Ippc/Aia

Giurisprudenza

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Sentenza Consiglio di Stato 26 novembre 2013, n. 5611

Autorizzazione integrata ambientale (Aia) - Cementifici già autorizzati al recupero rifiuti - Richiesta di utilizzare Cdr - Nuova autorizzazione per impianto rifiuti - Articolo 208, Dlgs 152/2006 - Non richiesta

La presente pronuncia è correlata ai seguenti provvedimenti

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  • Sentenza Corte di Cassazione 21 febbraio 2020, n. 6923

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    Rifiuti - Impianto di trattamento e recupero di rifiuti speciali - Autorizzazione unica - Articolo 208, Dlgs 152/2006 - Autorizzazione integrata ambientale - Articolo 29-quater, Dlgs 152/2006 - Localizzazione dell'impianto - Deroga ai criteri localizzativi previsti nel Piano regionale di gestione rifiuti - Possibilità - Esclusione - Diniego dell'autorizzazione - Legittimità - Sussistenza

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  • Sentenza Consiglio di Stato 22 febbraio 2014, n. 818

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  • Sentenza Consiglio di Stato 26 settembre 2013, n. 4773

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  • Sentenza Consiglio di Stato 24 settembre 2013, n. 4689

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Consiglio di Stato

Sentenza 26 novembre 2013, n. 5611

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 3999 del 2012, proposto da:

Comune di Maniago, rappresentato e difeso dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso (omissis);

contro

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis);

Società (omissis) Spa, rappresentata e difesa dagli avv. (omissis) ed (omissis), con domicilio eletto presso il primo, (omissis);

nei confronti di

Provincia di Pordenone, Comune di Fanna, Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

Associazione Onlus (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis);

 

sul ricorso numero di registro generale 4942 del 2012, proposto da:

Comune di (omissis), rappresentato e difeso dagli avv. (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso il primo, (omissis);

contro

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis);

(omissis) Spa, rappresentata e difesa dagli avv. (omissis);

Provincia di (omissis), Comune di (omissis), Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia, Associazione Onlus A(omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis), Comune di (omissis);

per la riforma

quanto ai ricorsi n. 3999 e 4942 del 2012:

della sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia: Sezione I n. 00560/2011, resa tra le parti, concernente modifica autorizzazione integrata ambientale

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, contenente appello incidentale, Società (omissis) Spa e Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Cons. (omissis) e uditi per le parti gli avvocati (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

1. Il presente giudizio ha ad oggetto i provvedimenti della Regione Friuli-Venezia Giulia con cui è stata autorizzata la modifica sostanziale dell'autorizzazione integrata ambientale a favore della (omissis) Spa, titolare di un cementificio nel territorio del Comune di Fanna, in seguito alla richiesta di quest'ultima di utilizzare nell'impianto del combustibile CDR— Q (combustibile derivato da rifiuto di elevata qualità), a parziale sostituzione del pet-coke precedentemente impiegato nella produzione.

Detti provvedimenti venivano impugnati davanti al Tar Friuli-Venezia Giulia dal Comune di Maniago, sulla base della prospettazione che il proprio centro abitato, distante 2,5 km dall'impianto, è potenzialmente esposto alle emissioni atmosferiche da esso derivanti. L'amministrazione ricorrente formulava censure di ordine formale, consistenti nella mancata partecipazione al procedimento e nell'omessa sottoposizione del progetto di modifica a valutazione di impatto ambientale, e sostanziale sotto svariati profili, inerenti in estrema sintesi la nocività del combustibile impiegato e la mancata adozione delle necessarie misure precauzionali nel relativo impiego, nonché l'inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio e contenimento delle emissioni atmosferiche.

2. Accertata la legittimazione ad agire del Comune ricorrente, il Tar respingeva l'impugnativa nel merito.

3. Il Comune di (omissis) ha appellato la sentenza, riproponendo tutti i motivi di impugnativa e formulando critiche alle statuizioni di rigetto del giudice di primo grado.

4. In relazione a tale impugnativa, la Regione Friuli Venezia Giulia ha proposto appello incidentale, nel quale censura il positivo riscontro operato dal Tar in ordine alla legittimazione ad agire di detta amministrazione, in quanto fondato sulla base della mera vicinitas, in mancanza, tuttavia, di prova che dall'impianto deriverebbe un danno ambientale per il proprio territorio.

4.1 Nel medesimo appello, la Regione critica l'analoga statuizione emessa dal giudice di primo grado con riguardo all'Associazione Onlus "(omissis)" — Associazione Controllo Qualità Urbanistico Ambientale, interveniente ad adiuvandum, obiettando che tale ente non è dotato della necessaria rappresentatività e stabilità.

5. Ha proposto separato appello anche il Comune di (omissis), anch'esso interventore ad adiuvandum, nel quale contesta la dichiarazione di inammissibilità del proprio intervento, motivata dal Tar in ragione della legittimazione primaria, non diversificabile da quella della ricorrente principale, che tale amministrazione vanta nella presente controversia.

 

Diritto

1. I giudizi devono preliminarmente essere riuniti ai sensi dell'articolo 96 C.p.a., poiché scaturenti da appelli rivolti nei confronti della stessa sentenza.

2. Assume carattere prioritario l'individuazione delle "giuste parti" di questo giudizio e dunque la verifica della legittimazione ad agire/intervenire delle due amministrazioni comunali odierne appellanti principali, nonché dell'associazione Onlus (omissis). Pertanto devono essere esaminati, nell'ordine, l'appello incidentale della Regione Friuli, quindi l'appello principale del Comune di (omissis) ed infine l'altro appello principale, vale a dire quello del Comune di (omissis), il quale contiene motivi afferenti al merito del presente contenzioso.

2.1 In accoglimento dell'appello incidentale, la suddetta Onlus deve in effetti essere ritenuta carente della legittimazione ad intervenire, imponendosi quindi la riforma del pertinente capo della sentenza di primo grado.

Risulta dalla documentazione versata agli atti del giudizio, ed in particolare dall'atto costitutivo e dallo statuto dell'associazione che questa nasce allo scopo di opporti al progetto delle "casse di espansione" sul fiume Tagliamento, vale a dire ad un progetto volto all'adozione di sistemi di contenimento degli straripamenti del fiume.

Si tratta dunque di un ente privato costituito con uno scopo specifico, dal quale non è possibile ricavare una legittimazione, ancorché secondaria, ad opporsi al progetto sulla cui base è stata emessa l'autorizzazione ambientale in contestazione nel presente giudizio.

2.2 È pur vero, come ha rilevato il Tar, che in base al citato statuto l'associazione si propone anche "di tutelare l'ambiente naturale o manufatto e la conservazione di opere caratteristiche locali, considerate per l'ecologia, la natura, l'artigianato, la cultura e l'arte o da riferimenti storici o paesaggistici"; ed inoltre che l'ente "ha sede in località non distante e che prevede di agire anche mediante "prese di posizione". Tuttavia, in assenza di ragguagli specifici da parte dell'interessata, pur essendo a ciò onerata, la citata previsione statutaria altro non può essere considerata che una mera una enunciazione programmatica, cui non risulta essere seguito lo svolgimento di concrete attività ed iniziative.

Come infatti recentemente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa di secondo grado in giudizi di impugnazione di autorizzazioni ambientali, le associazioni ambientaliste non iscritte presso il Ministero dei beni culturali ed ambientali ai sensi dell'articolo 13 legge 349/1986 non possono limitarsi ad allegare che fra i propri scopi statutari sono compresi quelli di tutela dell'ambientale nell'area di afferenza del provvedimento amministrativo contestato, occorrendo invece avere riguardo all'effettiva e non occasionale militanza del soggetto associativo a favore della tutela dell'interesse ambientale protetto (C.d.S., sez. V, 16 aprile 2013, n. 2095; C.g.amm., 16 ottobre 2012, n. 933).

3. Le censure della Regione appellante incidentale non possono invece essere condivise con riguardo alla posizione del Comune di Maniago.

Deve infatti rilevarsi che, pur essendo vero che l'indirizzo di questo Consiglio di Stato più recente, ed ormai consolidato, considera la cd. vicinitas come condizione necessaria ma non sufficiente a fondare la legittimazione ad impugnare atti autorizzativi in materia ambientale (in questo senso, tra le altre : sez. IV, 11 novembre 2011, n. 5986; sez. V, 10 luglio 2012, n. 4068; 16 aprile 2013, n. 2108; sez. VI, 21 gennaio 2013, n. 325;), è del pari incontrastato che in caso di impianti a potenzialità inquinante diffusiva, a causa della tecnologia in essi impiegata, tale legittimazione viene sostanzialmente riconosciuta come sussistente in re ipsa nei confronti di Comuni confinanti, causa la loro naturale esposizione alle emissioni atmosferiche da detti impianti proveniente (in questo senso sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7275).

3.1 Tanto precisato, è innanzitutto pacifica la riconducibilità dell'impianto della (omissis) a quelli con potenzialità inquinante diffusiva.

Inoltre, occorre precisare che, vertendosi in materia di condizioni dell'azione, non è esigibile una prova concreta del danno, essendo sufficiente che di questo sia fornita una prospettazione plausibile. Il che è dato riscontrare nella deduzione del Comune di (omissis) di essere limitrofo a quello di Fanna dove detto impianto è localizzato, letta in correlazione con la sopra accennata potenzialità inquinante dell'attività di co-incenerimento che in esso la predetta società si propone di svolgere e sulla cui base ha ottenuto l'autorizzazione qui contestata.

Pertanto, l'appello incidentale della Regione deve essere respinto in questa parte.

4. Deve quindi passarsi da esaminare l'appello principale di (omissis), nel quale si contesta la statuizione di carenza di legittimazione ad intervenire emessa dal Tar, per l'omogeneità del suo interesse oppositivo a quello azionato in via principale dal Comune di (omissis).

4.1 Nel proprio mezzo, la suddetta amministrazione appellante obietta a tale ragionamento di essere venuta a conoscenza del provvedimento autorizzativo qui in contestazione solo in seguito all'impugnativa del limitrofo Comune di (omissis), avendo fino ad allora ignorato l'esistenza del relativo procedimento, a causa dell'inidoneità degli strumenti partecipativi previsti dalla legislazione in materia (pubblicazione su quotidiani locali della proposta progettuale, come in concreto avvenuto).

La stessa, quindi, si vanta di possedere nella presente fattispecie una legittimazione secondaria in ragione "della diversa collocazione territoriale rispetto al Comune di (omissis)" (pag. 6 dell'atto di appello), sulla quale fonda la ritualità del proprio atto di intervento ad adiuvandum nel giudizio di primo grado.

Tale deduzione è stata ulteriormente specificata dall'amministrazione nella propria memoria conclusionale, nella quale ha differenziato la propria posizione dalla ricorrente principale in ragione di quanto segue: "Il Comune di (omissis) […] si trova all'imbocco della Val Meduna, a nord-est rispetto al cementificio di (omissis) e all'abitati di (omissis) e a differenza di quest'ultimo, non è posto sottovento rispetto alle esalazioni del cementificio. Il Comune di (omissis) invece, in ragione alla sua particolare ubicazione, cioè a sud del cementificio, "respira" direttamente le esalazioni da questo promananti" (pag. 3 della memoria conclusionale).

4.2 Questo ragionamento non può essere condiviso.

Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, non è infatti possibile sfuggire, con riferimento alle questioni attinenti alla legittimazione ad impugnare atti autorizzativi in materia ambientale, alla seguente alternativa: o a causa della propria posizione l'impianto è fonte di pregiudizio per il proprio territorio, ed allora la legittimazione è primaria, donde l'inammissibilità di interventi adesivi ad impugnative altrui, pena altrimenti l'elusione del termine decadenziale per ricorrere (in questo senso è pacifica la giurisprudenza (C.d.S., sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2446; sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; 5 novembre 2012 n. 5591), oppure non vi è alcuna posizione differenziata e qualificata, a causa dell'indifferenza dell'impianto rispetto agli interessi di cui si è portatori, cosicché nemmeno è ammissibile un intervento adesivo dipendente.

4.3 La prima di quelle ora dette è in realtà l'ipotesi nella quale va inquadrato l'intervento del Comune di (omissis), avendo lo stesso comunque paventato una "diffusione inevitabilmente sovralocale dell'inquinamento", direttamente interessante il proprio territorio (pag. 5 dell'atto di appello).

Del resto, ove fosse seguita la prospettazione dell'appellante si introdurrebbero intollerabili elementi di opinabilità in ordine ad una condizione dell'azione, il cui accertamento in subiecta materia verrebbe condizionato a giudizi inevitabilmente relativistici, fondati sulla distanza dei territori comunali potenzialmente interessati da impianti industriali inquinanti, in spregio ai più elementari canoni di certezza che deve informare l'accertamento di una condizione dell'azione quale legittimazione ad agire.

4.4 Potrebbe peraltro ammettersi in questi casi atti di intervento nei limiti in cui con essi non si ampli la domanda ritualmente proposta dai ricorrenti (cfr. C.d.S., sez. VI 13 dicembre 2012, n. 4858). Ma ciò non è avvenuto nel caso di specie, avendo il Comune di (omissis) formulato una censura autonoma, direttamente riguardante la propria posizione, relativa all'inadeguata pubblicizzazione del procedimento autorizzativo, che a suo dire ne avrebbe pregiudicato la possibilità di proporre tempestivamente l'impugnativa giurisdizionale in via principale avverso l'autorizzazione ambientale rilasciata alla (omissis).

4.5 E' poi appena il caso di evidenziare che tale doglianza è in ogni caso infondata.

L'amministrazione odierna appellante ammette infatti che è stata effettuata la pubblicazione del progetto alla base dell'istanza autorizzativa in contestazione su un quotidiano a diffusione regionale, e precisamente "Il Gazzettino", in conformità al disposto dell'articolo 5, comma 7, Dlgs 59/2005 ("Attuazione integrale della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"), in allora vigente. Ebbene, tanto è sufficiente per ritenere assolto l'onere partecipativo nei confronti dei soggetti interessati, quali le amministrazione comunali potenzialmente esposte alle emissioni dell'impianto progettato, gravante sull'autorità regionale procedente.

L'appello del Comune di (omissis) è quindi infondato e deve essere respinto.

5. Può dunque passarsi all'esame dell'appello del Comune di (omissis).

5.1 Con il primo motivo, detta amministrazione lamenta di non essere stata posta in condizione di partecipare con pienezza al procedimento autorizzativo a causa della suddetta pubblicità. Tanto — a detta dell'appellante – in violazione dei principi del giusto procedimento, sul rilievo che tale mezzo comunicativo è inidoneo a tutelare la propria posizione giuridica nell'iniziativa autorizzativa. A questo riguardo, il Comune appellante, in quanto contermine a quello nel cui territorio l'impianto è situato, assume di essere titolato a ricevere una comunicazione individuale dell'avvio del procedimento, essendo destinatario degli effetti del provvedimento autorizzativo conclusivo ex articolo 7 legge 241/1990. Inoltre, vanta una posizione di equiordinazione ex articolo 114 Cost. rispetto alla Regione procedente.

5.2 Con il secondo motivo si duole al medesimo riguardo della violazione del principio di leale collaborazione discendente dalla citata disposizione costituzionale, nonché dall'articolo 120 della Carta fondamentale. Secondo questa prospettazione, tali norme imporrebbero di addivenire ad un'intesa prima di adottare la decisione amministrativa contestata.

6. I motivi, strettamente connessi e pertanto esaminabili congiuntamente, sono entrambi infondati. Il secondo è peraltro anche inammissibile perché proposto per la prima volta in appello.

6.1 Merita innanzitutto piena conferma l'avviso del Tar, che ha accertato che gli adempimenti procedimentali fissati dal citato articolo 5 Dlgs 59/2005 sono stati rispettati nei confronti del Comune odierno appellante attraverso la pubblicazione dell'istanza autorizzativa sul "Il Gazzettino", in conformità dunque al comma 7 di tale disposizione, come visto sopra anche per il Comune di Cavasso Nuovo.

6.1.1 Si rivela quindi condivisibile quanto affermato sul punto dal giudice di primo grado, e cioè che occorre distinguere nel procedimento in questione tra "le amministrazioni competenti in materia ambientale" e quella comunale sul cui territorio è ubicato l'impianto (articolo 5, commi 10 e 11), dagli alti "soggetti interessati" (articolo 5, comma 8). Solo alle prime è dovuta la comunicazione individuale di avvio del procedimento, in virtù del loro titolo a partecipare alla conferenza di servizi decisoria di cui al citato comma 10 dell'articolo 5. Per contro, i secondi sono legittimati a presentare osservazioni, che l'autorità procedente deve prendere in considerazione a mente del comma 13 della disposizione in commento (contrariamente alle determinazioni delle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi, che sono destinate ad essere "acquisite" nel provvedimento conclusivo, secondo i meccanismi propri dell'istituto procedimentale della conferenza di servizi).

Coerente con questa legittimazione procedimentale secondaria, la pertinente normativa prevede a favore dei soggetti una forma di comunicazione generalizzata quale la pubblicazione del progetto.

6.1.2 .1 Il Comune di (omissis) non può in contrario invocare la propria qualità di destinatario degli effetti del provvedimento autorizzativo.

L'articolo 7 legge 241/1990 specifica che questi effetti devono essere "diretti" ed è evidente che un simile predicato non si addice ai Comuni contermini ad un impianto quale quello in contestazione, i quali possono in ipotesi risentire delle relative emissioni inquinanti e dunque di esternalità negative indirette derivanti, ma non già una incisione diretta quale è quella sofferta dal solo Comune nel cui territorio l'impianto insiste.

6.2 Il secondo motivo è come sopra accennato inammissibile, in quanto proposto in violazione del divieto di ius novorum sancito dall'articolo 104, comma 2, cod. proc. amm.

Non giova sostenere in contrario che lo stesso costituisce uno sviluppo argomentativo dei motivi dedotti in prime cure, essendo palese che i riferimenti alle norme ed ai principi costituzionali sui rapporti tra i diversi livelli territoriali di governo, ed il vanto, sulla base di questi, della propria legittimazione ad esprimere un potere condizionante di assenso al progetto coinvolto nel procedimento autorizzativo in contestazione, costituiscono deduzioni nuove. Infatti, nel primo motivo del ricorso originario il Comune odierno appellante aveva lamentato di non avere potuto dare il proprio "contributo partecipativo fondamentale", alludendo dunque chiaramente ad una legittimazione partecipativa secondaria.

6.2.1 Nel merito lo stesso motivo è comunque infondato, come detto sopra.

E' infatti non conferente il richiamo al principio di equiordinazione tra livelli territoriali di governo nei quali si articola la Repubblica sancito dall'articolo 114 Cost.

Pur con la sua carica innovativa rispetto al previgente assetto dei rapporti politico-istituzionali tra Stato da una parte e Regioni ed enti locali dall'altra, la citata disposizione non può essere interpretata nel senso di legittimare deroghe all'ordine, statico, delle competenze amministrative stabilito per legge, oppure di introdurne di nuove. Esso rileva invece sul piano dinamico, nel senso di imporre l'intesa (cd. forte) come strumento di composizione dei contrasti nello svolgimento di attività da parte di amministrazioni dotate di pari competenza su una specifica materia ed ha avuto rilievo nell'ambito dei rapporti tra Stato e Regioni, in relazione a casi in cui la legislazione del primo introduceva ipotesi di cd. chiamata in sussidiarietà ascendente di funzioni amministrative attribuite alle seconde (cfr. Corte Cost. 1 ottobre 2003 n. 303 e14 ottobre 2005 n. 383).

6.3 Segue l'esame del quarto motivo d'appello, nel quale il Comune di (omissis) deduce un'ulteriore violazione di carattere procedimentale, consistente nella mancata effettuazione della valutazione di impatto ambientale sulle modifiche impiantistiche e produttive proposte dalla (omissis).

Secondo l'appellante, tale sede procedimentale avrebbe consentito di apprezzare con il necessario approfondimento le proprie osservazioni in ordine alle ricadute ambientali delle modifiche suddette e di valutare le alternative possibili, fino alla cd. opzione "zero".

6.3.1 Sennonché, come già condivisibilmente rilevato dal Tar, la censura è generica, essendo priva di puntuali contestazioni al decreto n. 5567 del 10 aprile 2009, adottato all'esito del procedimento di screening ex articolo 20 Tu ambiente di cui al Dlgs 152/2006, con il quale la Regione Friuli si è determinata nel senso di non sottoporre la modifica progettuale al Via. In detto provvedimento si dà conto del fatto che la (omissis) era già autorizzata allo svolgimento dell'attività di recupero di cui al codice R1 (di cui all'Allegato C, "operazioni di recupero", alla parte IV del citato testo unico), che tuttavia non aveva fino ad allora esercitato, e che le modifiche proposte non avrebbero comportato il superamento del valore soglia di cui all'Allegato III, "progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano", punto n), alla parte II del medesimo Dlgs 152/2006, "in quanto l'attività di recupero energetico R1 subirà una variazione dalle attuali 0 t/giorno alle 90 t/giorno".

Ne consegue che il motivo, prima ancora che infondato, è inammissibile a causa di detta genericità, nonché per difetto di specifica critica ai sensi dell'articolo 101, comma 1, cod. proc. amm., alla contraria statuizione del giudice di primo grado.

6.4 Con l'ultimo motivo rimasto da esaminare, il terzo nell'ordine seguito nell'atto d'appello, il Comune di (omissis) censura sotto vari profili la sentenza del Tar nella parte in cui ha ritenuto sufficienti gli impegni assunti dalla (omissis) in ordine all'abbattimento ed al controllo delle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti sprigionate dall'impianto.

L'amministrazione comunale appellante osserva che:

— l'autorizzazione contestata ha consentito il superamento dei valori limite previsti dal Dlgs 133/2005 ("Attuazione della direttiva 2000/76/Ce, in materia di incenerimento dei rifiuti") mediante l'impiego del CDR-Q;

— l'impiego di tale materiale avrebbe dovuto essere specificamente autorizzato ai sensi dell'articolo 208 Dlgs 152/2006;

— nella proposta della controinteressata non è assicurato il controllo sulle caratteristiche del nuovo combustibile e le conseguenze nocive rivenienti dal suo incenerimento;

— sono ravvisabili carenze istruttorie e motivazionali in ordine ai controlli ed alle analisi specifiche sulle caratteristiche e la composizione chimica CDR-Q destinato all'incenerimento, come invece prescritto dal Dlgs 133/2005 ("Attuazione della direttiva 2000/76/Ce, in materia di incenerimento dei rifiuti");

— non sono state prese in considerazione le acquisizioni degli enti pubblici i quali hanno segnalato la necessità di approfondire gli effetti ambientali collegati alla modifica in contestazione.

6.4.1 Il motivo è infondato.

Innanzitutto, non risponde al vero che l'autorizzazione qui impugnata abbia autorizzato il superamento di valori soglia alle emissioni atmosferiche.

Occorre infatti sottolineare come si verta nella presente fattispecie in una caso di modifica sostanziale ai sensi dell'articolo 2, lett. n), Dlgs 59/2005 citato, in quanto suscettibile di avere effetti negativi significativi sull'ambiente umano a causa, nello specifico, del materiale impiegato, non comportante alcuna modifica impiantistica.

Quindi, va rilevato che l'impianto cointestato era già stato autorizzatato (l'originaria Aia rilasciata in favore della (omissis) per lo stabilimento di Fanna risale al 16 ottobre 2008) e questi sono riportati nel provvedimento qui impugnato.

Inoltre, nello stesso provvedimento si dà debitamente conto delle ragioni alla base dell'autorizzazione a superare i limiti di cui al Dlgs 133/2005: in virtù di espressa autorizzazione contenuta di detto provvedimento normativo per le sostanze organiche volativi e ossidi di zolfo; ed inoltre per specifiche ragioni concernenti gli strumenti tecnici impiegati nell'impianto con riguardo al monossido di carbonio.

In ordine a tali profili, il motivo d'appello non contiene alcuna specifica censura. Lo stesso si fonda dunque, per questa parte, su un non completo esame delle pertinenti risultanze probatorie, risultando inficiato da genericità.

Del pari, poiché l'attività di incenerimento del CDR-Q è qualificabile come attività di recupero di cui al predetto codice R1 ai sensi della normativa ambientale vigente, per il cui esercizio la controinteressata era già stata autorizzata in virtù del provvedimento ora citato, non è corretto ritenere che occorresse una nuova autorizzazione ai sensi dell'articolo 208 Dlgs 152/2006, relativo ai "nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti", tenuto conto che, come dalla stessa dichiarato – e non contestato – il preesistente bruciatore è già predisposto per la co-combustione di combustibili alternativi. Per tacere del fatto che ai sensi dell'articolo 184-ter del citato Dlgs, introdotto dal Dlgs 205/2010 ("Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive"), e del Dm 14 febbraio 2013, n. 22 il materiale in questione, a determinate condizioni, non è più qualificabile come rifiuto speciale, ma come combustibile solido secondario (ed anche la produzione può legittimamente avvenire in forza di autorizzazione integrata ambientale, corredata da apposita certificazione o iscrizione Emas, in luogo dell'autorizzazione ex articolo 208 citato).

Quindi, non si può fondatamente censurare l'istruttoria condotta dalla Regione Friuli in ordine al controllo delle emissioni.

E' inoltre riscontrabile nel provvedimento impugnato uno specifico approfondimento in ordine ai controlli sul materiale destinato ad essere incenerito, vale a dire il CDR-Q. In risposta a specifiche richieste del Comune di (omissis), la (omissis) ha chiarito in sede procedimentale (con relazione integrativa) che detto materiale, per il cui approvvigionamento prevede di ricorrere ad uno specifico fornitore ((omissis) Srl), verrà accettato se conforme alla pertinente normativa tecnica (Uni 9903:2004); ha quindi fornito puntuali indicazioni in ordine alle caratteristiche ed alla composizione del materiale ed agli impegni contrattuali assunti al riguardo dalla fornitrice; si è infine impegnata nei confronti dell'autorità amministrativa ad effettuare controlli periodici sulle emissioni atmosferiche. Quest'ultimo impegno si è poi tradotto in una specifica prescrizione all'interno dell'autorizzazione qui contestata (n. 9).

Pertanto, non sussiste alcuna violazione della normativa in materia di inceneritori, né tanto meno le dedotte carenze istruttorie e motivazionali nell'autorizzazione contestata.

7. In conclusione, anche l'appello del Comune di (omissis) deve essere respinto.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti in causa in ragione della complessità delle questioni trattate.

 

PQM

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sugli appelli principali riuniti ed incidentale, come in epigrafe proposti, così provvede:

— accoglie in parte l'appello incidentale della Regione Friuli Venezia Giulia e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiara il difetto di legittimazione della Associazione Onlus (omissis) ad intervenire nel presente giudizio, respingendolo nel resto;

— respinge entrambi gli appelli principali.

Compensa integralmente le spese tra tutte le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositata in Segreteria il 26 novembre 2013

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