Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Puglia 6 agosto 2013, n. 1227

Energie rinnovabili - Eolico - Installazione - Aree Natura 2000 - Divieto -Compatibilità con normativa Ue - Sussiste - Condizioni - Rispetto criteri di proporzionalità e non discriminazione

Tar Puglia

Sentenza 6 agosto 2013, n. 1227

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2011, proposto da:

(A) Srl, in persona del legale rappresentante p.t., (omissis) e (omissis), rappresentati e difesi dal prof. avvocato (omissis) e dall'avvocato (omissis);

 

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);

 

per l'annullamento

del regolamento regionale del 30 dicembre 2010 n. 24, pubblicato sul Burp n. 195 del 31 dicembre 2010, approvato dalla Regione Puglia in attuazione delle "linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili" (di cui al decreto del Ministero per lo sviluppo economico del 10 settembre 2010), recante la "individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Puglia", nella parte in cui ha ricompreso tra le aree non idonee quelle su cui insiste il progetto dell'impianto fotovoltaico presentato dalla società ricorrente, in parte interessante la proprietà dei sig.ri (omissis) e (omissis);

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2013 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori avvocati (omissis); (omissis) e (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La (A) Srl espone di aver presentato istanza di Via, alla Provincia di Foggia in relazione ad un esteso progetto di parco fotovoltaico della potenza di 45,70 NW, da realizzare in parte in località Celentano nel Comune di Lucera e in parte in località la Motticella nel Comune di San Severo; di aver già ottenuto il punto di connessione; di aver sottoscritto un preliminare di costituzione di diritto di superficie con i sigg.ri (omissis) e (omissis).

La possibilità di realizzazione di tale progetto, tuttavia, sarebbe stata irrimediabilmente compromessa dall'entrata in vigore del regolamento regionale n. 24/2010 (pubblicato sul Burp n. 195 del 31 dicembre 2010), posto che i terreni interessati dall'intervento in questione rientrano nei cd. coni visuali del Castello angioino di Lucera e di Castel Fiorentino di Torremaggiore.

La su menzionata società, pertanto, unitamente ai proprietari delle aree, ha proposto il presente gravame chiedendo l'annullamento della disciplina regolamentare sopravvenuta, nella parte di interesse.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione regionale, preliminarmente eccependo l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e, in subordine, chiedendone il rigetto nel merito in quanto infondato.

Le parti hanno depositato documenti e svolto difese in vista della pubblica udienza del 17 aprile 2013, nella quale la causa è passata in decisione.

 

Diritto

1. Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità per difetto d'interesse sollevata dalla difesa regionale, fondata sull'asserita inconfigurabilità – allo stato — di qualsivoglia concreta lesione in capo ai soggetti ricorrenti, non essendo stata conseguita la Via né richiesta l'Autorizzazione unica.

L'eccezione va disattesa. L'immediata applicabilità delle disposizioni regolamentari impugnate incide inevitabilmente sull'esito del procedimento autorizzatorio avviato, essendo stata sancita l'inidoneità delle aree sulle quali il progetto insiste all'installazione del tipo di impianto progettato dalla ricorrente.

Questa, pertanto, vanta un interesse concreto ed attuale a contestare la legittimità del regolamento regionale n. 24/2010, in relazione al divieto di localizzazione ivi contenuto, poiché immediatamente preclusivo dell'intervento proposto.

In proposito, è appena il caso di rammentare la nota distinzione tra regolamenti che contengono previsioni normative astratte e programmatiche, non idonee a provocare un'immediata compromissione della sfera giuridica del destinatario e regolamenti che contengono previsioni conformative destinate all'immediata applicazione, come tali capaci di produrre un immediato effetto lesivo nella sfera giuridica del destinatario: in quest'ultimo caso, vige la regola dell'onere di immediata impugnazione da parte dei soggetti interessati, che non potrebbero rinviare l'iniziativa giudiziaria al momento dell'adozione del provvedimento applicativo (cfr., tra molte, Consiglio di Stato, Sezione IV, 14 febbraio 2005 n. 450; in termini questa Sezione, n.1580/2012).

In particolare, l'onere di immediata impugnativa entro il termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio o dell'atto regolamentare è stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza con riferimento alla materia urbanistica (cfr., tra le più recenti, Consiglio di Stato, Sezione IV, 28 marzo 2011 n. 1868 e 26 marzo 2012 n. 1750).

Discende da quanto detto l'ammissibilità del ricorso in esame.

2. Passando al merito, si riportano sinteticamente i tre motivi di ricorso.

Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione delle linee guida nazionali dettate per l'attuazione dell'articolo 12 del Dlgs n. 387 del 2003 nella parte in cui impongono una stringente istruttoria per l'individuazione di aree non idonee all'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, non essendo consentita l'imposizione di divieti preliminari generalizzati e dovendo piuttosto la concreta disciplina rispondere ad un'esigenza di accelerazione e semplificazione dell'iter di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di tali impianti. Nella specie, i divieti imposti dalla Regione, con particolare riferimento all'individuazione dei cd. coni visuali riferiti al Castello angioino di Lucera e a Castel Fiorentino di Torremaggiore, risulterebbero generici ed indiscriminati.

Con il secondo motivo parte ricorrente insiste, poi, sul dedotto difetto di istruttoria con particolare riferimento all'inserimento nei suddetti coni visuali delle aree interessate al progetto proposto; previsioni che reputa irragionevoli e del tutto avulse da effettive verifiche sui luoghi e sulle caratteristiche delle aree, totalmente prive di qualsiasi vincolo paesaggistico e/o culturale. Assume in particolare che, in considerazione della tipologia dell'impianto (sopraelevato rispetto al livello del suolo di soli 2 metri) e della configurazione dei luoghi (presenza di masseria, circondata da un bosco di querce, lecci e macchia mediterranea, oltre che di un costone, che si risolverebbe in una barriera naturale), le presupposte interferenze visive non sarebbero riscontrabili rispetto ai terreni in questione.

Infine, con il terzo motivo, contesta l'asserito mancato coinvolgimento degli enti locali interessati dai gravati divieti, con conseguente violazione delle norme sulla partecipazione procedimentale e del principio di leale collaborazione.

2.1. Invertendo l'ordine delle censure, si prende le mosse da quest'ultimo motivo, smentito per tabulas dalla produzione documentale della Regione resistente.

Emerge invero dalle note dell'Assessore allo sviluppo economico rispettivamente del 24 novembre 2010 e del 13 novembre 2011 che una pluralità di enti e associazioni è stata coinvolta nel procedimento in questione, tra cui l'Anci Puglia; e dalla nota prot. n.552 del 20 gennaio 2011, a firma del Dirigente del Servizio regionale Assetto del territorio, che taluni dei soggetti coinvolti hanno presentato osservazioni, acquisite al procedimento.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

2.2. Quanto ai motivi sub 1 e 2, possono essere esaminati congiuntamente. Entrambi risultano incentrati sul difetto di istruttoria, articolato su due distinti livelli: sul piano generale, avverso la scelta ritenuta indiscriminata di prevedere i cd. coni visuali in relazione al Castello angioino di Lucera e a Castel Fiorentino di Torremaggiore, in presunto contrasto con le linee guida nazionali (motivo 1); più specificamente, con riferimento alla scelta di includere negli indicati coni visuali le aree sulle quali avrebbero dovuto essere realizzati gli impianti progettati dalla società ricorrente (motivo 2).

Le censure così formulate non possono, tuttavia, trovare accoglimento.

Emerge invero dagli atti di causa che è stata condotta un'articolata istruttoria, che si è snodata attraverso un complesso percorso tecnico-amministrativo, che ha previsto il coinvolgimento di una molteplicità di enti ed associazioni (cfr. il precedente punto 2.1) e che — diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente — è approdata ad una disciplina variegata e non invece a divieti aprioristici, generalizzati e indiscriminati.

La delimitazione dei cd. coni visuali è stata, infatti, preceduta e correlata alla preventiva individuazione dei luoghi-immagine della Regione sulla scorta di tre criteri concorrenti (conoscenza diretta del territorio, analisi dello stesso nella descrizione e rappresentazione che ne forniscono le principali guide turistiche, analisi dello stato dei luoghi); e la metodologia utilizzata per l'individuazione delle zone all'interno dei coni stessi è stata –a sua volta — complessa e fondata su di un approccio di tipo scientifico. Anche la presenza della masseria e del boschetto circostante, addotta da parte ricorrente a sostegno dell'asserita irrazionalità delle scelte operate dall'Amministrazione regionale, non è stata trascurata nella complessa indagine condotta; piuttosto non è stata ritenuta sufficiente a delineare una barriera visiva, in considerazione dell'esiguità della porzione di suolo occupata.

Le zone sono poi state differenziate tra loro e, ancora una volta in applicazione di concorrenti criteri (quali la distanza dal luogo-immagine e l'altezza delle installazioni), sono state sottoposte a limitazioni diverse, attraverso l'indicazione del tipo di impianto non realizzabile; inoltre, si è stabilito che i divieti di installazione non operino mai per alcuni tipi di impianti (cfr. articolo 5, comma 6 del regolamento in questione) e in relazione ad aree che presentino certe caratteristiche, sia pure ubicate all'interno di aree non idonee di cui all'allegato 3 (cfr. stesso articolo 5, comma 5).

Infondata appare, pertanto, anche la censura di indiscriminatezza delle impugnate prescrizioni.

Attraverso tali scelte, peraltro, l'Amministrazione regionale ha esercitato la propria discrezionalità tecnica, suscettibile di sindacato soltanto in ipotesi di manifesta irrazionalità. E, in questo caso, la scelta appare ragionata e funzionale alla tutela di dichiarati interessi storici, architettonici e turistici.

Né l'adottata disciplina, come ci si accinge a dimostrare, confligge con le direttive nazionali approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010; ed anzi, si pone in linea con la posizione assunta dall'Unione europea, alla stregua della quale il favor per gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili va coniugato con la tutela del paesaggio.

2.2.1. È utile invero preliminarmente ricordare che la Corte di Giustizia dell'Unione europea, pronunciando sulla questione pregiudiziale sollevata da questa Sezione in materia di realizzazione di impianti eolici all'interno delle aree Sic e Zps appartenenti alla Rete natura 2000, ha affermato che le direttive 2001/77/Ce e 2009/28/Ce, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che vieti del tutto l'installazione di impianti su siti appartenenti alla Rete Natura 2000, senza alcuna previa valutazione dell'incidenza ambientale del progetto sul sito specificamente interessato, purché vengano rispettati dagli Stati membri i principi di non discriminazione e di proporzionalità (cfr. Corte Giustizia Ue, sentenza 21 luglio 2011, in C-2/10, Azienda agricola Franchini).

In un significativo passaggio della sentenza, la Corte afferma che il divieto totale di costruire nuovi aerogeneratori in zone soggette a vincolo, risultante da una disposizione normativa, "non è contrario agli obiettivi di razionalizzazione e di riduzione di ostacoli amministrativi e costituisce, per principio, una procedura sufficientemente trasparente e oggettiva", ossia non discriminatoria e, sotto tale profilo, del tutto conforme alle direttive europee sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Se ne può far discendere che il contemperamento tra gli obiettivi di sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili e le esigenze di tutela degli habitat naturali (che possono essere ragionevolmente estesi fino a ricomprendere le risorse ambientali in generale) è in linea di principio rimesso, secondo il Giudice europeo, alla discrezionalità degli Stati membri: in primis al Legislatore statale ed alle Regioni, secondo il riparto di competenze regolato dal Titolo V della Costituzione, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità.

2.2.2. Veniamo, quindi, alle linee guida nazionali, approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 e ai principi posti dall'articolo 12 del Dlgs n. 387 del 2003.

Come già chiarito da questa Sezione in un recente precedente, dal quale il Collegio non intende discostarsi, è consentito alle Regioni "apporre una volta per tutte divieti preventivi, assoluti e non derogabili" allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure autorizzatorie, individuando nell'ambito del proprio territorio "aree non idonee" alla localizzazione di determinate tipologie di impianti. A ciò non osta la normativa nazionale citata (cfr. sentenza n. 1580/2012).

Si richiamano brevemente gli argomenti sui quali si è ritenuto di poter fondare la conclusione attinta:

a) il significato letterale della "non idoneità", riferita alle trasformazioni del territorio. Diversamente intesa, la complessa procedura di zonizzazione rimessa alle Regioni avrebbe ben poca utilità pratica, poiché le imprese interessate sarebbero ugualmente indotte a richiedere l'autorizzazione all'insediamento di nuovi impianti all'interno di tali aree, previa valutazione in concreto della loro compatibilità ambientale, restando immutata l'incertezza sulla fattibilità tecnica e giuridica degli interventi, in danno sia degli operatori economici che delle Amministrazioni competenti ad esprimersi, a causa della complessità delle valutazioni istruttorie da compiersi sui singoli progetti e della riconosciuta ampiezza della discrezionalità tecnico-amministrativa esercitabile in sede di valutazione di impatto ambientale;

b) il tenore dei precetti contenuti in una serie di disposizioni del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010:

— il paragrafo 1.2., ove si stabilisce che le Regioni e le Province autonome possono "porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio", per specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili, con le modalità di cui al successivo paragrafo 17;

— il paragrafo 17.1, intitolato "aree non idonee" ove, proprio in nome della richiamata esigenza di semplificazione e di certezza, si ribadisce che le Regioni e le Province autonome possono "procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti", secondo il chiaro dettato dell'articolo 12, decimo comma, del Dlgs n. 387 del 2003, sia pure mediante apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione dei vincoli e degli strumenti di tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della biodiversità, delle tradizioni agroalimentari e del paesaggio rurale, che identificano obiettivi di protezione ritenuti ex ante non compatibili con nuovi impianti e per i quali, pertanto, vi sarebbe una "elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione" (elevata probabilità che è destinata a divenire certezza del divieto, con la scelta pianificatoria della Regione);

— l'allegato 3, intitolato "criteri per l'individuazione di aree non idonee", ove si chiarisce che la loro individuazione "mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti", pur con la precisazione che essa deve obbedire a criteri di oggettività (lettera a) e differenziazione (lettera b), non può riguardare le zone agricole nella loro interezza (lettera c), non può riguardare "porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico";

c) infine, un'interpretazione che consenta di attribuire all'ultimo periodo della lettera d) dell'allegato 3 un significato compatibile con l'articolo 12 del Dlgs n. 387 del 2003 e con la complessiva disciplina contenuta nelle linee guida ministeriali (in specie con il paragrafo 1.2., nel quale è sancito in modo affatto chiaro il potere delle Regioni di stabilire limitazioni e divieti in via preventiva). La predetta disposizione secondo cui "l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell'iter di autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio", secondo la suggerita chiave di lettura, si porrebbe quindi solo apparentemente in contrasto con le altre disposizioni già riportate, tutte univoche nell'assegnare carattere assoluto ai divieti introdotti dalle Regioni. Ciò sulla scorta di un'interpretazione logico-sistematica della nozione di "aree non idonee", della formulazione del periodo in termini descrittivi (della ratio e dell'obiettivo perseguito) anziché prescrittivi, dell'utilizzo della congiunzione conclusiva "dunque" (che toglie contenuto innovativo alle parole che seguono, risolvendosi in mero riepilogo delle precedenti disposizioni dell'allegato 3, tra le quali viceversa non vi è traccia della pretesa attenuazione del regime dei divieti).

2.2.3. Alla stregua di tutto quanto precede, vanno pertanto respinti anche i motivi sub 1 e sub 2, attraverso i quali — si ribadisce — parte ricorrente contesta la legittimità del regolamento regionale n. 24/2010, nella parte in cui vieta in modo assoluto ed inderogabile la realizzazione delle specifiche tipologie di impianti (indicate analiticamente attraverso un codice) all'interno dei cd. coni visuali, con particolare riferimento ai castelli di Lucera e di Torremaggiore, inseriti nelle "aree non idonee" di cui all'allegato 3 al regolamento.

3. In conclusione il gravame è infondato e va respinto. Considerata tuttavia la complessità della fattispecie, il Collegio ritiene di procedere alla compensazione delle spese di giudizio.

 

PQM

 

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2013 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 6 agosto 2013.

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