Sostanze pericolose

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Toscana 11 dicembre 2010, n. 6722

Sostanze pericolose - Aminato  - Rimozione copertura eternit antecedenti la legge n. 257/1994 - Obblig generalizzato - Non sussistenza - Parere tecnico - Competenza Aziende sanitarie locali - Sussistenza

Non esiste alcun obbligo generalizzato di rimuovere il materiale contenente amianto utilizzato negli edifici privati prima dell’aprile 1992; la P.a. può ordinarla solo quando lo stato di manutenzione dell’immobile ne evidenzi l’opportunità.
Lo ricorda il Tar Toscana (sentenza 6722/2010) nell’annullare un ordine di rimozione della P.a. fiorentina nei confronti del proprietario di un immobile privato dotato copertura in cemento-amianto.
Questo perché l’Asl fiorentina, ente competente all’emissione del parere tecnico previsto dalla disciplina, ha emanato un parere secondo il quale — in contrasto con l’Arpat -  il manufatto in questione risulta essere in “sufficiente stato manutentivo”, senza alcuna parte friabile.
Alla luce della legge 257/1992 sulla cessazione dell’impiego dell’amianto, il Tar toscano ha quindi annullato l’atto della P.a., sottolineando comunque la necessità di un periodico monitoraggio della situazione.

Tar Toscana

Sentenza 11 dicembre 2010, n. 6722

 

Repubblica italiana

in nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 1576 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

(omissis), (omissis) e (omissis), rappresentati e difesi dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Firenze, via Fossombroni 10;

contro

Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso Andrea Sansoni in Firenze, c/o Ufficio Legale Comunale;

nei confronti di

(omissis);

per l'annullamento

del Provvedimento Dirigenziale n. 2006/DD/06451 del 4 luglio 2006, notificato in data 11 luglio2006, con cui la Direzione Ambiente, Posizione Organizzativa (P.O.) Igiene pubblica, ha ordinato ai ricorrenti di provvedere alla rimozione della copertura in cemento-amianto dell'immobile di via G. D'Annunzio 135/a entro 90 giorni, nonché per l'annullamento degli atti presupposti connessi e/o conseguenti ed in particolare della nota dell'Arpat, prot. 10/15751, del 2 dicembre 2005 menzionata nel suesposto provvedimento dirigenziale;

e per i motivi aggiunti depositati il 28 gennaio 2010:

del rapporto informativo della Direzione Ambiente del 30 ottobre 2006, prot. n. 2970 e degli atti allegati e del rapporto informativo integrativo della Direzione Ambiente del 22 dicembre 2009, prot. n. 2785 e degli atti allegati.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il dott. (omissis)e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Riferiscono i ricorrenti di essere comproprietari di un immobile sito in Firenze, via G. D'Annunzio n. 135/A, della complessiva superficie di mq. 1.500, adibito a rimessaggio di gommoni e materiali per la nautica la cui copertura è costituita, in parte, da lastre di cemento – amianto.

A seguito dell'esposto inoltrato da alcuni cittadini residenti in prossimità del fabbricato il Comune di Firenze dopo un'ispezione effettuata dall'Arpat, eseguita la comunicazione di avvio del procedimento, disponeva con l'atto in epigrafe la rimozione della copertura di "eternit", assegnando ai proprietari il termine di 90 giorni per provvedervi.

Contro tale atto ricorrono i sig.ri (omissis) chiedendone l'annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Eccesso di potere per difetto dei presupposti violazione del principio del contraddittorio. Illegittimità derivata.

2. Eccesso di potere per difetto di istruttorie di motivazione. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e genericità. Violazione del principio del giusto procedimento.

3. Violazione e falsa applicazione della legge n. 257/1992 e del decreto del Ministro della sanità del 6 settembre 1994. Eccesso di potere per sviamento.

4. Violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990, articoli 7 e 8. Eccesso di potere per illogicità e travisamento.

Si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimata opponendosi all'accoglimento del gravame.

In prossimità dell'udienza di trattazione del ricorso, fissata per il 4 febbraio 2010, il Comune di Firenze depositava alcuni atti, tra i quali i rapporti informativi della Direzione ambiente del 30 ottobre 2006 e del 22 dicembre del 1009.

Con motivi aggiunti notificati il 25 gennaio 2010 i ricorrenti impugnavano anche gli atti suddetti deducendo:

1. Inammissibilità. Violazione dei principi generali in materia di motivazione degli atti e provvedimenti amministrativi.

2. Eccesso di potere per genericità e incertezza. Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà. Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di presupposti. Violazione della legge n. 241/1990.

In data 10 giugno 1010 l'Amministrazione resistente depositava una memoria difensiva contestando le tesi di parte avversa.

Alla pubblica udienza del 23 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

 

Diritto

Con il ricorso in esame viene impugnato l'atto in epigrafe con cui la Direzione ambiente del Comune di Firenze ha ordinato ai ricorrenti di provvedere alla rimozione della tettoia di cemento amianto posta a parziale copertura dell'immobile di proprietà dei medesimi, sito in via D'Annunzio n. 135/a.

Il ricorso merita accoglimento.

Assorbente rilievo va assegnato a quanto dedotto con il secondo ed il terzo motivo con i quali i ricorrenti lamentano l'errata applicazione della legge n. 257 del 1992 e del decreto ministeriale del 6 settembre 1994, oltre che il difetto di istruttoria e di motivazione dell'atto impugnato, non sussistendo i presupposti normativamente fissati per la bonifica di materiali contenenti amianto.

La tesi appare condivisibile.

La legge 27 marzo 1992, n. 257 che disciplina la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto, pur avendo stabilito all'articolo 1, comma 2, il divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto, non impone un obbligo indiscriminato di rimozione e smaltimento dei materiali già esistenti contenenti tale prodotto.

In particolare, l'articolo 3, comma 1, stabilisce che "La concentrazione di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro ove si utilizza o si trasforma o si smaltisce amianto, nei luoghi ove si effettuano bonifiche, negli ambienti delle unità produttive ove si utilizza amianto e delle imprese o degli enti autorizzati alle attività di trasformazione o di smaltimento dell'amianto o di bonifica delle aree interessate, non può superare i valori limite fissati dall'articolo 31 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277".

Si soggiunge, poi, all'articolo 12, in tema di rimozione dell'amianto e tutela dell'ambiente che "Le unità sanitarie locali effettuano l'analisi del rivestimento degli edifici di cui all'articolo 10, comma 2, lettera l)", ossia "degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti" disponendone la rimozione "qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio, e solo nei casi in cui i risultati del processo diagnostico la rendano necessaria…"(comma n. 3).

Dalla lettura della normativa sopra rassegnata non pare potersi evincere un obbligo cogente e generalizzato di rimuovere il materiale contenente amianto già utilizzato negli edifici privati prima dell'entrata in vigore della legge n. 257/1994, salvo che lo stato di manutenzione del medesimo ne renda evidente l'opportunità.

Inoltre, la competenza ad emettere il parere tecnico necessario è assegnata dalla legge agli uffici delle Aziende sanitarie locali e non all'Agenzia per la protezione dell'ambiente.

Nel caso di specie, come risulta dalla documentazione depositata dalla stessa Amministrazione, sussiste un contrasto tra le conclusioni raggiunte dall'Arpat e quelle fatte proprie dall'Ufficio d'igiene e sanità pubblica dell'Azienda sanitaria locale di Firenze e poi recepite nel provvedimento impugnato.

Mentre, infatti, per la prima vi sarebbe la necessità di rimozione della copertura, stante il suo cattivo stato di manutenzione, per la seconda il manufatto presenta al momento "un sufficiente stato manutentivo…in assenza di parti friabili e/o frammentate, passibili di dispersione di fibre amiantifere", non essendo di per sé determinante, ai fini della valutazione, la presenza di licheni sulla superficie.

Se ne deve concludere che, salva restando la necessità di un periodico monitoraggio della situazione (del resto evidenziata dalla stessa Arpat), non sono, al momento, ravvisabili i presupposti stabiliti dalla legge per rendere necessaria la rimozione atteso che, si ribadisce, l'obbligo di smaltimento dei materiali contenenti amianto deriva dal pericolo di dispersione delle relative fibre dovuto ad un cattivo stato di conservazione della sostanza o ad interventi di manutenzione (Tar Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2006, n. 6786).

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto conseguendone l'annullamento dell'atto impugnato.

Con atto notificato il 25 gennaio 2010 i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti in relazione ai nuovi documenti depositati il 12 gennaio 2010 dal Comune.

Avuto riguardo all'esito favorevole del giudizio sul ricorso principale, pare evidente che, in relazione all'interesse dedotto in causa, la delibazione di tali atti non potrebbe arrecare alcuna utilità ai ricorrenti.

Conseguentemente i motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato.

Dichiara improcedibili i motivi aggiunti notificati il 12 gennaio 2010.

Condanna il Comune di Firenze al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre Iva e Cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria l'11 dicembre 2010

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