Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 13 luglio 2012, n. 6407

Reti elettriche - Generazione distribuita - Dm 10 dicembre 2010 - Disciplina -Introduzione dei Sistemi di auto approvvigionamento energetico (Saae) -Ampliamento della nozione di "non reti" in violazione della norma di legge primaria (legge 99/2009) - Annullamento articoli 2, comma 1, lettera f), e 6, Dm 10 dicembre 2010

Tar Lazio

Sentenza 13 luglio 2012, n. 6407

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio

(Sezione Terza-Ter)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 2067 del 2011, proposto da

Enel distribuzione Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis)

 

contro

il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (omissis)

 

per l'annullamento

del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 dicembre 2010, pubblicato nella Gu n. 305 del 31 dicembre 2010, recante attuazione dell'articolo 30, comma 27, legge 23 luglio 2009, n. 99, in materia di rapporti intercorrenti fra i gestori di reti elettriche, le società di distribuzione in concessione, i proprietari di reti private e i clienti finali collegati a tali reti; di ogni altro atto presupposto, successivo o comunque connesso

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimata amministrazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 24 maggio 2012 il consigliere (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato quanto segue in

 

Fatto e diritto

1. Con ricorso notificato il 1° marzo 2011, depositato il successivo 8 marzo, la società Enel distribuzione ha chiesto l'annullamento del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 dicembre 2010 (di seguito, anche Dm), emanato in attuazione dell'articolo 30, comma 27, legge 23 luglio 2009, n. 99.

La ricorrente, illustrata la disciplina in materia di distribuzione dell'energia elettrica dettata dal Dlgs 16 marzo 1999, n. 79 (di seguito, anche Dlgs), e soffermatasi sulle disposizioni concernenti il regime concessorio istituito in favore delle imprese distributrici operanti alla data del 1° aprile 1999, destinatarie (entro il 31 marzo 2001) di provvedimenti di concessione con durata trentennale (fino al 31 marzo 2030) ed estensione limitata all'ambito comunale (articolo 9, commi 1 e 3, Dlgs), nonché sulla salvaguardia della posizione degli eventuali proprietari di reti di distribuzione non assegnatari di concessione (nei confronti dei quali i nuovi concessionari avrebbero dovuto corrispondere un canone annuo determinato secondo parametri stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas; articolo 9, comma 6, Dlgs), ha individuato le seguenti eccezioni al regime concessorio: i) le c.d. "piccole reti isolate" (articolo 2, comma 17, Dlgs), ossia quelle con consumo inferiore a 2.500 GWh nel 1996, ove meno del 5% è ottenuto dall'interconnessione con altre reti (tali "piccole reti" avrebbero obbligo di connessione di terzi); ii) le "limitate porzioni" della rete di trasmissione nazionale, non direttamente funzionali alla stessa, con tensioni comprese fra 120 e 220 kV, suscettibili di affidamento a terzi (da parte del gestore della rete) previa autorizzazione ministeriale (articolo 3, comma 7, Dlgs) sulla base di specifiche convenzioni (Dm Industria 25 giugno 1999; tale Dm contempla la possibilità di sospensione dell'affidamento per esigenze della rete nazionale); iii) le reti di proprietà della Ferrovie dello Stato Spa, peraltro considerate alla stregua di reti interne di utenza con obbligo di connessione di terzi.

Non rientrerebbero invece tra le eccezioni: i c.d. autoproduttori (articolo 2, comma 2, Dlgs), ossia i soggetti che producono e utilizzano energia elettrica, in misura non inferiore al 70% annuo, per uso proprio o del gruppo societario di appartenenza o dei "soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell'energia elettrica di cui all'articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643" (cooperative escluse dalla nazionalizzazione ai tempi dell'istituzione dell'Enel) o, ancora, dei soci di consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia da fonti rinnovabili "per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto" (tali soggetti non avrebbero bisogno di concessione in ragione delle peculiari finalità di utilizzo dell'energia autoprodotta e del limite temporale previsto); né le cooperative ex articolo 4 legge n. 1643/1962 per la quota di distribuzione diversa dai propri soci (pertanto necessitanti di concessione).

A completamento del quadro normativo, Enel Distribuzione ha richiamato ancora:

— l'articolo 1, lettera c), legge n. 239/2004, sulla conferma del regime concessorio per le attività di distribuzione;

— l'articolo 2, comma 1, lettera t), Dlgs 30 maggio 2008, n. 115, recante definizione del "sistema efficiente di utenza" (c.d. Seu);

— l'articolo 33, comma 1, legge 23 luglio 2009, n. 99, che ha a sua volta definito le "reti interne di utenza" (di seguito, Riu) come quelle: i) esistenti (alla data di entrata in vigore della legge ovvero in corso di realizzazione); ii) che connettono "unità di consumo industriali" ovvero queste con unità di produzione di energia funzionalmente essenziali al processo produttivo industriale (purché insistenti in territori adiacenti); iii) non sottoposte all'obbligo di connessione di terzi (fermo il diritto dei soggetti inclusi nella rete di connettersi con reti con obbligo di connessione di terzi); iv) collegate, tramite uno o più punti di connessione, a una rete con obbligo di connessione di terzi (a tensione nominale non inferiore a 120kV); v) aventi un "soggetto responsabile" quale gestore unico della rete;

— l'articolo 33, commi 5 e 6, legge n. 99/2009 cit., con cui sono state fissate le regole per la determinazione dei corrispettivi tariffari, da stabilire con riferimento esclusivo al consumo di energia dei clienti finali o a parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali, prevedendo in particolare il comma 6, in favore delle Riu, l'applicazione di tali corrispettivi esclusivamente all'energia "prelevata nei punti di connessione".

La ricorrente, analizzati infine il disposto e gli obiettivi dell'articolo 30, comma 27, legge n. 99/2009, fonte del Dm impugnato, e prospettata a fattor comune l'esorbitanza della nuova disciplina rispetto alle indicazioni della norma primaria, ha formulato tre motivi di doglianza concernenti: le norme definitorie, recanti introduzione di un assetto (asseritamente) contrastante con le sue prerogative di concessionaria del servizio di distribuzione (specialmente sotto il profilo della mancata esplicitazione del divieto di connessione di terzi per i soggetti non concessionari); l'introduzione della nuova figura dei sistemi di auto-approvvigionamento energetico (di seguito, Saae); l'intero impianto del decreto.

Si è costituito in resistenza il Ministero dello sviluppo economico, che ha eccepito l'inammissibilità dell'impugnazione e ne ha comunque dedotto l'infondatezza nel merito.

All'odierna udienza, depositate memorie anche di replica, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

2.1. Va preliminarmente dato conto dell'eccezione di inammissibilità spiegata dall'amministrazione sotto il duplice profilo dell'entrata in vigore, successivamente alla proposizione del ricorso, dell'articolo 38, comma 5, Dlgs 1° giugno 2011, n. 93, e della carenza di interesse a ricorrere, stante la possibilità del concessionario di ottenere dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (di seguito, anche Aeeg) la riconduzione della tariffa di redistribuzione a livelli tali da consentire lo svolgimento del servizio in condizioni di economicità e redditività, anche con riferimento ai mutamenti del quadro normativo, ai sensi dell'articolo 2, comma 19, legge n. 481 del 1995.

A dire della parte pubblica l'articolo 38, comma 5, cit. — a mente del quale, ferma la disciplina dei Seu, "i sistemi di distribuzione chiusi sono le reti interne d'utenza così come definite dall'articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99 nonché le altre reti elettriche private definite ai sensi dell'articolo 30, comma 27 "cit., "cui si applica l'articolo 33, comma 5, della legge 23 luglio 2009, n. 99" — per un verso identificherebbe, circoscrivendola, la categoria dei "sistemi di distribuzione chiusi" (di seguito, Sdc) di cui alla direttiva 2009/72/Ce, articolata nelle Riu e nelle "altre reti elettriche private" ex articolo 30, comma 27, legge n. 99/2009, facendo in tal modo venir meno il pregiudizio derivante dalla possibile proliferazione di altri soggetti esercenti la distribuzione in aggiunta ai concessionari; per altro verso, avrebbe superato la doglianza relativa all'introduzione del Saae, tenuto conto della clausola di salvezza della precedente normativa.

L'assunto va disatteso.

L'articolo 38, comma 5, identifica i sistemi di distribuzione chiusi con un rinvio alle Riu (già definite dal ridetto articolo 33 legge n. 99 del 1999) e alle "altre reti elettriche private" (definite "ai sensi" dell'articolo 30, comma 27, cit.), prevedendo che ad essi si applichi il sistema tariffario contemplato dal comma 5 del medesimo articolo 33 (incentrato sul "consumo di energia elettrica dei clienti finali" ovvero su "parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali").

Per come è formulata, la disposizione non pare suscettibile di incidere sugli aspetti oggi in discussione, attinenti al tema della tutela della posizione dei concessionari, in quanto essa non aggiunge alcun elemento definitorio utile all'individuazione in concreto delle "altre reti elettriche private", non essendo all'uopo sufficiente il mero richiamo effettuato alle reti "definite ai sensi" dell'articolo 30, comma 27; dal disposto di questo comma non pare infatti evincersi la volontà del legislatore di offrire "copertura" di rango primario a ipotesi praeter (ma a dire della ricorrente contra) legem di reti che fossero eventualmente individuate nel Dm impugnato. D'altro canto, sarebbero comunque esclusi dall'ambito applicativo del ridetto articolo 38, comma 5, i "sistemi di auto approvvigionamento energetico", consistenti in configurazioni impiantistiche esulanti, stando allo stesso Dm, dal novero delle "reti elettriche" (al riguardo, v. oltre, punto 2.2.2).

Sulla diversa questione della riconduzione a equilibrio (economico) del rapporto concessorio, sostiene il Ministero che anche a voler ipotizzare un'estensione delle facoltà e delle attività dei proprietari di reti private, con correlata restrizione dell'ambito di applicazione delle concessioni, Enel Distribuzione avrebbe a sua disposizione strumenti idonei per preservare le condizioni di economicità del servizio.

Ma, osserva il Collegio, proprio queste deduzioni valgono a dimostrare la sussistenza, oltre che di una posizione qualificata e differenziata della ricorrente, anche di una lesione diretta, concreta e attuale alla stessa posizione, stante l'attitudine del Dm a restringere, almeno in potenza — e ciò basta ai fini in considerazione — l'ambito delle concessioni di distribuzione, con conseguente possibile alterazione, in negativo, dei flussi finanziari degli attuali distributori.

2.2. Nel merito, giova muovere dal testo dell'articolo 30, comma 27, legge n. 99/2009, a tenore del quale "al fine di garantire e migliorare la qualità del servizio elettrico ai clienti finali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale […], il Ministero dello sviluppo economico determina, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nuovi criteri per la definizione dei rapporti intercorrenti fra il gestore della rete, le società di distribuzione in concessione, il proprietario delle reti private ed il cliente finale collegato a tali reti. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas è incaricata dell'attuazione dei suddetti criteri al fine del contemperamento e della salvaguardia dei diritti acquisiti, anche con riferimento alla necessità di un razionale utilizzo delle risorse esistenti".

La norma reca un duplice "mandato", avendo rimesso: a) al Ministero dello sviluppo economico, il compito di determinare "nuovi criteri per la definizione dei rapporti intercorrenti fra il gestore della rete, le società di distribuzione in concessione, il proprietario delle reti private ed il cliente finale collegato a tali reti"; b) all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, quello dell'"attuazione dei suddetti criteri al fine del contemperamento e della salvaguardia dei diritti acquisiti, anche con riferimento alla necessità di un razionale utilizzo delle risorse esistenti".

Queste previsioni, da considerare unitamente alle finalità dell'intervento normativo (parimenti enunciate nel testo), individuate nella necessità di "garantire e migliorare la qualità del servizio elettrico ai clienti finali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale", consentono di chiarire che i compiti affidati dal legislatore al Ministero (per la fissazione dei criteri) e all'Autorità (per la relativa attuazione) sono entrambi preordinati all'innalzamento della "qualità del servizio elettrico" in favore dei clienti finali collegati alla rete nazionale attraverso reti private, ferma restando l'esigenza di assicurare il "contemperamento" e la "salvaguardia dei diritti acquisiti" e di garantire il "razionale utilizzo delle risorse esistenti".

Ne sortisce un percorso indirizzato — più che nei sensi di un radicale cambiamento dell'assetto regolatorio del settore (come desumibile dal riferimento ai "diritti acquisiti" e alle "risorse esistenti") — nella direzione dell'introduzione di accorgimenti idonei a favorire, ma nel contesto normativo dato, la più fluida articolazione dei rapporti tra le parti interessate (vale a dire il gestore della rete, le concessionarie della distribuzione, il titolare delle reti private e, appunto, il cliente finale collegato alla rete nazionale per il tramite delle reti private).

Le critiche mosse da Enel distribuzione al Dm vanno pertanto affrontate in conformità alla portata della norma primaria, siccome innanzi accertata.

2.2.1. In questa prospettiva, ritiene il Collegio che il primo e il terzo motivo — suscettibili di trattazione congiunta — non meritino condivisione.

Col primo mezzo (violazione dell'articolo 30, comma 27, e dell'articolo 33 legge n. 99/2009, eccesso di potere e incompetenza) Enel distribuzione assume che il decreto impugnato avrebbe preteso di definire le reti private con modalità tali da non circoscriverle a quelle esistenti alla data di entrata in vigore del Dlgs n. 79/1999, consentendone in tal modo la proliferazione in spregio al principio di esclusività dell'attività di distribuzione in capo ai concessionari.

Dalle definizioni dettate dall'articolo 2, comma 1, lettere c), d) ed e), del Dm — peraltro non legittimate nemmeno dalla norma sulle menzionate Riu (reti individuate dalla legge attraverso l'elencazione di precisi elementi) — si desumerebbe che la connessione di terzi alla rete sarebbe consentita, oltre che ai titolari delle concessioni (quali titolari della "rete pubblica" di cui alla lettera e), anche ai gestori di reti private ex lettera d), come tali esonerati dall'obbligo, ma non assoggettati al divieto, di connettere terzi alla rete da loro gestita (in altri termini, e sinteticamente, essi potrebbero di fatto svolgere attività di distribuzione in concorrenza con i concessionari).

Nel terzo motivo (violazione dell'articolo 30, comma 27, legge n. 99/2009 e dei principi generali desumibili dalla legislazione sulla graduale liberalizzazione del settore elettrico; eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà) la ricorrente lamenta il contrasto dell'intero Dm (a eccezione dell'articolo 5) con il vigente quadro disciplinare, stante l'effetto sortito da detto decreto consistente nell'estensione dell'ambito di attività dei proprietari delle reti private a discapito della rete pubblica (gestita dai concessionari), al punto da mettere in discussione il ridetto principio di esclusività dell'attività distributiva; ciò che colliderebbe sia con le finalità perseguite dall'articolo 30, comma 27, sia con l'intera disciplina sulla liberalizzazione del settore energetico, incentrata sulle attività di produzione e non di distribuzione (la durata trentennale delle concessioni sarebbe in tale ottica preordinata, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, Dlgs n. 79/1999, a garantire la remunerazione degli investimenti realizzati dal concessionario).

Come si è anticipato, le doglianze vanno disattese nei sensi che seguono.

L'articolato e le premesse del Dm impugnato danno conto della corretta interpretazione della norma primaria, chiarificandone la portata in termini di obblighi dei gestori delle reti di trasmissione nei confronti dei clienti finali.

In particolare, muovendo dalle considerazioni (riportate nelle premesse del Dm): che l'"obbligo di connessione di terzi" è imposto dalla normativa primaria solo in capo ai concessionari della distribuzione; che anche ai clienti finali delle reti private ("reti elettriche diverse da quelle gestite dai titolari di una concessione") spetta "il diritto di scelta del proprio fornitore", alla stessa stregua di quanto è previsto per i "soggetti connessi direttamente alle reti pubbliche"; che a quest'ultimo diritto corrisponde l'obbligo, per il gestore di una rete privata, "di consentire l'accesso al sistema elettrico ai soggetti connessi alla propria rete che ne facciano richiesta", obbligo non comportante "necessariamente anche l'obbligo di connettere alla propria rete tutti i soggetti che ne fanno richiesta"; il Dm in esame:

i) all'articolo 2 dà le definizioni:

— del "diritto di libero accesso al sistema elettrico" (lettera a), ossia quello del soggetto connesso a una rete privata di accedere alla rete, "a garanzia della libertà di scelta del proprio fornitore di energia elettrica";

— della "rete con obbligo di connessione di terzi", ossia quella gestita da un "gestore che ha l'obbligo di connettere tutti i soggetti che ne fanno richiesta" (lettera c; la lettera b definisce l'obbligo di connessione di terzi);

— della "rete con obbligo di libero accesso al sistema elettrico", ossia quella in cui il gestore è tenuto a garantire ai soggetti connessi l'esercizio del menzionato diritto di libero accesso al sistema elettrico (lettera d);

ii) agli articoli 3 e 4 specifica, rispettivamente, il contenuto dell'obbligo "di connessione di terzi", correttamente posto a carico del gestore della rete di trasmissione nazionale e dei concessionari, e di quello di "libero accesso al settore elettrico", riferibile a "tutte le reti elettriche private, ivi incluse le Reti interne di utenza" ("fatto salvo quanto previsto all'articolo 6, comma 1").

Il senso di tale assetto è ulteriormente chiarito nel documento di consultazione Aeeg DCO 33/11 (allegato 1 ric., dep. il 13 aprile 2012), ove si osserva che il Dm "scinde il precedente generico ‘obbligo di connessione di terzi'" (sancito in via generale dal Dlgs n. 79/1999) nell'"obbligo di connessione di terzi in senso stretto" e nell'"obbligo di libero accesso al sistema elettrico" (vale a dire, il diritto dei clienti di poter scegliere liberamente il proprio fornitore, di cui alla precedente lettera a; cfr. punto I.2 DCO 33/11), e, corrispondentemente, distingue le reti elettriche in "reti pubbliche" (gestite dai concessionari, per le quali vige l'obbligo di connettere terzi) e in "reti private" (intese come tutte le reti diverse da quelle pubbliche, per le quali vige l'"obbligo di consentire il libero accesso" al sistema elettrico).

A ben vedere, l'impostazione del Dm, anche alla luce dei chiarimenti offerti dal documento di consultazione, non pare in contrasto con l'inerente normativa primaria, risultando in particolare coerente con i principi del settore il disaccoppiamento ("separazione esplicita", come si legge nelle premesse del decreto), dall'obbligo (legislativo) di connessione di terzi, dei due menzionati obblighi (di connessione di terzi in senso stretto e di libero accesso al sistema elettrico; nel primo "considerato" del Dm si legge infatti che il vigente quadro normativo e regolatorio "riconduce alla fattispecie delle ‘reti con obbligo di connessione di terzi' diverse tipologie di reti elettriche, i cui gestori, tuttavia, non sono tutti sottoposti all'obbligo di connettere alla propria rete i soggetti che ne fanno richiesta").

Enel distribuzione sostiene che la disciplina attuativa delineata dal Ministero lascerebbe ipotizzare, sebbene per implicito, l'esistenza di (o la possibilità di dar vita a) "reti elettriche private" ulteriori rispetto a quelle già note (essenzialmente, le Riu) e la possibilità per i titolari delle reti private di consentire la connessione di terzi. Essa lamenta cioè che dal riconoscimento, in capo a tali soggetti, dell'obbligo di consentire ai propri utenti l'accesso alla rete pubblica sia stata fatta discendere unicamente la "facoltà" di non connettere ulteriori clienti, mentre avrebbe dovuto esser esplicitato un vero e proprio "divieto di connessione di terzi" (utilizzando la terminologia del Dm).

Tali conclusioni non si giustificano alla luce del quadro normativo di riferimento.

Il divieto di connettere terzi, ancorché non espresso dal Dm, discende infatti dalla normativa primaria, e precisamente da quelle prescrizioni del Dlgs n. 79/1999 che istituiscono il regime concessorio, stabiliscono l'estensione territoriale delle singole concessioni e dettano, al contempo, le misure di salvaguardia dei non concessionari (articolo 9); viene in tal modo delineato un assetto che perderebbe di significato, ove inteso nel senso di consentire l'esercizio dell'attività (recte: del servizio pubblico) di distribuzione a soggetti diversi dai concessionari e dagli altri titolari di reti private legittimati a operare in tale ambito secondo l'inerente normativa primaria (quali gli autoproduttori, i gestori delle "piccole reti isolate" e quelli autorizzati a esercire le "limitate porzioni" della rete di trasmissione nazionale, non direttamente funzionali alla stessa, secondo l'esemplificazione contenuta nell'atto introduttivo).

In altri termini, a differenza di quanto opinato dalla ricorrente, non pare che il Dm impugnato consenta:

— di ritenere introdotta una liberalizzazione delle reti private, non essendo ciò — allo stato — previsto né consentito dalla normativa primaria (cfr. anche le premesse del Dm stesso, dove si considera che "possono presentarsi alcune situazioni particolari nelle quali reti elettriche private esistenti [enfasi aggiunta] aventi particolari caratteristiche tecniche, di ubicazione o di estensione territoriale, potrebbero consentire di evitare duplicazioni di infrastrutture e, di conseguenza, ridurre i costi per la connessione alla rete pubblica di nuovi soggetti o di soggetti già connessi a reti elettriche private che intendono esercitare il loro diritto di accesso al sistema elettrico"); né

— di ritenere esclusa l'esistenza del divieto di connessione di terzi (v., sempre nelle premesse, il "considerato" nel quale si specifica che "l'accesso al sistema elettrico, per i soggetti connessi ad una rete privata, può essere garantito: a) mediante la realizzazione di una nuova connessione diretta alla rete pubblica; b) mediante l'utilizzo della rete privata a cui il soggetto è già connesso" [enfasi aggiunta]).

Non giova all'Amministrazione addurre in contrario la differenza che l'articolo 1, comma 1, Dlgs n. 79/1999 pone tra le attività di trasmissione e dispacciamento, suscettibili di riserva allo Stato (oltre che di attribuzione in concessione, peraltro al solo gestore di trasmissione della rete nazionale), e quelle di distribuzione, per la quale è prevista soltanto l'assegnazione in concessione.

Questa distinzione infatti, come esattamente rilevato dalla ricorrente, sta a significare che la prima attività può esser svolta dallo Stato (direttamente o indirettamente, attraverso un ente pubblico), mentre il servizio di distribuzione è sempre reso da un concessionario con riferimento all'ambito territoriale di competenza, in contrapposizione a quanto sancito sempre dalla medesima disposizione per le attività di produzione, vendita, acquisto, importazione ed esportazione, specificamente qualificate come libere.

2.2.2. Con il secondo mezzo Enel distribuzione si duole dell'introduzione della nuova ipotesi denominata "sistema di auto-approvvigionamento energetico" (articolo 2, comma 1, lettera f, e articolo 6 del Dm), che verrebbe a sovrapporsi al "sistema efficiente di utenza" di cui all'articolo 2, comma 1, lettera t), Dlgs n. 115/2008 cit. discostandosene tuttavia nei significativi punti concernenti: il limite di potenza (presente nella norma primaria, non nel Dm); il tipo di alimentazione (solo fonti rinnovabili o in assetto cogenerativo ad alto rendimento per la norma primaria); il numero degli impianti di produzione (solo un impianto per la norma primaria); la destinazione dell'energia (consumo di un solo cliente finale per la norma primaria, a differenza degli "impianti per il consumo di un unico soggetto giuridico, o di più soggetti appartenenti al medesimo gruppo societario per il Dm).

A dire della ricorrente, tale fattispecie – la cui previsione sarebbe motivata, nelle premesse del decreto, con un riferimento alla semplice opportunità di prevederla ("ritenuto opportuno, per le finalità del presente decreto, introdurre" detta ipotesi) – non troverebbe alcuna legittimazione nemmeno nell'articolo 10, comma 2, ult. per., Dlgs n. 115/2008 (come modificato dall'articolo 4, comma 1, Dlgs 29 marzo 2010, n. 56), avente un ambito applicativo limitato agli effetti tariffari del sistema d'utenza, peraltro definiti nel 2010 in senso più restrittivo rispetto a quelli originari.

La doglianza è fondata.

I Saae, definiti all'articolo 2, comma 1, lettera f), Dm, sono disciplinati nel successivo articolo 6, secondo cui tali sistemi non sono soggetti né all'obbligo di connessione di terzi né a quello di libero accesso al sistema (comma 1), applicandosi inoltre (comma 2), se riferiti a un unico soggetto (o a un gruppo societario), i corrispettivi tariffari previsti per le RIU con riferimento all'energia prelevata nei punti di connessione alla rete pubblica (fatte salve le regole particolari sui Seu; cfr. cit. articolo 10, comma 2, Dlgs n. 115/2008, che oltre a ribadire il principio dell'applicazione dei corrispettivi tariffari "esclusivamente all'energia elettrica prelevata sul punto di connessione", demanda all'Aeeg di determinare "meccanismi di salvaguardia per le realizzazioni avviate in data antecedente alla data di entrata in vigore" del Dlgs n. 115/2008 stesso e fissa i requisiti dei sistemi da equiparare ai Seu).

Le ragioni della previsione di questa fattispecie risultano dalle premesse del Dm, in cui si ritiene "che gli impianti elettrici asserviti ad utenze nella titolarità di un unico soggetto giuridico, o di soggetti appartenenti al medesimo gruppo societario, possono essere considerate come ‘sistemi di auto-approvvigionamento energetico' di un cliente finale", non costituendo pertanto "reti elettriche" (occorrendo anche considerare che "per come sono definiti, costituiscono di norma sistemi territorialmente confinati" e che se in uno di tali sistemi "è presente un unico soggetto giuridico, o più soggetti appartenenti allo stesso gruppo societario", questo "è assimilabile ad un unico cliente finale").

Sulla base di tali considerazioni, il Dm ha ritenuto "opportuno": i) "per le finalità del […] decreto, introdurre la fattispecie di sistema di auto-approvvigionamento energetico"; ii) "prevedere" che tali sistemi "non siano soggetti all'obbligo di connessione di terzi e all'obbligo di libero accesso al sistema"; iii) "ai fini della determinazione dei corrispettivi tariffari di cui all'articolo 33, comma 5, della legge n. 99/2009, assimilare un sistema di auto-approvvigionamento energetico in cui è presente un unico soggetto giuridico, o soli soggetti appartenenti allo stesso gruppo societario, ad un unico cliente finale".

Nel DCO 33/11 l'Aeeg si è soffermata su questa categoria di impianti, escludendone (in linea col Dm) la riconducibilità alle reti elettriche e chiarendo che i Seu ex articolo 2, comma 1, lettera t), Dlgs n. 115/2008, ne costituiscono un sottoinsieme.

Assume in proposito il Ministero che la previsione dei Saae non sarebbe una novità, consistendo in una "definizione ricognitiva che, per esigenze di semplificazione, accorpa tutte le configurazioni impiantistiche esistenti che devono essere distinte dalle ‘reti elettriche', al fine di prevedere per esse l'esclusione degli obblighi di cui agli articoli 3, 4 e 5 del decreto".

Tale impostazione non è condivisibile.

La definizione dei Saae non si risolve infatti nella mera ricognizione di fattispecie (già note) di "non reti", ma introduce una nozione normativa puntuale, caratterizzata dai seguenti elementi specifici: "uno o più impianti di produzione" anche nella titolarità di un soggetto diverso dal cliente finale; connessione diretta, per il tramite di un collegamento privato, a "impianti per il consumo" nella titolarità di "un unico soggetto giuridico" o di "più soggetti appartenenti al medesimo gruppo societario"; realizzazione di tali impianti "all'interno dell'area di proprietà o nella disponibilità del medesimo cliente o gruppo societario".

Com'è agevole rilevare da un confronto con l'articolo 2, comma 1, lettera t), Dlgs n. 115/2008, essa si discosta dall'unica "configurazione impiantistica" (non rete) prevista dalla normativa primaria, vale a dire il ridetto Seu, caratterizzato da: un impianto di produzione di energia con potenza nominale non superiore a 20 MWe e complessivamente installata sullo stesso sito, anche nella titolarità di un soggetto diverso dal cliente finale; alimentazione "da fonti rinnovabili ovvero in assetto cogenerativo ad alto rendimento"; connessione diretta, anche per il tramite di un collegamento privato "senza obbligo di connessione di terzi", all'impianto per il consumo di un solo cliente finale; realizzazione degli stessi "all'interno dell'area di proprietà o nella disponibilità del medesimo cliente".

Se ne desume l'istituzione di un rapporto di genere (Saae) a specie (Seu), riconosciuto anche dall'Aeeg, risiedendo gli elementi di specificazione dei Seu (come anticipato): a) nella limitazione di potenza (20MWe); b) nelle modalità di alimentazione (fonti rinnovabili o assetto cogenerativo ad alto rendimento); c) nella destinazione dell'energia agli usi di "un solo cliente finale" (e non anche del gruppo); d) nella necessità che gli impianti insistano nell'area del medesimo cliente (e non anche del gruppo).

La norma in disamina finisce così per sortire l'effetto di ampliare l'area delle "non reti", riducendo al contempo quella delle reti, in assenza di una norma primaria che legittimi tale operazione e, soprattutto, senza che questa trovi adeguata giustificazione nel canone interpretativo (siccome innanzi precisato, cfr. supra punto 2.2, e che giova ribadire) dell'innalzamento della "qualità del servizio elettrico" in favore dei clienti finali collegati alla rete nazionale attraverso reti private, purché siano assicurati il "contemperamento" e la "salvaguardia dei diritti acquisiti" e sia garantito il "razionale utilizzo delle risorse esistenti".

Non si comprende cioè in quale modo la definizione dei Saae introdotta dal Dm configuri un innalzamento della qualità del servizio elettrico, per giunta tale da salvaguardare i diritti acquisiti. Essa si pone allora in contrasto con l'assetto delineato dalla normativa primaria in merito al sistema di distribuzione dell'energia elettrica, venendo a incidere sull'area di servizio pubblico riservata ai concessionari.

Tale conclusione pare rafforzata dalla considerazione che il Dm contempla anche l'applicazione del più favorevole trattamento tariffario (articolo 6, comma 2, Dm) consistente nella commisurazione dei corrispettivi "all'energia elettrica prelevata nei punti di connessione alla rete pubblica", anziché a quella consumata dai clienti, non risultando questa operazione legittimata dall'articolo 10, comma 2, Dlgs n. 115/2008 (espressamente richiamato dall'articolo 6, comma 2, Dm), che estende tale trattamento "almeno ai sistemi il cui assetto è conforme a tutte le seguenti condizioni", vale a dire: l'esistenza dell'impianto alla data di entrata in vigore di detto regime di regolazione ovvero, alla medesima data, l'avvio dei lavori di realizzazione o l'ottenimento delle autorizzazioni previste; nonché la configurazione conforme ai Seu o, in alternativa, la connessione "per il tramite di un collegamento privato senza obbligo di connessione di terzi, esclusivamente unità di produzione e di consumo di energia elettrica nella titolarità del medesimo soggetto giuridico".

3. In conclusione, il ricorso è fondato per quanto di ragione, dovendosi rilevare l'illegittimità dei menzionati articoli 2, comma 1, lettera f), e 6 Dm impugnato (nonché il riferimento all'articolo 6, comma 1, contenuto nell'articolo 4, comma 1, ult. parte), che vanno pertanto annullati.

La peculiarità della controversia permette peraltro di reputare sussistenti le ragioni per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione terza-ter, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso per quanto di ragione e, per l'effetto, annulla il decreto impugnato in parte qua, nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate.

La presente sentenza sarà eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria il 13 luglio 2012.

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