Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 4 aprile 2012, n. 1006

Fanghi biologici - Dlgs 152/2006 - Competenza statale esclusiva - Competenza regionale nella fissazione dei limiti di rispetto - Delibera comunale che stabilisce limiti più restrittivi - Illegittima

Spandimento dei fanghi da depurazione, il Tar Lombardia annulla la delibera comunale che stabilisce una fascia di rispetto dai centri abitati e dai corsi d’acqua superiore a quella stabilita dalla Regione.
Per il Tar Lombardia (sentenza 1006/2012) non può infatti dubitarsi del fatto che la disciplina dello spandimento dei fanghi debba essere ricondotta alla disciplina dei rifiuti, a sua volta collocata nell’ambito della tutela dell’ambiente, materia di competenza esclusiva statale ex articolo 117 della Costituzione.
La tutela uniforme nazionale stabilita dallo Stato che non può essere derogata dagli enti locali è contenuta nel Dlgs 99/1992 sullo spandimento dei fanghi in agricoltura, in base al quale sono demandate alle Regioni la competenza per il rilascio delle autorizzazioni (che può essere delegata alle Province) e la competenza per stabilire le distanze di rispetto, che non possono essere quindi affidate alle decisioni dei singoli Comuni.

Tar Lombardia

Sentenza 4 aprile 2012, n. 1006

 

Repubblica italiana

In nome del Popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 2282 del 2011, proposto da:

(omissis) Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. (omissis) ed (omissis), con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, (omissis);

contro

— Comune di (omissis), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, (omissis);

— Provincia di Pavia;

— Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Lombardia;

per l'annullamento

— della deliberazione del Consiglio comunale n. 27 del 2 maggio 2011 di approvazione del nuovo "Piano di governo del territorio (Pgt)" nonché, per quanto possa occorrere, del nuovo Pgt medesimo, con particolare riferimento all'articolo 69 del Piano delle Regole e alla tavola PR_11 allegata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2012 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Con l'odierno ricorso, notificato il 25 luglio 2011 e depositato il successivo 28 luglio 2011, l'esponente società ha impugnato gli atti in epigrafe specificati, deducendone la illegittimità sotto più profili.

In particolare, la società (omissis) a r.l. (da ora anche solo la Società) si duole di un'indebita ingerenza commessa dal parte del Comune di (omissis) (da ora anche solo il Comune), mediante l'esercizio del potere di pianificazione urbanistica, che pure ad esso compete, delle sfere di rispettiva competenza regionale e provinciale in materia di disciplina dello spandimento al suolo dei fanghi biologici.

Ciò, avendo il Comune stabilito, all'articolo 69 del Piano delle Regole del Pgt di recente approvazione, il divieto di spandimento dei suddetti fanghi entro la fascia di rispetto di 500 mt dai nuclei abitati (divieto rappresentato in cartografia alla Tavola PR 11 agli atti).

Si è costituito il Comune di (omissis), controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

Con ordinanza n. 1404 del 9 settembre 2011 il Tribunale ha fissato l'udienza di discussione del merito ai sensi dell'articolo 55, comma 10, c.p.a.

Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 la causa, sentite le parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

 

Diritto

1. Con il primo e il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi, l'esponente lamenta la violazione di legge, con particolare riguardo agli articoli 6 Dlgs n. 92/1999; 196, 198 e 127 del Dlgs n. 152/2006, 6 Dlgs n. 267/2000, 15 e 17 della Lr Lombardia n. 26/2003, 8 della Lr Lombardia n. 12/2007; nonché, violazione della Dgr 7/15944.

In sostanza, secondo la tesi ricorrente, i Comuni sarebbero sprovvisti di potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, poiché, in base all'articolo 127 cit., detti fanghi sarebbero sottoposti alla disciplina dei rifiuti, di cui al Dlgs n. 99/1992 e alla Parte quarta del Dlgs n. 152/2006, che porrebbero per tale materia una disciplina speciale ed esaustiva.

In tal senso, osserva la medesima difesa, mentre l'articolo 4 del Dlgs n.92/99 stabilisce i casi in cui l'utilizzo agronomico dei fanghi di depurazione è vietato, il successivo articolo 6 attribuisce alle regioni la potestà di porre ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione, fra cui, quella di definire le fasce di rispetto per lo spandimento in relazione ai centri abitati.

I limiti e le condizioni per detto spandimento sarebbero, quindi, stabiliti in modo esaustivo o dallo stesso legislatore statale, oppure dalle regioni nell'esercizio della potestà ad esse attribuita dal legislatore medesimo (salva la possibilità di delega alle province per le funzioni autorizzative, poi attuata con Dgr n. 7/15944 del 30 dicembre 2003, disciplinante la realizzazione degli impianti di trattamento dei fanghi — operazione R3 e il loro spandimento al suolo a beneficio dell'agricoltura — operazione R10).

Nessuna competenza in materia sarebbe attribuita ai Comuni, neppure in base al Dlgs n. 152/2006, che all'articolo 196 demanda alle regioni la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, mentre riserva ai Comuni soltanto la potestà regolamentare per la gestione dei rifiuti urbani (articolo 198 Dlgs n. 152 cit.).

Neppure in base alla normativa igienico-sanitaria si può ritenere esistente una potestà comunale in subiecta materia, posto che detta normativa non ricomprende la gestione dei rifiuti (nel cui novero rientrano i fanghi), se non per quanto riguarda la raccolta delle immondizie stradali e domestiche e il loro smaltimento ai sensi dell'articolo 218 Rd n. 1265/1934.

Dal canto suo, la difesa dell'amministrazione ritiene possibile radicare la potestà regolamentare comunale nella materia che qui ci occupa facendo leva sulle norme che attribuiscono all'ente locale il potere di governo del territorio. Tale potere, secondo il patrocinio resistente, comprenderebbe quello di disciplinare, in sede di pianificazione urbanistica, l'uso delle aree destinate all'agricoltura, come previsto dall'articolo 10, comma 4, lett. a.1 della Lr n. 12/2005.

1.2. I motivi sono fondati.

1.3. Il Collegio ritiene che debba essere confermato l'orientamento già assunto da questo Tribunale con la sentenza del 26 maggio 2009 n. 3848 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza 15 ottobre 2010 n. 7528), nel senso di escludere la competenza comunale in materia di utilizzazione dei fanghi in agricoltura.

In tal senso, pur condividendosi l'opzione ermeneutica incline a fornire un ampio significato all'espressione governo del territorio, come comprensivo tanto della materia dell'urbanistica quanto dell'edilizia, non convince l'ulteriore passaggio della tesi comunale, secondo cui da tale ampia espressione dovrebbe inferirsi la competenza comunale in ordine alla gestione dell'uso agronomico dei fanghi.

Gli interventi della Corte costituzionale a cui parte resistente si richiama, infatti, sono valsi a chiarire che sia l'urbanistica (cfr la sentenza 3 ottobre 2003 n. 303) che l'edilizia (cfr. la pronuncia del 19 dicembre 2003 n. 362), fanno parte del "governo del territorio" e sono quindi riconducibili alla previsione dell'articolo 117, comma III, Cost., che elenca le materie di legislazione concorrente.

Da essi non si ricava, però, alcun argomento a favore della tesi comunale incline a ricomprendere anche la gestione dei fanghi nel governo del territorio.

L'intendimento della Corte è volto, infatti, a ricondurre i poteri legislativi regionali nei settori dell'edilizia e dell'urbanistica alla nuova competenza concorrente in materia di governo del territorio (cfr. sempre a proposito dell'espressione governo del territorio la sentenza 28 giugno 2004 n. 196 della Corte).

L'estensione di tale materia, poi, risente delle delimitazioni che doverosamente vanno operate in rapporto all'ampiezza di diversi, seppure contigui, ambiti di legislazione, come, per quel che qui interessa, la materia della "tutela dell'ambiente", di cui all'articolo 117, II comma Cost.

Non può dubitarsi, infatti, che la disciplina dello spandimento dei fanghi sia da ricondurre alla disciplina dei rifiuti (cfr. articoli 127, 183 e allegato A alla Parte quarta del Dlgs n. 152/2006; nonché Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 163 del 6 dicembre 2006) e che quest'ultima sia, a sua volta, da collocare — per giurisprudenza costante della Corte costituzionale (cfr. da ultimo sentenza Corte cost. 24 luglio 2009, n. 249) — nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Anche tale materia, come già accennato, per la molteplicità dei settori di intervento assume una struttura complessa e si presta ad interferire con altri ambiti di interessi e di competenze, sicché, come più volte chiarito dalla Corte costituzionale, deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (cfr. ex multis, sentenza C. Cost. n. 62 del 2008).

Pertanto, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad altre materie, per cui la "competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire [...]", ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (cfr. sentenza n. 62 del 2005; altresì, sentenze n. 247 del 2006, n. 380 e n. 12 del 2007).

Ebbene, nello specifico, il legislatore statale è intervenuto con il Dlgs 27 gennaio 1992 n. 99 a dare attuazione alla direttiva 86/278/Cee concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Tale decreto ha il dichiarato scopo (articolo 1) "di disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiandone nel contempo la corretta utilizzazione";.

Tale decreto pone dei "livelli minimi di tutela", disciplinando all'articolo 4 i casi di divieto di utilizzazione dei fanghi, indi, all'articolo 6, demanda alle regioni la competenza sia per il rilascio delle autorizzazioni per la gestione dei fanghi, che per stabilire, fra l'altro, "le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dalle strade, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dai corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza) delle condizioni meteoclimatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi; …".

Ebbene, per le autorizzazioni la Regione Lombardia ha adottato la Dgr 30 dicembre 2003 n. 7/15944, con cui ha delegato alle province le funzioni amministrative in materia di approvazione dei progetti ed autorizzazione alla realizzazione degli impianti ed all'esercizio delle inerenti operazioni di messa in riserva (R13), trattamento/condizionamento (R3) e spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura (R10) di rifiuti speciali non pericolosi.

Al contempo, con la stessa deliberazione la Regione ha fissato (allegato A dell'allegato 2 punto 1.9) una distanza di rispetto per lo spandimento rispetto ai centri abitati di 100 mt (in luogo dei contestati mt. 500 qui prescritti dal Comune di (omissis)).

Le surrichiamate norme del Dlgs n. 99/1992 sono state fatte salve dal legislatore del T.U. dell'ambiente (di cui al Dlgs n. 152/2006), in quanto contenenti "disposizioni specifiche particolari o complementari, conformi ai principi del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti" (così articolo 177, comma III, del Dlgs n.152 cit. A proposito della perdurante vigenza degli articoli 4 e 6 del Dlgs n. 99/1992 cfr. Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 27558 del 5 giugno 2008).

Quanto, più in generale, alla regolamentazione dell'attività di gestione dei rifiuti, la stessa resta attribuita alle regioni anche ai sensi dell'articolo 196 del Dlgs n. 152/2006.

Deve, pertanto, considerarsi sottratta ai Comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, essendo la stessa attribuita dal legislatore statale alla competenza regolamentare regionale e restando riservata agli stessi Comuni solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene (cfr. Consiglio di Stato, V, 15 ottobre 2010, n. 7528; Tar Lombardia — Milano, sez. IV, 14 ottobre 2011 n. 2433).

2. Con il secondo motivo si deduce, poi, in sintesi, il vizio di eccesso di potere per sviamento della causa tipica, poiché il Comune avrebbe utilizzato il Pgt per dettare prescrizioni in materia di operazioni di spandimento fanghi, anziché per perseguire l'ordinato assetto del territorio nell'esercizio della potestà pianificatoria.

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. Richiamando quanto già affermato esaminando il precedente motivo, va qui ribadito come sia estranea alla materia del governo del territorio la disciplina dei rifiuti, a cui quella sull'uso agronomico dei fanghi da depurazione deve essere ricondotta.

Conseguentemente, deve escludersi che in sede di pianificazione urbanistica il Comune possa introdurre prescrizioni volte a limitare l'uso dei suddetti fanghi in agricoltura, interferendo così con l'esercizio delle competenze regionali previste in subiecta materia dal legislatore statale.

3. Per le considerazioni che precedono, assorbiti i mezzi non scrutinati, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento della deliberazione impugnata, limitatamente alla parte in cui (articolo 69 Piano delle Regole e relativa tav. PR11) pone il divieto di spandimento dei fanghi entro i 500 mt dai centri abitati.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla la deliberazione impugnata nei limiti di cui in motivazione.

Pone le spese di lite a carico del Comune di (omissis) e a favore della ricorrente liquidandole in complessivi euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 4 aprile 2012

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