Cambiamenti climatici

Commenti e Approfondimenti

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A Copenhagen — dal 7 al 18 dicembre — si svolge la 15^ "Conference of the Parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change", ovvero la Cop15 dell’Unfccc.

Circa 15000 delegati provenienti da 192 paesi  cercheranno di tracciare un nuovo accordo per il clima. Il tempo stringe. La comunità scientifica più autorevole teme infatti che la situazione possa definitivamente sfuggire di mano. Il Protocollo di Kyoto scade nel 2012. I prossimi appuntamenti possibili per un accordo sono: Bonn, giugno 2010, Città del Messico, dicembre 2010. Il nuovo accordo, se raggiunto, avrà effetto dal 2013 e scadrà nel 2020.

 

Qualunque sia la piattaforma possibile, qualunque sia la data in cui diventerà operativa, qualunque ne siano i contenuti, rimane la certezza che efficienza energetica e energie rinnovabili offrono lo strumento più serio ed affidabile per rallentare il cambiamento climatico. Per questa ragione affrontiamo con un piccolo intervento di servizio il tema “clima”, collaterale alle materie trattate dal sito, ma intriso della stessa sostanza e della stessa preoccupazione.

 

Le questioni sollevate dai negoziati sul cambiamento climatico sono per loro natura complesse: combinano l’ecologia con l’economia, le cause passate con i comportamenti presenti e gli effetti nel futuro, la convivenza di piccoli paesi minacciati dall’espansione dei mari con paesi sterminati e immensamente popolati che da poco accedono allo sviluppo, e cosi via. A questa complessità si aggiunge la pratica di un lessico complicato che si trasforma in gergo e viene, il più delle volte, riproposto pari pari dai media.

 

Per facilitare il lettore inesperto, e rinfrescare la memoria al lettore più avveduto, proponiamo un glossario che riporta i termini utilizzati nelle discussioni sul cambiamento climatico, quelli legati al Protocollo di Kyoto, e quelli sulle unità di misura.

Il testo base è tratto da State of the World 2009 (Edizioni Ambiente, 2009), con aggiunte e interpretazioni della redazione di Nextville. I termini originali inglesi sono liberamente tradotti per tener conto delle diversità di alcuni concetti nel nostro contesto linguistico e culturale. Sono riportati i termini inglesi quando è frequente il loro utilizzo anche nei media italiani; per alcuni non esiste traduzione coerente e in tutti i testi pubblicati dalla casa editrice vengono mantenuti in lingua originale per scelta editoriale.

 

Lessico generale sul cambiamento climatico

 

Adattamento (Adaptation)

Le strategie per affrontare il cambiamento climatico vengono generalmente distinte in misure di mitigazione e misure di adattamento. Queste ultime si riferiscono alle politiche necessarie a proteggere le specie e l’ambiente, prevenire perdite di vite umane, sostenere le economie. Esempi: modificare il tipo di raccolti agricoli per meglio fronteggiare il cambiamento dei ritmi stagionali e metereologici; aumentare le riserve d’acqua per far fronte a minori livelli di piogge; mettere a punto ricerche farmacologiche e comportamenti idonei a contrastare il diffondersi di malattie.

 

Assegnazione (Allocation: vedi Cap-and-trade)

 

Azioni preventive (Early action)

Questo termine descrive le azioni messe in opera prima dell’adozione di misure o politiche vincolanti. Ad esempio, in alcuni paesi, il legislatore promuove l’efficienza energetica assicurando un maggiore numero di permessi di emissione ai produttori che dimostrano di aver già ridotto le proprie emissioni prima dell’entrata in vigore del sistema cap-and-trade.

 

Cap-and-trade

I sistemi cosiddetti cap-and-trade si basano su una normativa di limitazione delle emissioni (cap, cioè blocco, limite) e un contemporaneo  mercato (trade, negoziazione) delle quote di emissione consentite ai diversi soggetti.

In questi sistemi, i soggetti obbligati sono tenuti per legge a diminuire le proprie emissioni, o in alternativa, se lo considerano più conveniente, ad acquistare attraverso le istituzioni preposte, corrispondenti “crediti di emissione”, che assumono diversi nomi a seconda del paese e del sistema che si analizza (carbon credit, crediti, certificati, quote, contratti, ecc.)

 

L’impianto degli schemi cap-and-trade consiste nell’attribuire ai diversi soggetti (in primo luogo ai grandi “emettitori” industriali e del settore energetico) una quota di emissioni consentite, le cosiddette allowance, mettendo poi a disposizione gli strumenti di mercato necessari ad effettuare scambi e contrattazioni (offset). Gli obiettivi si raggiungono abbassando via via  le quote consentite: gli emettitori che non riescono a migliorare le proprie performance, grazie a nuove tecnologie o al ricorso a fonti energetiche rinnovabili, ricorreranno all’acquisto di carbon credit sul mercato, ai prezzi che il mercato stesso determinerà.

 

Il Protocollo di Kyoto è impostato secondo regole cap-and-trade: specifica gli obiettivi di riduzione per le varie tipologie di paesi (distinti in industrializzati e non industrializzati) e predispone meccanismi internazionali di scambio e compensazione, i cosiddetti “meccanismi flessibili”, di cui il più importante è l’Emission trading.

Il sistema europeo deriva dal Protocollo di Kyoto ed è quindi strutturato secondo la logica cap-and-trade: esistono cioè obblighi provenienti dalle Direttive Europee, poi diversamente applicati nei singoli paesi. Si tratta comunque di mercati “amministrati”, in cui convivono normative di limitazione e logiche di domanda-offerta.

 

Carbon price

Il “prezzo del carbonio” descrive quanto costa, nei diversi sistemi economici e nelle diverse realtà geografiche, creare una tonnellata di gas serra. Il carbon price può essere decretato da tassazioni (vedi carbon tax), oppure via via stabilito da meccanismi di mercato, come nel cap-and-trade. Oppure da una combinazione dei due approcci.

L’obiettivo di tutte le contrattazioni multilaterali (come il Cop 15 di Copenhagen) è quello di stabilire regole – quanto possibile eque – perché tutte le nazioni si facciano carico di un carbon price sufficientemente alto da far scendere le emissioni globali. Ma contemporaneamente è obiettivo comune mettere a punto e facilitare l’introduzione di strategie, tecnologie, processi produttivi, e comportamenti in grado di ridurre le emissioni pagando prezzi inferiori a quello del carbonio.

Dunque il carbon price indica la “tassa da pagare” per avere il diritto di emettere gas serra e – contemporaneamente – la soglia sotto la quale devono attestarsi in termini di costo le energie rinnovabili e i benefici dell'efficienza energetica, per essere vincenti in termini di mercato.

 

Carbon sink

La traduzione letteraria è “bacino” o “serbatoio”, ma il significato inglese è più ampio ed è entrato nell’uso comune, soprattutto quando l’argomento è quello delle emissioni di  CO2. Il sink è qualunque attività, meccanismo o processo in grado di rimuovere dall’atmosfera i gas serra, i gas precursori e gli aerosol. Il più importante sink naturale è costituito dalle foreste e dai boschi, grazie al meccanismo della fotosintesi, seguito dai suoli e dagli oceani.

 

Carbon tax

Un concetto strettamente anglosassone, che non trova sempre precisi corrispondenti nella realtà di paesi diversi. Ci si riferisce qui alle “tasse sul carbonio” per indicare specifiche imposizioni fiscali che hanno come scopo quello di ridurre le emissioni (tasse di scopo). Spesso, vengono citate le alte tassazioni europee sui carburanti come esempi di carbon tax. Resta sottinteso, nell’accezione anglosassone, che gli introiti di tali tasse debbano essere utilizzate per perseguire finalità ambientali, e cioè ulteriori abbattimenti delle emissioni. La logica di imposizione fiscale sui combustibili fossili in Europa non ha invece questa motivazione e questo scopo. Resta comunque vero che qualunque tassazione sulle risorse fossili o sui processi industriali che vi fanno ricorso ha, alla fine, un effetto dissuasivo su questo tipo di consumo.

 

Emissioni antropogeniche

Emissioni di gas climalteranti provocate dall’attività umana. Comprendono anche i cosiddetti “precursori”, che hanno effetti indiretti sul clima, e gli aerosol.

 

Emissioni consentite (Emission allowance: vedi Cap-and-trade)

 

Emission trading

La commercializzazione delle emissioni è lo strumento di mercato con il quale si mira alla loro diminuzione. Gli operatori che emettono meno di quanto è loro consentito possono cedere i propri crediti in eccesso ad altri operatori che hanno più emissioni di quelle concesse. Attualmente è attivo un programma europeo vincolante, basato sul sistema cap-and-trade derivato dal Protocollo di Kyoto (European Union Emissions Trading Scheme, Eu-Ets) e un programma volontario con base a Chicago (Chicago Climate Exchange, Ccx).

 

Gas serra (Greenhouse gases, Ghg)

Sono tutti i gas atmosferici che causano cambiamenti climatici in quanto intrappolano il calore solare all’interno dell’atmosfera terrestre, appunto provocando un effetto serra. Una parte di questi gas è di origine naturale, ma una parte crescente di questi gas è direttamente o indirettamente collegabile alle attività umane. I gas che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico sono: l’anidride carbonica che proviene dalla combustione dei carburanti fossili e contribuisce per il 73,5% delle emissioni globali, il metano che conta per il 16,8% delle emissioni e il protossido di azoto che pesa per l’8,7%. A questa lista vanno aggiunti alcuni altri gas che pur essendo emessi in piccole quantità hanno un effetto molto forte (per intenderci e a titolo d’esempio: l’effetto su un arco di cento anni dell’emissione di una tonnellata di metano equivale a quello di 25 tonnellate di anidride carbonica sullo stesso periodo; similmente su un arco di cento anni l’effetto dell’emissione di una tonnellata di protossido di azoto equivale a quella di 298 tonnellate di anidride carbonica, ma l’emissione di una sola tonnellata di un certo indrofluorocarburo, HFC-23, equivale a 14.800 tonnellate di CO2).

 

Misure complementari (Complementary policies)

Questo termine racchiude l’insieme delle misure, norme, obblighi, regolamenti che, messi in opera per ridurre le emissioni, non appartengono alla famiglia degli strumenti economici. Ad esempio, l’obbligo per i produttori di energia elettrica di fornire una certa percentuale di energia da fonte rinnovabile costituisce una misura complementare.

 

Mitigazione (Mitigation)

Le strategie per affrontare il cambiamento climatico vengono generalmente distinte in misure di adattamento e misure di mitigazione. Le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici sono quelle volte direttamente alla diminuzione delle emissioni e all’aumento dei carbon sink, cioè dei serbatoi, di CO2.

 

Modelli, previsioni, scenari

Gli scienziati ricorrono a modellizzazioni del clima e dell’atmosfera per capirne i funzionamenti. Sulla base di questi modelli vengono costruite previsioni, con diversi scenari di sviluppo. Questi strumenti servono anche a capire quali diminuzioni di emissioni sono necessarie per scongiurare alcuni effetti molto pericolosi che si possono verificare, ad esempio, con l’aumento di 2 gradi centigradi della temperatura media della superficie terrestre rispetto all’epoca preindustriale.

 

Sequestro e immagazzinamento del carbonio (Carbon capture and storage, Ccs)

Procedimento attraverso il quale l’anidride carbonica viene separata e sequestrata (ad esempio durante un processo produttivo) e immagazzinata (ad esempio pompandola sotto terra).

 

Stabilizzazione

Punto in cui un fenomeno in grado di apportare un sensibile cambiamento a tutto il sistema si stabilizza, cioè si presenta costante. In termini di cambiamento climatico, i fenomeni in questione sono la concentrazione di CO2 in atmosfera e la temperatura. Nei diversi scenari si prefigurano quindi i tempi e i modi della stabilizzazione dell’anidride carbonica e della stabilizzazione della temperatura.

 

Contesto del Protocollo di Kyoto e della contrattazione multilaterale

 

Premesse:

  • L' Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) è l’organismo scientifico internazionale fondato nel 1988 dalla World Meteorological Organization e dall’Environment Programme dell’Onu per garantire una fonte di informazione neutrale e oggettiva sui cambiamenti climatici. Pubblica report periodici di valutazione, validati e approvati da governi ed esperti. È l’organismo che, con i suoi rapporti più recenti, ha messo al centro dell’interesse globale la questione climatica.
  • La United Nations Framework Convention on Climate Change — Unfccc (Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici) è stata adottata il 9 maggio 1992, durante l’Earth Summit di Rio de Janeiro, la Conferenza delle Nazioni unite su ambiente e sviluppo. Stabilisce i criteri generali per la stabilizzazione dei gas serra e la prevenzione delle interferenze delle attività umane sul sistema climatico. È sottoscritta da 190 paesi.
  • Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale vincolante, che impegna 37 paesi e l’Unione europea a ridurre collettivamente del 5% – rispetto ai livelli del 1990 – le emissioni di gas serra nel periodo 2008/2012. È stato ratificato nel 1997 sotto l’egida della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) nella Terza Conferenza delle Parti (Cop3) che si è tenuta a Kyoto; è stato, a oggi, sottoscritto da più di 180 nazioni ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
  • Le Conferenze delle Parti (Conference of the Parties, Cop), in sigla Cop, sono incontri regolari tra le delegazioni dei governi che hanno sottoscritto l'accordo internazionale, per controllarne l’evoluzione e le possibili revisioni. La 15° Conferenza quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) si tiene a Copenaghen dal 7 al  18 dicembre 2009.

Clean development mechanism (Cdm)

È il meccanismo previsto dal Protocollo di Kyoto che consente ai paesi industrializzati di conteggiare, nei propri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni, anche quelle ottenute attraverso progetti di investimento in paesi in via di sviluppo che vanno nella direzione della riduzione delle emissioni.

 

Diritti allo sviluppo nell'ambito della riduzione dei gas serra (Greenhouse development rights)

Nel contesto degli obblighi del Protocollo di Kyoto, è riconosciuto il principio che tutte le nazioni hanno diritto di ridurre la povertà, garantire la sicurezza alimentare e arrivare a buoni tassi di alfabetizzazione. In pratica, è riconosciuto il diritto di accedere allo sviluppo.

Le nazioni e le collettività al di sotto di certe soglie di reddito sono quindi escluse dallo scenario delle riduzioni di gas serra.

 

Joint implementation (Ji)

È il meccanismo previsto dal Protocollo di Kyoto che consente ai paesi industrializzati di investire in progetti di riduzione delle emissioni in altri paesi industrializzati (analogamente a quanto prevede il Clean Development Mechanism rispetto ai paesi in via di sviluppo). Molti progetti Ji si svolgono nell’Europa dell’Est.

 

Paesi degli Allegati (Annex Countries)

Gruppi di nazioni con diversi obblighi nei confronti degli accordi internazionali sul clima.

L’Allegato 1 della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici elenca 36 nazioni industrializzate o con economia in transizione che hanno sottoscritto un impegno non vincolante di ridurre le emissioni di gas climalteranti al livello del 1990 (come obiettivo collettivo).

L’Allegato 2 comprende i paesi che si sono impegnati a intervenire in aiuto ai paesi in via di sviluppo attraverso assistenza tecnologica, finanziaria e altre forme di intervento.

L’Allegato B enumera i 39 paesi industrializzati o con economia in transizione cui sono stati assegnati dal Protocollo di Kyoto obiettivi vincolanti di diminuzione delle emissioni entro il 2012.

L’Allegato 1 e l’Allegato B sono analoghi, e spesso citati l’un per l’altro. Ma, per essere precisi, solo i paesi dell’Allegato 1 possono investire nei progetti del Clean Development Mechanism e della Joint Implementation e ospitare progetti Ji. Mentre solo i paesi non elencati nell’Allegato 1 possono ospitare progetti Cdm. È quindi nata, per esclusione, la categoria “non-Allegato 1” (not Annex 1) che comprende i paesi più vulnerabili al cambiamento climatico.

 

Unità di riduzione delle emissioni (Emission reduction unit, Eru) e unità di riduzione delle emissioni certificata (Certified emission reduction units, Cers).

L’unità di riduzione utilizzata per i calcoli sulle emissioni è il metro cubo di anidride carbonica equivalente, abolita o sequestrata. Con il Clean Development Mechanism e il Joint Implementation i paesi ottengono delle unità di riduzione certificata che possono essere conteggiate nei propri obiettivi nazionali.

 

Utilizzo dei suoli, variazione dell’utilizzo dei suoli, forestazione (Land use, Land use change, Forestry, Lulucf )

L’utilizzo dei suoli designa le particolari attività che hanno luogo sul singolo appezzamento di terreno: pascolo, attività forestali, tessuto urbano ecc.

 

Le variazioni nell’utilizzo dei suoli possono comportare notevoli modifiche anche nelle emissioni di gas serra, ad esempio nel caso di conversione di una foresta in zona agricola. Le modalità di utilizzo dei suoli sono quindi un’importante variabile di cui tener conto nei negoziati sul clima e nelle politiche di riduzione delle emissioni.

 

Misurazioni e indicatori

 

Anno base, dato base (Baseline)

Momento o livello da cui si parte per successive misurazioni o confronti.

Ad esempio, il Protocollo di Kyoto chiede una riduzione del 5% delle emissioni provocate dall’uomo, rispetto ai valori del 1990 (anno base), nel periodo 2008/2012.

 

L’Unione Europea si è unilateralmente data, sempre con riferimento ai valori del 1990, un obiettivo di riduzione del 20%.

ATTENZIONE: Gli Usa, l’India e la Cina – che non hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto – tendono a basare le loro promesse di riduzione a partire dall’anno 2005. E’ quindi impossibile confrontare le percentuali europee con quelle presentate da altri paesi, se non ricorrendo a calcoli specifici.

 

CO2 e CO2 equivalenti

L’anidride carbonica è il principale gas serra, emesso sia dai naturali cicli biologici sia per effetto delle attività produttive umane. Per facilità di calcolo e di confronto, anche altri gas serra vengono equiparati alla CO2, attraverso un coefficiente di potenziale di riscaldamento.

 

Concentrazione in atmosfera

Misura utilizzata dagli scienziati del clima per misurare il livello di gas serra nell’atmosfera, controllare i trend e fare previsioni. Di solito ci si riferisce a parti di anidride carbonica per milione.

 

Intensità di CO2 e CO2 pro capite

Sono due tipi di indicatori che facilitano i confronti tra diverse situazioni, quando non risulta utile ricorrere al dato delle emissioni totali. L’intensità di CO2 misura le emissioni rispetto a ogni unità di Pil, mentre il dato pro capite misura il valore medio emesso da ogni abitante. Ad esempio: la Cina ha recentemente raggiunto il primo posto nelle emissioni totali, ma è agli ultimi posti nel valore pro capite.

ATTENZIONE:

La Cina e l’India si presentano a Copenhagen con obiettivi di riduzione di intensità di CO2, e non con obiettivi di riduzione assoluta. Le percentuali sono quindi assolutamente non confrontabili con quelle del Protocollo di Kyoto, e neppure con quelle Usa.

Poiché l’intensità di CO2 è agganciata al Pil, dunque alla produzione, gli obiettivi di riduzione si riferiscono al raggiungimento di una migliore efficienza energetica del complesso dell’economia.  

 

Potenziale di riscaldamento globale (Global warming potential, Gwp)

È la misura della potenza di un gas serra correlata alla sua prevista durata nell’atmosfera. Viene espresso in CO2 equivalenti, per consentire confronti tra diversi gas.

 

Temperatura di superficie (globale)

È una stima della temperatura dell’aria come media globale, che statisticamente appiattisce le piccole variazioni quotidiane e stagionali, e misura solo i cambiamenti anomali. È espressa come combinazione della temperatura delle terre e dei mari.

 

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