Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 29 gennaio 2014, n. 312

Abbandono di rifiuti - Ordinanze comunali di rimozione - Articolo 192, comma 3, Dlgs 152/2006 - Posizione del proprietario del fondo - Accertamento dell'imputabilità soggettiva - Richiesta

Anche se fondati su ragionevoli presunzioni o condivisibili massime di esperienza, sono illegittimi gli ordini di smaltimento dei rifiuti rivolti al proprietario del fondo che non verificano l’imputabilità soggettiva della condotta.
Il Tar Lombardia (sentenza 29 gennaio 2014, n. 312) ha così annullato un’ordinanza comunale che imponeva la rimozione dei rifiuti al proprietario di un fondo, ai sensi dell’articolo 192 del Dlgs 152/2006, non essendo stata dimostrata la corresponsabilità dello stesso – omissiva o commissiva, colposa o dolosa — con gli autori dell'illecito. Il Tar esclude infatti “che la norma citata configuri un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva”.
E questo senza che le argomentazioni presentate in giudizio dalla P.a.  — che ha ricordato come l’amministratore della società ricorrente, in passato, fosse stato socio della società precedentemente proprietaria dell’area, destinataria nel 2005 di un ordine di rimozione dei rifiuti e successivamente liquidata — potessero rilevare, visto che le stesse avrebbero dovuto essere rappresentate nella sede procedimentale, non in quella giurisdizionale (“divieto di integrazione giudiziale della motivazione”).

Tar Lombardia

Sentenza 29 gennaio 2014, n. 312

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 776 del 2012, proposto da:

(omissis) Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (omissis);

contro

Comune di Lodi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso il suo studio in (omissis);

per l'annullamento

— dell'ordinanza del Sindaco di Lodi n. 92 del 21 marzo 2012, avente ad oggetto "deposito incontrollato rifiuti presso barriera anti rumore ex Camolina Foglio 32, particolo 483" e degli atti connessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lodi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2014 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La ricorrente, proprietaria di un'area sita in Lodi (Fg. n. 32 particolo n. 483), contesta l'ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il Comune le ha intimato la rimozione di rifiuti presenti nella stessa, e la redazione di un piano di caratterizzazione.

L'Ente Locale resistente si è costituito in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 776/2012, confermata in sede di appello, si è accolta la domanda cautelare.

All'udienza pubblica del 10 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Diritto

Il ricorso va accolto.

I.1) Con il primo motivo si deduce la violazione dell'articolo 192 comma 3 del Dlgs 152/06, nella parte in cui richiede l'accertamento di una responsabilità, a tiolo di dolo o colpa, a carico del soggetto intimato, che non sarebbe invece stata dimostrata nel caso di specie.

Il motivo è fondato.

Osserva infatti il Collegio che l'ordine di rimozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al proprietario solo quando ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito, per avere cioè posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi escludere che la norma citata configuri un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, con conseguente illegittimità degli ordini di smaltimento dei rifiuti, ancorché fondati su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime di esperienza, rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità, ed in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell'Amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione, dell'imputabilità soggettiva della condotta (Tar Puglia, Lecce, Sez. I, 22 novembre 2013 n. 2378, Tar Lazio, Roma, Sez. II, 17 settembre 2013 n. 8302, C.S., Sez. V, 25 gennaio 2005 n. 136).

Ritiene il Collegio che, poiché il provvedimento impugnato non contiene alcuna motivazione in merito alla detta imputabilità, il motivo va accolto.

I.2) In contrario, non hanno alcun rilievo le circostanze di fatto riferite dalla difesa della resistente, solo in corso di giudizio, secondo cui la società (omissis), precedente proprietaria dell'area di che trattasi, era già risultata destinataria, nell'anno 2005, di un ordine di rimozione di rifiuti, analogo a quello impugnato nel corso del presente giudizio, e che la stessa, subito dopo aver ceduto l'area alla ricorrente, nel corso dell'anno 2010, è stata posta in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese. In particolare, la difesa comunale evidenzia che il (omissis), attualmente amministratore unico della società ricorrente, era in precedenza socio della predetta (omissis) Srl, e pertanto pienamente consapevole dell'esistenza dei rifiuti al momento dell'acquisto dell'area di che trattasi da parte della società ricorrente, ciò che darebbe luogo ad una responsabilità colposa e/o omissiva in ordine alla permanenza dei rifiuti oggetto dell'ordinanza impugnata.

Osserva infatti il Collegio che, come già dato atto dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, le circostanze sopra evidenziate, riferite alla (omissis) ed al (omissis), sono state rappresentate solo dal legale dell'Ente Locale, ed in sede giurisdizionale, e non, come invece avrebbe dovuto avere luogo, nella sede procedimentale, e nel provvedimento conclusivo, ciò che, di per sé, ne conferma l'illegittimità, in ordine alla detta carenza di istruttoria e di motivazione.

Se infatti è pur vero che il divieto di integrazione giudiziale della motivazione non ha carattere assoluto, in quanto non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione, ciò vale tuttavia per gli atti di natura vincolata, nei quali l'amministrazione può dare anche in giudizio l'effettiva dimostrazione dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, o nei casi di possibile successiva indicazione di una fonte normativa non menzionata nel provvedimento, quando questa, per la sua notorietà, ben avrebbe potuto e dovuto essere conosciuta da un operatore professionale (C.S., Sez. V, 20 agosto 2013 n. 4194), risultando pertanto inapplicabile tale istituto alla fattispecie per cui è causa.

I.4) La difesa comunale contesta il detto difetto di motivazione, laddove, al contrario, il provvedimento impugnato evidenzia espressamente "che (omissis) non ha fornito alcun elemento utile all'identificazione di eventuali diretti responsabili dell'abbandono di rifiuti, e sotto il profilo della solidarietà, che (omissis) è ormai cessata, dopo essersi disfatta del bene, con la collaborazione della ricorrente, responsabile in solido".

Il Collegio ritiene tuttavia che detti rilievi non illustrano in alcun modo le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione a ritenere l'attuale ricorrente responsabile dell'abbandono dei rifiuti, se non in relazione al suo diritto di proprietà, laddove invece, solo nelle memorie depositate nel presente giudizio, il Comune ha formulato per la prima volta le viste considerazioni in merito al ruolo rivestito dal Sig. (omissis) in e (omissis), prospettando, tardivamente, l'esistenza di un disegno comune alle due società, in ordine all'elusione dei loro obblighi in materia di rifiuti.

Parimenti, non sono fondati i rilievi sollevati dalla difesa comunale, secondo cui, nella fattispecie per cui è causa, non vi sarebbe comunque alcun divieto all'integrazione della motivazione in corso di giudizio, vertendosi nell'ambito di un'attività amministrativa vincolata.

Osserva infatti il Collegio che, se è pur vero che dall'accertamento di un abbandono di rifiuti, consegue l'obbligo di attivare un procedimento per la loro rimozione, l'individuazione del soggetto responsabile, che ha dato luogo alla detta integrazione della motivazione, comporta invece lo svolgimento di attività amministrativa connotata da opinabilità, come infatti concretamente avvenuto nel caso di specie, in cui il Comune ha ritenuto di poter desumere da un mero fatto (la partecipazione del (omissis) alle compagni sociali (omissis) e (omissis)), la responsabilità colposa e/o omissiva della ricorrente, laddove invece tale correlazione non può costituire effetto di alcun automatismo, ma richiede di essere dimostrata anche mediante il ricorso a presunzioni, purché gravi, precise e concordanti. Siffatta dimostrazione non è stata fornita dal provvedimento impugnato, che va pertanto annullato.

II) Il secondo motivo, con cui si deduce il vizio di incompetenza, è invece infondato.

Il Collegio prende atto che, una parte della giurisprudenza, invocata dalla ricorrente, afferma che la competenza ad adottare ordinanze di rimozione di rifiuti abbandonati in base all'articolo 192 comma 3, Dlgs 3 aprile 2006 n. 152 spetti al dirigente e non al sindaco, in virtù del principio della separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestionali, di cui all'articolo 107, Tu delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, Dlgs 18 agosto 2000 n. 267 (Tar Campania, Napoli, Sez. V, 10 febbraio 2012 n. 730, Tar Sardegna, Sez. II, 4 novembre 2009 n. 1598).

La giurisprudenza attualmente prevalente, alla quale il Collegio aderisce, ritiene tuttavia la competenza sindacale, e non dirigenziale, in relazione all'ordine di rimozione dei rifiuti, emesso dal ex articolo 192 del Dlgs 152/2006.

Stabilisce, infatti, il comma 3 di tale articolo che, nelle fattispecie ivi indicate, "il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate."

Tale norma, che sancisce la competenza sindacale in luogo di quella dirigenziale, viene interpretata, dalla giurisprudenza maggioritaria, quale norma speciale rispetto all'articolo 107 del Tu enti locali, che affida ai dirigenti i compiti relativi alla gestione delle attribuzioni amministrative dell'ente locale (C.S., Sez. V, 29 agosto 2012, n. 4635; Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765; Sez. V, 10 marzo 2009, n. 1296, Tar Lazio, Sez. II, 1 febbraio 2013 n. 1142; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 17 settembre 2012 n. 1644; Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 giugno 2011, n. 867), tenuto conto dell'applicazione del tradizionale canone ermeneutico lex posterior specialis derogat anteriori generali, e che lo stesso articolo 107, comma 4 cit., ha cura di precisare che "le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, co. 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative", ciò che è avvenuto a seguito dell'entrata in vigore del citato articolo 192, comma 3.

Il ricorso va pertanto accolto, salve le ulteriori determinazioni dell'amministrazione.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l'effetto annulla il provvedimento in epigrafe impugnato.

Spese compensate, salvo il rimborso del contributo unificato in favore della ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 29 gennaio 2014

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