Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 4 marzo 2014, n. 276

Danno ambientale e bonifiche - Terreno rientrante in un sito di interesse nazionale (Sin) - Sopravvenuta esclusione - Obblighi di bonifica - Prescindono dall’inclusione

Tar Veneto

Sentenza 4 marzo 2014, n. 276

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 460 del 2008, proposto da:

(omissis), rappresentato e difeso dagli avv.ti (omissis) e (omissis);

contro

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

nei confronti di

(omissis) Snc di (omissis) non costituitisi in giudizio;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio prot. n. 32029/QDV/DI/IX/VII/VIII del 10 dicembre 2007, del verbale della Conferenza dei Servizi decisoria del 10 ottobre 2007 nonché della nota a firma del Direttore generale del ministero dell'ambiente del 5 luglio 2007 prot. n. 17766/QdV/DI/VII/VIII e con la nota del medesimo direttore prot. n. 18577/QdV/DI/VII/VIII dell'11 luglio 2007;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2014 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

Il ricorrente è proprietario di alcune aree nel territorio del Comune di Venezia ricomprese all'interno del sito di interesse nazionale di Porto Marghera ed oggetto della procedura di bonifica di cui all'articolo 15 del Dm 25 ottobre 1999, n. 471, attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente.

Tali aree sono condotte in locazione dalla ditta (omissis)" e "(omissis)".

In data 7 gennaio 2008 al ricorrente è pervenuto a mezzo di raccomandata il Decreto del Direttore generale del Ministero dell'ambiente 10 dicembre 2007 con il quale sono state approvate e rese esecutive le prescrizioni previste dal verbale della conferenza di servizi decisoria del 10 ottobre 2007.

Tale verbale così dispone: "con riferimento a quanto emerso in merito alle aree relative a (omissis) – Area(omissis) e (omissis) di formulare nei confronti del proprietario di tali aree, Sig. (omissis), le medesime prescrizioni contenute nelle note di sollecito trasmesse a (omissis) – Area(omissis) e (omissis)".

A seguito del ricevimento di tale comunicazione il ricorrente ha quindi appreso da entrambi i conduttori che questi nelle date, rispettivamente, del 5 luglio 2007 e 11 luglio 2007, avevano ricevuto una nota con la quale erano stati messi in mora al fine di realizzare degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza e di bonifica delle aree.

Con il ricorso in epigrafe le note e i decreti del Dirigente del Ministero dell'ambiente sono impugnati, unitamente al verbale della conferenza di servizi, per le seguenti censure:

I) violazione degli articoli 3, 7, 9 e 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difetto di istruttoria, difetto di presupposto, arbitrarietà e motivazione inconferente perché il Ministero pretende di estendere nei confronti del ricorrente gli effetti di provvedimenti che gli sono ignoti, rispetto ad un procedimento amministrativo che mai prima di allora gli è stato portato a conoscenza, e che è stato avviato ed è proseguito senza l'acquisizione del suo apporto procedimentale;

II) violazione degli articoli 242, 250, 253 e 311 del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, difetto di istruttoria, di presupposto, arbitrarietà ed errore di fatto perché è imposta la caratterizzazione delle aree e la messa in sicurezza d'emergenza senza spiegare quale sia il presupposto degli obblighi imposti, e perché dalle richieste formulate emerge che il Ministero non conosce lo stato dei luoghi;

III) violazione dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difetto di presupposto e di motivazione, nonché illogicità perché le determinazioni del Decreto del Direttore generale del Ministero dell'ambiente sono assunte in modo unilaterale senza dar conto delle posizioni espresse nella conferenza di servizi;

IV) violazione dell'articolo 253 del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, difetto di presupposto e arbitrarietà perché le note impugnate affermano che il Ministero provvederà all'esecuzione in danno con oneri a carico del ricorrente, senza considerare che il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere chiamato patrimonialmente a concorrere negli interventi di bonifica, a seguito della loro esecuzione, solo nei limiti di valore di mercato del sito.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'ambiente precisando di essere venuto a conoscenza dai conduttori dell'area che la proprietà della medesima era del ricorrente, e di aver agito di conseguenza rivolgendo gli ordini al proprietario il quale, benché incolpevole dell'inquinamento, può essere comunque coinvolto nella procedura di bonifica, e concludendo quindi per la reiezione del ricorso.

In prossimità della pubblica udienza del 6 febbraio 2014, nel corso della quale la causa è stata trattenuta in decisione, la parte ricorrente ha eccepito la cessazione della materia de contendere in quanto nelle more della definizione del ricorso la propria area è stata esclusa dal perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale, in quanto è sopravvenuto l'articolo 36 bis, comma 3, della legge 7 agosto 2012, n. 134, il quale ha stabilito la possibile revisione del perimetro dei siti di interesse nazionale su iniziativa delle Regioni, e la Regione Veneto con deliberazione n. 58 del 21 gennaio 2013 ha proposto la predetta revisione che è stata infine disposta con Decreto ministeriale n. 68267 del 24 aprile 2013.

Alla dichiarazione di cessata materia del contendere, nel corso della trattazione orale, si è opposto il Ministero.

L'eccezione di cessata materia del contendere non può essere accolta, in quanto questa presuppone una piena soddisfazione della pretesa avanza dal ricorrente che non è ravvisabile nella fattispecie all'esame.

Infatti non è vero che la sopravvenuta esclusione dell'area della parte ricorrente dal perimetro del sito di interesse nazionale abbia fatto venir meno i presupposti normativi per l'effettuazione della bonifica, dato che la necessità o meno della bonifica prescinde dall'inclusione nel perimetro di interesse nazionale.

Infatti così come l'inclusione di un'area nel perimetro dei siti di interesse nazionale non comporta una presunzione assoluta di inquinamento tale da comportare l'obbligo di eseguire la bonifica dei terreni (come si evince dallo stesso Dm 23 febbraio 2000, con il quale è stata effettuata la perimetrazione, e che ha precisato che all'interno dell'area perimetrata deve essere eseguita l'attività di caratterizzazione al fine di accertare le effettive condizioni di inquinamento), allo stesso modo la sua esclusione dal perimetro del sito di interesse nazionale non comporta di per sé all'esclusione degli obblighi di bonifica.

Infatti l'obbligo della bonifica è determinato solamente dal superamento o meno di determinate soglie di sostanze contaminanti, e l'unico effetto ricollegabile dall'inclusione nella perimetrazione del sito di interesse nazionale, è il radicamento della competenza in materia, in deroga alle regole ordinarie, in capo al Ministero dell'ambiente ai sensi dell'articolo 17, comma 14, del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22.

Ne consegue che, contrariamente a quanto dedotto dalla parte ricorrente, le circostanze sopravvenute non hanno inciso sui termini della controversia che non aveva ad oggetto l'inclusione o meno dell'area della parte ricorrente nel sito di interesse nazionale, e l'eccezione di cessazione della materia del contendere deve pertanto essere respinta.

Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Infatti dalla documentazione versata in atti risulta che il Ministero si è rivolto alle imprese conduttrici dell'area e ha appreso in data 27 agosto 2007 dalla (omissis) Arreda che la proprietà dell'area è del ricorrente, mentre in data 26 agosto 2007 la Fonderia(omissis) ha comunicato di non essere più affittuaria del capannone.

Solo a seguito di tali comunicazioni la conferenza di servizi decisoria ha rivolto al ricorrente le prescrizioni fino a prima formulate alle imprese conduttrici, senza che prima di allora vi fosse stato alcun tipo di coinvolgimento del ricorrente.

Risulta pertanto fondata la censura di violazione dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Infatti nei procedimenti in materia di bonifica, anche dei siti di interesse nazionale, è necessario che i destinatari delle prescrizioni stabilite dall'Amministrazione siano messi nelle condizioni di partecipare al relativo procedimento, articolato in una o più conferenze di servizi istruttorie e decisorie, quantomeno con riferimento alle fasi procedimentali che hanno ad oggetto l'accertamento dei presupposti per l'emanazione di ordini e prescrizioni che riguardano lo specifico sito, mediante un completo contraddittorio procedimentale (cfr. Tar Toscana, Sez. II, 6 luglio 2010, n. 2316; id. 6 maggio 2009, n. 762; Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; Tar Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488).

Nel caso di specie non è mai stato acquisito l'apporto procedimentale del ricorrente che è venuto a conoscenza dell'esistenza di un procedimento amministrativo avviato nei confronti della propria area solo a seguito della comunicazione del 7 gennaio 2008, con la quale gli sono state richiamate implicitamente una serie articolata di numerose prescrizioni definite in precedenti conferenze di servizi.

A fronte di tale censura l'Amministrazione non ha dedotto in giudizio alcun elemento dal quale si possa desumere l'inutilità dell'eventuale apporto procedimentale dell'interessato e le prescrizioni impartite non hanno carattere vincolato.

Ne consegue che la mancata acquisizione dell'apporto procedimentale del ricorrente, non potendo trovare applicazione la cd. sanatoria procedimentale di cui all'articolo 21 octies, comma 2, ultimo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, comporta l'annullamento degli atti impugnati.

Parimenti fondata è anche la censura di difetto di motivazione, dato che il verbale della conferenza di servizi decisoria si limita ad un laconico riferimento alla proprietà del ricorrente prescrivendo di "formulare nei confronti del proprietario delle suddette aree, sig. (omissis), le medesime prescrizioni contenute nelle note di sollecito trasmesse alle soc. (omissis) e (omissis)", senza mettere in alcun modo a disposizione dell'interessato gli atti richiamati per relationem, che non erano già a sua disposizione essendo stati indirizzati terzi.

In tal modo è lo stesso contenuto prescrittivo e provvedimentale ad essere generico ed incerto, così come i presupposti e l'iter motivazionale che lo sorreggono.

In definitiva pertanto il ricorso deve essere accolto per le censure, che assumono carattere assorbente, di violazione dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e di difetto di motivazione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati nei limiti di interesse del ricorrente.

Condanna l'Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente liquidandole nella somma complessiva di € 1.500,00, per spese, diritti ed onorari, oltre Iva e Cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

(omissis)

Depositata in Segreteria il 4 marzo 2014

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