Sentenza Corte Costituzionale 16 aprile 2013, n. 70
Energie rinnovabili - Impianti eolici - Limiti alla realizzazione - Abrogazione dei limiti - Differimento della decorrenza della abrogazione (legge regionale Campania 13/2012) - Reviviscenza del divieto - Violazione del principio di leale collaborazione con lo Stato - Illegittimità costituzionale
Corte Costituzionale
Sentenza 16 aprile 2013, n. 70
(Gu 24 aprile 2013 n. 17)
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Energia - Norme della Regione Campania - Impianti eolici - Previsione che la costruzione di nuovi aerogeneratori sia autorizzata esclusivamente nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dall'aerogeneratore più vicino preesistente o già autorizzato - Differimento del relativo termine dal 29 febbraio 2012 al 30 giugno 2012 - Normativa introdotta attraverso la reviviscenza di una norma già abrogata, modificata e nuovamente abrogata - Esercizio manifestamente irrazionale della discrezionalità legislativa, che può tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura della pubblica amministrazione - Illegittimità costituzionale - Assorbimento di ulteriori questioni. - Legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, art. 5, comma 2. - Costituzione, articolo 97 (articoli 117, 117, secondo comma, lettera l), e 118).
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
La Corte Costituzionale
composta dai signori: (omissis),
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante "Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012)", promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 26-30 luglio 2012, depositato in cancelleria il 31 luglio 2012 ed iscritto al n. 108 del registro ricorsi 2012.
Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
udito nell'udienza pubblica del 13 marzo 2013 il Giudice relatore (omissis);
uditi l'avvocato dello Stato (omissis) per il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'avvocato (omissis) per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 26-30 luglio 2012 e depositato il successivo 31 luglio (reg. ric. n. 108 del 2012) il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante "Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012)", in riferimento agli articoli 117 e 118, nonché 117, secondo comma, lettera l), e 97 della Costituzione.
La disposizione impugnata differisce al 30 giugno 2012 il termine fissato dall'articolo 52, comma 15, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012). Quest'ultima disposizione ha abrogato la legge della Regione Campania 1° luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici), a partire dal 29 febbraio 2012.
Il ricorrente osserva che, in virtù della disposizione impugnata, l'effetto abrogativo è stato posticipato al 30 giugno 2012, con la conseguenza che ha trovato applicazione retroattiva l'articolo 1, comma 2, della citata legge regionale n. 11 del 2011.
Tale disposizione vietava la realizzazione di aereogeneratori che non rispettassero una distanza minima di 800 metri da altri analoghi impianti, ed era stata impugnata innanzi a questa Corte dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso reg. ric. n. 88 del 2011. Nelle more del giudizio, l'articolo 52, comma 15, della legge reg. Campania n. 1 del 2012 aveva abrogato il divieto oggetto dell'impugnazione e il ricorrente aveva perciò rinunciato al ricorso, con conseguente estinzione del processo (ordinanza n. 89 del 2012).
Ciò premesso, l'Avvocatura sostiene che la norma impugnata, determinando la riviviscenza del divieto, lede il principio di leale collaborazione, perché la Regione ha indotto lo Stato a rinunciare al primo ricorso per poi "surrettiziamente" reintrodurre la norma che ne era l'oggetto.
In secondo luogo, sarebbe violata la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, giacché il Legislatore regionale avrebbe legiferato con effetti retroattivi, in deroga agli articoli 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale.
Infine, la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'articolo 97 Cost., posto che essa, disponendo per il passato, ingenera difficoltà applicative che si risolvono in danno, sia della pubblica amministrazione, sia dei cittadini coinvolti nell'azione di quest'ultima.
2.− Nell'imminenza dell'udienza pubblica la Regione Campania ha depositato memoria, concludendo per l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
Anzitutto, il ricorso sarebbe inammissibile, perché lo Stato non ha svolto nuovamente le censure che aveva indirizzato contro la legge regionale n. 11 del 2012.
In secondo luogo, l'inammissibilità deriverebbe dal fatto, attestato dall'Amministrazione regionale, che nel periodo compreso tra il 29 maggio 2012 e il 30 giugno 2012 nessun procedimento sarebbe stato definito sulla base del divieto, oggetto della impugnata proroga legislativa.
Nel merito, la difesa regionale ritiene non fondata la censura di violazione del principio di leale collaborazione, posto che esso non potrebbe trovare applicazione rispetto all'attività legislativa, né il ricorrente avrebbe motivato con riguardo alla ridondanza della violazione sulle proprie attribuzioni.
Parimenti non fondata sarebbe la censura concernente l'invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, posto che l'articolo 11 delle preleggi può essere derogato da norme di legge regionali.
Infine, la violazione dell'articolo 97 Cost. sarebbe stata denunciata in modo generico ed astratto.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante "Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012)", in riferimento agli articoli 117 e 118, nonché 117, secondo comma, lettera l), e 97 della Costituzione.
La questione si collega a un ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la legge della Regione Campania 1° luglio 2011, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia di impianti eolici), che è stato deciso da questa Corte con l'ordinanza n. 89 del 2012, di estinzione del processo a seguito di rinuncia.
La rinuncia è avvenuta dopo l'abrogazione, a far data dal 29 febbraio 2012, della norma allora impugnata, con la quale si prevedeva che la costruzione di nuovi aereogeneratori fosse autorizzabile solo nel rispetto di una distanza pari o superiore a 800 metri dall'aereogeneratore più vicino.
La disposizione oggi censurata interviene sul testo della norma abrogatrice, ovvero sull'articolo 52, comma 15, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012), per stabilire che il termine del 29 febbraio 2012 è differito al 30 giugno 2012.
Il ricorrente afferma che il Legislatore regionale avrebbe indotto lo Stato a rinunciare al ricorso, definito con l'ordinanza n. 89 del 2012, per poi reintrodurre la norma che ne era oggetto, così violando il principio di leale collaborazione.
In secondo luogo, gli effetti retroattivi della norma impugnata, in deroga agli articoli 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale, sarebbero preclusi dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
Infine, la tecnica legislativa seguita nel caso di specie avrebbe ingenerato forti difficoltà applicative, in contrasto con l'articolo 97 Cost.
2. In via preliminare, la Corte prende atto che la norma impugnata è stata abrogata dall'articolo 42, comma 4, della legge della Regione Campania 9 agosto 2012, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania), "dalla data di entrata in vigore della presente legge", ovvero dal 14 agosto 2012; tuttavia, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa regionale in punto di "inammissibilità del ricorso", con ciò non si è determinata la cessazione della materia del contendere, perché non si può escludere che la norma abbia trovato medio tempore applicazione (ex plurimis, sentenze n. 243 del 2012 e n. 158 del 2012).
Per smentire questa ipotesi, la Regione Campania ha prodotto in giudizio una nota dell'amministrazione regionale, con la quale si certifica che nel periodo compreso tra il 29 maggio 2012 ed il 30 giugno 2012 "alcun procedimento ha avuto esito negativo in ragione della riviviscenza" della legge regionale Campania n. 11 del 2011. Ma la data iniziale così individuata, con riferimento all'entrata in vigore della legge regionale oggi impugnata, non garantisce che il divieto da essa reintrodotto non abbia avuto concreta applicazione dal 29 febbraio fino al 28 maggio seguente. Ciò sarebbe in linea astratta possibile, posto che, differendo il termine abrogativo recato dall'articolo 52, comma 15, della legge regionale Campania n. 1 del 2012, l'ordinamento regionale ha inteso escludere che l'abrogazione potesse avere efficacia da quando era stata inizialmente disposta, e dunque dal 29 febbraio, fino al 30 giugno.
In ogni caso, con riguardo all'intero arco temporale compreso tra il 29 febbraio e il 30 giugno, in presenza di una norma di divieto, neppure vi è la certezza che essa non sia stata presa in considerazione nel corso della fase istruttoria di procedimenti amministrativi, che avrebbero avuto esito favorevole proprio perché la parte istante si era uniformata a tale divieto.
3. L'eccezione di inammissibilità del ricorso, avanzata dalla Regione Campania per il fatto che il ricorrente non ha riproposto le censure che lo avevano indotto ad impugnare la precedente legge regionale n. 11 del 2011, non è fondata. Si tratta di una decisione dipendente dalla libera scelta della parte del giudizio in via principale, che non ha alcun nesso, neppure sul piano logico, con l'iniziativa di contestare per altri profili l'esercizio della potestà legislativa regionale su vicende analoghe.
4. La questione di legittimità costituzionale della norma impugnata è fondata con riferimento all'articolo 97 Cost., che viene posto a base del ricorso con adeguata motivazione.
Questa Corte ha già affermato che non è conforme a tale disposizione costituzionale l'adozione, per regolare l'azione amministrativa, di una disciplina normativa "foriera di incertezza", posto che essa "può tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura della pubblica amministrazione" (sentenza n. 364 del 2010).
Il fenomeno della riviviscenza di norme abrogate, quand'anche si manifesti nell'ambito delle "ipotesi tipiche e molto limitate" che l'ordinamento costituzionale tollera, rientra in linea generale in questa fattispecie, perché può generare "conseguenze imprevedibili" (sentenza n. 13 del 2012), valutabili anche con riguardo all'obbligo del legislatore di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, il legislatore regionale, dopo avere dettato una regola di azione per l'Amministrazione regionale, l'ha prima abrogata; poi l'ha fatta rivivere, ma solo per un periodo di tempo limitato e attraverso la tecnica, di per sé dagli esiti incerti, del differimento di un termine abrogativo già interamente maturato; infine l'ha nuovamente abrogata.
Questa Corte è chiamata a giudicare della legittimità costituzionale proprio della fase più critica di tale manifestamente irrazionale esercizio della discrezionalità legislativa, segnata dalla presunta riviviscenza del divieto recato dalla legge regionale Campania n. 11 del 2011. I procedimenti amministrativi che si sono svolti in questo periodo di tempo sono stati assoggettati ad una normativa difficilmente ricostruibile da parte dell'amministrazione, continuamente mutevole, e, soprattutto, non sorretta da alcun interesse di rilievo regionale degno di giustificare una legislazione così ondivaga.
Se, infatti, il legislatore campano avesse ritenuto prioritario imporre il divieto in questione, non si vede perché avrebbe deciso di farlo rivivere solo fino al 30 giugno 2012, né si capisce che cosa ne avrebbe determinato la successiva, nuova abrogazione da parte della legge regionale n. 26 del 2012, peraltro posteriore all'esaurimento dell'efficacia di tale divieto.
La frammentarietà del quadro normativo in tal modo originato non è perciò giustificabile alla luce di alcun interesse, desumibile dalla legislazione regionale, ad orientare in modo non univoco l'esercizio della discrezionalità legislativa, così da accordarla a necessità imposte dallo scorrere del tempo.
Ne consegue l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata per violazione dell'articolo 97 Cost.
5. Sono assorbite le questioni relative agli articoli 117 e 118, nonché 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Per questi motivi
La Corte Costituzionale
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge della Regione Campania 21 maggio 2012, n. 13, recante "Interventi per il sostegno e la promozione della castanicoltura e modifiche alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania — Legge finanziaria regionale 2012)".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2013.
(omissis)
Depositata in cancelleria il 16 aprile 2013.