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Documentazione Complementare

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Segnalazione Autorità antitrust 2 ottobre 2012

Segnalazione a Parlamento e Governo - Stralcio - Proposte per maggiore concorrenza negli affidamenti del servizio gestione rifiuti

Autorità Garante della concorrenza e del mercato

Segnalazione 2 ottobre 2012

Proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013

Inviata al

Presidente del Senato della Repubblica

Presidente della Camera dei Deputati

Presidente del Consiglio dei Ministri

Ministro per lo sviluppo economico e infrastrutture e trasporti

 

Il processo di liberalizzazione in Italia: cosa resta da fare

 

1. Il processo di liberalizzazione e la crescita economica

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in adempimento di quanto prescritto dall'articolo 47, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, invia la presente segnalazione al Governo ed al Parlamento, al fine della predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza.

Il nostro Paese, soprattutto per effetto delle direttive europee volte all'instaurazione del mercato unico, ha progressivamente liberalizzato mercati un tempo dominati da monopoli pubblici e privati. Il passaggio da un'economia caratterizzata dalla pervasiva presenza dei poteri pubblici, da monopoli legali, da privilegi attribuiti, sulla base di un'elevata discrezionalità politica e amministrativa, a pochi soggetti economici, ad un mercato concorrenziale, è un processo complesso che si è articolato in più tappe.

In alcune fasi — come è avvenuto con i decreti-legge n. 223 del 2006 e n. 7 del 2007 e più recentemente con il decreto-legge n. 1 del 2012 (c.d. Cresci Italia) del gennaio di quest'anno — il processo ha subito rapide accelerazioni. In questo modo, come riconosciuto dai rapporti sulla concorrenza in Italia annualmente redatti da osservatori indipendenti, il livello di apertura dei mercati, comparato a quello delle principali economie capitalistiche, è andato significativamente crescendo, specie in alcuni settori.

Ma ancora molto resta da fare. L'ampiezza dell'impegno necessario è stato riconosciuto dallo stesso Legislatore, quando ha introdotto l'istituto della legge annuale sulla concorrenza.

Questo istituto è rimasto inattuato fino a tempi recenti. Nel gennaio del 2012 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato al Governo ed al Parlamento una segnalazione di carattere organico che riguardava orizzontalmente i principali settori della nostra economia con l'obiettivo di aprire i mercati e stimolare la crescita economica. Gran parte delle indicazioni allora formulate sono state accolte e integrate dal Governo e dal Parlamento con il già citato decreto Cresci Italia, che, com'è noto, ha riguardato i principali settori economici: energia, trasporti, professioni, carburanti, poste, banche, assicurazioni, e così via.

In quell'occasione il Governo ha utilizzato lo strumento del decreto-legge, legittimato dalla gravità della crisi economica, che richiedeva di agire prima sul versante delle indispensabili misure di stabilizzazione finanziaria e di consolidamento dei conti pubblici e subito dopo su quello del rilancio della competitività del Paese.

Le liberalizzazioni restano comunque un processo, una sorta di work in progress, e pertanto l'Autorità ha accolto con estremo favore l'invito del Governo a trasmettere una nuova segnalazione contenente le misure ritenute prioritarie per assicurare la promozione della concorrenza e lo sviluppo dei mercati, al fine di anticipare la legge annuale sulla concorrenza relativa all'anno 2013.

Così si ritorna a formulare una segnalazione organica, naturalmente nel pieno rispetto dell'autonomia del Governo e del Parlamento che, in una democrazia rappresentativa come la nostra, sono le principali sedi attraverso cui la sovranità popolare esplica la sua influenza.

Se i vincoli finanziari europei — specie dopo il Fiscal Compact — e la necessità di recuperare la fiducia dei mercati finanziari imporranno nei prossimi anni bilanci con significativi avanzi primari, diventano sempre più importanti gli strumenti per stimolare la crescita che non costino. Le politiche per la concorrenza, in questo quadro, assumono il ruolo di uno dei principali motori della crescita. Com'è noto, tali politiche incentivano la corretta allocazione delle risorse sia nella singola impresa sia nel mercato ed hanno effetti positivi, in termini di minori costi, sui settori a valle. Ma soprattutto la concorrenza costituisce un potente stimolo all'innovazione, che è la principale forza dell'economia capitalista.

E, al riguardo, appare indispensabile accrescere il grado di innovatività del sistema economico nazionale. L'Italia sconta, infatti, ormai strutturalmente e da tempo, un gap di produttività e di competitività rispetto ai più agguerriti concorrenti su mercati globali. Il recentissimo Rapporto sul mercato del lavoro preparato dal Cnel evidenzia come il nostro Paese, che 40 anni fa era all'avanguardia tra tutte le nazioni più sviluppate  quanto a crescita della produttività, oggi si colloca in fondo alla classifica. È necessario impostare subito un percorso di recupero del ritardo, agendo sulle variabili che possono consentire di conseguire lo scopo.

Tra queste le principali sono lo sviluppo e la crescita dell'innovazione. I notevoli sforzi già compiuti per aumentare il grado di concorrenza del sistema economico (liberalizzazioni, semplificazione amministrativa, ecc.) sono stati incentrati prevalentemente su misure il cui scopo era facilitare l'accesso al mercato di nuovi soggetti, accrescere la concorrenza di prezzo e la possibilità di pubblicità, ecc.: in sintesi, privilegiando i miglioramenti sui mercati esistenti e non puntando specificamente sul progresso tecnologico e sullo sviluppo di nuovi prodotti o processi produttivi. Ma la concorrenza dinamica nel lungo periodo si gioca proprio su questo, sulla capacità di rinnovarsi e di proporre soluzioni produttive sempre più efficienti e in grado di meglio soddisfare le esigenze della domanda.

È necessario dunque trovare soluzioni che incentivino e agevolino le imprese a perseguire la strategia della ricerca e dello sviluppo, anche consentendo loro di reperire le risorse necessarie.

In ordine al tema relativo al reperimento di risorse da destinare alla crescita, l'Autorità esprime vivo apprezzamento per l'azione del Governo volta a riordinare e razionalizzare l'insieme dei trasferimenti alle imprese nella prospettiva di renderli realmente efficaci per la promozione degli investimenti. In quest'ottica il Rapporto "Analisi e raccomandazioni sui contributi pubblici alle imprese" ha suggerito di dirottare una parte consistente di contributi pubblici alle imprese, dimostratisi “inutili” per gli investimenti, alla riduzione delle imposte.

Al riguardo, poiché la domanda interna rappresenta uno dei momenti cruciali per la ripresa economica del Paese, dovrebbe essere presa in seria considerazione l'ipotesi di destinare parte delle risorse ottenute tramite la rivisitazione dell'attuale regime dei contributi pubblici alle imprese alla riduzione del carico fiscale e contributivo sul lavoro. Secondo recenti stime in Italia il livello del peso fiscale e contributivo è, in media, superiore dell'11% a quello degli altri paesi Ocse: ottenere la disponibilità di risorse e destinarle per ridurre questo divario consentirebbe al contempo di agevolare le politiche occupazionali delle imprese e di aumentare il reddito disponibile dei lavoratori dipendenti, con un evidente impatto diretto sulla domanda.

 

2. Il rapporto tra la concorrenza e le infrastrutture del mercato

Nonostante le importanti misure di liberalizzazione introdotte negli ultimi tempi e nonostante il grande sforzo compiuto da Governo e Parlamento nell'attuale legislatura, per rimuovere vincoli e barriere che ancora, in alcuni mercati, ostacolano il gioco concorrenziale e frenano l'ingresso di nuovi attori, l'economia italiana resta stagnante e la crescita non parte. Questa situazione potrebbe alimentare, in alcuni settori dell'opinione pubblica, dubbi sull'efficacia delle politiche di liberalizzazione. Un simile atteggiamento può rafforzare il potere di interdizione delle lobbies e inceppare il processo di apertura dei mercati.

Questi dubbi possono essere superati considerando che la recessione italiana affonda le sue radici nella crisi dell'economia mondiale e soprattutto di quella europea e quindi risente fortemente di fattori esterni al nostro Paese e che, se i mercati non fossero stati sufficientemente aperti, probabilmente gli effetti della crisi sarebbero stati ancora più gravi.

Parimenti va sottolineato che semmai in molti campi il problema è proprio l'opposto, e cioè che la liberalizzazione è ancora incompleta. Infine, non va dimenticato che gli effetti delle misure pro-concorrenziali spesso non sono immediati e quindi occorre del tempo per apprezzarne appieno le conseguenze.

Ma l'arco temporale non breve nel quale è possibile vedere gli effetti di una politica improntata all'apertura dei mercati e i disagi, anche importanti, che il processo comporta, non devono frenare la spinta liberalizzatrice in atto, in quanto, al termine del processo, tutto il Paese godrà dei benefici delle riforme, come testimoniato dalle ultime stime del Fondo monetario internazionale secondo il quale l'approvazione di un “pacchetto completo di riforme dei mercati dei prodotti e del lavoro potrebbe far crescere il Pil del 5,75% dopo cinque anni e del 10,5% nel lungo termine”.

Bisogna, peraltro, ammettere che l'apertura dei mercati e l'introduzione dei meccanismi concorrenziali per potere pienamente produrre le loro conseguenze in termini di stimolo alla crescita e di aumento del benessere del consumatore, richiedono il funzionamento di fondamentali infrastrutture del mercato.

Una pubblica Amministrazione efficiente, un'architettura istituzionale in cui la ripartizione delle competenze tra i diversi livelli territoriali di governo tenga conto delle dinamiche del mercato e non dissemini invece i poteri di veto, la certezza del diritto ed il pieno rispetto della legalità, sono le precondizioni indispensabili per rendere funzionanti i mercati, attrarre nuovi operatori e investimenti, rendere effettiva la concorrenza e, in conclusione, favorire la ripresa della crescita economica. In Italia molte di queste condizioni sono realizzate in modo ancora largamente insoddisfacente.

Altra "infrastruttura" rilevante per il grado di competitività di un Paese è la giustizia; solo l'esistenza di meccanismi giudiziari efficienti, in grado di fornire rapide risposte alle controversie insorte, può dare sicurezza a chi investe in Italia; al contrario, ritardi e inefficienze allontanano gli investimenti per il timore che l'eventuale contenzioso possa paralizzare o comunque complicare i tempi delle scelte imprenditoriali.

Nella presente segnalazione, peraltro, non viene proposta alcuna misura specifica per questo delicato settore, non essendo la sede appropriata il disegno di legge sulla concorrenza, e ci si limita ad un invito a Governo e Parlamento a proseguire nell'attuale politica di riforma, efficacemente avviata negli ultimi mesi dal dicastero della Giustizia.

 

3. Tagliare i "nodi gordiani" che rendono l'Amministrazione e l'assetto istituzionale troppo spesso incompatibili con le esigenze dei mercati e della crescita

In alcuni dei campi tra quelli indicati sono state avviate, nella legislatura in corso, imponenti riforme che si innestano su processi di modernizzazione intrapresi fin dagli anni novanta del secolo scorso. Questo è il caso, in particolare, della pubblica amministrazione, oggetto di apprezzabili interventi da parte dell'attuale Governo.

Il Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione stima i costi burocratici gravanti sulle piccole e medie imprese (fino a 250 addetti), sino allo scorso anno, superiori ai 26,5 miliardi di euro l'anno, a fronte di un fatturato (dati Istat relativi al 2009) superiore a 1.830 miliardi ed un valore aggiunto di quasi 440 miliardi. L'analisi delle criticità proprie di alcuni mercati che viene condotta nel prosieguo della segnalazione attesta come alcuni caratteri della pubblica Amministrazione e del complessivo apparato istituzionale ostacolino la concorrenza e creino barriere all'apertura dei mercati.

Se gli oneri burocratici e le inefficienze amministrative, secondo diversi studi internazionali, continuano a costituire uno dei principali ostacoli alla competitività del “Sistema-Italia”, vorrà dire che è necessario continuare il processo di cambiamento, intervenendo con misure particolari, ma avendo anche il coraggio di tagliare i “nodi gordiani” che bloccano le amministrazioni pubbliche.

Certamente, non è l'Autorità che deve proporre il disegno di una pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese. In questa sede, pertanto, ci si limiterà a indicare esclusivamente quegli aspetti che direttamente incidono sulle dinamiche concorrenziali.

In primo luogo, occorre impedire che la semplificazione amministrativa sia una sorta di tela di Penelope, per cui da una parte si semplifica mentre dall'altra si introducono regole che aggravano gli oneri burocratici.

In secondo luogo, va reso sempre effettivo il principio secondo cui ogni procedimento amministrativo va chiuso in tempi certi. Il tempo costituisce, infatti, una variabile fondamentale nel calcolo economico e nella scelta se avviare o meno un nuovo investimento. Per ovviare all'inerzia amministrativa, il legislatore ha sviluppato varie figure in cui il silenzio tiene il posto del provvedimento amministrativo. Si tratta di rimedi utili e che vanno resi ancora più semplici nel loro utilizzo, ma è indubbio che quando si tratta di effettuare investimenti di una certa importanza gli operatori economici richiedono un provvedimento espresso.

In terzo luogo, va semplificato il peculiare "federalismo" italiano (per usare un vocabolo tecnicamente impreciso ma evocativo dei processi di riforma istituzionale che hanno caratterizzato l'ultimo decennio), che è confuso e irresponsabile. Troppi attori istituzionali, con competenze sovrapposte e interferenti tra di loro, sostanzialmente dotati di poteri di veto, ma privi di responsabilità.

In quarto luogo, va contrastata la tendenza all'espansione della sfera pubblica che si registra a livello regionale e locale e che avviene a scapito del mercato. Se gli ultimi due decenni hanno visto una profonda trasformazione dello Stato, che ha dismesso le vesti dello Stato dirigista e dello Stato imprenditore, per assumere sempre di più quelle dello Stato regolatore, invece, a livello regionale e locale permangono tendenze all'intervento pubblico in economia, all'assunzione diretta di attività economiche, al rallentamento dei processi di apertura dei mercati.

Non è dubbio che il federalismo e il decentramento abbiano avuto senz'altro l'effetto di avvicinare le decisioni al cittadino in attuazione di quel principio di sussidiarietà, di derivazione comunitaria, entrato a far parte dei nostri principi costituzionali.

L'esperienza di questi anni ha, tuttavia, dimostrato come la preferenza per l'attribuzione delle funzioni all'ente più vicino al cittadino non sempre determina effetti positivi e talvolta esigenze di adeguatezza richiedono l'attribuzione a livello centrale di determinate funzioni, come riconosciuto più volte dalla Corte costituzionale.

In alcuni casi, appare preferibile privilegiare l'attuazione del principio di sussidiarietà in senso orizzontale, promuovendo l'iniziativa privata in settori finora dominati dall'intervento pubblico e limitando quest'ultimo ai casi in cui i privati, singolarmente o associati, non sono in grado di soddisfare interessi e esigenze meritevoli di tutela.

Pur rientrando la materia “trasversale” della tutela della concorrenza nelle competenze legislative esclusive dello Stato, l'articolato riparto tra competenze statali, regionali e locali può in alcuni casi costituire un freno alle politiche di sviluppo della concorrenza, attraverso il proliferare di sedi dove le forze che resistono al cambiamento possono esercitare poteri di veto.

Una semplificazione di tale quadro è necessaria e, pur proponendo nella presente segnalazione alcune misure ad ordinamento costituzionale vigente, quali il maggiore esercizio di poteri sostitutivi, l'Autorità ritiene che sia giunto il momento di riflettere a fondo sull'attuale struttura del Titolo V della Costituzione, senza escludere (ed anzi prendendo in seria considerazione l'opportunità di) cambiamenti idonei a risolvere le criticità emerse in questi anni.

Non si tratta, ovviamente, né di restaurare un improbabile centralismo statale, né di disconoscere il ruolo che i territori, le loro peculiari vocazioni, le reti locali di cooperazione, di fiducia e di solidarietà hanno storicamente avuto e dovranno continuare ad avere nel promuovere lo sviluppo economico nel nostro Paese. Esistono naturalmente Regioni ed Enti locali virtuosi, che costituiscono un'importante risorsa anche nell'ambito del processo di liberalizzazione.

Tuttavia, sembra necessario lavorare per semplificare l'attuale pluralismo istituzionale esasperato, rafforzare la responsabilità di ciascun attore istituzionale e creare una sorta di competizione tra differenti amministrazioni e tra diversi livelli territoriali di Governo (Comuni, Regioni, Stato).

Sin da subito, peraltro, in armonia con la vigente formulazione del Titolo V della Costituzione, potrebbero essere introdotti, come si illustrerà più avanti in dettaglio, disincentivi economici nei confronti dei comportamenti amministrativi che introducono nuovi oneri burocratici e di quelli che producono ritardi nella decisione amministrativa.

Parimenti, nei vari settori, va valorizzato il potere sostitutivo del livello territoriale di governo superiore rispetto all'inerzia di quello inferiore. Se il Comune non decide deve intervenire la Regione e se questa è inerte la decisione si sposta in capo allo Stato. In questo modo si riconosce il valore del principio di sussidiarietà, si crea una competizione virtuosa tra istituzioni e si rende operativo il principio di responsabilità, evidenziando la differenza tra chi non ha la capacità di decidere e chi invece assume il peso della decisione.

Infine, va valorizzata la concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali, naturalmente nel rispetto dell'esito referendario e della sentenza della Corte costituzionale che ha ritenuto costituzionalmente illegittima una parte della disciplina introdotta a seguito dell'abrogazione avvenuta per effetto del citato referendum.

 

4. Alcune necessarie precisazioni

Nell'ottica velocemente tratteggiata si muove la presente segnalazione, la quale ha cura di distinguere, settore per settore, le criticità concorrenziali la cui eliminazione abbisogna di modifiche legislative, da quelle in relazione alle quali si tratta piuttosto di dare applicazione alla norma di legge già esistente o di attuarla attraverso atti di normazione secondaria.

Evidenziando la distinzione tra riforma della regolazione in senso pro-concorrenziale e effettiva applicazione di una regolazione inattuata, si intende superare la tendenza a ritenere che la soluzione dei problemi di regolazione consista esclusivamente nella modificazione legislativa, sottovalutando così tutta la fase dell'implementazione amministrativa che invece resta di fondamentale importanza.

In particolare, il decreto Cresci Italia, come già precisato, ha introdotto assai importanti misure pro-concorrenziali, ma alcune di esse richiedono di essere coerentemente attuate per dispiegare i loro effetti benefici sul mercato e sulla crescita. La fase attuativa va curata con estrema attenzione, anche al fine di individuare i profili problematici che richiedono nuove correzioni legislative.

È stata mantenuta la scelta di procedere con interventi di ordine generale e trasversale che contestualmente sciolgano i nodi anticoncorrenziali sui diversi mercati e ciò al fine di implementare un processo virtuoso, non considerato vessatorio da alcune categorie e idoneo a superare i singoli poteri di veto. Si deve, infatti, ricordare che vi è una diversa distribuzione all'interno della società dei benefici e dei costi derivanti da una regolazione ingiustificatamente restrittiva: per i soggetti protetti il mantenimento dei vincoli può avere un rilevante impatto economico, mentre i soggetti danneggiati spesso subiscono costi complessivamente elevati ma individualmente assai modesti. In favore del mantenimento dei vincoli vengono invocate ragioni ampiamente percepite come di interesse generale, quali la qualità dei servizi, la garanzia del servizio pubblico, l'occupazione e la coesione sociale. Chi trae vantaggi dalla protezione si oppone con determinazione a qualsiasi progetto di liberalizzazione mentre i danneggiati (concorrenti potenziali, consumatori) raramente assumono un atteggiamento attivo per promuovere la concorrenza. Solo un processo unitario e di carattere generale consente di superare tali resistenze.

Prima di passare in rassegna le misure proposte, un'altra avvertenza è d'obbligo. Come già fatto nella segnalazione del cinque gennaio di quest'anno e nella Relazione annuale al Parlamento, occorre ribadire che nell'immediato gli interventi pro-concorrenziali — sia quelli che si sostanziano nella modifica delle regole, sia quelli che si concretizzano nei poteri tradizionali dell'Antitrust di repressione degli illeciti anticoncorrenziali — possono avere come conseguenza l'uscita delle imprese inefficienti dal mercato, con ovvie ripercussioni negative sul piano occupazionale e sociale.

Questa consapevolezza non deve però portare a depotenziare le politiche della concorrenza, perché da esse ci si può attendere, nel medio termine, crescita economica e quindi maggiore occupazione e incremento di benessere per i consumatori.

Tuttavia la consapevolezza dei sacrifici che possono derivare dall'implementazione delle politiche per la concorrenza deve portare a richiamare l'attenzione del decisore politico sulla pari rilevanza delle politiche dirette — soprattutto in un momento di crisi — a mantenere la coesione sociale, a contenere le disuguaglianze, a sostenere i soggetti più deboli ed a facilitare il reinserimento nel mercato del lavoro di coloro che ne sono stati estromessi.

 

5. Sintesi delle misure pro-concorrenziali proposte

Per rendere la pubblica amministrazione una vera e propria "infrastruttura per la concorrenza", nel senso in precedenza indicato, è necessario rimuovere i vincoli di natura amministrativa e gli oneri burocratici che gravano su cittadino e imprese. Liberalizzare significa rimuovere (o quanto meno ridurre in una prima fase) tutti i vincoli di natura normativa/amministrativa posti alla libertà di iniziativa economica. In tale processo, la prima opzione da perseguire è l'opzione zero: l'eliminazione dei vincoli e delle restrizioni. Solo quando l'opzione zero non è possibile, si tratta di introdurre vincoli alla libera iniziativa economica limitatamente a quanto strettamente necessario per il perseguimento di esigenze di interesse pubblico e di assicurare che tali vincoli rispettino il principio di proporzionalità: deve essere impossibile conseguire i medesimi obiettivi con modalità meno restrittive e gli oneri che ne risultano non devono essere eccedenti rispetto allo scopo. A tal fine l'Autorità ha proposto di dare immediata attuazione alle disposizioni che già prevedono la possibilità di eliminare o, in subordine, semplificare regimi di autorizzazione non necessari e di prevedere nuove misure per ridurre gli oneri amministrativi e impedire l'introduzione di nuovi, quali la detraibilità per cittadino e imprese delle spese sostenute per l'adeguamento a nuove normative, che introducono nuovi oneri burocratici; la proposta di istituire una sorta di "tutor di impresa" è, invece, diretta ad individuare un punto di contatto tra imprese e amministrazione nel corso dei procedimenti amministrativi al fine di trasformare il ruolo della p.a. da mero controllore a "facilitatore" con compiti di assistenza delle imprese.

Altre misure proposte, quali l'ampliamento dei casi di esercizio del potere sostitutivo, l'introduzione di un indennizzo forfetario e automatico per i ritardi delle P.a. e la ricognizione delle ipotesi cui si applicano regimi semplificati, sono dirette a garantire la certezza del diritto e dei tempi dell'azione amministrativa.

Il tempo è un "bene della vita" e lo è sia per il cittadino che per le imprese. I ritardi delle pubbliche Amministrazioni nel dare risposte alle richieste dei privati costituiscono elementi patologici, che aggravano il peso dell'apparato burocratico e frenano lo sviluppo del Paese, come sopra osservato. È necessario introdurre misure che disincentivino e sanzionino tali ritardi e consentano al cittadino ed alle imprese di sapere con certezza quali sono gli effettivi tempi dell'azione amministrativa. Deve essere, parimenti, garantita la certezza sulle regole da applicare e, al contrario, troppo spesso i già tortuosi procedimenti amministrativi sono resi ancor più complessi dalla difficoltà nell'individuare tali regole in un groviglio di norme statali e regionali, a volte anche in contrasto tra loro. L'incertezza è indice di non affidabilità di un sistema e rischia di compromettere l'efficacia dei tentativi di apertura di diversi settori alla concorrenza: uno dei requisiti fondamentali per il dispiegarsi dei possibili fattori di crescita è, infatti, la possibilità, per gli operatori, di conoscere chiaramente ed ex ante la disciplina applicabile alla varie attività economiche. In assenza di tali certezze (del diritto e dei tempi dell'azione amministrativa) risulta meno attraente investire nel Paese e ciò costituisce un elemento intollerabile nell'attuale quadro di crisi economica.

Sempre al fine di garantire un'amministrazione più efficiente viene proposto di introdurre una norma che preveda un sistema piramidale di incentivi basato sulla misurazione dell'output delle singole amministrazioni in modo da stimolare tutte le amministrazioni e i loro dipendenti a raggiungere un elevato livello di efficienza, in assenza del quale alcun premio verrà riconosciuto.

Un settore dove è particolarmente necessario implementare le possibilità di concorrenza è quello dei servizi pubblici locali, dove una parte significativa del mercato è ancora gestita in base ad affidamenti diretti in assenza di un confronto concorrenziale. Prendendo atto dell'esito del referendum e della successiva declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 4 del Dl n. 138/2011, l'Autorità ha ritenuto di seguire la strada di un intervento normativo per i settori dei servizi pubblici locali, di più ampia diffusione e dove maggiormente sussistono spazi di apertura alla concorrenza (trasporti pubblici e rifiuti), senza reintrodurre una norma di carattere generale, i cui contenuti potrebbero nuovamente risultare di dubbia costituzionalità.

Nel settore dei trasporti pubblici locali, pur mantenendo inalterata l'autonomia degli Enti locali di scelta della gestione del servizio, l'Autorità propone di sottoporre al proprio parere preventivo e obbligatorio le decisioni degli Enti locali con cui viene escluso il ricorso al mercato e alla libera iniziativa economica e di consentire comunque l'entrata nel mercato quanto meno su quei segmenti di attività profittevoli con condizioni e modalità tali da non compromettere l'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico.

Quest'ultima misura viene proposta anche per il settore dei rifiuti, unitamente ad ulteriori interventi diretti a rendere più efficiente la gestione del servizio, anche con l'individuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) su base sovraregionale e finalizzati a modificare il termine di durata dei contratti di servizio, trasformando il termine di durata minima di 15 anni attualmente previsto in un termine di durata massima, allo scopo di evitare che il mercato resti chiuso alla concorrenza per periodi eccessivamente lunghi e non giustificati in ragione delle caratteristiche del servizio.

Nel settore dell'energia elettrica e del gas, si avverte l'esigenza di ridurre la durata dei procedimenti di rilascio delle autorizzazioni per le infrastrutture energetiche prioritarie, prevedendo una fase di concertazione preventiva rispetto all'avvio del procedimento di autorizzazione ed introducendo una normativa che regoli in dettaglio i rapporti tra Governo centrale, amministrazioni locali, cittadini e loro associazioni in modo da garantire trasparenza e accessibilità alle informazioni relative all'opera e, dunque, una piena e consapevole partecipazione dei soggetti interessati alla fase di consultazione preliminare. In particolare si dovrebbe prevedere una regolamentazione delle forme e dei tempi per l'espressione di critiche ed osservazioni al progetto presentato.

Inoltre, al fine di dare avvio all'auspicato processo di concorrenza per il mercato nel settore della distribuzione gas, appare necessario introdurre una norma che preveda meccanismi di penalizzazione degli Enti locali che non procedono all'avvio delle procedure di gara nei tempi previsti, quali l'obbligo di versare allo Stato una quota progressivamente crescente dei canoni di concessione che percepiscono dal gestore in prorogatio.

Per la distribuzione carburanti, al fine di rimuovere ogni vincolo residuo frapposto da normative regionali all'apertura di nuovi impianti di distribuzione carburanti, dovrebbe essere introdotto il divieto di prevedere qualsiasi altro obbligo asimmetrico (dotazione di impianti fotovoltaici, di videosorveglianza, ecc); parimenti, andrebbe eliminata la limitazione alla localizzazione degli impianti completamente automatizzati (ghost).

Nel settore delle telecomunicazioni non può non rilevarsi come lo sviluppo delle nuove reti fisse a banda ultra-larga, così come delle reti mobili di quarta generazione, rappresenti una fase delicata nel processo concorrenziale dei mercati, atteso che si presentano opportunità di ingresso per nuovi operatori e si pongono le fondamenta strutturali che incideranno sullo sviluppo della concorrenza nel medio-lungo periodo; alla luce del grado di apertura del settore al mercato, i tempi appaiono maturi per una riflessione sulla separazione della rete di telefonia fissa.

In questo contesto e in considerazione dell'importanza strategica che l'Agenda digitale riveste per lo sviluppo economico e la competitività del Paese, l'Autorità segnala, in primo luogo, l'urgente necessità di rendere operativa l'Agenzia per l'Italia digitale. Infatti, dallo sviluppo delle "opportunità digitali" può derivare un importante contributo alla crescita economica e alla creazione di nuovi mercati sia attraverso nuovi investimenti, sia grazie a nuovi impulsi nelle scelte di consumo orientate a servizi innovativi.

Inoltre, un impiego più efficiente delle risorse spettrali inutilizzate o sotto-utilizzate consente di recuperare significative risorse finanziarie aggiuntive da utilizzare in modo non distorsivo per sostenere la crescita. In quest'ottica l'Autorità propone la condivisione delle risorse spettrali pubbliche inutilizzate che potrebbe avvenire mediante l'attribuzione all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sentiti il Ministero della Difesa e dell'Interno, del compito di individuare le porzioni inutilizzate di spettro cui dare accesso, su base esclusiva, ad un numero limitato di operatori, previa la stipula di accordi sulla non-interferenza rispetto al servizio principale.

Al fine di favorire l'ingresso di nuovi operatori nel settore postale e di ampliare il mercato contendibile, l'Autorità ritiene opportuno ridefinire l'ambito del servizio universale, limitandolo esclusivamente a quei servizi essenziali che l'utente non sarebbe altrimenti in grado di acquistare a titolo individuale. L'individuazione dei servizi da escludere dal perimetro del servizio universale andrebbe effettuata dall'Autorità di regolazione preposta ed essere oggetto di una periodica revisione in funzione dell'evoluzione delle dinamiche competitive del mercato. Andrebbe altresì previsto un affidamento del servizio universale di più breve durata attraverso lo svolgimento di procedure trasparenti e non discriminatorie.

Per il settore bancario si ripropone di separare BancoPosta da Poste Italiane e si ribadiscono le preoccupazioni concorrenziali riguardanti l'abbinamento effettuato dagli intermediari finanziari delle polizze assicurative ai contratti di finanziamento. In tale prospettiva, al fine di garantire al consumatore la possibilità di compiere scelte economiche consapevoli, si propone di prevedere ulteriori e più stringenti obblighi informativi degli istituti finanziari in merito a: i) l'obbligatorietà o la non obbligatorietà ex lege della polizza assicurativa e i costi della stessa; ii) la possibilità di reperire sul mercato la polizza richiesta; iii) in caso di offerta di una polizza assicurativa emessa da una società appartenente al medesimo gruppo l'obbligo di specificare la provvigione percepita e l'ammontare della provvigione pagata dalla compagnia assicurativa all'intermediario in caso di polizza non abbinata ad un prodotto finanziario; iv) l'obbligo di far decorrere almeno 10 giorni tra il momento della stipula del finanziamento e quello della stipula della polizza.

Nel settore assicurativo, l'Autorità intende sottolineare l'importante effetto di incentivo alla mobilità della clientela derivante dallo sviluppo di reti in plurimandato e quindi dal divieto delle clausole di esclusiva nella distribuzione assicurativa. In tale ottica, si pone in evidenza la necessità di integrare la disciplina delle clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto, sancendo la nullità anche i) delle clausole che abbiano per effetto l'instaurarsi di rapporti di esclusiva di fatto tra compagnie ed agenti e ii) delle clausole di ostacolo alla collaborazione tra intermediari appartenenti a differenti reti distributive.

Per tutti i settori del trasporto e, in particolare, per quello del trasporto ferroviario, l'Autorità sollecita l'immediato avvio dell'operatività dell'Autorità di regolazione dei trasporti, in quanto lo svolgimento dei compiti ad essa attribuiti da parte di un soggetto terzo indipendente risulta essenziale per addivenire ad una piena apertura del settore dei trasporti e di quello ferroviario. In assenza di tale tempestivo avvio resta, peraltro, irrisolto il nodo della separazione proprietaria tra gestore dell'infrastruttura ed impresa erogatrice dei servizi di trasporto ferroviario.

Nella prospettiva di ampliare il più possibile i segmenti di attività aperti al confronto concorrenziale occorre risolvere normativamente la scarsa chiarezza in ordine alla disciplina da applicare in caso di affidamento del servizio (gara o affidamento diretto). In particolare, occorre procedere all'abrogazione dell'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e modificare l'articolo 18 del Dlgs n. 422/1997 nel senso già indicato in relazione al trasporto pubblico locale. Nel settore autostradale, l'Autorità ritiene necessario introdurre disposizioni che privilegino meccanismi di attribuzione delle concessioni secondo procedure di selezione competitiva, da porre in essere tempestivamente rispetto alle ordinarie scadenze ed evitando di ricorrere a proroghe; appare altresì necessario garantire che, fino alla costituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti, l'attività svolta direttamente dal competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sia indirizzata a incentivare la concorrenza e l'efficienza nel settore, attuando senza indugio la revisione del meccanismo di definizione tariffaria dei servizi basandolo su una formulazione di tipo "price cap".

Nel settore aeroportuale, l'Autorità ritiene opportuna l'effettiva implementazione del modello a gestione totale, dal momento che nella maggior parte dei casi il capitale sociale del concessionario risulta pressoché regolarmente ripartito tra una pluralità di soggetti riconducibili alla dimensione pubblica locale; al fine di ottenere un'effettiva apertura della gestione degli aeroporti a soggetti privati competitivi occorre, dunque, incidere sulla gestione del sistema aeroportuale nazionale, transitando un maggior numero di scali a gestioni totali competitivamente assegnate.

In linea più generale, inoltre, l'Autorità evidenzia la necessità di ridurre la durata delle concessioni, da definirsi rigorosamente per il periodo strettamente necessario a perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario; nonché di evitare illegittime deroghe all'immediata attuazione della nuova disciplina comunitaria di cui alla direttiva 2009/12/Ce, concernente la definizione dei corrispettivi aeroportuali sulla base di un confronto fra gestori e utenti aeroportuali.

Per il settore portuale, è necessario: individuare una soluzione normativa maggiormente ispirata a principi concorrenziali e idonea a garantire un chiaro riparto di competenze tra i vari soggetti di regolamentazione e controllo (nuova Autorità dei trasporti, Autorità portuali e Autorità marittime); addivenire alla totale separazione del ruolo di impresa portuale da quello di regolatore e controllore del porto, limitando esclusivamente a quest'ultima funzione l'operare delle Autorità portuali; ampliare il novero di soggetti in concorrenza nella fornitura di servizi portuali, prevedendo l'introduzione di un meccanismo consultivo dell'Autorità dei trasporti in relazione al numero massimo di autorizzazioni da rilasciare per l'esercizio di tali servizi tenuto conto delle esigenze di funzionalità del porto e del traffico; al fine di ottenere un'effettiva apertura alla concorrenza della gestione delle aree e banchine in ambito portuale prevedere il ricorso a procedure di selezione degli operatori con evidenza pubblica e, al contempo, l'abrogazione di ogni eventuale disposizione incompatibile.

Anche in questo settore, la durata delle concessioni delle aree e banchine in ambito portuale deve rigorosamente definita in maniera da perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza però rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale.

Nel settore farmaceutico, l'Autorità ritiene necessaria una modifica del sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, prevedendo che il nuovo sistema sia basato su una retribuzione "a forfait" per ogni servizio di vendita di ciascun medicinale, indipendentemente dal suo prezzo, piuttosto che sul valore dei prodotti venduti. L'Autorità ritiene opportuno concedere la possibilità ad un unico soggetto di assumere la titolarità di più licenze, al fine di garantire lo sviluppo di adeguate economie di scala e di rete e la nascita di nuovi modelli di business.

Al fine di eliminare ostacoli all'ingresso sul mercato dei farmaci generici, l'Autorità propone l'abrogazione della disposizione di legge che subordina l'inserimento dei medicinali equivalenti nel Prontuario farmaceutico nazionale alla data di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare della specialità di riferimento, e che inserisce in tal modo una chiara forma di "patent linkage". Ciò, al fine di scongiurare l'introduzione di norme che, vincolando le procedure di concessione delle autorizzazioni per l'immissione in commercio di farmaci generici alla risoluzione di eventuali dispute inerenti a presunte violazioni della proprietà industriale e commerciale, determinino un ritardo all'ingresso nel mercato dei farmaci equivalenti, pregiudizievole per la concorrenza.

Per i servizi professionali, l'Autorità segnala che permangono ingiustificati ostacoli all'accesso alle professioni, già nella fase di ammissione ai corsi universitari formativi per il futuro svolgimento della professione, risultando necessario eliminare i criteri per l'individuazione del numero chiuso, che tengono conto del "fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo"; criteri non strettamente legati all'offerta formativa delle università e idonei a restringere ingiustificatamente l'accesso ai corsi di laurea prodromici all'esame di abilitazione professionale; parimenti da riformare sono i criteri per determinare la pianta organica dei notai fondati non già al corretto soddisfacimento della domanda, ma per garantire determinati livelli di attività e di reddito ai professionisti interessati

Nel settore sanitario, al fine di consentire una maggiore libertà di accesso degli operatori privati all'erogazione di prestazioni sanitarie che non gravano sull'erario pubblico, appare opportuno introdurre a livello nazionale una norma che consenta la realizzazione e l'esercizio di strutture sanitarie non convenzionate con il Ssn a prescindere dalla verifica del fabbisogno di servizi sanitari, né tanto meno della compatibilità finanziaria. Inoltre, l'Autorità ritiene opportuno che il sistema di convenzionamento delle imprese private operi sulla base di selezioni non discriminatorie, periodiche, trasparenti e adeguatamente pubblicizzate, che facciano seguito a verifiche sistematiche degli operatori già convenzionati ed alle conseguenti eventuali razionalizzazioni della rete in convenzionamento.

Con riferimento alla tutela del consumatore, l'Autorità auspica un rapido recepimento nell'ordinamento nazionale, anche in anticipo rispetto alla scadenza del 13 dicembre 2013, della direttiva n. 2011/83/Ue del Parlamento e del Consiglio, sui diritti dei consumatori, che prevede l'introduzione in tutti gli Stati membri di una disciplina comune in materia di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali; ciò al fine di rafforzare le garanzie a favore dei consumatori in termini di scelte di acquisto pienamente consapevoli e recuperare il deficit di fiducia che contribuisce in misura non secondaria all'attuale processo di contrazione e di differimento dei consumi.

Un ultimo gruppo di misure è, infine, diretto a rendere più efficiente l'esercizio delle competenze dell'Autorità, in primo luogo potenziando l'istituto dei programmi di clemenza mediante l'introduzione di benefici penali e di altro genere per le imprese che accedono ai programmi di clemenza, consentendo di favorire l'emersione di cartelli segreti, che costituiscono le fattispecie antitrust maggiormente dannose per il benessere collettivo e più difficili da dimostrare.

Si propone, inoltre, di armonizzare la disciplina del controllo delle concentrazioni e delle intese con la normativa comunitaria, oltre ad ulteriori interventi in materia di aiuti di stato e obbligo di separazione societaria.

Per chiarezza espositiva, la seconda parte della presente segnalazione è costituita da schede, in cui, per ciascun settore, è indicato il grado attuale di apertura del mercato, le misure già previste ma ancora da attuare e "cosa resta da fare" con le specifiche proposte operative.

 

Le proposte settore per settore

(omissis)

 

I servizi pubblici locali

Cosa e stato fatto e grado attuale di apertura dei mercati

Dopo l'abrogazione, per effetto del referendum del giugno 2011, dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, una disciplina dei servizi pubblici locali era stata introdotta dall'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo" convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 e dalla successiva legge 12 novembre 2011, n. 183, dichiarato costituzionalmente illegittimo, anche con riferimento alle successive modifiche, dalla sentenza della Corte Costituzionale del 20 luglio 2012 n. 199.

Il grado di liberalizzazione del settore dei servizi pubblici è ancora insufficiente: l'affidamento diretto, prevalentemente nella forma dell'in house providing, rimane la soluzione generalmente prescelta dagli Enti locali per la gestione dei servizi. Solo il 40% dei servizi di gestione dei rifiuti (raccolta e trasporto) e il 51% dei servizi di trasporto pubblico locale risultano affidati ad esito di una procedura ad evidenza pubblica1 .

Una parte significativa delle società in house attive nei servizi pubblici locali risulta in perdita2 .

I mercati sono caratterizzati da una significativa frammentazione dell'offerta3 . Ad essa si accompagna la scarsa presenza di soggetti privati nella gestione dei servizi, presenza che, invece, potrebbe favorire i necessari investimenti infrastrutturali e l'innovazione tecnologica. Le cause di questa situazione vanno rinvenute primariamente nell'incertezza normativa prodotta dal proliferare e sovrapporsi di norme generali e settoriali, nonché nella frammentazione delle competenze tra i diversi livelli di governo locale, cui non ha corrisposto un esercizio puntuale e programmato delle competenze che le singole normative di settore attribuiscono allo Stato. Infine, la concorrenza nel mercato risulta quasi assente, pur in settori dove quanto meno segmenti di attività appaiono profittevoli.

 

Misure già previste ma ancora da attuare

Trasporto pubblico locale

Nella segnalazione del 5 gennaio 2012 "Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza" l'Autorità aveva evidenziato l'importanza dell'istituzione di un'autorità indipendente di regolazione del settore dei trasporti ai fini della creazione di un assetto istituzionale e regolatorio, affidato ad un soggetto terzo, che garantisca una maggiore concorrenzialità nell'accesso alle infrastrutture, prefigurando modalità di tariffazione non discriminatorie, orientate ai costi e all'efficienza e, soprattutto, idonee a incentivare gli investimenti. Proprio per consentire il passaggio ad una regolazione pro-concorrenziale del settore, cruciale per l'apertura dello stesso alla concorrenza, l'Autorità intende richiamare l'attenzione del Governo sull'urgenza di rendere operativa la già istituita Autorità di regolamentazione dei trasporti.

 

Gestione dei rifiuti

Per garantire maggiore concorrenza nel e per il mercato è necessario che il Governo dia attuazione all'articolo 195, comma 1, lettera n) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale" procedendo all'adozione, d'intesa con la Conferenza unificata, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto per l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, anche al fine di definire: i) i criteri di ripartizione dei lotti di gara affinché siano conseguite economie di scala e di densità; ii) le attività oggetto dell'esclusiva, nell'ottica di ridimensionare l'ampiezza ingiustificata dei diritti di esclusiva e i fenomeni di "assimilazione" dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Al fine di evitare l'arbitraria estensione delle aree soggette ad esclusiva, è opportuno che il Governo proceda all'adozione dell'atto per la determinazione dei criteri qualitativi e qualiquantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani, di cui all'articolo 195 comma 2, lettera e) del Dlgs n. 152/2006.

Occorre, altresì, dare concreta applicazione all'articolo 206-bis del Dlgs n. 152/2006, rendendo attivo e funzionante l'Osservatorio nazionale dei rifiuti, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, istituendo presso detto osservatorio una banca dati nazionale necessaria per una corretta ed efficiente gestione dei rifiuti su tutto il territorio ed una piattaforma organizzata (Borsa dei Rifiuti), per la gestione delle offerte di acquisto e vendita di rifiuti da avviare a recupero (materiale o energetico) che possa eventualmente fungere da controparte centrale per gli scambi.

Per garantire l'effettivo rispetto dei tempi previsti nell'articolo 208, comma 8, del Dlgs n. 152/2006 per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, si ritiene necessario il monitoraggio da parte del Governo dell'attività delle Regioni ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo, di cui all'articolo 208, comma 10, Dlgs n. 152/2006.

 

Cosa resta da fare

Dopo la dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 del Dl n. 138/2011, si pone l'esigenza di individuare meccanismi di gestione dei servizi pubblici locali, che siano chiari, di semplice attuazione e idonei a assicurare un maggior grado di concorrenza, ovviamente nel rispetto dei criteri definiti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 199 del 2012.

La disciplina abrogata per effetto del referendum e quella oggetto della declaratoria di incostituzionalità dettavano una normativa generale, inerente a quasi tutti i servizi pubblici locali, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e a introdurre alcuni principi in favore della prestazione dei servizi in regime di libera iniziativa economica.

La Corte Costituzionale, nel rilevare la violazione dell'articolo 75 della Costituzione, ha posto in risalto soprattutto la prima finalità della norma tendente ad escludere la possibilità di affidamenti diretti, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone, la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell'Ente locale, allorquando l'applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la "speciale missione" dell'ente pubblico (articolo 106 Tfue).

I dati riportati in precedenza dimostrano come l'utilizzo dello strumento dell'affidamento diretto sia andato in concreto oltre i presupposti delineati dall'ordinamento comunitario e, per evitare tale inconveniente nel diverso settore delle società strumentali che prestano servizi in favore della P.a., è stato di recente introdotto, con finalità di contenimento della spesa, l'articolo 4 del Dl 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, che ha stabilito i limiti per l'operatività di tali società, anche in house e per gli affidamenti diretti.

Senza intervenire nuovamente con una norma di carattere generale, appare preferibile seguire la strada di un intervento normativo che riguardi i settori dei servizi pubblici locali, di più ampia diffusione e dove maggiormente sussistono spazi di apertura alla concorrenza. Tale soluzione ha il vantaggio di calibrare la disciplina sulla specificità dei singoli settori, evitando di reintrodurre un'ulteriore norma generale, i cui contenuti potrebbero nuovamente risultare di dubbia costituzionalità.

Gli interventi proposti riguardano il settore del trasporto pubblico locale e quello della gestione dei rifiuti. Gli altri settori sono, infatti, già oggetto di discipline speciali di liberalizzazione (si pensi, in tal senso, al settore dell'energia elettrica e del gas) o sono stati al momento di fatto in gran parte esclusi dalla gestione da parte di privati (è il caso del servizio idrico).

Per ciascuno di questi due settori si procederà di seguito ad indicare le specifiche misure necessarie a creare contesti in cui alle regole della concorrenza e ai suoi meccanismi sia riconosciuto un ruolo di maggior rilievo, data la presenza ancora molto estesa delle gestioni in esclusiva.

 

Trasporto pubblico locale

1) Modalità di gestione del servizio di trasporto pubblico locale

Il trasporto pubblico locale e un settore dove le potenzialità di apertura ad una concorrenza effettiva sono ampie.

In considerazione di ciò, si propone di prevedere che l'Ente locale mantenga la propria autonomia di scegliere le diverse modalità di gestione del servizio, che sono: a) lo svolgimento del servizio in regime di libera iniziativa economica; b) l'affidamento in esclusiva con gara; c) l'affidamento ad una società mista, il cui socio privato e scelto con gara.

Per gli affidamenti in house è sufficiente rinviare ai limiti derivanti dalla normativa comunitaria.

Al fine di garantire una maggiore efficienza nella gestione del servizio e l'ampio dispiegarsi della libera iniziativa economica, può essere introdotto l'obbligo per l'Ente locale di richiedere un parere preventivo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel caso in cui non intenda fare ricorso al mercato e, dunque, alla libera concorrenza per la gestione del servizio (richiesta di parere limitata agli Enti locali con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, fermo restando che anche per gli altri Enti locali la valutazione deve essere comunque fatta, risultando solo facoltativa la richiesta di parere). Nella richiesta di parere l'Ente dovrà indicare le specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione in "deroga" alla concorrenza non svantaggiosa per i cittadini, rispetto alla modalità in concorrenza.

Il parere dell'Autorità e funzionale nel caso di specie a garantire che l'assetto delineato sia, oltre che puntualmente definito nei suoi contenuti, anche improntato al perseguimento dell'efficienza nella gestione del servizio pubblico, facendo entrare anche le ragioni della concorrenza nell'iter decisionale dell'Ente locale.

L'intervento proposto richiede l'abrogazione dell'articolo 61 della legge n. 99 del 2009, misura da adottare anche nel settore del trasporto ferroviario passeggeri.

 

2) Estensione dei segmenti di attività aperti alla concorrenza

In un settore in cui prevalgono ancora i diritti speciali ed esclusivi e alla libera iniziativa economica e riconosciuto uno spazio molto residuale, è necessaria l'adozione di una misura di forte impatto pro-concorrenziale che, avendo come parametro di riferimento il rispetto dell'equilibrio economico finanziario del gestore del servizio pubblico, consenta anche a soggetti terzi di entrare nei segmenti profittevoli dell'attività di trasporto pubblico locale, introducendo adeguati meccanismi di compensazione. Una simile misura avrebbe il vantaggio di evitare il prodursi di effetti di cream skimming (ingresso da parte dei nuovi entranti esclusivamente nei segmenti profittevoli del mercato) a danno del gestore del servizio pubblico e, al contempo, di accrescere il grado di concorrenza possibile nella gestione dei servizi di trasporto pubblico locale. Di tale misura potrebbero beneficiare anche gli utenti che si troverebbero a godere di un ventaglio più ampio di servizi, forniti a prezzi più competitivi.

Nei casi di comprovata alterazione dell'equilibrio economico del gestore del servizio andrebbe adottato il meccanismo di compensazione proposto per il servizio di trasporto ferroviario, basato sulla possibilità di chiedere al nuovo operatore il pagamento di diritti di esercizio o di royalties all'ente pubblico sussidiante.

Qualora l'ente locale intenda negare l'autorizzazione allo svolgimento da parte dei terzi di servizi anche in sovrapposizione a quelli gestiti dal concessionario del servizio pubblico e necessario prevedere l'obbligo di chiedere il parere preventivo dell'Autorità di regolazione dei trasporti.

 

Gestione dei rifiuti

1) Individuazione e riorganizzazione degli Ambiti territoriali ottimali (Ato)

Per rendere più agevole l'accesso sul mercato di nuovi operatori e massimizzare le economie di scala e l'efficienza del servizio si propone di eliminare le disomogeneità sul territorio indotte dalla presenza solo in alcune Regioni degli ambiti territoriali ottimali (in seguito anche Ato) procedendo all'individuazione da parte del Governo, previa intesa forte con le Regioni, di Ato anche su base sovraregionale. Tale misura deve essere attuata mediante una modifica degli articoli 195 e 200 del Dlgs n. 152/2006. Si dovrebbero inoltre introdurre meccanismi idonei ad evitare l'insorgere di conflitti di interessi tra chi stabilisce tariffe e regole e svolge le procedure di gara e chi prende parte alle stesse tramite una società partecipata.

 

2) Concorrenza ed equilibrio economico finanziario del gestore del servizio pubblico

Per conciliare la concorrenza con l'esigenza di garantire l'equilibrio economico finanziario del gestore del servizio pubblico locale (e proposto anche per il trasporto ferroviario), si suggerisce l'adozione anche in questo settore di un meccanismo di compensazione sul modello di quello già indicato per i servizi del trasporto ferroviario e del trasporto pubblico locale.

 

3) Misure per aumentare la concorrenza per il mercato

Poiché nel settore dei rifiuti la presenza delle gestioni in esclusiva rende possibile il confronto competitivo tra gli operatori solo nella fase di partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio, l'Autorità propone di modificare il termine di durata dei contratti di servizio di cui all'articolo 203, comma 2, trasformando il termine di durata minima di 15 anni attualmente previsto in un termine di durata massima. Ciò consentirà di evitare che il mercato resti chiuso alla concorrenza per periodi eccessivamente lunghi e non giustificati in ragione delle caratteristiche del servizio.

 

Proposte operative

Trasporto pubblico locale

1) Al fine di garantire una gestione più efficiente del servizio di trasporto pubblico locale improntata alle regole della concorrenza, si propone di:

a) modificare l'articolo 18 del Dlgs n. 422/1997, sostituendo il comma 2 con i seguenti commi:

"2. Nell'ambito della propria autonomia gli Enti locali individuano una delle seguenti modalità di svolgimento del servizio di trasporto pubblico locale:

a) regime di libera iniziativa economica;

b) affidamento in esclusiva mediante procedura di evidenza pubblica, previa definizione degli eventuali obblighi di servizio pubblico;

c) affidamento a società mista, il cui socio privato sia stato scelto con gara con le modalità previste dall'ordinamento comunitario e previa definizione degli eventuali obblighi di servizio pubblico.

2-bis. Resta ferma la possibilità per l'ente locale di procedere all'affidamento in house, nei limiti fissati dall'ordinamento comunitario.

2-ter. Al fine di garantire che la gestione del servizio risponda ad esigenze di efficienza, l'Ente, qualora non intenda far ricorso alla libera iniziativa economica, procedendo ai sensi del comma 2, lettere b) e c) o del comma 2-bis, deve indicare le ragioni di carattere economico che giustificano tale scelta e, in caso di Enti locali con popolazione superiore a 50.000 abitanti, chiedere il parere preventivo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Ai fini del parere, l'Ente deve inviare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato una relazione da cui emergano le valutazioni di convenienza economica e finanziaria della forma di gestione prescelta, tenendo conto degli obblighi di servizio pubblico, della qualità e del grado di efficienza ed economicità del servizio. Decorso il termine di sessanta giorni, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.

2-quater. La durata dell'affidamento e fissata dall'ente in misura proporzionata all'entità e alla durata degli investimenti, e comunque in misura non superiore all'ammortamento delle opere che devono essere realizzate dal soggetto affidatario. È esclusa qualsiasi possibilità di rinnovo automatico e di proroga degli affidamenti di cui al presente articolo.

2-quinquies. Le procedure competitive di cui alle lettere b) e c) del comma 2 sono svolte nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell'unione europea e dei principi generali in materia di contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità";

b) modificare le restanti parti dell'articolo 18 del Dlgs n. 422/1997 rendendole coerenti con la proposta di cui alla lettera a).

2) Per ampliare le possibilità di concorrenza nell'offerta di servizi di trasporto pubblico locale modificare l'articolo 18 del Dlgs n. 422/1997 nel senso di prevedere la possibilità, per le imprese diverse dal concessionario del servizio pubblico di fornire servizi di trasporto locale di passeggeri anche in sovrapposizione alle linee gestite in regime di esclusiva, a condizione che non sia compromesso l'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico in termini di redditività. In caso di comprovata compromissione dell'equilibrio economico, prevedere che le imprese che intendono avviare un nuovo servizio di trasporto pubblico locale abbiano comunque diritto all'accesso al mercato, previa corresponsione di diritti sull'esercizio del servizio. Il versamento di tali diritti deve compensare l'aumento dei corrispettivi per gli obblighi di servizio pubblico conseguenti all'ingresso nel mercato dei nuovi operatori.

Gli Enti di governo locale, individuati ai sensi dell'articolo 3-bis del Dl n. 138/2011, autorizzano i servizi richiesti e, se del caso, dispongono le eventuali limitazioni agli stessi, in base ad un'analisi economica oggettiva e a criteri prestabiliti. Qualora l'Ente locale intenda negare l'autorizzazione allo svolgimento da parte dei terzi di servizi anche in sovrapposizione a quelli gestiti dal concessionario del servizio pubblico, deve chiedere il parere preventivo dell'Autorità di regolazione dei trasporti che si esprime entro sessanta giorni.

 

Gestione dei rifiuti

1) Al fine di superare la disomogenea definizione degli ambiti sul territorio nazionale, dovuta anche all'inerzia di alcune Regioni, si propone di modificare gli articoli 195 e 200 del Dlgs n. 152/2006 nel senso di attribuire allo Stato, previa intesa forte con le Regioni il compito di individuare gli Ambiti territoriali ottimali (di seguito Ato) eventualmente anche su base sovraregionale, superando il riferimento ai criteri di ripartizione giuridico amministrativa in favore di criteri di efficienza orientati al conseguimento di economie di scala e differenziazione.

Introdurre meccanismi idonei a evitare conflitti di interessi tra chi stabilisce tariffe e regole e svolge le procedure di gara e chi prende parte alle stesse tramite una società partecipata.

2) Al fine di garantire la piena e più ampia operatività dei meccanismi concorrenziali si propone di:

a) modificare l'articolo 202 del Dlgs n. 152/2006 nel senso di prevedere la possibilità per imprese diverse dal titolare del contratto di servizio pubblico di fornire servizi anche in sovrapposizione a quelli gestiti in regime di esclusiva, a condizione che non sia compromesso l'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico in termini di redditività, secondo le modalità indicate per il trasporto locale. Gli Enti di governo locale, individuati ai sensi dell'articolo 3-bis del Dl n. 138/2011, autorizzano i servizi richiesti e, se del caso, dispongono le eventuali limitazioni agli stessi, in base ad un'analisi economica oggettiva e a criteri prestabiliti. Qualora l'Ente locale intenda negare l'autorizzazione allo svolgimento da parte dei terzi di servizi anche in sovrapposizione a quelli gestiti dal concessionario del servizio pubblico, deve chiedere il parere preventivo dell'Autorità garante della concorrenza del mercato, che si esprime entro sessanta giorni.

b) ridurre il termine di durata dei contratti di servizio di cui all'articolo 203, comma 2, Dlgs n. 152/2006, trasformando il termine di durata minima di 15 anni in termine di durata massima.

 

Energia elettrica e gas

Cosa e stato fatto e grado attuale di apertura dei mercati

I settori dell'energia elettrica e del gas sono stati interessati negli ultimi anni, su impulso di norme comunitarie, da un importante processo di apertura dei mercati, i cui elementi caratterizzanti sono rappresentati da:

— liberalizzazione delle fasi potenzialmente concorrenziali (generazione, approvvigionamento, vendita);

— separazione proprietaria delle fasi in monopolio naturale del trasporto (dello stoccaggio per il gas) da quelle in concorrenza;

— apertura totale della domanda al mercato;

— creazione di mercati organizzati all'ingrosso liquidi e trasparenti.

Nonostante una significativa crescita in termini quantitativi di operatori nuovi entranti (accompagnata nel settore elettrico da un notevole incremento della capacita produttiva installata), permangono le seguenti criticità, che determinano oggettivi svantaggi per il sistema produttivo italiano:

— prezzi all'ingrosso del gas naturale e dell'energia elettrica mediamente più alti rispetto alla media europea;

— ritardi nella realizzazione di infrastrutture di interesse nazionale (per il gas, carenza nella capacità di importazione e di stoccaggio, per l'energia elettrica, inadeguatezza della rete di trasmissione nazionale);

— scarsa mobilita (tasso di switching) dei consumatori domestici.

 

Misure già previste ma ancora da attuare

Con riferimento alla necessita di individuare prima e, realizzare poi, le opere che si ritengono fondamentali al fine di garantire la sicurezza e lo sviluppo di una maggiore concorrenza (e, dunque, una riduzione dei prezzi dell'energia elettrica e del gas) del sistema nazionale dell'energia, l'attuale quadro normativo appare sufficientemente definito In particolare e previsto che: i) il Governo individui, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 57-bis, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, le infrastrutture energetiche ritenute prioritarie; ii) siano previsti meccanismi di incentivazione economica alla realizzazione delle infrastrutture energetiche prioritarie (ad esempio una percentuale elevata — o totale — di copertura dei costi di investimento a fronte di un accesso regolato).

Al riguardo appare necessario che il Governo proceda all'individuazione delle infrastrutture essenziali:

— ad esito di una rigorosa analisi dell'effettivo fabbisogno di nuovi investimenti per il nostro Paese (al fine di evitare che gravi sulle tariffe pagate dai consumatori finali una quantità eccessiva di investimenti);

— in stretta coerenza con il processo di individuazione delle cd infrastrutture di interesse comune europeo ai sensi dell'emanando regolamento del Parlamento e del Consiglio sulle infrastrutture energetiche (cd. energy infrastructure package)4 ; ciò in particolare al fine di evitare ritardi o ostacoli alla realizzazione di investimenti ritenuti prioritari nel contesto nazionale ma di scarso interesse per altri Paesi membri interessati;

— ipotizzando forme di penalizzazione per i soggetti realizzatori di infrastrutture ritenute essenziali in caso di ritardo nella realizzazione loro imputabile.

 

Cosa resta da fare

1) Durata dei procedimenti di autorizzazione

Al di là della loro individuazione come prioritarie, una delle principali cause del ritardo nelle realizzazione delle infrastrutture energetiche nel nostro Paese è il complesso sistema di governance multilivello che interessa il settore dell'energia, che ha determinato un'elevata conflittualità istituzionale tra poteri centrali e locali. Tale dialettica istituzionale tende a rendere incerta l'effettiva durata dei procedimenti di autorizzazione oltre che ben superiore a quella prevista dalle normative vigenti5 .

Attualmente la normativa nazionale in materia di poteri sostitutivi dello Stato rispetto alle Regioni inadempienti nel rendere i pareri dovuti all'interno del processo autorizzativo di infrastrutture energetiche è contenuta all'articolo 38 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83. La norma prevede che, nel caso di mancata espressione da parte delle Amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da parte delle Amministrazioni regionali interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale, entro sessanta giorni, provvede in merito con la partecipazione della Regione interessata. Si tratta di una procedura che appare idonea ad accelerare, data l'attuale governance multilivello nei processi autorizzativi, i processi di rilascio delle autorizzazioni, come peraltro auspicato anche dall'emanando regolamento del Parlamento e del Consiglio sulle infrastrutture energetiche.

Importante, ai fini della accelerazione dei processi di realizzazione delle infrastrutture, e tuttavia anche la fase di concertazione preventiva rispetto all'avvio del procedimento di autorizzazione.

Sotto questo profilo si ritiene particolarmente opportuno quanto previsto dalla proposta di regolamento in tema di trasparenza e partecipazione del pubblico alle decisioni: una autorità competente a coordinare il processo autorizzativo dovrebbe infatti provvedere a pubblicare un manuale delle procedure autorizzative il più possibile completo ed accessibile; tutti i soggetti coinvolti nel processo di realizzazione dell'opera (soggetto realizzatore, autorità, imprese e cittadini interessati dalla infrastruttura, organizzazioni rappresentative, ecc.) possono partecipare ad una fase di consultazione pubblica i cui risultati sono riuniti in un fascicolo dal promotore dell'opera e presentatati all'autorità competente insieme alla richiesta di autorizzazione affinché siano tenuti in adeguata considerazione al momento della decisione.

Una fase concertativa pre-autorizzazione particolarmente efficace minimizza (se non elimina) i rischi, al contrario fortissimi nel nostro sistema attuale, che opere autorizzate (o in corso di autorizzazione) vengano ritardate per l'opposizione delle popolazioni locali (spesso a seguito di cambi di maggioranze politiche in organi locali) e/o di centri di interesse contrari all'investimento.

In particolare, concentrare in una unica fase di consultazione pubblica le osservazioni critiche al progetto — prevedendo espressamente che osservazioni pervenute successivamente a tale termine non siano considerate — potrebbe rappresentare uno strumento di particolare efficacia nel garantire tempi certi al processo di rilascio dell'autorizzazione. Si auspica pertanto, che — anche in anticipo rispetto alla tempistica di approvazione del citato regolamento comunitario — venga introdotta una norma nazionale finalizzata ad una regolamentazione della fase di concertazione precedente alla presentazione della domanda di autorizzazione.

 

2) Gare per l'assegnazione delle concessioni di distribuzione del gas

Sebbene l'articolo 24, comma 4, del Dlgs n. 93/2011 inibisca l'ulteriore effettuazione delle gare comunali per le concessioni della distribuzione del gas, le procedure di assegnazione a mezzo gara delle nuove concessioni relative agli ambiti territoriali ottimali di distribuzione del gas risultano in evidente ritardo rispetto a quanto prescritto dalla normativa vigente6 . Al riguardo, la norma7 prevede un potere sostitutivo delle Regioni qualora entro un termine di sette mesi dalla data prevista gli Enti locali costituenti un ambito territoriale non abbiano identificato la stazione appaltante della gara.

Data questa situazione, appare comunque necessario, al fine di dare avvio all'auspicato processo di concorrenza per il mercato nel settore della distribuzione gas, ipotizzare qualche forma di penalizzazione per gli Enti locali che non procedono all'avvio delle procedure di gara nei tempi previsti. Si potrebbe, ad esempio, ipotizzare che i comuni inadempienti siano obbligati a versare allo Stato una quota progressivamente crescente dei canoni di concessione che percepiscono dal gestore in prorogatio.

 

3) Attestazione della quota di mercato di gas immessa nella rete nazionale

L'articolo 3 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130, impone, a qualsiasi soggetto che immette gas naturale nella rete nazionale di gasdotti in un dato anno, di attestare la propria quota di mercato all'ingrosso, comunicandola annualmente al Ministero dello sviluppo economico, all'Aeeg e all'Autorità. Tale previsione risulta eccessivamente gravosa per le imprese e non utile per monitorare l'effettivo stato della concorrenza nel settore.

Appare dunque coerente con l'obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi ingiustificati a carico delle imprese una modifica di tale norma nel senso di limitare l'obbligo di attestazione della quota di mercato all'ingrosso solo a quei soggetti con dimensione di un certo rilievo (ad esempio uguale o superiore al 15%).

 

4) Rafforzare la consapevolezza dei consumatori

Uno degli aspetti di insoddisfazione rispetto al processo di apertura dei mercati dell'energia elettrica e del gas e da rinvenire nello scarso tasso di partecipazione al mercato della domanda finale domestica. Al di là delle misure già assunte, un elemento in grado, tra gli altri, di rafforzare la consapevolezza dei consumatori verso le offerte del mercato libero e rappresentato dalla qualità nella messa a disposizione dei dati di misura dei consumi8 . Sotto un profilo concorrenziale, ricevere bollette stabilmente basate su consumati reali (e non presunti) e la pre-condizione necessaria per indurre i consumatori finali a una maggiore sensibilità verso offerte concorrenziali.

Si propone pertanto di reiterare la proposta di modificare l'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, prevedendo che tra le misure di qualità del servizio di distribuzione e misura dell'energia elettrica siano introdotti anche indicatori di prestazione del sistema di gestione delle letture.

 

Proposte operative

Facendo rinvio alla segnalazione dell'Autorità per l'energia e elettrica e il gas sullo stato dei mercati dell'energia elettrica e del gas naturale per i profili di natura regolatoria, l'Autorità formula le seguenti proposte operative:

1) Al fine di facilitare la fase concertativa tra i vari soggetti coinvolti nella realizzazione di un'infrastruttura energetica, precedente alla presentazione della domanda per il rilascio dell'autorizzazione, appare necessario, anche in anticipo rispetto alle proposte di regolamentazione comunitaria attualmente in discussione (Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee che abroga la decisione n. 1364/2006 Ce, 2011/0300(COD)), approvare una normativa che regoli in dettaglio i rapporti tra Governo centrale, Amministrazioni locali, cittadini e loro associazioni in modo da garantire trasparenza e accessibilità alle informazioni relative all'opera e, dunque, una piena e consapevole partecipazione dei soggetti interessati alla fase di consultazione preliminare. In particolare, si dovrebbe prevedere una regolamentazione delle forme e dei tempi per l'espressione di critiche ed osservazioni al progetto presentato.

2) Al fine di dare avvio all'auspicato processo di concorrenza per il mercato nel settore della distribuzione gas, appare necessario introdurre una norma che preveda meccanismi di penalizzazione degli Enti locali che non procedono all'avvio delle procedure di gara nei tempi previsti, quali l'obbligo di versare allo Stato una quota progressivamente crescente dei canoni di concessione che percepiscono dal gestore in prorogatio.

3) Al fine di ridurre gli oneri amministravi ingiustificati a carico delle imprese, si auspica una modifica dell'articolo 3 del Dlgs n. 130/2010 che limiti l'obbligo di attestazione della quota di mercato all'ingrosso solo a quei soggetti con dimensione di un certo rilievo (ad esempio uguale o superiore al 15%).

4) Al fine di rafforzare la consapevolezza dei consumatori retail di energia elettrica e gas si propone di modificare l'articolo 35, comma 3, del Dlgs n. 93/2011, prevedendo che tra le misure di qualità del servizio di distribuzione e misura dell'energia elettrica e del gas siano introdotti standard minimi di prestazione.

(omissis)

Note ufficiali

1.

Come risulta, per i rifiuti, da un'indagine condotta nel 2009 dall'Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici e, per il Tpl, dalla pubblicazione Radiografia del Tpl, Asstra Associazione nazionale delle imprese pubbliche di trasporto, 2012 (Dati aggiornati al 31 dicembre 2011 relativi alle autolinee urbane ed extraurbane, tram e metropolitana).

2.

La percentuale di società in perdita risulta pari al 38,69% nel 2005, al 36,95% nel 2006 e al 37,63% nel 2007. Cfr. Corte dei Conti, Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di Comuni e Province, deliberazione n. 14/ AUT/2010/FRG del 30 giugno 2010.

3.

Il mercato dei servizi di Tpl su gomma e suddiviso tra una minoranza di aziende private, che svolgono principalmente servizi di trasporto extraurbano e aziende con una forte connotazione pubblica che rappresentano circa il 95% del trasporto urbano e il 75% circa del trasporto extraurbano. Il frazionamento del mercato e particolarmente accentuato nel settore del trasporto extraurbano. L'88% delle aziende ha un numero di addetti inferiore a 100 unita e la maggior parte di queste gestiscono servizi nel sud e nel centro del Paese. Quasi la meta delle aziende ha un numero di dipendenti da 1 a 5, aziende per lo più private, a conduzione familiare. Radiografia del Tpl, Asstra cit.

4.

(6) Cfr. "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli "orientamenti" per le infrastrutture energetiche transeuropee che abroga la decisione n. 1364/2006 Ce, 2011/0300(COD)". La proposta di regolamento e stata pubblicata dalla Commissione nell'ottobre 2011. Il 24 novembre e stata presentata in Consiglio europeo. Nel mese di maggio si e completato l'iter di presentazione degli emendamenti e la proposta e attualmente al Parlamento europeo, in attesa di una prima lettura.

5.

Quello della effettiva durata dei procedimenti di rilascio delle autorizzazioni per le infrastrutture energetiche prioritarie e un tema molto sentito anche a livello comunitario come dimostra il fatto che il citato regolamento del Parlamento e del Consiglio e tra l'altro mirato proprio ad individuare e agevolare, tramite tra l'altro meccanismi di semplificazione dei procedimenti amministrativi, la realizzazione di una serie di investimenti di interesse comune europeo ritenuti prioritari nei settori del gas e dell'energia elettrica.

6.

Cfr. allegato 1 del decreto del Ministero dello sviluppo economico, 12 novembre 2011, n. 226.

7.

Cfr. articolo 3 del decreto del Ministero dello sviluppo economico, 12 novembre 2011, n. 226.

8.

Già nella segnalazione AS901 "Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza" del 5 gennaio 2012 in Boll. n. 51/2011, l'Autorità aveva auspicato di modificare la normativa in materia di obblighi di qualità nella messa a disposizione delle misure dei consumi di energia elettrica e gas da parte dei distributori.

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