ricorso si sostiene la violazione dell'articolo 87-bis, Dlgs 259/2003, in quanto la società ricorrente ha presentato la segnalazione certificata di inizio attività il 28 novembre 2013, mentre la diffida è stata adottata il 3 aprile 2014, ben oltre quindi il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 87-bis per l'intervento del Comune.

Tale censura non è suscettibile di accoglimento. Infatti, non è contestato che l'area in questione sia sottoposta a vincolo paesaggistico. La società ricorrente contesta però la necessità della autorizzazione paesaggistica per il tipo di intervento richiesto, trattandosi solo di un adeguamento di un impianto già esistente.

Si deve evidenziare che l'articolo 87-bis, espressamente prevede che al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia Umts, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all' articolo 87, sia sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale o un parere negativo da parte dell'organismo competente di cui all' articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia è priva di effetti.

Si devono, però, ritenere applicabili, anche a tale procedimento semplificato, le disposizioni generali relative alla installazione di impianti di comunicazioni elettroniche dettate dall'articolo 86, Dlgs 259/2003 ed, in particolare, quella di cui al comma 4, che fa salve ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (riferimento da intendersi ora al Dlgs 42/2004, codice dei beni culturali e del paesaggio).

Ai sensi dell'articolo 146, Dlgs 42/2004, i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. In base al comma 2 i soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. Il riferimento operato da tale norma agli "; interventi"; comporta che qualsiasi intervento che modifichi o alteri il paesaggio abbia necessità della autorizzazione paesaggistica.

Sono invece fondate le ulteriori censure proposte dalla società ricorrente.

Infatti, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, legge 36/2001, i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia mobile e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

La giurisprudenza ha precisato che tale norma deve essere letta insieme alla previsione dell'articolo 86, comma 3, Dlgs 259/2003, codice delle comunicazioni elettroniche, per cui detti impianti sono assimilati alle opere di urbanizzazione primaria: ne deriva che devono essere localizzati in modo che sia assicurato un servizio capillare, ed osta, evidentemente a tale fine la previsione, di altri siti, diversi da quelli ";idonei";, nei quali per motivi ambientali o storico artistici non è consentita l'installazione, che si configuri generica (non avendo indicato espressamente e singolarmente le ragioni della tutela di tutte le altre aree escluse) ed eccessiva, in quanto eccezionali devono essere solo i siti non idonei o sensibili e non viceversa (Consiglio di Stato n. 4056 del 2009).

La potestà assegnata al Comune dall'articolo 8, comma 6, della legge 36/2001 è espressione della autonoma e fondamentale competenza comunale alla disciplina dell'uso del territorio purché criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire, od ostacolare ingiustificatamente, l'insediamento degli stessi impianti (Consiglio di stato n. 3282 del 2010); tale potestà, può, quindi, tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o storico-artistico ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche, ma non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale in assenza di una plausibile ragione giustificativa (Consiglio di Stato n. 3332 del 2006; 1017 del 2007; n. 2434 del 2010).

La citata potestà dei Comuni deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può tradursi in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'articolo 4, legge 36/2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei lavori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato (Consiglio di Stato n. 9414 del 2010; n. 3646 del 15 giugno 2011).

Sulla base di tali principi di costante applicazione giurisprudenziale appare evidente la illegittimità sia del regolamento comunale del 2006 sia del piano del 2013, che ha aggiunto ulteriori aree di proprietà comunale, nella parte in cui individuano specifiche aree da destinare alla installazione degli impianti, senza considerare le aree già occupate da impianti esistenti, come quella relativa all' impianto oggetto dell'adeguamento richiesto dalla società ricorrente, impianto autorizzato nel 1996.

Premesso che la giurisprudenza si è già pronunciata nel senso che la potestà regolamentare dei Comuni in ordine all'introduzione di criteri localizzativi per l'installazione degli impianti di telefonia mobile di cui all'articolo 8, comma 4, della legge 36/2001, non può essere esercitata nei confronti di impianti esistenti e realizzati sulla base di validi titoli permissivi, non essendo ammissibile un'efficacia retroattiva del piano (Tar Campania, Napoli, n. 18229 del 2005; Tar Calabria Catanzaro 305 del 2014), deve ritenersi illegittima la individuazione delle aree operate dal Comune senza tenere in nessun conto aree già occupate da impianti esistenti . La irragionevolezza della scelta comunale è confermata anche da quanto affermato nella relazione del responsabile del servizio patrimonio depositata in giudizio dalla difesa comunale circa l'esistenza nella medesima zona di ulteriori aree individuate come preferenziali ( ap 4 e 11), senza avere considerato proprio l'area nelle vicinanze in cui insisteva già un impianto regolarmente autorizzato avendo anzi previsto la delocalizzazione di tale impianto. I poteri comunali di cui all'articolo 8, comma 6 della legge 36/2001 non possono tradursi in divieti generalizzati per molte parti del territorio comunale senza che sia fornita la prova che il servizio di telecomunicazioni non subisca illegittimi condizionamenti e la valutazione degli interessi coinvolti deve essere motivata e individuabile, perché altrimenti si giunge a vietare di dislocare gli impianti in molte zone comunali che, se anche soggette a vincoli, ad esempio, di natura ambientale, nondimeno in concreto potrebbero ben sopportare un'installazione (Consiglio di Stato n. 4056 del 2009).

Sotto tali profili il ricorso è fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento di diffida del 10-3-2014 e del regolamento comunale del 27 luglio 2006 e del piano del 7 maggio 2013 nella parte in cui non considera l'impianto già in funzione, salva la ulteriore attività amministrativa anche in relazione alla autorizzazione paesaggistica trattandosi di area sottoposta a vincolo, nella quale qualunque intervento è sottoposto ad autorizzazione.

In considerazione della natura delle questioni trattate sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositata in Segreteria il 30 gennaio 2015

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