Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

print

Sentenza Tar Lombardia 10 agosto 2012, n. 2182

Rifiuti - Articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 - Fresato di asfalto - Natura di sottoprodotto - Caratteristiche - Inserimento in un ciclo produttivo - Stoccaggio di quantitativi non eccessivi - Richiesto

Per il Tar Lombardia il materiale depositato in quantitativi eccessivi rispetto al fabbisogno del proprio ciclo produttivo non può conservare la natura di sottoprodotto, ma rappresenta uno stoccaggio di rifiuti.
Questo perché l’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006, che contiene la definizione ufficiale di “sottoprodotto”, prevede tra le varie condizioni che lo stesso debba essere inserito in un ciclo produttivo. Con riferimento specifico al fresato d’asfalto, si sofferma il Giudice amministrativo di 1° grado, tale ciclo devo consistere nel “reimpiego del materiale come componente del prodotto finale trattato nell’ambito dello stesso impianto”.
Per il Tar lombardo (sentenza 2182/2012), che richiama precedenti sentenze della Cassazione (n. 35235 e 41839 del 2008), lo stoccaggio dei “sottoprodotti” in tali casi può quindi riguardare solo quella “limitata provvista di materiale che rientra quantitativamente nel normale processo di lavorazione dell'impianto”.

Tar Lombardia

Sentenza 10 agosto 2012, n. 2182

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 2620 del 2011, proposto da:

(omissis) Srl, rappresentata e difesa dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Milano, (omissis);

contro

Comune di Arcore in persona del Sindaco pro tempore, Regione Lombardia; Provincia di Monza e Brianza, rappresentata e difesa per legge dagli avv. (omissis), (omissis), domiciliata in Milano, c/o Segreteria Tar Milano;

per l'annullamento

a) della delibera consiliare di Arcore n. 35 del 21 luglio 2011 recante diniego di approvazione di variante urbanistica tramite Suap per la realizzazione di un impianto di betonaggio ed asfalto sulle aree identificate dal foglio 23;

b) della comunicazione del Comune di Arcore prot. 11044 del 18 aprile 2011 indicante i motivi ostativi all'accoglimento della suddetta istanza Suap;

c) della delibera consiliare n. 7 del 29 marzo 2011 recante approvazione di una mozione politica contro il progettato intervento;

d) della delibera consiliare n. 22 del 7 aprile 2010 richiamata nell'atto sub. a) recante indirizzi per la formazione del nuovo piano di governo del territorio

e) in parte qua, della deliberazione della Giunta Provinciale di Monza e Brianza n. 105 del 10 giugno 2010 recante espressione di un parere parzialmente negativo in merito all'insediamento di un deposito di asfalto fresato all'interno del nuovo impianto in questione

f) in parte qua, della determinazione dirigenziale della Provincia di Monza e Brianza n. 113 del 10 giugno 2010 recante parziale parere negativo in merito all'insediamento di un deposito di asfalto fresato all'interno del nuovo impianto in questione

g) in parte qua, della deliberazione della Giunta Provinciale di Monza e Brianza n. 8 del 20 gennaio 2011 recante espressione di un parere parzialmente negativo in merito all'insediamento di un deposito di asfalto fresato all'interno del nuovo impianto in questione

h) in parte qua, della determinazione dirigenziale n. 2 del 24 gennaio 2011 recante espressione di un parere parzialmente negativo in merito all'insediamento di un deposito di asfalto fresato all'interno del nuovo impianto in questione

i) dell'atto stragiudiziale di diffida e messa in mora prot. 4083 del 27 gennaio 2011 notificato dalla Provincia di Monza e Brianza al Comune di Arcore, contenente invito a non approvare il progetto del nuovo impianto;

j) in parte qua, della deliberazione della Giunta Regionale n. 8/8837 del 30 dicembre 2008;

e per la condanna

del Comune di Arcore al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dalla società ricorrente, in misura da quantificarsi in corso di causa, anche in via equitativa o previa espletanda Ctu.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Monza e Brianza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2012 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La società (omissis) Srl espone: di essere un'azienda che opera da oltre cinquant'anni nel mercato dell'estrazione di materiali inerti naturali, sabbia mista, ghiaia e ghiaietto, nonché nel settore della fornitura di calcestruzzi e nel settore dei lavori pubblici stradali; che le sedi operative si trovano a Brembate (Bg) -sede principale dove si trova la cava — e Vimodrone, dove dispone di impianti di produzione di calcestruzzo, ma non di produzione di asfalto.

Espone altresì: che alcuni anni or sono la società ricorrente ha acquistato dalla ditta proprietaria (omissis) Spa di Vimercate, un complesso con impianto di produzione di asfalto ed impianto di produzione di calcestruzzo operante sin dagli anni '70 e sito in località Campo Formica a Vimercate, in una ex cava posta proprio all'incrocio tra i territori comunali di Vimercate, Arcore ed Usmate, a confine con una vasca pubblica di raccolta delle acque piovane di esondazione realizzata da (omissis) Spa in territorio comunale di Usmate Velate;

— che tale impianto, già attivato dalla ditta (omissis) Spa è munito da molti anni di tutte le necessarie autorizzazioni provinciali e comunali e funziona da oltre 50 anni, senza che mai sia stato contestato alcunché in termini di inquinamento acustico, olfattivo od ambientale (il predetto impianto, si precisa, dispone anche di ulteriori autorizzazioni per il recupero e messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi);

— che l'attività di questo impianto, che si trova a circa 225 metri dal più vicino edificio residenziale è proseguita sino a quando alla soc. (omissis) è giunta la notizia dell'intendimento regionale di realizzare la nuova Autostrada Pedemontana nel tracciato da Varese a Bergamo, il cui progetto preliminare approvato nel 2006 prevedeva di far transitare il corridoio autostradale proprio sul sedime dell'impianto di Vimercate, destinato, pertanto, ad essere completamente espropriato per la realizzazione della nuova opera pubblica di interesse nazionale, inserita in quanto tale nelle opere della cd legge obiettivo;

— che appresa la notizia e considerando l'importanza che l'attività della ditta rivestiva nel tessuto socio-economico locale (oltre 40 addetti impiegati) e l'utilità del servizio espletato, il Comune di Vimercate presentava formali osservazioni al progetto per chiedere che venisse salvaguardata l'integrità dell'azienda e che fosse garantita la ricollocazione dell'azienda stessa in un contesto limitrofo, onde mantenerne pienamente l'operatività;

— che tale preoccupazione espressa dal Comune di Vimercate veniva recepita dal Cipe, che, approvando il progetto preliminare con delibera n. 77/2006 del 29 marzo 2006 faceva proprio l'indirizzo di risolvere positivamente l'interferenza con l'impianto esistente e di consentirne la più adeguata ricollocazione; rassicurazione in seguito confermata anche dall'assessore regionale al territorio e dall'assessore provinciale di Milano, nonché dalla stessa società Pedemontana Spa;

— che rassicurata da tali pronunciamenti, la (omissis) Srl sostiene di essersi attivata per reperire una limitrofa area in cui ricollocare utilmente il predetto impianto, operando con le tre amministrazioni comunali coinvolte e cioè Vimercate, Arcore e Usmate Velate;

— che dopo diversi contatti emergeva la più adeguata praticabilità, in termini viabilistici e di accessibilità al traffico pesante, nonché in termini di minor impatto ambientale, di ricollocare l'impianto in un limitrofo appezzamento di terreno di circa 12.000 mq, sito nel territorio comunale di Arcore e classificato in zona agricola, posto a circa 200 metri dal sito originario ed a circa 250 metri dalle più vicine abitazioni (quindi a distanza simile da quella del precedente impianto rispetto alle abitazioni in Vimercate), e parzialmente inserito nella fascia di rispetto del nuovo tracciato autostradale;

— che dietro precisa indicazione dell'amministrazione comunale di Arcore, espressa in diversi incontri tenutisi con il sindaco e con altri amministratori, la (omissis) Srl veniva indotta ad acquistare il predetto compendio, ciò che avveniva con atti perfezionati in data 11 luglio 2006, per un importo di spesa pari ad euro 298.000,00;

— che nel periodo immediatamente successivo veniva presentata una prima proposta -di massima — di studio progettuale relativo alla ricollocazione dell'impianto che otteneva il parere favorevole di (omissis) Spa, della società (omissis) Spa;

— che in data 29 maggio 2008, veniva attivata anche la relativa fase istruttoria presso il Comune di Arcore e, nel frattempo, in relazione alla specifica ubicazione del nuovo terreno e all'esigenza di realizzare un'accessibilità diretta al nuovo impianto per il traffico pesante (betoniere, camion ecc.) direttamente dalla nuova grande viabilità, non disponendo il terreno acquistato che di un solo accesso campestre in affaccio su un incrocio critico, la (omissis) Srl veniva indotta ad acquistare una servitù di passo carraio dal terreno di proprietà di (omissis) Spa.;

— che tale acquisto, formalizzato con atti del 27 maggio 2009 e del 28 luglio 2009, ha comportato un ulteriore esborso di euro 85.000, impegnandosi altresì la (omissis) Srl, a sua cura e spese, a realizzare la nuova strada di accesso carrabile a servizio anche dell'impianto pubblico di (omissis) Spa, per un ulteriore esborso futuro previsto di euro 150.000;

— che in data 7 giugno 2009, la (omissis) Srl formulava le proprie osservazioni al progetto definitivo di Pedemontana chiedendo, tra l'altro, di avallare nelle opportune sedi il progetto della nuova strada di interconnessione prevista sul territorio di Usmate Velate tra il raccordo autostradale ed il nuovo sito produttivo di proprietà (omissis) Srl ed il sito di proprietà (omissis) Spa, onde rendere più agevole l'esercizio delle predette attività;

— che con la delibera 77/2009 il Cipe approvava il progetto definitivo dell'(omissis) Spa, modificando leggermente l'asse del percorso autostradale, al punto che l'area interessata dal nuovo impianto non si trova più coinvolta nella fascia di rispetto autostradale, ma subito fuori da essa, mentre permane l'invasiva e totale espropriazione dell'area in Vimercate dove in precedenza aveva sede l'impianto;

— che alla luce di questa importante novità, che conferma l'irreversibilità dell'intento espropriativo del sito originario già emerso in precedenza e che segnalava un diverso assetto territoriale dell'opera autostradale, la (omissis) Srl ha inteso predisporre un nuovo e più completo progetto di inserimento ambientale dell'impianto, con l'ausilio di un pool di professionisti onde affrontare la tematica in modo compiuto ed in tutti i suoi aspetti, tenendo conto della richiesta del Comune di Arcore di esprimere un livello progettuale particolarmente accurato, onde garantire il miglior inserimento dell'opera nel contesto; motivo per cui il Comune di Arcore ha richiesto di formalizzare un vero e proprio progetto urbanistico-edilizio dettagliato e cantierabile, assumendo l'impegno, ribadito a più riprese in diversi incontri sia dal sindaco, sia dall'assessore al territorio, sia dai funzionari, di approvarlo attraverso il procedimento dello Sportello Unico in variante al Prg (questo per la ritenuta incompatibilità urbanistica con la destinazione agricola gravante sull'area);

— che in data 23 giugno 2009, sulla scorta delle osservazioni, inviate per conoscenza anche al Comune di Arcore, e delle precedenti intese con tutti gli enti sopra richiamati, la (omissis) Srl chiedeva al Comune di Arcore un parere di ammissibilità dell'intervento progettato in variante al Prg secondo i dettami del Dpr 447/1998: in seguito a ciò, con delibera di Giunta Comunale n. 116 del 13 luglio 2009 veniva espresso — a voti unanimi — un indirizzo favorevole all'attivazione della procedura di sportello unico da parte della società (omissis) Srl, che, nel frattempo, aveva inoltrato istanza di approvazione del progetto di insediamento del sito produttivo in questione, allegando la complessa documentazione progettuale e tecnica riferita a tutti i profili autorizzatori che si intersecano nel procedimento;

— che con successiva delibera di Giunta n. 137 del 18 agosto 2009 veniva avviato il procedimento di Valutazione Ambientale Strategica -Vas inerente alla verifica di assoggettabilità dell'intervento proposto dalla (omissis) Srl ed avallato dall'ente comunale;

— che in data 28 luglio 2009 la (omissis) Srl, visto l'avvio del procedimento di sportello unico finalizzato all'approvazione del progetto inoltrato, richiedeva apposito parere al Comune di Usmate Velate relativamente al nuovo accesso carraio e la nuova strada di interconnessione verso il realizzando raccordo autostradale pedemontano, come previsto in accordo con (omissis) Spa.; provvedeva, inoltre, nei mesi successivi, a formalizzare richieste di nulla osta per prevenzione incendi, di autorizzazione per emissioni in atmosfera, per l'utilizzo ed il trattamento del cd "fresato" in tema di Via, per pozzi di raccolta acque, per scarichi fognari, per scarichi destinati alla fitodepurazione e raccolta di acque meteoriche, nonché a richiedere il parere di valutazione di impatto acustico;

— che in data 15 settembre 2009 la Provincia di Monza e Brianza, ottenuto il parere favorevole dell'Arpa del 28 agosto 2009 in materia di emissioni in atmosfera, comunicava la convocazione della conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 269 del Dlgs 152/2006 per il giorno 13 dicembre 2009 e in seguito rilasciava, in data 19 ottobre 2009, l'autorizzazione provinciale n. 68/2009 per le emissioni in atmosfera del nuovo impianto, avendone rilevato la piena conformità a legge ed il pieno rispetto dei limiti di emissione, anche in relazione alle tecnologie impiegate; con ulteriore provvedimento del 30 settembre 2009 la Provincia di Monza comunicava che per l'autorizzazione all'esercizio dell'impianto non era necessario l'espletamento della procedura di Via regionale; che veniva dato avvio, quindi, al procedimento di Valutazione Ambientale Strategica-Vas, con delibera giuntale n. 181 del 16 novembre 2009 ed era nominato quale autorità procedente il dirigente comunale arch. (omissis), e quale autorità competente il dirigente comunale dott. (omissis);

— che in data 11 dicembre 2009 il Comune di Arcore comunicava l'esito positivo della prima conferenza Vas, non essendo stato sollevato alcun rilievo da parte delle amministrazioni coinvolte, in merito all'impatto ambientale dell'impianto; che nel medesimo periodo, in ragione di particolari difficoltà economiche e quale atto di ulteriore conferma della volontà irreversibile di procedere all'approvazione del progetto, il Comune di Arcore chiedeva la corresponsione di un anticipo di 150.000 euro rispetto agli oneri urbanizzativi dovuti e concordati per l'intervento nello schema di convenzione depositato, che la società ricorrente provvedeva a versare in data 17 dicembre 2009;

— che con delibera di Giunta comunale n. 200 del 19 dicembre 2009 veniva quindi confermata la procedibilità della proposta di variante ai sensi dell' articolo 5 del Dpr 447/1998, siccome conforme ai principi in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza e considerata l'inesistenza di ulteriori siti idonei allo scopo; e ciò con un articolato e motivato parere favorevole tecnico dell'arch. (omissis), che rilevava come la proposta risultasse coerente con gli indirizzi generali in tema di Suap, deliberati dal consiglio comunale di Arcore in data 15 ottobre 2006;

— che in data 24 dicembre 2009 perveniva anche il parere igienico sanitario favorevole dell'Asl secondo quanto prospettato nella citata conferenza di servizi Vas, nonchè il parere positivo dell'Arpa di valutazione di impatto acustico dell'intervento progettato e, nello stesso periodo in cui venivano ottenute le predette autorizzazioni, i1 pool di tecnici incaricati effettuava una serie di incontri presso i vari uffici pubblici preposti per illustrare il progetto, indicendo riunioni presso la Provincia di Monza e Brianza settore territorio e presso la Provincia di Monza e Brianza settore ambiente (all'epoca presso gli uffici di Milano), nonché presso l'Asl e presso l'Arpa;

— che nel frattempo, conclusa positivamente la fase Vas, con provvedimento del 14 maggio 2010 l'autorità competente, d'intesa con l'autorità procedente, deliberava di esprimere parere favorevole per l'esclusione dalla Vas del progetto (cd verifica di esclusione), in particolare osservando che è stata "dimostrata l'oggettiva impossibilità di localizzazione dell'impianto oggetto di Suap al di fuori dell'ambito individuato e rilevata l'ottimale ubicazione rispetto alla rete viaria sovracomunale con riferimento alla lontananza dal centro abitato';

— che nella dichiarazione di sintesi Vas del 27 maggio 2010 si affermava altresì testualmente che "è stata data particolare cura ed attenzione sia alla mitigazione ambientale sia alla riduzione dell'impatto territoriale … che l'elemento rilevante che ha veicolato la scelta urbanistica proviene dalla necessità di preservare la continuità dell'attività all'interno del territorio comunale a stretto contatto con l'attuale sito produttivo; che lo spostamento verso sud rispetto al vecchio sito garantirà, grazie alle caratteristiche proprie dell'area, adeguato distacco dalle più vicine abitazioni e che il progetto dell'impianto — nel rispetto delle delibere consiliari 51/2006 e commissariale 68/2006 — pone particolare attenzione all'aspetto dell'integrazione ambientale e trova positiva integrazione con le opere di mitigazione/compensazione del progetto definitivo di Pedemontana Lombarda";

— che in modo coerente alle conclusioni concordi cui erano giunti l'arch. (omissis) ed il dott. (omissis) negli atti sopracitati, il Comune di Arcore insisteva nel sostenere che la Provincia esprimesse il proprio parere favorevole sull'intervento;

— che nel corso di questa fase istruttoria tuttavia emergeva un aspetto particolare che attirava l'attenzione della Provincia di Monza e Brianza, inducendola a considerazioni che parte ricorrente, stante l'esito negativo della procedura, ritiene erronee e inattendibili;

— che in particolare, poichè nell'ambito dell'impianto si era prevista la possibilità di un deposito di asfalto fresato da riutilizzare (per ragioni di riciclo ecologico di un prodotto altrimenti destinato ad ingolfare le discariche ed anche per adeguarsi a precise indicazioni dei bandi e dei capitolati d'appalto per lavori stradali, che impongono di utilizzare asfalto prodotto almeno in parte con asfalto riciclato), veniva sollevato il tema della pretesa incompatibilità di questo deposito di asfalto fresato con il piano provinciale dei rifiuti della Provincia di Milano, operativo per successione nella Provincia di Monza e Brianza, sull'assunto che l'asfalto fresato costituirebbe un rifiuto e quindi sarebbe sottoposto alla pianificazione provinciale in tema di rifiuti;

— che in data 10 maggio 2010 il Comune di Arcore inviava alla Provincia la precedente delibera giuntale n. 200 del 19 dicembre 2009 evidenziando tra l'altro l'inesistenza di alternative localizzative sul territorio per tale tipologia di impianto ed insistendo perchè la Provincia si esprimesse in modo favorevole all'intervento stesso;

— che la Provincia di Monza e Brianza, in data 21 maggio 2010 richiedeva integrazioni documentali al fine di valutare l'istanza della società ricorrente, e parallelamente richiedeva ai comuni contermini (Biassono, Camparada, Usmate Velate, Villasanta, Vimercate, Lesmo e Concorezzo) un parere in ordine alla presenza eventuale di aree disponibili, cui seguivano nei giorni seguenti tutte singole risposte negative non essendo state individuate da tali comuni, ne esistendo, aree a ciò idonee o compatibili;

— che in pari data, interveniva tuttavia la determinazione dirigenziale provinciale n. 113/20l0 con cui, ignorando il parere positivo reso dalla stessa Provincia di Monza e Brianza in fase Vas, veniva espresso parere negativo rispetto alla compatibilità dell'intervento con la pianificazione provinciale, nonostante tale ipotesi sembrasse ormai superata dall'esito degli incontri tenutisi in Provincia e dal tenore della precedente richiesta del 21 maggio 20l0, opponendosi all'intervento un consumo di suolo maggiore di quanto previsto dalle direttive della Giunta Provinciale nonché la pretesa incompatibilità con le previsioni del piano provinciale di gestione dei rifiuti, con i vincoli di tutela ambientale fissati dal Ptcp e dalla rete ecologica regionale nonché dubbio in merito al quantitativo di rifiuto fresato da riutilizzare nel ciclo produttivo, così come la necessità di assenso da parte di Cal per la connessione con il sistema autostradale Pedemontano;

— che in data 18 giugno 2010 venivano formalizzate dalla ditta (omissis) apposite osservazioni, sottolineando, in particolare, l'opportunità dell'intervento anche sotto il profilo economico sociale, nonché richiamando i numerosi pareri favorevoli di tutti gli enti coinvolti nelle varie fasi di valutazione (tra cui quello della Cal) e le trattative già avviate e concluse per l'acquisto dei terreni, evidenziando l'erronea lettura dei dati riferiti alla potenza dell'impianto legata al sospetto che si intendessero gestire quantità di rifiuto superiori a quelle dichiarate, lamentando che i dati di potenza dell'impianto risultavano simili -se non inferiori -a tutti gli impianti già autorizzati nel territorio provinciale, nonchè rendendosi disponibile a ridurre ulteriormente tale potenza se richiesto;

— che nello stesso senso veniva sottolineato come il tema del rifiuto "fresato" non fosse stato correttamente inquadrato, trattandosi di una importante modalità ecologica di recupero del ciclo produttivo di materiali che altrimenti dovrebbero essere conferiti alle discariche, in linea con la normativa comunitaria e nazionale sulla gestione dei rifiuti, nell'ottica di una politica volta al riutilizzo piuttosto che allo smaltimento, da ultimo confermata dal Dlgs 205/20l0 ove, recependo la Direttiva Ce 2008/98, cd "direttiva rifiuti", sono state introdotte modifiche ed integrazioni al Dlgs 152/2006 (vedasi ora il nuovo testo dell'articolo 179 e degli articoli 180bis, 183, 184bis, 184ter) come evidenziato da apposita ulteriore e successiva nota della (omissis) Srl del 27 dicembre 20l0;

— che nel periodo successivo all'espressione di questo parere provinciale si tenevano numerosi incontri tra la società ricorrente i tecnici e gli amministratori comunali; in particolare con il sindaco, il nuovo assessore al territorio e l'assessore ai lavori pubblici, nel corso dei quali, si sostiene, i rappresentanti dell'amministrazione comunale avrebbero espresso disappunto nei confronti dei contenuti del parere provinciale, dichiarando -in modo coerente con gli impegni assunti -di non volerlo recepire e di volersi impegnare ad effettuare una fase di ulteriore confronto istruttorio con la Provincia di Monza e Brianza finalizzato a superare gli ostacoli emersi all'approvazione dell'intervento;

— che da tutte queste verifiche è scaturita l'indicazione alla (omissis) Srl di confermare integralmente il contenuto del progetto, salvo semplicemente traslarlo leggermente di circa 40 metri, in modo da fuoriuscire dalla cd "fascia di rete ecologica regionale" e così da superare le pretese incompatibilità emerse in sede di prima verifica provinciale e in particolare le obiezioni sollevate dalla Provincia anche in merito al consumo di suolo;

— che nel frattempo, a seguito dell'entrata in vigore in data 25 dicembre 2010 del nuovo Dlgs 205/20l0, che ha meglio precisato il concetto di sottoprodotto, la (omissis) Srl presentava memorie ex articolo 10 della legge 241/1990 presso la Provincia di Monza, complete anche di giurisprudenza specifica sul punto;

— che in data 25 gennaio 2011 si teneva apposita conferenza di servizi, convocata dal Comune di Arcore, al fine di esaminare il progetto definitivamente predisposto ed integrato, unitamente a tutti gli enti preposti a rilasciare le rispettive autorizzazioni di competenza e che in quella sede tutti gli enti presenti esprimevano parere favorevole e di piena compatibilità con il Ptcp, salvo precisare che "qualora l'impianto dovesse trattare rifiuti sarebbe incompatibile con l'attuale piano provinciale dei rifiuti", laddove, a tale riguardo, il rappresentante della società ricorrente precisava a verbale che nel caso in esame non sarebbero mai stati impiegati rifiuti ma solo sottoprodotti ex articolo 184 bis e 184 ter del Dlgs 152/2006;

— che la conferenza si concludeva con l'approvazione del progetto presentato dalla (omissis) Srl, con effetto di adozione di variante urbanistica ex articolo 97 della Lr Lombardia 12/2005;

— che la società ricorrente provvedeva quindi ad inviare in data 4 febbraio 2011 al Comune di Arcore la bozza della convenzione ed alcuni elaborati modificati, a seguito delle determinazioni assunte in sede di conferenza di servizi;

— che in data 09.02.2011 veniva affissa all'Albo Pretorio la proposta di variante urbanistica ai sensi dell'articolo 5 del Dpr 447/1998 e pubblicata per la presentazione di osservazioni;

— che in data 2 marzo 2011 il Comune di Arcore comunicava alla (omissis) Srl che la Provincia di Monza e Brianza l'aveva diffidata a non rilasciare qualsivoglia atto autorizzatorio dell'impianto progettato, riferendo che con esso si sarebbe trattato anche il "fresato d'asfalto", ovvero materiale annoverato quale rifiuto ai sensi del relativo piano provinciale, non potendosi ancora ritenere recepite le disposizioni di cui agli articoli 184 bis e ter del Dlgs 152/2006 (come introdotti e modificati dal Dlgs 205/2010) in assenza di decreti ministeriali attuativi, per cui l'impianto non avrebbe potuto essere ivi localizzabile;

— che con apposita missiva del 3 marzo 2011, la (omissis) Srl dava riscontro a tale diffida, intimando al Comune di Arcore di concludere il relativo procedimento;

— che nella seduta del 29 marzo 2011, con delibera consiliare assunta, secondo parte ricorrente, senza contraddittorio, veniva approvato l'indirizzo di non approvare l'intervento;

— che subentrata la nuova amministrazione, anche la nuova maggioranza ha inteso ribadire la sua contrarietà all'intervento, per cui con delibera consiliare n. 35 del 21 luglio 2011 il Comune di Arcore ha opposto diniego all'approvazione della variante urbanistica relativa al progetto Suap, allegando una relazione generale a firma dell'arch. (omissis) che solleva taluni problemi ambientali ed urbanistici;

— che in seguito alla conclusione sfavorevole del procedimento la (omissis) Srl ha proseguito l'approvvigionamenti di asfalto presso impianti di terzi (in quanto nel frattempo l'impianto di Vimercate è stato dismesso in ragione dell'ormai imminente e già notificata occupazione d'urgenza dei relativi suoli per dare corso ai lavori autostradali), e nel solo triennio 2009-2011 ha, secondo quanto dichiara, speso la somma di euro 5.508.667,90 (2.362.293,83 nel 2009, 2.580.735,37 nel 2010 e 565.638,70 nei primi mesi del 2011), che invece avrebbe potuto riSparmiare ove fosse stato possibile produrre l'asfalto nell'impianto in questione;

— che tale elemento economico costituisce un parametro di riferimento per quantificare il danno legato all'indisponibilità del nuovo impianto di asfalto ed al ritardo nel rilascio della dovuta autorizzazione, oltre agli ulteriori danni connessi alla mancata apertura di un nuovo impianto di produzione di calcestruzzo previsto nel progetto.

Tutto quanto sopra premesso la ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe e ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi:

1) incompetenza violazione e falsa applicazione della direttiva Cee 42/2001, degli articoli 2, 3, 41 e 97 della Costituzione, dell'articolo 1337 e 1375 del C.c., della legge 241/1990, del Rd 1265/1934, del Dlgs 152/2006, del Dlgs 4/2008, del Dpr 447/1998, del Dpr 380/2001, della Lr Lombardia 12/2005, 11/2005 e 11/2007; violazione e falsa applicazione del Piano territoriale regionale della Lombardia, del Piano territoriale di coordinamento provinciale di Milano operativo in Provincia di Monza e Brianza, del Piano Provinciale di Milano per la gestione dei rifiuti operativo in Provincia di Monza e Brianza, del Piano Regolatore Generale di Arcore; violazione e falsa applicazione della deliberazione del Consiglio Regionale del 13 marzo 2007, delle deliberazioni di Giunta Regionale 6420/2007, 1097/2009 e 761/2010; violazione e falsa applicazione del principio dell'affidamento e della buona fede nei rapporti intersoggettivi, violazione e falsa applicazione del principio della conservazione delle preesistenze edilizie; eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà, contrasto con precedenti manifestazioni di volontà, travisamento di fatto, erronea rappresentazione della situazione di fatto e di diritto, difetto di motivazione, carenza d'istruttoria, ingiustizia manifesta, illegittimità derivata.

In sintesi, si sostiene: l'incompetenza del Comune di Arcore ad assumere determinazioni negative motivate per ragioni di ordine ambientale e paesaggistico, in relazione al corretto riparto di competenze e funzioni tra i diversi livelli amministrativi; che avendo il Comune, all'esito della conferenza di servizi, conclusasi con una proposta di variante valutato positivamente anche l'impatto ambientale e paesaggistico del progetto presentato e avendo recepito anche il motivato parere favorevole della Provincia di Monza e Brianza in merito a questi profili di coerenza con la pianificazione paesistica sovracomunale, non avrebbe potuto sollevare considerazioni che esulano dalla sua sfera di attribuzioni, non essendo il Comune ma la Provincia a doversi esprimere in merito ai profili di compatibilità paesistico-ambientale dell'intervento; che la delibera comunale è viziata per difetto di motivazione e per manifesta ingiustizia, oltre che per violazione del Piano Regolatore Comunale vigente poichè nega l'assenso all'intervento in ragione di una contrarietà di carattere urbanistico che non sussiste, in relazione ad un progetto attuabile senza necessità di introdurre alcuna variante urbanistica rispetto al Prg vigente; che l'area in questione non è interessata da alcun vincolo paesistico specifico e non è neppure classificata come area agricola di pregio strategico, non presenta alcuna coltivazione agricola in atto, è una normale area di risulta, marginale ed incolta, classificata con generica destinazione agricola, come tale, di per sé, non impeditiva dell'insediamento di un simile impianto; che lo scopo delle generica destinazione agricola è quello di impedire l'eSpansione dell'aggregato urbano, non quello di impedire altri insediamenti che — normalmente — non possono essere collocati nel centro abitato, come gli impianti di produzione di asfalto e betonaggio che, in quanto impianti insalubri di prima classe, debbono essere normalmente realizzati al di fuori dell'aggregato abitato, secondo quanto dispone l'articolo 265 del Rd 1265/1934; che nel caso in esame ciò vale a maggior ragione perchè lo stesso Comune di Arcore ha affermato a più riprese nel procedimento che non esistono nel territorio comunale altre aree idonee per recepire un simile impianto, ed analoga affermazione è stata fornita da tutti i comuni contermini, appositamente interpellati dalla Provincia di Monza e Brianza; che se la pianificazione urbanistica dei comuni coinvolti nel procedimento non prevede esplicite destinazioni per simili impianti, non deve certo dedursi che tale impianto non sia insediabile o ricollocabile ma, più semplicemente, che la destinazione agricola generica non è ostativa ad un tale insediamento; che le preesistenze edilizie imprenditoriali meritano di essere tutelate per la continuità del valore sociale delle attività aziendali; che non può sottacersi come lo stesso Piano di coordinamento provinciale (in particolare l'articolo 33 delle relative Nta) ed il Piano Territoriale Regionale (in particolare l'articolo 24 delle Nta del Piano paesaggistico) vigenti non impediscono a priori, in ambiti agricolo-naturalistici, l'insediamento di tali strutture produttive ed eSpansioni edilizie in genere, dettando solo determinate prescrizioni tecniche attraverso la previsione di opere mitigative e compensative per un loro inserimento nel contesto tutelato; che tali prescrizioni sono state nella specie rispettate, come ben dimostrato dallo stesso parere favorevole provinciale al riguardo; che le modalità con cui si è giunti al provvedimento consiliare negativo del 21 luglio 2011 sono chiaramente emblematiche dell'eccesso di potere che connota l'azione amministrativa comunale, nonché della violazione dell'articolo 10 bis della legge 241/1990 e del Dpr 447/1998, atteso che il preavviso di diniego del 18 aprile 2011 è giunto quando ormai il consiglio comunale di Arcore aveva assunto la decisione di non consentire più la prosecuzione del procedimento; che questo aspetto di violazione procedurale conferma la non equilibrata e serena ponderazione della vicenda da parte del Consiglio Comunale di Arcore e l'omessa considerazione del punto di vista del proponente; che nell'ambito del procedimento in questione è stato acquisito il provvedimento provinciale di esclusione dell'intervento dalla Via all'interno del quale sono stati acquisiti diversi pareri favorevoli delle diverse amministrazioni coinvolte, compresa la Provincia di Monza e Brianza, e conclusosi con un provvedimento ampiamente articolato e motivato del dirigente comunale in data 24 maggio 20l0, nella sua qualità di autorità competente Vas, assunto d'intesa con l'autorità procedente che dichiarava la completa assenza di rilievo ambientale dell'intervento, a tal punto insignificante da non dover neppure essere sottoposto ad una Vas completa, rilevando altresì l'ottimale ubicazione rispetto alla rete viaria sovracomunale, con riferimento alla lontananza dal centro abitato"; che alla luce di queste importanti e vincolanti premesse istruttorie, è evidente l'illegittimità della delibera consiliare 35 del 21 luglio 2011, poichè esprime motivazioni di preteso contrasto ambientale e paesistico dell'intervento, pretendendo di esercitare un potere di cui il consiglio comunale non disponeva più in quella fase; che analoghe considerazioni possono valere per il parziale rilievo negativo esposto dalla Provincia in tema di asfalto fresato, quando lo stesso ente aveva partecipato alla fase Vas ed era rimasto silente, esprimendo un parere favorevole in quella sede con i funzionari presenti; che concluse queste fasi, si sarebbe dovuto passare alla fase urbanistica vera e propria, nella quale, anche nella logica di evitare aggravi di procedimento, il consiglio comunale non ha titolo per rimettere in discussione le risultanze della Vas nè per sostituirsi alle decisioni dell'autorità competente in materia; che le norme collocano le valutazioni ambientali in questa fase, lasciando al consiglio comunale il compito di decidere sulle osservazioni che pervengano, ma sempre con il vincolo delle decisioni positive ambientali già assunte dal diverso organo comunale competente in tema di valutazioni ambientali, ossia l'autorità competente Vas d'intesa con l'autorità procedente; che le considerazioni che si riferiscono al preteso contrasto con i Plis, con la Green ways, e tutte le altre a connotazione ambientale sono inconferenti e tardivamente esposte nell'intento di dare una qualche consistenza ad una decisione di tipo politico; che emerge anche sotto altri profili la violazione dell'articolo 5 del Dpr 447/1998, degli articoli 14 e ss. della legge 241/1990, dell'articolo 7 e 97 della Lr Lombardia 12/2005, nonché il vizio di contraddittorietà, difetto di motivazione e violazione del principio dell'affidamento e di buona fede nei rapporti intersoggettivi, oltrechè di conservazione delle preesistenze edilizie; che nello specifico occorre osservare che nessun rilievo potrebbe assumere il piano regionale della mobilità, poichè la citata delibera regionale 8/8837 del 30 dicembre 2008 non individua affatto un vincolo espropriativo sull'area in questione, nè impone sulle aree in questione un progetto, efficace in termini di vincolo, per la formazione di green ways; che l'assunto che l'intervento crei una forte cesura sul territorio è smentito dalle risultanze della Vas e dalla considerazione che il progetto consente invece la ricucitura viabilistica del complesso (omissis) Spa con la nuova rete viaria, creando un opportuno nuovo accesso, nonché la ricucitura ambientale tra il vallo autostradale e il boschetto di nuova formazione, inserendosi in un brano periferico non interessato in alcun modo dai progetti di sistemazione ambientale di Pedemontana; che quanto alla pretesa vicinanza con l'abitato di via Cattaneo e di via Pastore il rilievo è inconferente, sia perchè l'abitato in questione dista almeno 300 metri dal sito, sia perchè il precedente impianto in Vimercate si trovava a distanza ancora inferiore dai nuclei abitati, sia perchè l'Arpa e l'Asl con i loro provvedimenti hanno attestato come il nuovo impianto sia ampiamente rispettoso di tutte le normative in tema di emissioni in atmosfera e sia certamente migliorativo dello status quo rispetto al vecchio impianto ivi esistente da 50 anni; che deve evidenziarsi anche il difetto di motivazione con riguardo alla adombrata e ventilata nocività dell'impianto che sarebbe posta nelle vicinanze del centro abitato; che fermo restando che nel caso in questione l'impianto progettato è localizzato ben lontano dal centro abitato, rinviando a quanto esposto in precedenza in merito alla compatibilità con la destinazione dei suoli e le norme di tutela del contesto ambientale e paesaggistico, non si rinvengono motivazioni a confutazione della copiosa documentazione tecnica acquisita nel procedimento ove viene dimostrata l'assoluta carenza di pericoli o rischi per la salute; che il parere negativo è infondato per quanto attiene alla stessa classificazione dell'asfalto fresato come "rifiuto" e non come "sottoprodotto"; che sul punto la Provincia di Monza e Brianza ha ostinatamente voluto rifiutare di aderire alle importanti novità normative dettate dal Dlgs 205/20l0, che pure ha modificato l'articolo 183 ed introdotto i nuovi articolo 184bis e 184ter del Dlgs 152/2006 a far tempo dal 25 dicembre 20l0, quindi prima dell'emissione del parere provinciale del 10 gennaio 2011; che l'unico argomento addotto per sostenere che le nuove definizioni di rifiuto e di sottoprodotto dettate dalla norma in questione non sarebbero applicabili è, quindi, l'asserita necessità di un decreto ministeriale applicativo delle predette norme; che tale tesi suona debole, posto che le norme in questione -anche sotto il profilo descrittivo ed interpretativo -sono autoesecutive ed immediatamente operative; che il predetto decreto ministeriale potrà essere definito esplicativo ed esemplificativo, ma non può certo differire l'entrata in vigore di disposizioni che la legge stessa ritiene invece applicabili sin dal 29 dicembre 20l0; che, sul punto, il nuovo parere provinciale del 10 gennaio 2011 è illegittimo per violazione della sopravvenuta nuova normativa (il che rende superflua la disamina del precedente parere provinciale del 10 giugno 2011, reso nel vigore della precedente normativa); che le condizioni richieste dall'articolo 184 bis per qualificare un materiale come sottoprodotto sono tutte soddisfatte nel caso dell'asfalto fresato;

che non può ritenersi — quindi — attività di gestione rifiuti "la detenzione di materiale. proveniente da rifacimenti/demolizioni di strade se triturato nel luogo di prelievo e poi trasportato ed utilizzato presso i locali del detentore, senza subire alcun trattamento, per la produzione di conglomerato bituminoso: non ricorre, infatti, la nozione di rifiuto se il detentore non ha intenzione di disfarsi del materiale e se quest'ultimo viene riutilizzato senza essere sottoposto ad ulteriori trasformazioni o trattamenti. a nulla rilevando gli interventi subiti precedentemente dal materiale medesimo se non oggetto di specifica contestazione" (Cassazione penale, sez. III, 10 febbraio 2005, n. 9503); che i negativi pareri provinciali, peraltro limitati a questo profilo, sono illegittimi ed infondati, con conseguente illegittimità derivata sul punto dell'anomalo ed irrituale atto di diffida provinciale del 27 dicembre 2011, ulteriormente illegittimo in via propria perchè non contemplato dalla legge e tale da esercitare una impropria forma di pressione sul libero convincimento e sulla libera autodeterminazione comunale, con conseguente illegittimità derivata di tutti gli atti comunali gravati.

Quanto all'istanza risarcitoria, riservando ogni più puntuale argomentazione e produzione documentale in prosieguo, anche in relazione alla migliore quantificazione dei danni subiti, la ricorrente ritiene che sussistano i presupposti per dare seguito alle seguenti istanze risarcitorie: su tutti i costi sostenuti dalla ricorrente (progettazione, studi e consulenze tecniche e legali, nonché per i contratti di compravendita per l'acquisito dei terreni interessati dall'intervento ed i contratti per la costituzione del diritto di servitù a carico dei terreni di (omissis) Spa, oltre agli accordi con il Comune di Usmate per la realizzazione di opere compensative viarie); il danno da ritardo nell'esecuzione delle opere previste in progetto, con aumento dei relativi costi e perdita di possibilità di guadagno a decorrere dal 21 luglio 2011 e sino al rilascio del titolo edilizio conseguente alla sottoscrizione della convenzione.

La quantificazione dei danni subiti, si sostiene, potrà essere meglio definita in corso di causa in via equitativa o anche mediante espletanda consulenza tecnica d'ufficiò, riservando ogni ulteriore produzione documentale ed argomentazione utile al riguardo.

Nella quantificazione del danno, comunque, dovrà considerarsi che per effetto della mancata attivazione dell'impianto la (omissis) Srl è stata costretta a proseguire l'approvvigionamento di asfalto presso altri impianti, nel periodo 2009-2010-2011 con un esborso complessivo di circa 5.300.000 euro; che tale elemento economico costituisce un importante parametro di riferimento per la quantificazione del danno subito.

In via subordinata, qualora dovesse disattendersi quanto sopra e ritenere legittimo l'operato comunale ostativo all'esecuzione dell'impianto, il Comune di Arcore dovrebbe essere condannato a risarcire tutti i danni ed i depauperamenti patrimoniali prodotti in capo alla società ricorrente, in quanto sarebbero comunque state violate le regole di buona fede nelle trattative e nei rapporti intersoggettivi.

Ciò implica che il Comune di Arcore avrebbe dovuto sospenderne l'iter sin dall'inizio e non avrebbe dovuto sollecitare la presentazione della variante aggiornativa del 03 dicembre 2010, nè avrebbe dovuto accompagnare tutto 1'iter istruttorio con continui pareri tecnici ed ambientali a favore dell'ammissibilità del progetto e con formali interventi nei confronti delle altre amministrazioni coinvolte, che in quest'ottica il richiedente è stato indotto al convincimento di un esito favorevole della procedura, ad affrontare ingenti costi per le complesse pratiche progettuali, con evidente responsabilità dell'amministrazione comunale in questo anomalo incedere interruttivo di un iter ormai conclusosi favorevolmente, per cui dovrà senz'altro essere restituito l'importo di euro 150.000 versato a titolo di acconto di oneri urbanizzativi, essendo chiaro che se l'intervento non verrà eseguito e non vi sono trasformazioni territoriali gli oneri non sono dovuti, dovendo il Comune di Arcore restituire gli importi percepiti sine titulo, nonché gli ulteriori costi evidenziati nella allegata documentazione che comprendono anche gli oneri relativi all'acquisto dell'area (298.000 euro) e quelli necessari per l'acquisizione della servitù con (omissis) Spa (85.000 euro), oneri che non sarebbero stati affrontati se si fosse appreso da subito l'inammissibilità del progetto; che con la violazione dei principi di buona fede nella conduzione delle trattative (pretendendo un anticipo oneri, nonché sollecitando l'acquisto dei diritti di proprietà e servitù su terreni altrui) il Comune ha prodotto anche un ulteriore danno ingiusto alla ricorrente, la quale ha perso ulteriori occasioni per ricercare altri siti idonei allo scopo, concentrando risorse umane, progettuali e finanziarle per ben cinque anni su tale progetto perdendo la possibilità di valutare anche altre proposte e/o opportunità per la realizzazione dell'impianto.

Si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso la Provincia di Monza e Brianza e la Regione Lombardia.

Ambedue hanno difeso i provvedimenti di propria competenza chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato, con vittoria di spese.

Il Comune di Arcore non si è costituito in giudizio.

Alla pubblica udienza del 5 aprile 2012, previa audizione delle parti, la causa è stata posta in decisione.

 

Diritto

1. Preliminare appare, nell'ordine logico delle questioni sottoposte al giudizio del Collegio, la delibazione delle delibere con cui l'amministrazione provinciale di Monza e Brianza ha espresso il proprio parere circa la procedura Suap relativa alla richiesta di realizzazione di un impianto di betonaggio ed asfalto presentato dalla ditta ricorrente.

Si tratta, peraltro, riducendo il tutto a sintesi, della sola determinazione dirigenziale n. 2 del 24 gennaio 2011, che a conclusione del relativo procedimento — nel cui contesto si collocano gli altri atti aventi carattere endoprocedimentale impugnati sub lett. e) f) g) — esprime un parere parzialmente negativo in merito all'insediamento di un deposito di asfalto fresato all'interno del nuovo impianto in questione; parere recepito nel provvedimento finale del Suap e, a sua volta, impugnato anch'esso, in parte qua.

1.1. Con il suddetto articolato parere si dispone: a) di approvare, sia le valutazioni di compatibilità al Ptcp, ritenendole corrispondenti agli indirizzi ed agli obiettivi del Ptcp della Provincia di Milano, per la parte relativa al territorio della Provincia di Monza e Brianza, sia, in applicazione dell'articolo 97 della Lr 12/2005, la posizione assunta dal Settore Ambiente e Agricoltura in ordine alla incompatibilità del predetto impianto rispetto ai contenuti e ai vincoli del Ppgr, come riportata nella relazione tecnica istruttoria allegata; b) di esprimere, per quanto sopra, parere conforme a tali articolate valutazioni, in merito all'istanza in oggetto, per quanto di competenza e allo stato degli atti, sulla scorta dell'unita relazione tecnica, anche ai fini ed effetti della partecipazione ai lavori della conferenza dei Servizi già indetta per il giorno 25 gennaio 2010.

1.2. Dal richiamo alla citata relazione si può quindi desumere che il parere è positivo per quanto attiene alla compatibilità del progetto in quanto: 'il progetto, modificato ed integrato come in atti, ha previsto una ricollocazione dell'impianto in posizione esterna al corridoio primario della Rete Ecologica Regionale; è stato inoltre dotato di fasce di mitigazione e compensazione a verde, che collegandosi con quelle già previste dal progetto Autostrada Pedemontana o esistenti all'intorno, garantiscono il mantenimento della struttura a rete del verde ecologico e paesistico. Considerato, pertanto, l'assenza di relazioni dell'area di intervento con il contesto paesistico fluviale oggetto della perimetrazione del Ptcp, tenuto conto che l'intervento risulta da una dislocazione di attività già esistente in area limitrofa e delle diffuse misure di mitigazione e compensazione paesistico ambientale proposte dal progetto si ritiene che l'intervento possa essere considerato, per l'aspetto in questione, compatibile con le previsioni di Ptcp.

1.3. Quanto alle richiamate valutazioni del Settore Ambiente e Agricoltura esse sono formulate nei termini che seguono: 'Dal punto di vista programmatico, sulla base del parere emesso dalla competente Direzione Agricoltura e Ambiente con nota n. 775 del 10 gennaio 2010 si evidenzia una criticità rispetto alle previsioni del Piano provinciale per la gestione dei rifiuti (Ppgr) della Provincia di Milano, che costituisce riferimento per la pianificazione di settore di questa Amministrazione: in particolare la localizzazione dell'intervento in progetto si pone in un contesto che il suddetto piano indica come area non idonea alla localizzazione di impianti di qualsiasi tipologia. Ad integrazione del parere sopradetto la stessa direzione con nota n. 2216 del 18 gennaio 2011 sulla base del principio di precauzione stabilito dall'articolo 3 ter del Dlgs 152/06, in via cautelativa e finché non siano stati emanati i decreti ministeriali attuativi indicati nell'ultimo comma dell'articolo 184 bis e secondo comma dell'articolo 184 ter del citato decreto, così come novellato dal Dlgs 205/2010, ritiene di non potere avallare un'interpretazione che consenta, in via generale, di sottrarre alla disciplina dei rifiuti il fresato d'asfalto prodotto dallo smantellamento di strade ed asportato in un impianto di stoccaggio e trattamento e che pertanto il proposto insediamento, ove intenda lavorare detto materiale annoverabile tra i rifiuti, non risulta compatibile con le previsioni del Ppgr.

Per tale parte quindi, relativa alla sola lavorazione del fresato d'asfalto, il parere dell'amministrazione provinciale è stato espresso in termini negativi.

Da tale parere negativo è poi scaturita la diffida al Comune di Arcore a non approvare alcun progetto che preveda il trattamento di quel rifiuto.

1.4. Ebbene in ordine a tale parere, la stessa ricorrente, prima ancora di affrontare, con il motivo specifico, il profilo assai controverso della classificazione del fresato d'asfalto come rifiuto anziché come sottoprodotto, propone al Collegio, in funzione del comunque auspicato accoglimento del ricorso, una duplice alternativa ermeneutica:

a) laddove si consideri il fresato d'asfalto un rifiuto, la società ricorrente, come dichiarato dal suo rappresentante legale, non lo utilizzerà in quell'impianto: in questo modo verrebbe confermata la piena compatibilità dell'impianto con il Ppgr, salva sempre la possibilità di utilizzare sottoprodotti; b) laddove, invece si consideri il fresato d'asfalto come sottoprodotto l'impianto potrà utilizzarlo e lo utilizzerà senza alcun problema e limitazione.

2. Tanto premesso, il Collegio non ignora, né lo ignorano le parti, che richiamano, ciascuna a proprio favore, la contrastata giurisprudenza sin qui intervenuta in subiecta materia, che in Italia la questione della classificazione del fresato d'asfalto come 'rifiuto' o 'sottoprodotto' costituisce tuttora, una problematica irrisolta e che sul piano pratico il persistente conflitto giurisprudenziale ha concorso, generando incertezza, a produrre una serie di conseguenze negative assai rilevanti sull'impiego e sul trattamento di quel materiale, peraltro assai ricercato e quindi intrinsecamente dotato di un apprezzabile valore economico.

Appare quindi utile esaminare nel dettaglio quali sono i due punti di vista diversi che sottostanno alle opposte soluzioni ermeneutiche.

2.1. Generalmente, le Pubbliche amministrazioni considerano il fresato d'asfalto un rifiuto perché:

a) è sostanza di cui il detentore 'si disfa' o ha l'intenzione o l'obbligo di disfarsi (articolo 183 Dlgs 152/06);

b) la sostanza è prevista e disciplinata come rifiuto dal Dm 5 febbraio 98 sotto la voce 7.6 e 7.1 (modificata dal Dm 5.4.06);

c) alcuni contratti d'appalto stabiliscono che quel materiale deve essere smaltito in discarica, salvo recupero come rifiuto;

d) è contemplato dal Codice Europeo Rifiuti (Cer -17 marzo 02).

Come rifiuto, inoltre, esso è classificato come speciale non pericoloso (Cer 170302) perché: non è un 'rifiuto urbano' ma un 'materiale da demolizione' incluso nell'elenco (Dlgs 152/06 articolo 184) e non contraddistinto con l'asterisco (*) riservato ai materiali pericolosi.

2.2. La gestione del fresato in quanto rifiuto, peraltro, è notoriamente assai complicata e necessita di una serie di adempimenti burocratici che vanno: dalla fase della demolizione e produzione, in cui il produttore del rifiuto (l'impresa stradale) deve tenere il registro di carico e scarico ed effettuare la dichiarazione Mud; del trasporto, in cui il conglomerato bituminoso di recupero deve viaggiare accompagnato dal formulario di identificazione del rifiuto (Fir) e l'impresa che lo trasporta deve essere iscritta all'Albo Gestori Ambientali per il trasporto dei rifiuti (in conto proprio o in conto terzi, a seconda dei casi); al recupero e trattamento, dove l'impianto di trattamento del fresato è un tradizionale impianto di produzione del conglomerato bituminoso, che quando riceve un 'rifiuto' deve essere autorizzato secondo le regole proprie di quel genere di impianti, tale per cui le attività presso l'impianto stesso sono subordinate al rilascio delle autorizzazioni 'messa in riserva' R13 e/o'recupero' R5, il cui iter è complesso e prevede: procedura Via (Valutazione Impatto Ambientale) o, in casi specifici, la Vas (Valutazione Ambientale Strategica).

A ciò va aggiunta una serie di richieste più restrittive rispetto a quelle di base (riduzione emissioni in atmosfera, post combustori, impianti con sistemi di aspirazione scarico prodotto finito fidejussioni a garanzia; limitazioni dei quantitativi di produzione giornaliera; speciali caratteristiche costruttive delle aree di stoccaggio e copertura, sistemi di raccolta delle acque con scolmatore e trattamento di prima pioggia).

2.3. La gestione come sottoprodotto è invece molto più semplice e le motivazioni per cui il fresato dovrebbe essere considerato un 'sottoprodotto' sono: a) che esso è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza (Dlgs 152 comma 1 articolo 184 bis) ma il suo impiego: lo scopo per cui si fresa l'asfalto è, infatti, il rifacimento del manto stradale e non la produzione del fresato in quanto tale;

b) che l'utilizzo è certo (ha i requisiti tecnici per l'uso cui è destinato), legale (non reca pregiudizi alla salute umana e all'ambiente), non necessita di ulteriori preventivi trattamenti rispetto alla normale pratica industriale (lo si lavora in un normale impianto d'asfalto senza alcuna particolare modifica (cfr. Dlgs 152 comma 1 articolo 184 bis); c) ha un valore economico di mercato notevole, che deriva proprio dall'interesse al reimpiego dello stesso materiale piuttosto che al suo smaltimento come rifiuto.

3. Ebbene, alla luce di detta analisi il Collegio ritiene che fermo restando che la qualifica del fresato d'asfalto rimane quella di 'rifiuto' — e pertanto che ai fini dello smaltimento esso è soggetto a tutte le norme che valgono per la categoria dei rifiuti (nella specie non pericolosi) — che lo stesso materiale possa essere nondimeno qualificato sottoprodotto anziché rifiuto se lo stesso è inserito in un ciclo produttivo, ossia se viene utilizzato senza nessun trattamento diverso dalla normale pratica industriale (di fatto vengono effettuate solo operazioni di cernita e di selezione, che non possono essere, tuttavia, considerate operazioni di trasformazione preliminare cfr. Cass. Pen. n. 41839 del 7/1172008) in un impianto che ne preveda l'impiego nello stesso ciclo di produzione, e precisamente per il reimpiego del materiale come componente del prodotto finale trattato nell'ambito dello stesso impianto.

3.1. L'impianto che utilizza il fresato come 'sottoprodotto' non deve quindi, perché il materiale conservi la natura di sottoprodotto, stoccare quantitativi d'esso che eccedono rispetto al fabbisogno del proprio ciclo produttivo, perché la giacenza del materiale in attesa di un futuro reimpiego (nella stessa sede o altrove) integra la fase dello stoccaggio e pone il problema della permanenza del rifiuto, che invece va esclusa per quella limitata provvista di materiale che rientra quantitativamente nel normale processo di lavorazione dell'impianto (cfr. Cass. n. 35235 del 12 settembre 2008).

3.2..Così posta la questione, e alla stregua del criterio di distinzione individuato da parte della giurisprudenza, ritiene il Collegio che poiché, secondo le dichiarazioni del legale rappresentante della società ricorrente, ribadite nella conferenza di servizio, l'impianto di betonaggio e asfalto della ditta (omissis), oggetto di autorizzazione, prevede l'impiego di fresato d'asfalto come sottoprodotto, ossia in quantità tale da poter essere trattato e smaltito all'interno del ciclo produttivo per soddisfare l'operatività giornaliera e continua dell'impianto e non in funzione di centro di stoccaggio a tempo indefinito di tale materiale (ciò che renderebbe l'impianto, a tutti gli effetti, una discarica, e comunque lo renderebbe strumentale a quest'ultima) il progetto in questione avrebbe dovuto essere approvato senza alcuna condizione, salvo quella relativa al rapporto tra stoccaggio e quantità trattata e reimpiegata nel ciclo produttivo.

3.3. Né appare necessario al Collegio, come ritiene l'amministrazione provinciale, che ai fini della qualifica del fresato come sottoprodotto, il riutilizzo debba avvenire, per volontà della norma , nello stesso sito di produzione del rifiuto e sotto la direzione del medesimo imprenditore, posto che il fatto che il materiale fresato rimanga nel luogo di produzione, nelle vicinanze od in altro luogo non costituisce di per sé elemento univoco per qualificarlo come rifiuto dovendo ciò desumersi, invece, dalle modalità del deposito, dalla sua durata o da altre circostanze che evidenzino con certezza una situazione di abbandono (nella quale rientra lo stoccaggio del materiale in attesa di un futuro reimpiego); il che non si verifica nel caso in esame, dove il deposito di asfalto fresato verrà consumato (reimpiegato) quotidianamente per la produzione di nuovo asfalto (cfr. Cass. n. 35235 del 12 settembre 2008).

E tutto ciò non senza chiarire peraltro, con riguardo all'articolo 184 bis Dlgs 152/2006, che non si tratta di una certezza genericamente riferita 'al normale reimpiego' del fresato d'asfalto, quanto di un dato che va dichiarato e indicato nell'autorizzazione e, in quanto tale, imposto come condizione di corretta gestione dell'impianto.

Il parere impugnato è stato quindi, a giudizio del Collegio, erroneamente applicato alla richiesta della ditta ricorrente, nella parte in cui lo stesso assume un contrasto insuperabile tra le previsioni del Ppgr della Provincia di Monza e Brianza e il progetto del nuovo impianto della ditta (omissis) Srl, per la parte relativa all'impiego del fresato d'asfalto, prescrivendone l'approvazione, in parte qua, condizionata.

4. Il ricorso è quindi, nei detti limiti fondato e va accolto, con conseguente annullamento degli atti che si sono espressi, contro tale progetto condizionandone la successiva fase di approvazione.

4.1. Va conseguentemente annullato, ancorché non abbia in concreto esplicato una reale efficacia, in quanto assorbito dal diniego di approvazione della variante, anche l'atto stragiudiziale di diffida e messa in mora del 27 gennaio 2011 notificato dalla Provincia di Monza e Brianza al Comune di Arcore e contenente l'invito a non approvare, in parte qua, il progetto del nuovo impianto.

5. Passando all'ulteriore disamina del ricorso occorre preliminarmente evidenziare che parte degli atti impugnati non è suscettibili di gravame, vuoi perché trattasi di atti endoprocedimentali vuoi perché atti privi di contenuto provvedimentale vuoi infine perché si tratta di provvedimenti già superati e sostituiti, quando il ricorso è stato notificato, da nuovi provvedimenti ( tali sono gli atti sub b, c, d, e f).

Il provvedimento effettivamente lesivo e sul quale si concentrano tutte le censure della società ricorrente è, infatti, la delibera sub a) (delibera del C. C. n. 35 del 21 luglio 2011) con la quale il Consiglio Comunale di Arcore ha respinto la variante al Prg relativa all'insediamento produttivo della società (omissis)

È con tale delibera, infatti, che il Comune di Arcore, revocando l'affidamento indotto nella ditta (omissis) sulla positiva conclusione del procedimento Suap, (di fatto chiuso con il parere della conferenza di servizio del 25 gennaio 2011) e causandole, secondo parte ricorrente, un consistente quanto ingiusto pregiudizio economico, ha deciso, con motivazione essenzialmente ricavata per relationem alle controdeduzioni allegate alla stessa delibera, di respingere, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5 del Dpr 447/1998 e dell'articolo 97 della Lr 12/2005, la variante urbanistica relativa al progetto presentata dalla società (omissis), determinando con tale reiezione la sostanziale conclusione negativa della procedura Suap avviata per la realizzazione del nuovo insediamento produttivo e, come sopra chiarito, già conclusa con l'esito della Conferenza di Servizio del 25 gennaio 2011 .

5.1. I motivi di ricorso, dei quali è stato dato conto nella premessa in fatto, possono in estrema sintesi, essere così riassunti: a) l'incompetenza del Comune di Arcore ad assumere determinazioni negative motivate per ragioni di ordine ambientale e paesaggistico, in relazione al corretto riparto di competenze e funzioni tra i diversi livelli amministrativi e quindi in funzione della competenza dell'amministrazione provinciale ad esprimersi su tali aspetti; b) il fatto che avendo il Comune, all'esito della conferenza di servizio conclusasi con una proposta di variante, valutato positivamente anche l'impatto ambientale e paesaggistico del progetto presentato e avendo recepito anche il motivato parere favorevole della Provincia di Monza e Brianza in merito agli stessi profili di coerenza con la pianificazione paesistica sovracomunale, lo stesso non avrebbe potuto opporre contraddittoriamente il preteso contrasto del progetto con tali interessi, su cui il rigetto della variante essenzialmente poggia; c) che la delibera comunale è viziata per difetto di motivazione e per manifesta ingiustizia, oltre che per violazione del Piano Regolatore Comunale vigente, poichè nega l'assenso all'intervento in ragione di una contrarietà di carattere urbanistico che non sussiste, sia in assoluto, sia in relazione ad un progetto attuabile senza necessità di introdurre alcuna variante urbanistica rispetto al Prg vigente, atteso che l'area in questione non è interessata da alcun vincolo paesistico specifico, non è classificata come area agricola di pregio strategico, non presenta alcuna coltivazione agricola in atto ed è, in definitiva, una normale area di risulta, marginale ed incolta, classificata con generica destinazione agricola e come tale, di per sé, non impeditiva dell'insediamento dell'impianto per cui è causa; d) il fatto che, normalmente, gli impianti di produzione di asfalto e betonaggio, in quanto impianti insalubri di prima classe, debbano essere realizzati al di fuori dell'aggregato abitato, secondo quanto dispone l'articolo 265 del Rd 1265/1934, proprio come è stato previsto nel caso in esame, dove dal sito di ubicazione del Comune di Vimercate (non a caso classificato zona agricola in quel Prg), l'impianto è stato localizzato, per trasferimento obbligato, in altro ambito limitrofo sempre in zona agricola; e) che nel caso in esame tale corretta allocazione si impone a maggior ragione perchè lo stesso Comune di Arcore ha affermato a più riprese nel procedimento che non esistono nel territorio comunale altre aree idonee per recepire un simile impianto, ed analoga affermazione è stata fornita da tutti i comuni contermini, appositamente interpellati dalla Provincia di Monza e Brianza; f) il fatto che se la pianificazione urbanistica dei comuni coinvolti nel procedimento non prevede esplicite destinazioni per simili impianti, non deve certo dedursi che tale impianto non sia insediabile o ricollocabile ma, più semplicemente, che la destinazione agricola generica non è ostativa ad un tale insediamento, non essendo ipotizzabile, a pena di incostituzionalità (ex articolo 41 e 42) il divieto assoluto di esercizio di attività d'impresa in un territorio di oltre 50 km, idoneo a frustrare diritti imprenditoriali di una attività già esistente in loco da 50 anni e di cui è stata richiesta la ricollocazione in altra zona per causa di forza maggiore; g) il fatto che le motivazioni addotte per il diniego di variante urbanistica riguardino il solo aspetto del preteso contrasto urbanistico e non il progetto in se, che implica contraddittorietà, difetto di motivazione e violazione del principio dell'affidamento e di buona fede nei rapporti intersoggettivi, h) il fatto che, nonostante il richiamo allo stesso, nessun rilievo può assumere il piano regionale della mobilità, poichè la citata delibera regionale 8/8837 del 30 dicembre 2008 non individua affatto un vincolo espropriativo sull'area in questione, nè impone sulle aree in questione un progetto, efficace in termini di vincolo, per la formazione della Green ways; i) che l'assunto per cui l'intervento creerebbe una forte cesura sul territorio è smentito dalle risultanze della Vas e dalla considerazione che il progetto consente invece la ricucitura viabilistica del complesso (omissis) Spa con la nuova rete viaria, creando un opportuno nuovo accesso, nonché la ricucitura ambientale tra il vallo autostradale e il boschetto di nuova formazione non interessato in alcun modo dai progetti di sistemazione ambientale di Pedemontana; l) che la pretesa vicinanza con l'abitato di via Cattaneo e di via Pastore costituisce motivo inconferente, sia perchè l'abitato in questione dista almeno 300 metri dal sito, sia perchè il precedente impianto in Vimercate si trovava a distanza ancora inferiore dai nuclei abitati, sia perchè l'Arpa e l'Asl con i loro provvedimenti hanno attestato come il nuovo impianto sia ampiamente rispettoso di tutte le normative in tema di emissioni in atmosfera e sia certamente migliorativo dello status quo rispetto al vecchio impianto ivi esistente da 50 anni; m) che sussiste un chiaro difetto di motivazione con riguardo alla adombrata e ventilata nocività dell'impianto che sarebbe posta nelle vicinanze del centro abitato giacchè, fermo restando che nel caso in questione l'impianto progettato è localizzato ben lontano dal centro abitato, come emerge indirettamente anche dalla ritenuta compatibilità con la destinazione dei suoli e le norme di tutela del contesto ambientale e paesaggistico; n) che la maggiore o minore vicinanza rispetto al centro abitato assume comunque un rilievo marginale e che non possono essere apprezzati (perchè mancanti) i rilevi critici mossi alla "concreta" nocività dell'impianto, che non può essere desunta a priori per espressa disposizione legislativa.

6. Tanto premesso e così riassunte le censure di merito il Collegio ritiene che alcuni dei motivi di illegittimità dedotti dalla parte ricorrente, tra quelli passati in rassegna, siano fondati e meritevoli di accoglimento.

Il primo d'essi attiene nel complesso ai vizi di motivazione del rifiuto di approvazione della variante di Prg sotto i molteplici e assorbenti profili dedotti e soprariportati sub a) b) c) e) f) i) l) m) e n).

6.1. Infatti, premesso che il Comune di Arcore non si è costituito in giudizio e che i fatti di causa oltre a non essere contestati dall'amministrazione rimasta contumace, per la parte che la riguarda, trovano corretto riscontro nella (assai cospicua) documentazione depositata dalla ditta (omissis), il Collegio rileva che la motivazione del rigetto della variante, sulla cui necessità non è dato discutere, derivando la proposta stessa dalla conferenza di servizio, è sostanzialmente incentrata sulla ritenuta incompatibilità del progetto (recte dell'allocazione dell'impianto nell'area prescelta) per ragioni di carattere paesistico-ambientale e solo in minor misura per ragioni urbanistico edilizie, di programmazione e uso del territorio agricolo, nonché di igiene e sicurezza degli abitanti delle aree limitrofe.

6.2. Ebbene, per quanto concerne la motivazione di carattere paesistico ambientale (concetto nel quale si riassume ogni considerazione non strettamente di natura urbanistico edilizia o comunque non pertinente a quei caratteri) il Collegio ritiene che tali valutazioni pretendono, in buona sostanza, pur avendo l'amministrazione comunale riconosciuto che, dopo le modifiche apportate al progetto, le aree di Rer non sono più coinvolte e che pertanto tale criticità non sussiste, di superare le valutazioni di compatibilità del progetto (e quindi della sua collocazione in quella specifica area) che l'amministrazione provinciale ha formulato nel parere, in parte qua favorevole, reso in sede di Suap, contrapponendo ad esse una determinazione, chiaramente influenzata dall'opposizione (legittima) dei cittadini contrari all'allocazione del nuovo impianto, che fa leva sulla visione assai restrittiva circa l'uso del territorio agricolo e sulle conseguenti implicazioni a localizzare in tale zona attività produttive.

6.3. Determinazione che richiama in gran parte i principi sull'uso dei suoli enunciati e ripresi dalla delibera di Consiglio Comunale n. 22 del 7 aprile 2010 (all'interno del processo redazionale del nuovo Pgt) e che si incentra nella volontà di mantenere integre le aree del corridoio verde (la cd Green way) previsto dalla Rer Provinciale e Dorsale Verde Nord, nonché la continuità tra il Plis dei Colli Briantei e della Cavallera, e delle altre aree ad esse contigue e afferenti.

6.4. Senonchè, a parte il fatto che è pacifico in atti che l'area di collocazione del nuovo impianto non ricade nella cd Green way, e che nel complesso si tratta di motivi riferibili alla compatibilità paesistico ambientale tra l'insediamento produttivo e l'area in questione, è condivisibile l'assunto, tradotto nello specifico motivo di ricorso, che se l'amministrazione comunale di Arcore avesse inteso opporsi alla localizzazione dell'impianto della ditta (omissis) nel solo sito ritenuto compatibile tra quelli proposti ed esaminati nel corso del procedimento preliminare al Suap, avrebbe dovuto opporre tale preclusione al momento in cui il progetto è stato presentato e valutato anche ai fini della Vas (dove il riscontro è stato invece positivo) e non in sede di approvazione della variante, quando ormai i profili di compatibilità paesistico ambientale e di individuazione della compatibilità anche urbanistico edilizia dell'area di ubicazione del progetto erano stati già esaminati e positivamente riscontrati nella sede propria e in contraddittorio con tutti i soggetti coinvolti.

In questo senso, per una situazione analoga, sembra perfettamente calzante quanto deciso dal Consiglio di Stato (cfr. C.d.S. Sez. III 28 aprile 2009) in merito alla rilevanza delle determinazioni assunte in sede di Vas ai fini della localizzazione di un'area produttiva, in particolare per quanto attiene alla motivazione sull'idoneità dell'area e al rafforzamento della eventuale motivazione contraria in sede di adozione di provvedimenti che tale valutazione positiva abbiano espresso, in forma vincolante per tutti i soggetti che hanno concorso alla scelta del sito.

6.5. Ancora più pertinenti, e quindi meritevoli di essere integralmente riportate, appaiono le affermazioni di principio di un precedente analogo di questa Sezione (cfr. sez. II n. 1120 del 3 maggio 2011) in tema di procedura Suap, laddove, esaminando un caso simile di diniego di approvazione di proposta Suap già favorevolmente istruita e assentita in tutte le fasi del relativo procedimento, il Collegio ha rilevato: che l'esito positivo della conferenza di servizio indetta ex Dpr 447/1998 produce l'effetto di esigere dall'amministrazione che intenda respingere la conseguente variante di Pgt una motivazione puntuale, non contraddittoria e non esorbitante dagli stretti limiti funzionali di tale provvedimento: in tal caso infatti un eventuale scostamento dai pareri confluiti nel modulo della conferenza di servizio richiede una motivazione tanto più stringente, in presenza di provvedimenti negativi per le aspettative degli interessati, quanto più avanzato è lo stato del procedimento e quanto più definito e quindi irretrattabile è il carattere delle decisioni assunte (e delle sottostanti valutazioni) dall'amministrazione sugli atti presupposti.

6.6. Il che, espresso con concetti applicabili al caso in esame, significa che la scelta dell'area di ubicazione dell'impianto, confermata con l'approvazione del relativo progetto non può più essere ritrattata in sede di approvazione della variante di Prg sulla base di una diversa valutazione degli stessi presupposti che, coevamente, anche se con atti diversi sono stati posti a base dell'approvazione del progetto e, prima ancora, che sono stati ribaditi in tutta la lunga e complessa fase di procedura Suap, (procedimento di Vas e conferenza di servizio compresi).

7. Analoghe considerazioni valgono per tutta la parte della motivazione con cui l'amministrazione comunale ha rifiutato l'approvazione della variante adducendone l'incompatibilità con la destinazione agricola dell'area, poiché, anche a prescindere da quanto appena rilevato in funzione del principio di affidamento, dai documenti di causa emerge che rispetto al momento in cui il progetto fu presentato e la relativa allocazione ritenuta ammissibile (e persino caldeggiata) dall'amministrazione comunale di Arcore, che per la realizzazione del progetto della ditta (omissis) ha richiesto e percepito un anticipo di 150 mila euro a titolo di oneri di urbanizzazione, (cfr. doc. n. 38 e 39 dep. il 19 settembre 2011 in allegato al ricorso principale) non ci sono stati mutamenti di programmazione urbanistica, intesi come nuove previsioni di Pgt, che potessero giustificare un ripensamento, così motivato, sulla scelta di allocazione del progetto, né elementi di fatto sopravvenuti e riferibili specificamente all'area in questione — al di là dei nuovi criteri generali di programmazione dell'uso delle aree agricole che l'amministrazione invoca e che non sono applicabili a quell'area già individuata come unica opzione possibile in ambito provinciale, tali da poter giustificare un'incompatibilità sopravvenuta del sito — che non sia né arbitraria né contraddittoria rispetto a quanto già deciso dalla stessa amministrazione con altri distinti atti dello stesso procedimento..

7.1. Non resta quindi, come sostiene parte ricorrente, che ricondurre, quantomeno per questi specifici profili, la scelta dell'amministrazione alla cd volontà politica, peraltro non dissimulata nella stessa delibera impugnata, di segno diverso rispetto alla volontà manifestata nel corso del procedimento Suap; volontà imputabile, in termini di ripensamento alla stessa amministrazione in scadenza, prima, e all'amministrazione subentrante, poi.

7.2. Senonchè, scelte diverse e di segno antitetico sono possibili e del tutto legittime, quando l'amministrazione debba ancora assumere le proprie decisioni, nell'esercizio delle funzioni discrezionali che le appartengono, ma che non sono tali, o quantomeno implicano conseguenze giuridiche che non possono essere trascurate, quando, e nella misura in cui, l'esercizio del potere discrezionale non trovi in concreto una legittima e coerente forma di esplicazione in sostanziale autotutela, con tutte le conseguenze che tale modus decidendi può comportare e che rilevano sia sul piano caducatorio (dei nuovi provvedimenti illegittimi) che sul piano risarcitorio.

8. Quanto alle considerazioni motivatorie che, sempre attraverso il richiamo alla relazione alle controdeduzioni allegate alla delibera impugnata, fanno leva, anche se assai marginalmente, sulle ulteriori implicazioni di carattere urbanistico edilizie della variante e in particolare sulla vicinanza del sito alla più contigua zona residenziale, posta a circa 250 metri dal nuovo impianto, il Collegio osserva che, anche in questo caso, si tratta di un presupposto di fatto noto all'amministrazione sin dalla presentazione del progetto, poi parzialmente traslato, che non è stato mai addotto come motivo di incongruenza della scelta dell'area e, comunque, che tale elemento di fatto avrebbe potuto rilevare, come elemento vincolante della scelta di rifiutare l'approvazione della variante, laddove l'allocazione dell'impianto (e per traslato la scelta della sua ubicazione) contrastasse con una norma di carattere tassativo sulle distanze, circostanza che avrebbe integrato un motivo non discrezionale ma vincolato di contrasto della variante con norme imperative.

8.1. Ciò che, al contrario, l'amministrazione comunale non solo non ha espressamente addotto ma che ha escluso dichiarando, per relationem al documento allegato, che 'pur non rilevando elementi di illegittimità in merito alla localizzazione dell'impianto, le valutazioni inerenti la compatibilità localizzativi delle varianti ricadono nell'ambito della discrezionalità decisionale propria del C.C. in materia di gestione e pianificazione del territorio'.

È quindi evidente che tale profilo di motivazione, così come quello appena accennato e relativo alla sicurezza degli abitanti rispetto alle possibili emissioni nocive generate dall'impianto, non poteva costituire, ove mai fosse stato chiaramente enunciato, legittimo motivo di reiezione della variante.

8.2. E ciò a fortiori, tenuto conto del fatto che il progetto della ditta (omissis) , all'atto del rigetto della variante era stato già approvato in esito alla procedura Suap, sia pure parzialmente, e quindi che sarebbe stato eventualmente in quella sede che l'amministrazione comunale avrebbe dovuto evidenziare ogni problematica o cd criticità afferente l'impianto stesso a tutela della sicurezza dei cittadini potenzialmente esposti al rischio di emissioni nocive, tenuto conto del fatto che, proprio per consentire l'intervento di tutte le amministrazioni titolari di interessi pubblici coinvolti dal provvedimento finale i progetti di insediamenti produttivi sono sottoposti alla procedura di Suap, a Vas e alla Conferenza di servizio, alla quale non solo ha partecipato anche l'amministrazione comunale di Arcore, cui la procedura Suap è primariamente riferibile ma che, in tale veste, l'ha gestita attraverso le proprie strutture.

8.3. Ne consegue che assorbita ogni altra censura non espressamente esaminata, il provvedimento di reiezione della variante urbanistica relativa alla realizzazione del nuovo insediamento produttivo della società (omissis) Srl è illegittimo sotto tutti i profili passati in rassegna e che esso va annullato con conseguente obbligo dell'amministrazione di riassumerlo e di rideterminarsi tenendo conto delle ragioni della presente decisione e dei motivi di ricorso espressamente accolti.

9. A queste condizioni, la domanda di risarcimento del danno, proposta dalla parte ricorrente a titolo subordinato, deve essere dichiarata, allo stato, improcedibile, restando all'evidenza subordinata alla decisione che l'amministrazione comunale di Arcore dovrà assumere ex novo sulla variante per cui è causa, tenendo conto delle conseguenze risarcitorie che potrebbero scaturire, anche in punto di ritardo, dalle suddette determinazioni .

10. Le spese di causa seguono, come d'ordine, la soccombenza e sono poste a carico delle parti intimate nella misura di cui al dispositivo; misura che tiene conto, con la riduzione di un terzo, anche degli atti endoprocedimentali o a contenuto non provvedimentale ultroneamente impugnati.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati, come specificati in motivazione.

Dichiara improcedibile la domanda risarcitoria.

Condanna il Comune di Arcore e la Provincia di Monza e Brianza al pagamento, in favore della parte ricorrente delle spese e delle competenze di causa, che liquida, previa riduzione di un terzo, in € 6000,00 (seimila euro/00) oltre ad iva e cpa, ponendole a carico per ¾ (euro 4.500,00) del Comune di Arcore e per ¼ (euro 1500,00) della Provincia di Monza e Brianza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nelle camere di consiglio del giorno 5 aprile 2012 e 10 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

 

(omissis)

Depositata in Segreteria il 10 agosto 2012

Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598