Acque

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 4 aprile 2014, n. 889

Acque - Tariffa idrica - Metodo transitorio di determinazione anni 2012-2013 -Principio copertura integrale dei costi - Inclusione tra i costi della morosità - Necessità

Nella copertura integrale dei costi, principio base per la determinazione delle tariffe del servizio idrico integrato, va compresa anche la morosità. Lo ricorda il Tar Lombardia nella sentenza 4 aprile 2014, n. 889.
Per i Giudici lombardi la delibera dell'Authority dell'energia 585/2012/R/IDR con cui l'Autorità aveva definito il metodo tariffario transitorio 2012-2013 del servizio idrico non rispetta appieno il principio del "full cost recovery" in ossequio al nuovo articolo 154, Dlgs 152/2006 nella versione post referendum del 2011. Per il Tar tra i costi in tariffa va inclusa anche la morosità (come peraltro previsto dalla delibera 643/2013/R/IDR sul metodo tariffario definitivo).
Inoltre contrasta col principio della copertura totale dei costi il non riconoscimento degli oneri fiscali del fondo nuovi investimenti (FoNi) che è una quota della tariffa del servizio. Si ricorda che con precedente sentenza (26 marzo 2014, n. 779) lo stesso Tar Lombardia aveva dato un generale placet al provvedimento dell'Authority sul metodo transitorio della tariffa 2012-2013, salvo ora con questa pronuncia denunciarne alcune mancanze.

Tar Lombardia

Sentenza 4 aprile 2014, n. 889

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 580 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

(A) Spa, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

contro

Autorità per l'energia elettrica e il gas, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano (omissis);

 

nei confronti di

Autorità ambito territoriale ottimale n. 4 Lazio Meridionale — Latina, non costituita in giudizio;

(omissis), rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

per l'annullamento

quanto al ricorso principale,

— dell'articolo 5, commi 1 e 3, della delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 585/2012/R/IDR del 28 dicembre 2012, pubblicata in data 28 dicembre 2012;

— degli articoli 1(1)(f), 4.2 ed 8 della delibera 585 e degli articoli 1.1, 8.1, 11(1)(c), 14 18, 29.1, 32.1, 34, 35.1, 38, 42, 43, 44, 45.1 e 46 dell'allegato A della delibera 585;

— nonché di tutti gli atti precedenti, successivi o comunque connessi, anche se non conosciuti;

quanto ai motivi aggiunti,

— dell'articolo 7 della delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 88/2013/R/IDR del 28 febbraio 2013;  dell'allegato 2 della medesima;

— nonché di tutti gli atti precedenti, successivi o comunque connessi, anche se non conosciuti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2014 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Con deliberazione n. 585 del 28 dicembre 2012, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (d'ora innanzi, per brevità, anche solo "Autorità" oppure "Aeeg"), approvava il metodo tariffario transitorio (Mtt), per la determinazione delle tariffe per il servizio idrico integrato per gli anni 2012 e 2013.

La deliberazione era adottata in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) del 20 luglio 2012, dopo che il decreto legge 201/2011, convertito con legge 214/2011, aveva attribuito all'Autorità le funzioni di controllo e di regolazione del servizio idrico integrato (di seguito, anche "Sii").

Quest'ultimo è disciplinato a sua volta dal Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale", c.d. Codice dell'ambiente).

In particolare, la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è contenuta nell'articolo 154 del Dlgs 152/2006, nel testo risultante all'esito dal referendum abrogativo dichiarato ammissibile con sentenza della Corte Costituzionale n. 26/2011.

L'esponente è una società mista pubblico-privato (il cui socio industriale privato è stato scelto con procedura di evidenza pubblica) ed è gestore del servizio idrico integrato nell'Ambito territoriale ottimale n. 4 — Lazio meridionale, in forza di apposita convenzione (cfr. i documenti n. 5 e n. 6 della ricorrente).

Attraverso il ricorso principale, articolato in otto motivi, era impugnata la citata delibera 585/2012, la cui illegittimità era denunciata sotto svariati profili.

Con successivi motivi aggiunti, era impugnata la successiva deliberazione dell'Aeeg n. 88/2013/R/IDR, riproponendo le censure del ricorso principale, oltre che esponendo nuovi mezzi di gravame.

Si costituivano in giudizio, concludendo entrambe per il rigetto del gravame, sia l'Autorità sia la signora (omissis), utente servito dalla società esponente (cfr. il doc. 7 della ricorrente).

Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2014, la causa era trattenuta in decisione.

 

Diritto

Ai fini della valutazione delle complesse questioni sollevate nella presente impugnativa, occorre riassumere la disciplina attualmente vigente in tema di tariffe del servizio idrico integrato.

La fonte normativa principale in materia è costituita dal Dlgs 152/2006 — già sopra citato — che all'articolo 141 definisce il servizio idrico integrato (Sii), quale insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.

Quanto alla tariffa da corrispondersi da parte degli utenti del servizio, assume rilevanza centrale l'articolo 154, comma 1, del Codice dell'ambiente, il cui testo è stato modificato a seguito dell'esito positivo (accoglimento) del referendum abrogativo di parte del comma medesimo, referendum indetto con Dpr 23 marzo 2011, dopo che la Corte Costituzionale lo aveva dichiarato ammissibile con sentenza n. 26 del 26 gennaio 2011.

Per effetto del referendum (cfr. il Dpr 18 luglio 2011, n. 116), sono state espunte dal testo del comma menzionato le parole "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito", sicché il testo attuale è il seguente: "1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo".

Si rimarca, sin d'ora, che la necessità del "recupero integrale dei costi" è evidenziata anche:

— nel Dpcm del 20 luglio 2012, agli articoli 2 lettera e) ("attuazione dei principi comunitari "recupero integrale di costi"...") e 3, comma 1°, lettera c) ("definisce le componenti di costo — inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione — per la determinazione della tariffa... ");

— nell'articolo 9 della direttiva della Comunità europea 2000/60/Ce ("Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III");

— nell'articolo 10, del Dl 70/2011, convertito con legge 106/2011, comma 11° e comma 14° ("predispone il metodo tariffario per la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefici dell'utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il principio del recupero dei costi.... ");

— nel parere del Consiglio di Stato, Sezione II, 19 dicembre 2012, n. 267 (cfr. il doc. 15 dell'Autorità), dove si afferma la necessità del "… rispetto del complessivo e articolato quadro normativo che, sul piano nazionale ed europeo, regolamenta i criteri di calcolo della tariffa, in specie imponendo che si assicuri la copertura dei costi".

Prima dell'abrogazione — per effetto del referendum — della citata parte del comma 1° dell'articolo 154 e della successiva approvazione dell'impugnata delibera 585/2012, trovava applicazione, in tema di determinazione della tariffa del Sii, il decreto del Ministero dei lavori pubblici del 1 agosto 1996 (adottato in attuazione della legge 36/1994, c.d. legge "Galli", poi trasfusa nel Dlgs 152/2006), che introdusse il c.d. metodo tariffario normalizzato (Mtn).

Il citato decreto ministeriale (Dm) prevedeva in particolare, sul capitale investito, un tasso di remunerazione fisso del 7%, che riguardava sia il capitale preso a prestito dal gestore sia il capitale proprio, allo scopo di agevolare gli investimenti — soprattutto privati — nel settore dei servizi idrici, garantendo agli investitori una remunerazione fissa e prestabilita del capitale, non solo di debito ma anche proprio (cfr. l'articolo 3.3 dell'allegato al Dm, il quale fissava appunto al 7% il valore del parametro "R", remunerazione del capitale investito).

Il principio del c.d. full cost recovery trova esplicito fondamento normativo non solo a livello nazionale (così i già citati articoli 154 del Codice dell'ambiente, il Dpcm 20 luglio 2012 e l'articolo 10 del DL 70/2011), ma anche comunitario.

In tal senso l'articolo 9 della direttiva della Comunità europea 2000/60/Ce, che enuncia il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, demandando agli Stati membri, entro il 2010, di provvedere a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III alla direttiva medesima [così testualmente l'allegato: "L'analisi economica riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di: a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, di cui all'articolo 9,... "].

L'allegato citato impone quindi la stima dei costi attraverso una analisi economica, privilegiando quindi una nozione economica di "costo", da non confondersi con la figura del "costo" prevista dai principi contabili internazionali ed impiegata per la redazione dei bilanci consuntivi delle società (nel nostro ordinamento, secondo le norme dettate dal Codice civile).

Anche ulteriori atti provenienti dalle Istituzioni comunitarie (ora, dell'Unione europea), propendono in maniera inequivoca per la copertura integrale di tutti i costi del servizio idrico.

In particolare:

— la comunicazione della Commissione COM (2000) 477 del 26 luglio 2000, per la quale la politica di tariffazione deve tenere conto dei "costi finanziari", comprendenti anche i costi del capitale;

— la comunicazione della Commissione COM (2012) 672 che effettua (si veda il punto 3.1.1) un esplicito richiamo al recupero dei costi finanziari dei servizi idrici (cfr. la memoria finale dell'Avvocatura erariale, pag. 56, il doc. 13 della stessa e le premesse della delibera impugnata);

— la comunicazione della Commissione COM (2012) 673 del 14 novembre 2012, che conferma la necessità di piena attuazione del citato articolo 9 della direttiva sul recupero dei costi dei servizi idrici (cfr. il doc. 14 dell'Autorità);

— la comunicazione della Commissione COM (2007) 414 del 18 luglio 2007, che ribadisce la necessità del rispetto dell'articolo 9 menzionato.

Non può pertanto negarsi l'esistenza del principio della copertura integrale dei costi, essenziale all'economicità della gestione, vale a dire all'autosufficienza della stessa, che si raggiunge attraverso l'equilibrio fra i costi dei fattori produttivi ed i ricavi risultanti dalla gestione.

Tale conclusione non è contraddetta dell'esito del referendum abrogativo del 2011, che ha espunto soltanto dall'ordinamento meccanismi di predeterminazione automatica e a priori di un profitto (o meglio sarebbe dire, di una rendita), in favore del gestore.

Ancora in via preliminare, deve ribadirsi, in risposta ad una eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvocatura dello Stato, che la delibera 585/2012, anche se atto di regolazione, è immediatamente lesiva della posizione giuridica della ricorrente, contenendo prescrizioni (si pensi, ad esempio, a quella sul mancato riconoscimento dell'Irap quale costo efficientabile o a quella sul tempo di applicazione della delibera stessa), vincolanti per le Autorità d'ambito, sicché la delibera 585/2012, al pari del resto degli atti di regolazione dell'Aeeg, è direttamente ed immediatamente impugnabile dai gestori, tenuti all'applicazione della tariffa.

Premesso quanto sopra, è possibile procedere all'esame dei singoli motivi del ricorso principale.

1.1 Nel primo motivo, si contesta la legittimità dell'articolo 5, comma 3, della delibera impugnata, che prevede l'inefficacia delle clausole contrattuali e degli atti che regolano i rapporti fra gestori e Autorità competenti non compatibili con la delibera stessa, qualora tali disposizioni non siano adeguate entro il 31 marzo 2013.

A detta dell'esponente, una simile prescrizione lederebbe il legittimo affidamento della società.

La censura è infondata.

La possibilità, per l'Autorità, di intervenire sulle convenzioni in corso, allo scopo di dare attuazione al metodo tariffario transitorio, come risultante dal referendum abrogativo del 2011, appare giustificata sotto vari profili.

Innanzi tutto, l'articolo 10, comma 14°, del citato Dl 70/2011 e l'articolo 3 del Dpcm 20 luglio 2012, prevedono che l'Autorità possa impartire prescrizioni, "a pena di inefficacia" sulle clausole e sugli atti che regolano il rapporto fra i gestori del Sii e gli Enti d'ambito.

Tale prescrizioni, certamente vincolanti (altrimenti, la disposizione "a pena di inefficacia" non avrebbe alcun senso), sono finalizzate alla necessità, nei rapporti di lunga durata quali quelli intercorrenti fra i gestori e gli Enti d'Ambito, di tenere conto delle novità legislative, fra le quali — di primaria importanza — quella del referendum abrogativo di cui sopra.

I principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, che anche per lo scrivente Collegio sono senza dubbio fuori discussione, non possono però essere invocati per evitare che, nell'ambito di rapporti di gestione di un servizio pubblico di lunga durata, le novità normative sopravvenute nel corso nel tempo non possano mai trovare applicazione, conclusione questa a cui si giungerebbe se fosse accolta la tesi della ricorrente, la quale vorrebbe subordinare ogni modifica delle condizioni di gestione al mero accordo fra gestore e Ente d'Ambito, con esclusione di ogni potere esterno di regolazione.

Ovviamente, l'adeguamento del sistema alla novità normative deve avvenire con gradualità e facendo sempre salvo il principio — anch'esso fuori discussione per il Tribunale — della copertura integrale dei costi.

Alle conclusioni sopra indicate, è giunto peraltro — seppure in sede consultiva — anche lo stesso Consiglio di Stato, Sezione II, con parere n. 267 del 25 gennaio 2013 (cfr. il documento n. 15 dell'Aeeg).

In tale parere il Consiglio di Stato, nell'esprimersi sulla decorrenza temporale dei poteri regolatori in materia di tariffe idriche attribuiti all'Aeeg dal Dl 201/2011, ha stabilito che per effetto del referendum abrogativo del 2011, ha ormai perso efficacia il Dm del 1996 sul metodo tariffario normalizzato, la cui applicazione deve reputarsi illegittima anche per il secondo semestre del 2011, allorché si erano ormai prodotto gli effetti abrogativi del referendum.

Di conseguenza, si continua nel parere, l'Autorità dovrà necessariamente tenere conto dell'esito del referendum già a partire dal luglio 2011, fermo restando — si aggiunge — il rispetto del complesso quadro normativo nazionale ed europeo sulla determinazione delle tariffe.

Tali conclusioni hanno avuto recente conferma attraverso la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 22 gennaio 2014, n. 319, dove si legge che: "È evidente, infatti, che il vacuum relativo alle tariffe per le annualità 2010 e 2011 deve essere colmato dall'Autorità ora attributaria in via ordinaria e istituzionale dei poteri regolatori, ossia dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, che ha già provveduto per le annualità 2012 e 2013 con la deliberazione n. 585/2012/R/IDR del 28 dicembre 2012, avviando altresì il procedimento per la restituzione agli utenti della componente tariffaria corrispondente alla remunerazione del capitale per il periodo 21 luglio-31 dicembre 2011 (con la deliberazione 31 gennaio 2013 n. 38/2013/R/IDR), quest'ultima assunta previo parere n. 257 del 25 gennaio 2013 della Sezione Seconda del Consiglio di Stato, ossia per il periodo a far data dall'effetto abrogativo del referendum indetto con il Dpr 23 marzo 2011, come stabilita dall'articolo 1, comma 1, del Dpr 18 luglio 2011, n. 116.

Ne consegue che l'Autorità, che già si è riconosciuta competente, sia pure a tali limitati fini, per periodo precedente l'attribuzione di competenza di cui all'articolo 21 comma 19 del Dl 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella 22 dicembre 2011, n. 214, dovrà darsi carico anche delle determinazioni tariffarie relative alle annualità 2010 e 2011. ".

Fermo restando quanto sopra, occorre altresì evidenziare come, nel caso di specie, la convenzione di gestione, sottoscritta dalla società esponente con l'Autorità d'Ambito (avente una durata di 30 anni, cfr. l'articolo 11 del doc. 5 della ricorrente), prevede espressamente che le tariffe potranno essere aggiornate a seguito di disposizioni legislative (così l'articolo 12 del doc. 5 citato).

La suindicata disciplina convenzionale (avente forza di legge tra le parti, ai sensi dell'articolo 1372 del Codice civile), consente anch'essa di apprezzare negativamente il primo mezzo di ricorso, attesa l'espressa previsione convenzionale dell'eventuale modifica tariffaria per effetto dell'evoluzione della legislazione (nel rispetto, è doveroso evidenziare nuovamente, dei principi nazionali e comunitari sulla integrale copertura dei costi).

A ciò si aggiunga che l'accoglimento della censura, vista la durata di 30 anni della convenzione (cfr. ancora il doc. 5 della ricorrente, articolo 11), porterebbe alla paradossale conclusione che, per un tempo così lungo, gli effetti del referendum del 2011 finirebbero, in sostanza, per essere vanificati.

Si evidenzia da ultimo, per completezza, che la giurisprudenza ha ammesso, seppure a determinate condizioni, il potere dell'Autorità di integrare, attraverso il proprio potere di normazione secondaria, anche il contenuto dei rapporti contrattuali, con un meccanismo simile a quello dell'articolo 1339 del Codice civile (cfr. Cassazione civile, Sezione III, 27 luglio 2011, n. 16401).

Il primo mezzo di ricorso deve — quindi — essere respinto, ferma restando l'ovvia precisazione che l'intervento di regolazione, se può certamente produrre effetti sui rapporti giuridici in corso, deve però rispettare, nelle singole prescrizioni regolatorie, il principio della copertura integrale dei costi.

1.2 Il secondo motivo è rivolto contro gli articoli 5 comma 1 e 4 comma 2 della delibera, laddove la prima norma impone agli Enti d'ambito la redazione del piano economico e finanziario entro il 31 marzo 2013 nel rispetto dell'articolo 4.2, mentre la seconda impone l'applicazione del Mtt senza tenere conto delle peculiari situazioni locali, con particolare riguardo alle perdite sui crediti ed alle morosità.

In altri termini, il combinato disposto delle due prescrizioni porterebbe all'applicazione del metodo tariffario senza adeguata considerazione dei costi rappresentati dalle perdite sui crediti derivanti dalla morosità dell'utenza (particolarmente diffusa nell'Ambito di cui è causa, almeno stando alle dichiarazioni del difensore della ricorrente).

La censura merita parziale accoglimento, per le ragioni che seguono.

Da una parte, non appare né illogica né arbitraria la fissazione di un termine affinché l'Ente d'ambito provveda alla redazione del piano economico e finanziario (Pef), senza contare che la delibera 459/2013, all'articolo 4.1, consente agli Enti d'ambito di modificare le proprie determinazioni tariffarie, avvalendosi delle facoltà concesse dalla medesima delibera 459/2013.

Si ricordi da ultimo, come ammesso dalla ricorrente a pag. 13 dei motivi aggiunti, che il citato termine del 30 marzo 2013 è stato differito di un mese dalla delibera 108/2013, il che conferma la legittimità della prescrizione impugnata, volta a sollecitare la redazione dei Pef, strumenti indispensabili per una corretta fissazione di una tariffa che sia corrispondente ai costi effettivamente sostenuti.

In ordine, invece, al riconoscimento in tariffa dei costi della morosità, valgano le seguenti considerazioni.

In sede di consultazione degli operatori (documento di consultazione 290/2012/R/IDR, doc. 8 dell'Aeeg), l'Autorità (cfr. punto 3.65, pag. 40 della delibera n. 290 citata), aveva manifestato l'intenzione di riconoscere, fra i costi operativi, le perdite su crediti iscritte a bilancio, seppure entro un limite massimo, per favorire gli sforzi delle imprese volti al recupero dei crediti.

Tale intendimento non ha trovato, però, riscontro positivo nella delibera 585/2012, la quale anzi, nelle proprie premesse (cfr. il doc. 1 della ricorrente, pag. 12 e seguenti), dà atto che i problemi della rischiosità del servizio e della morosità dovranno essere meglio affrontati successivamente.

La doglianza sull'omesso riconoscimento della morosità, così come formulata, appare fondata.

Preliminarmente, il Collegio reputa di condividere l'asserzione dell'Aeeg, secondo cui la morosità dell'utenza rientra ordinariamente fra il rischio di impresa dell'operatore, che ha l'onere di attivarsi, con tutti i mezzi offerti dall'ordinamento, per il recupero anche coattivo del proprio credito.

È innegabile, quindi, che la valorizzazione delle morosità quali costi da collocare in tariffa non possa ridursi ad una sorta di rimborso automatico delle morosità stesse, che non costituirebbe un incentivo al recupero del credito e porrebbe, in definitiva, a carico degli utenti "virtuosi", le morosità degli altri utenti.

Tuttavia, qualora tutti gli strumenti legali di recupero siano stati esperiti senza successo ed il credito appaia ormai, di fatto, come concretamente non esigibile, non appaiono sussistere ostacoli di ordine logico o sistematico per il riconoscimento di tali perdite (tale, infatti, deve qualificarsi ormai il credito), quali costi del servizio, da computarsi in tariffa.

D'altronde, la stessa Autorità, con la delibera 643/2013 recante l'approvazione del metodo tariffario definitivo per il biennio 2014-2015, ha innovato le proprie pregresse scelte, attribuendo rilevanza alla morosità (cfr. l'articolo 30 dell'allegato "A" alla delibera citata, doc. 29 dell'Aeeg, che introduce il "Trattamento dei costi di morosità", riconosciuto in misura parametrica e differenziata nell'ambito di diverse aree geografiche).

Su tale ultimo punto, il Collegio reputa illogico che il Mtt per gli anni 2012 e 2013 non riconosca — in mancanza di modifiche normative o  fattuali — quale "costo" una componente che è stata invece riconosciuta per il successivo biennio 2014-2015.

In conclusione, anche il motivo n. 2 deve in parte accogliersi.

1.3 Il terzo mezzo di gravame rileva l'illegittimità degli articoli 8, 14 e 23 dell'allegato A alla delibera impugnata (cfr. per il testo dell'allegato, il doc. 2 della ricorrente), concernenti la determinazione del valore delle immobilizzazioni ed il loro ammortamento.

La doglianza deve reputarsi ormai improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito delle modifiche disposte dalla delibera 459/2013, che agli articoli 2 e 3 ha introdotto una serie di innovazioni concernenti la valorizzazione delle immobilizzazioni e l'ammortamento, ammettendo in particolare il ricorso all'ammortamento finanziario in luogo di quello basato sulle vite utili regolatorie (cfr. l'articolo 3.1 della delibera 459/2013).

La società esponente non ha impugnato la citata delibera 459/2013, anzi nella memoria del 4  febbraio 2014 ha ammesso che la delibera stessa è intervenuta, migliorandola, sulla disciplina delle immobilizzazioni.

Nella successiva memoria di replica dell'8 febbraio 2014, la ricorrente, in risposta ad un'eccezione di improcedibilità sollevata dall'Avvocatura erariale, ha ammesso che la delibera 459/2013 non è stata impugnata perché non lesiva della posizione dell'esponente.

Si conferma pertanto, anche sotto tale profilo, la perdita di ogni interesse all'esame del terzo mezzo di gravame.

1.4 Il quarto motivo denuncia l'illegittimità della disciplina del fondo nuovi investimenti (FoNi), di cui all'articolo 7 della delibera 585/2012 ed agli articoli da 42 a 44 dell'allegato A alla delibera stessa.

L'illegittimità è lamentata sotto due distinti profili, il primo dei quali riguarda il mancato riconoscimento degli oneri fiscali.

Il motivo, sotto tale profilo, è fondato.

Come correttamente evidenziato nel ricorso, la quota di tariffa che costituisce il FoNi è soggetta a tassazione, trattandosi di un reddito maturato in capo al gestore ai sensi del Dpr 917/1986.

Di fronte a tale constatazione, appare manifestamente illogico, oltre che in contrasto con il principio del c.d. full cost recovery, il disconoscimento di ogni onere fiscale.

La bontà di tale conclusione è confermata anche dalla scelta assunta dall'Autorità nella successiva deliberazione 643/2013, di approvazione del metodo tariffario definitivo per gli anni 2014 e 2014, nella quale gli oneri fiscali hanno avuto un — seppure parziale — riconoscimento (cfr. il doc. 29 dell'Autorità, depositato il 30 gennaio 2014).

A questo punto, come già sopra ricordato, appare illogico che il Mtt per gli anni 2012 e 2013 non riconosca — in mancanza di modifiche normative o fattuali — quale "costo" una componente che è stata invece riconosciuta per il successivo biennio 2014-2015.

La disciplina del FoNi è reputata illegittima sotto altro profilo, legato all'interpretazione data dall'Autorità all'articolo 7.1 della delibera 585/2012, articolo in forza del quale, nel caso in cui l'applicazione del Mtt determini una variazione tariffaria superiore al limite previsto dal Mtn, deve essere disposta un'istruttoria conoscitiva per la valutazione dell'applicazione del Mtt.

Nelle more di quest'ultima, ai sensi del citato articolo 7.1, il gestore applicherà la variazione massima prevista dal Mtn (cfr. il doc. 1 della ricorrente, pag. 21).

Secondo l'esponente, il programma informatico predisposto dall'Aeeg per l'attuazione della delibera (c.d. tool di calcolo), si porrebbe in contrasto con la delibera, non riconoscendo il valore massimo del Mtn alla componente tariffaria FoNi.

Tale parte del quarto motivo sarà però esaminata successivamente, in sede di scrutinio del settimo motivo, nel quale le censure riguardano nuovamente il "tool di calcolo" predisposto dall'Autorità.

1.5 Nel quinto ed assai articolato motivo, viene censurato sotto vari profili il meccanismo della garanzia dei ricavi di cui agli articoli 45 e 46 dell'allegato A alla delibera 585/2012.

In primo luogo si contesta il mancato riconoscimento, quale costo efficientabile, dell'onere fiscale relativo all'Irap (imposta regionale sulle attività produttive), tributo istituito in forza del Dlgs 446/1997. Preliminarmente, giova ricordare che ai sensi dell'articolo 4 della delibera 585/2012, i costi della gestione sono distinti in costi efficientabili (sui quali, cioè, la gestione del servizio può svolgere un'azione di efficientamento) e non efficientabili, esterni alla gestione e sui quali quest'ultima non può svolgere alcuna azione tesa alla loro riduzione.

Fra i costi efficientabili, l'articolo 32 dell'allegato A alla delibera pone anche quello relativo all'onere fiscale Irap bilancio, mentre altri oneri fiscali (tributi locali, ad esempio) sono reputati non efficientabili.

Per l'Aeeg, l'Irap costituisce senz'altro costo efficientabile, in quanto potrebbe essere ridotto mediante opportuni interventi aziendali sul costo del personale.

La tesi difensiva dell'Autorità non convince.

In primo luogo, infatti, nella determinazione della base imponibile dell'Irap secondo l'articolo 5 del Dlgs 446/1997 — che richiama sul punto l'articolo 2425 del Codice civile sul contenuto del conto economico — non rilevano in alcun modo i costi del personale (quelli, cioè, di cui al n. 9, lettera B, dell'articolo 2425 citato), sicché un'ipotetica variazione degli stessi non muterebbe la base imponibile del tributo.

Qualora poi, secondo un'interpretazione di tipo fortemente "sostanzialistica" della normativa sull'Irap (vista, in chiave squisitamente economica, come una sorta di imposta sul costo del lavoro), si volesse sostenere la possibilità di riduzione della stessa mediante una diversa allocazione dei fattori produttivi — dando la prevalenza a quelli i cui costi riducono l'imponibile Irap rispetto al costo del personale, non rilevante sul punto — le conclusioni della scelta dell'Aeeg sarebbero palesemente illogiche, finendo per premiare le imprese che riducono in qualsivoglia modo il costo del proprio personale (magari, attraverso la messa in mobilità di dipendenti, le riduzioni stipendiali oppure la "terziarizzazione" dei servizi aziendali).

Si tratta, come del resto evidenziato anche nella relazione tecnica a cura della società Oxera, a pag. 22 e seguenti (cfr. per la stessa il doc. 1 della ricorrente depositato il 30 gennaio 2014), di conclusioni irrazionali, in contrasto con la conclamata finalità di migliorare la qualità del servizio idrico.

Sotto tale profilo, pertanto, la doglianza merita accoglimento.

L'articolo 46 viene — inoltre — reputato illegittimo, perché non prenderebbe in considerazione, ai fini del conguaglio, i parametri ACp (corrispettivi riconosciuti ai proprietari) e MTp (rimborso dei mutui ai proprietari), parametri previsti dall'articolo 1.1 dell'allegato A.

In realtà, le disposizioni del citato articolo 1.1 sui due parametri succitati sono state modificate per effetto della delibera 88/2013 (cfr. i documenti n. 8 e n. 9 della ricorrente), senza però che su tali modifiche l'esponente svolga specifiche contestazioni.

La censura, peraltro formulata in termini generici (si parla nel ricorso di "costi altrove riconosciuti come esogeni", senza altro aggiungere) va quindi respinta.

La ricorrente lamenta, altresì, la presunta illegittimità dell'articolo 29.1 dell'allegato A alla delibera, che per l'anno 2012 individuerebbe un tasso di inflazione pari al 2,093%, inferiore a quello ufficiale del 2,9%, che la ricorrente avrebbe rilevato sul Bollettino ufficiale Istat del 10 agosto 2012.

In realtà, come osservato dall'Autorità nelle proprie difese, l'attività di regolazione è effettuata secondo il meccanismo "ora per allora", sicché il tasso di inflazione da considerarsi, per la determinazione delle tariffe di un anno, è quello dell'anno precedente, senza contare che il tasso di inflazione preso in considerazione è sempre valutato su base annua e non mensile.

Il metodo tariffario, in altri termini, aggiorna i dati di bilancio sulla base del valore dell'inflazione dell'anno precedente.

Si tratta di una soluzione né illogica né arbitraria, sicché l'articolo 29.1 dell'allegato deve reputarsi legittimo.

Il quinto mezzo è rivolto altresì contro l'articolo 46, commi 2 e 4 dell'allegato A, in tema di conguagli maturati dal gestore, che sono riconosciuti quali componenti di costo in tariffa, in misura aggiornata al tasso di inflazione.

In particolare, l'articolo 46, comma 2, è stato modificato per effetto della delibera 88/2013, allegato 2 alla medesima, punto 2.38; la stessa ha altresì aggiunto (punto 2.40 dell'allegato 2), un quarto comma all'articolo 46, che prevede che il conguaglio maturato nel 2012 debba essere aggiornato con il tasso di inflazione a valere per gli anni 2014 e 2015 ed applicato come componente di costo dal 2015 (cfr. la delibera 88/2013 e relativo allegato, doc. 8 e doc. 9 della ricorrente, depositati il 6 maggio 2013).

Inoltre, per effetto della delibera 73/2013, articolo 4.1, lettera r), il conguaglio maturato nell'anno 2012 sarà riconosciuto al gestore solo dal 2014.

L'esponente lamenta — in primo luogo — l'illegittimità di tale previsione, in contrasto con il più volte ricordato principio del c.d. full cost recovery, laddove l'Aeeg non ha previsto, in relazione ai conguagli, il riconoscimento, oltre che dell'inflazione, anche degli oneri finanziari rappresentati dal costo sostenuto dall'approvvigionamento del denaro (cfr. pag. 36 del ricorso, lettera "c").

La doglianza merita condivisione, per le ragioni che seguono.

Non è in discussione, infatti, la circostanza che l'esatta determinazione del conguaglio relativo ad un anno solare non può che avvenire al momento di approvazione del bilancio relativo all'anno medesimo; quanto piuttosto la necessità, in ossequio al principio della copertura integrale dei costi, che — per effetto dell'oggettivo sfasamento temporale fra la maturazione del diritto al conguaglio e l'effettiva corresponsione della relativa somma — il gestore ottenga il riconoscimento della voce di costo rappresentata dall'onere finanziario, visto come "costo opportunità" per il mancato impiego del denaro.

Non si tratta, ovviamente, di un riconoscimento di carattere per così dire "sanzionatorio" a carico dell'Aeeg, ma di un intervento volto alla copertura dei costi oggettivamente rappresentati dalla ritardata disponibilità di una somma — il conguaglio, appunto — il cui diritto matura però, senza dubbio, nel corso dell'anno di riferimento (anche se la liquidazione potrà avvenire soltanto dopo la chiusura del bilancio, in tempi successivi).

Lo stesso regolatore, del resto, appare consapevole di tale esigenza, avendo riconosciuto il tasso di inflazione sulle somme a conguaglio.

Il quinto motivo deve — quindi — sotto tale profilo, trovare accoglimento.

Quanto alle ulteriori modifiche agli articoli 45 e 46 dell'allegato A, introdotte con la delibera 88/2013, le stesse saranno esaminate in sede di trattazione dei motivi aggiunti.

1.6 Nel sesto motivo si contesta l'articolo 8 della delibera ed altre disposizioni dell'allegato A alla stessa, concernenti la disciplina delle attività idriche diverse da quelle del servizio idrico integrato.

Un elenco di tali attività (denominate "Altre attività idriche"), è contenuto nell'articolo 1.1 dell'allegato "A" succitato.

L'Aeeg ha previsto che tali attività, dove svolte dal gestore del Sii, sono comprese in quest'ultimo quanto ai profili tariffari; in altri termini i ricavi delle altre attività idriche concorrono anch'esse a formare la tariffa del Sii.

La ricorrente contesta l'esistenza, in capo all'Autorità, di un potere di regolazione tariffaria estesa a tali attività, sostenendo che la legislazione vigente limiterebbe tale potere esclusivamente al Sii e non a servizi diversi, anche se connessi in qualche modo all'uso della risorsa idrica.

L'Autorità, dal canto suo, sostiene che lo svolgimento delle attività idriche diverse avrebbe carattere meramente facoltativo e che soltanto in caso di concreto esercizio, i ricavi ottenuti dovrebbero ricomprendersi nella tariffa del Sii.

Il motivo deve essere accolto.

L'esame della legislazione in materia di servizio idrico integrato, come sopra riportata, conduce alla conclusione che all'Aeeg sono stati attribuiti poteri di regolazione con esclusivo riferimento al Sii, come definito dall'articolo 141 del Dlgs 152/2006, senza invece alcun riconoscimento del potere regolatorio con riguardo ad attività diverse, anche se in qualche misura riconducibili all'uso della risorsa idrica.

L'attribuzione, da parte della delibera 585/2012, all'Aeeg del potere regolatorio per le attività idriche diverse, senza alcuna base legislativa a fondamento, viola il principio di legalità dell'azione amministrativa, principio al cui rispetto è tenuta anche l'Autorità, nonostante il ruolo ad essa assegnato dall'ordinamento di regolatore indipendente (si veda, sull'applicazione del principio di legalità all'azione dell'Aeeg, la sentenza del Tar Lombardia, Milano, Sezione IV, 6 febbraio 2006, n. 246).

In conclusione, il sesto motivo deve essere accolto.

7. Il settimo motivo concerne il trattamento tariffario degli accantonamenti effettuati dai gestori, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 32, comma 1 e dell'articolo 11, comma 1, dell'allegato A alla delibera impugnata.

In particolare, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, la componente di costo costituita dai costi efficientabili è pari alla differenza fra i costi di produzione e le poste rettificative.

Fra i costi di produzione, sempre secondo il citato articolo 32, devono annoverarsi gli accantonamenti (voci B12 e B13 dell'articolo 2425 del Codice civile sul conto economico), mentre fra le poste rettificative, sono compresi gli accantonamenti in eccesso rispetto all'applicazione di norme tributarie, vale a dire la quota di accantonamenti non deducibile fiscalmente.

Da questo consegue il riconoscimento, quale costo efficientabile, della quota di accantonamenti fiscalmente deducibili (pari alla differenza fra la quota generale dell'accantonamento e la quota del medesimo fiscalmente indeducibile).

A sua volta l'articolo 11, comma 1, ai fini del calcolo del capitale investito netto (Cin), esclude che possa essere presa in considerazione la quota degli accantonamenti fiscalmente deducibili, già considerati ai fini del computo dei costi efficientabili e ciò all'evidente scopo di evitare una duplicazione dei costi in tariffa a carico dell'utenza.

Fra gli accantonamenti non fiscalmente deducibili — si continua in ricorso — deve essere annoverato il "fondo rischi e oneri" di cui al citato articolo 11, comma 1, rappresentante quindi un costo rilevante ai fini del calcolo del Cin.

Dopo la suindicata ricostruzione di tale — oggettivamente complesso — quadro normativo, l'esponente evidenzia come l'Autorità, mediante lo strumento informatico di calcolo della tariffa da essa predisposto (c.d. tool di calcolo), abbia sostanzialmente violato i citati articoli 11 e 32 dell'allegato A, non comprendendo correttamente nel calcolo del Cin il fondo "rischi e oneri".

La censura, così come formulata, non può essere accolta, seppure con le seguenti importanti precisazioni.

L'esponente non contesta la legittimità dei citati articoli 11 e 32, quanto la scorretta applicazione degli stessi da parte dell'Aeeg, attraverso il c.d. tool di calcolo.

Orbene, appare evidente — e si perdoni l'ovvietà — che l'Autorità deve dare corretta e integrale applicazione alle proprie deliberazioni, non potendo certamente apportarvi modifiche in sede di concreta esecuzione delle medesime.

Di conseguenza, la predisposizione e l'applicazione della tariffa del Sii, per quanto riguarda il profilo sopra citato della determinazione del Cin, non potrà che avvenire nello scrupoloso rispetto della delibera, così come interpretata dalla ricorrente, dovendosi invece reputare illegittima qualsiasi fissazione della tariffa per il singolo Ambito territoriale non corrispondente ai citati articoli 11 e 32, nell'esegesi offerta dall'esponente e condivisa dal Collegio.

L'esponente potrà pertanto, se necessario, contestare l'applicazione contra legem della delibera 585/2012, per il profilo che qui interessa, ma non può ottenere alcun annullamento della delibera medesima, che — per la questione ivi dedotta — appare invece legittima.

Sulla base delle considerazioni suesposte, deve reputarsi altresì inammissibile quella parte del quarto motivo, nella quale l'esponente sostiene che, attraverso il citato "tool di calcolo", l'Aeeg avrebbe violato l'articolo 7 della delibera 585/2012 sul fondo per i nuovi investimenti (cfr. il punto 1.4 della presente narrativa in Diritto).

1.8 Nell'ottavo mezzo del gravame principale, viene censurato l'articolo 18 dell'allegato A alla delibera impugnata, recante la disciplina degli oneri finanziari da riconoscersi al gestore del Sii.

La determinazione concreta degli oneri citati avviene attraverso un complesso meccanismo di calcolo, che utilizza numerosi parametri: in particolare si tratta dei parametri Kd (rendimento delle immobilizzazioni), Erp (premio per il rischio di mercato) e Beta (rischiosità relativa al Sii).

Sul punto, occorre dapprima ricordare — come correttamente esposto dall'Avvocatura erariale nelle proprie difese — che il meccanismo di copertura integrale dei costi opera necessariamente con riferimento a costi standard, calcolati sulla base di criteri di efficienza e non si può invece tradurre in un mero riconoscimento dei costi effettivamente sostenuti, quasi che si trattasse di un rimborso a piè di lista.

Tale sistema tariffario, proprio dei settori di mercato ove esiste un'autorità indipendente di regolazione (cfr. la legge 481/1995, istitutiva dell'Aeeg), è rivolto a premiare l'efficienza dei gestori, evitando che errori, sprechi ed altre inefficienze gestionali siano poste a carico dell'utenza attraverso i meccanismi tariffari.

Ciò premesso, le censure contenute nell'ottavo motivo e rivolte contro i tre parametri sopra citati non appaiono idonee a dimostrare la palese illogicità o l'irragionevolezza tecnica della scelta tariffaria posta in essere dall'Aeeg (si ricordi che, secondo il pacifico indirizzo del Giudice amministrativo, la "ragionevolezza tecnica" costituisce il limite all'intervento del giudice stesso nei confronti dell'Autorità; cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 5140/2012 e Sezione VI, 2 maggio 2012, n. 2521).

Infatti, quanto al parametro Kd, le doglianze appaiono generiche e non inducono a comprendere l'illegittimità della misura del fattore Kd fissato nella delibera impugnata.

Anche per il fattore Erp e per il fattore Beta, vengono svolte contestazioni nel complesso generiche, sostenendosi che si tratterebbe di valori diversi dai reali indici del mercato, senza altro concretamente addurre.

A diversa conclusione non induce la lettura della succitata relazione tecnica predisposta dalla società Oxera, depositata in giudizio dalla ricorrente in data 30 gennaio 2014.

Per quanto riguarda il parametro Erp, la relazione (si vedano le pagine 50 e seguenti), confronta l'Erp del settore idrico (fissato al 4%), con quello di altri settori (come l'aviazione civile, la trasmissione dell'elettricità e la telefonia fissa e mobile), nei quali la concorrenza appare maggiormente sviluppata e quindi maggiore il rischio di mercato (in tali settori, il valore Erp oscilla, in effetti, fra il 4 e il 5 per cento).

Poco significativo appare, invece, il paragone con le esperienze straniere, in particolare con quella del Regno Unito, nel quale l'apertura al mercato del settore idrico risale ormai a diversi anni or sono ed il numero degli operatori è molto più basso che in Italia.

Anche i confronti con altri paesi europei (Francia, Germania, Olanda o Irlanda) in settori eterogenei a quello idrico non sembrano, infatti, pregnanti (cfr. pag. 52 della relazione).

Quanto al fattore Beta, la stessa relazione (cfr. le pagine 52 e 53), è costretta ad ammettere che i valori del settore elettrico oppure di altri paesi non sono "direttamente comparabili" con il valore fissato dall'Aeeg nel provvedimento impugnato.

Anche per il costo del debito (parametro Kd), la tabella di Oxera (pag. 55 della relazione), effettua comparazioni non omogenee con mercati diversi da quello idrico e con paesi aventi una diversa disciplina della regolazione.

In conclusione, non reputandosi manifestamente illogiche o irragionevoli le misure dei parametri dell'articolo 18, come introdotte dall'Aeeg, il motivo n. 8 deve rigettarsi.

Il ricorso principale, in definitiva, deve essere accolto in parte, con conseguente e corrispondente parziale annullamento della delibera impugnata mentre va respinto per la restante parte.

2. Il ricorso per motivi aggiunti è rivolto contro la delibera 88/2013, laddove la stessa ha apportato modifiche alla delibera 585/2012 ed all'allegato "A" della medesima.

Le censure dei motivi aggiunti ricalcano quelle già svolte nel gravame principale, mentre è proposta una nuova censura contro le specifiche ed innovative disposizioni dell'articolo 2, punti 36, 38, 39 e 40 dell'allegato 2 della delibera 88/2013 (cfr. pag. 22 dei motivi aggiunti).

2.1 L'articolo 2.36 dell'allegato 2 alla delibera 88/2013 ha modificato l'articolo 45, comma 8, dell'allegato A alla delibera 585/2012.

L'articolo 45 citato detta la disciplina di una serie di costi di natura esterna, non controllabili da parte del gestore, aventi spesso carattere di eccezionalità e definiti talora quali "costi passanti".

Gli stessi (cfr. l'articolo 45, comma 1), sono oggetto di valutazione a consuntivo per determinare il vincolo aggiornato ai ricavi del gestore.

Per effetto della citata modifica all'articolo 45, comma 8, l'aggravio di costo derivante dai c.d. costi passanti sarà riconosciuto nei limiti della differenza fra i costi operativi e la componente "tariffaria Opex" (acronimo di Operating Expenditures, cfr. l'articolo 4.1 dell'allegato A alla delibera 585/2012), vale a dire la quota tariffaria comprensiva delle maggiori efficienze conseguite eventualmente dal gestore rispetto ai costi operativi dei piani d'ambito.

In tal modo, continua la ricorrente, i gestori più efficienti finirebbero per essere penalizzati, in caso di eventi eccezionali o imprevedibili, rispetto ad altri gestori meno efficienti.

La censura è meritevole di accoglimento, attesa la palese illogicità a cui conduce il meccanismo di cui al novello articolo 45, comma 8, dell'allegato A.

I gestori che hanno conseguito risultati migliori, attraverso recuperi di efficienza, finirebbero — infatti — per vedere erodere i miglioramenti ottenuti a causa di eventi eccezionali, mentre i gestori meno efficienti, i cui costi di bilancio sono superiori a quelli derivanti dalla metodologia tariffaria, godrebbero di un aumento della tariffa.

Tale soluzione appare paradossale e discriminatoria, oltre che in contrasto con gli obiettivi di recupero di efficienza e di miglioramento della qualità del servizio reso, obiettivi ai quali dovrebbe tendere la regolazione indipendente svolta dall'Aeeg (cfr. la legge 481/1995).

Il motivo aggiunto citato deve, in conclusione, essere accolto e per l'effetto la delibera 88/2013 deve essere annullata in parte qua, con conseguente annullamento anche della disposizione dell'allegato A alla delibera 585/2012 (articolo 45, comma 8), modificato dalla delibera 88/2013.

2.2 La ricorrente lamenta, infine, anche le scelte effettuate dall'Aeeg con la delibera 88/2013, punti 2.38, 2.39 e 2.40 dell'allegato alla medesima.

Si tratta di disposizioni che, senza apparente motivazione, hanno modificato l'articolo 46 dell'allegato A alla delibera 585/2012, limitando il riconoscimento del tasso di inflazione.

Trattandosi di una limitazione al recupero di un costo, in contrasto con il più volte ricordato principio di copertura integrale, anche tali ultime prescrizioni devono reputarsi illegittime, con conseguente accoglimento anche del succitato motivo aggiunto ed annullamento in parte qua della delibera gravata.

3. La novità e la rilevante complessità delle questioni trattate, oltre alla soccombenza reciproca, induce il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di lite, salvo l'onere del contributo unificato, ai sensi di legge (Dpr 115/2002), da porre interamente a carico dell'Aeeg.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione e li respinge per la restante parte, come in motivazione.

Spese compensate, salvo l'onere, a carico dell'Aeeg, del contributo unificato come per legge (Dpr 115/2002).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2014 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 4 aprile 2014.

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