Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Tar Piemonte

Tar Piemonte, I Sezione - 4 settembre 2009 n. 2258

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 1342 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Legambiente — Associazione ambientalista nazionale, (...);

contro

Azienda consortile ecologica del monregalese — Acem di Mondovì, in persona del Presidente pro tempore del Consiglio di Amministrazione, rappresentata e difesa dagli avv. Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio eletto presso il loro studio in Torino, corso Montevecchio, 68;

Comune di Ceva;

Comune di Mondovì;

Comune di Villanova Mondovì;

Comune di Dogliani;

 

per l'annullamento

della deliberazione dell'Assemblea Consortile Ecologica del Monregalese — Acem — di Mondovì n. 11 in data 25.6.2008, pubblicata all'Albo pretorio Acem dal 4.7.2008 al 19.7.2008, avente ad oggetto: "Approvazione bilancio preventivo esercizio 2008 e Piano Programma pluriennale 2008/2010 — determinazione della tariffa di smaltimento rifiuti indifferenziati 2008";

della deliberazione dell'Assemblea dell'Azienda Consortile Ecologica del Monregalese — Acem di Mondovì n. 12 in data 25.6.2008, pubblicata all'Albo pretorio Acem dal 4.7.2008 al 19.7.2008, avente ad oggetto: "Esame ed approvazione bilancio consuntivo esercizio 2007";

nonché per l'annullamento

degli atti tutti antecedenti, preordinati, conseguenziali e comunque connessi del relativo procedimento, allo stato non noti;

nonché, con motivi aggiunti di ricorso,

per l’annullamento

della deliberazione dell'Assemblea dell'Azienda Consortile Ecologica del Monregalese — Acem di Mondovì n. 29 in data 10.12.2008, pubblicata all'Albo pretorio Acem dal 22.12.2008 al 5.1.2009, avente ad oggetto: "Approvazione del bilancio preventivo 2009 e piano pluriennale 2009/2011".

Visto il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda consortile ecologica del monregalese — Acem di Mondovì;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/7/2009 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

Fatto

Con ricorso giurisdizionale notificato in data 28 ottobre 2008, l’Associazione ambientalista Legambiente e cinque privati cittadini, residenti in comuni della Regione Piemonte, contestano la legittimità della deliberazione n. 11 del 25 giugno 2008, con cui l’assemblea dell’Azienda consortile ecologica del monregalese – Acem – di Mondovì ha approvato il bilancio preventivo per l’esercizio 2008, il piano pluriennale 2008-2010 e ha determinato la tariffa di smaltimento dei rifiuti indifferenziati per il 2008.

L’impugnativa giurisdizionale investe anche la deliberazione assembleare n. 12 in pari data, con cui è stato approvato il bilancio consuntivo dell’esercizio 2007.

Acem è l’azienda consortile che, ai sensi della legge regionale Piemonte n. 24 del 24 ottobre 2002, svolge le funzioni amministrative di organizzazione in forma associata dei servizi di gestione dei rifiuti urbani.

Il relativo bacino comprende 87 comuni del monregalese (provincia di Cuneo) che, in grande maggioranza, applicano la tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani; solo quattro di essi, fra i più densamente popolati, sono passati da alcuni anni all’applicazione della tariffa.

Ciò premesso, il gravame giurisdizionale si fonda su un motivo di ricorso formalmente unico, così articolato: “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artticoli 3, 219, 221, 224 e 238 del Dlgs n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione al Dpr n. 158/1999; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione all’art. 61, Dlgs 507/1993; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione alla l.r. n. 24/2002; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità, travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990); sviamento”.

Queste, in dettaglio, le censure di legittimità proposte dalla parte ricorrente:

I) L’Acem non avrebbe perseguito, mediante i provvedimenti impugnati, gli obiettivi imposti dalla legge per l’utilizzo dei contributi Conai che, anziché essere ripartiti fra i comuni consorziati in proporzione alla raccolta differenziata degli imballaggi effettuata, sarebbero stati utilizzati per abbassare o calmierare i costi della tariffa di smaltimento dei rifiuti indifferenziati, in violazione delle regole e delle finalità previste dal codice dell’ambiente

II) Tali profili di illegittimità si tradurrebbero nell’invalida determinazione della tariffa di igiene ambientale che, nel caso dei quattro comuni che hanno abbandonato il sistema della tassa, sarebbe stata erroneamente calcolata considerando anche i costi relativi alla raccolta dei rifiuti di imballaggio coperti dal Conai, nonostante le difforme prescrizioni dettate dal d.P.R. n. 158 del 1999.

III) La tariffa sarebbe viziata anche a causa del’erroneo riparto delle quote di ammortamento fra i singoli comuni, attuato secondo criteri non rispettosi del principio “chi inquina paga” e volti, invece, alla distribuzione indiscriminata dei costi fissi, con sostanziale penalizzazione dei residenti nei comuni che producono meno rifiuti.

IV) Sarebbe stato erroneamente attribuito, inoltre, il premio per la raccolta della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), in favore del comune che aveva avviato al ricupero il maggior quantitativo di rifiuti in termini assoluti e non in rapporto al numero degli abitanti.

V) Infine, nonostante nel bilancio preventivo 2007 fosse stata inserita nella tariffa dei rifiuti indifferenziati la voce “smaltimento frazione secco-leggera” (ossia il ricavo derivante da quanto corrisposto in tariffa dai singoli comuni per la termolavorizzazione della frazione secco-leggera dei rifiuti indifferenziati), tale voce non compare più nel bilancio consuntivo e sarebbe stata “dirottata”, quindi, per coprire altri costi, in particolare per i costi di gestione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti sito nel comune di Magliano Alpi.

Nella sostanza, le doglianze proposte dalla parte ricorrente risultano tese a contestare le scelte di bilancio operate dall’amministrazione intimata, giudicate divergenti dall’obiettivo, sancito dalla legislazione vigente, di promozione e incentivazione della raccolta differenziata dei rifiuti, ma tali da condurre addirittura, secondo le valutazioni dei ricorrenti, ad un risultato antitetico, sfavorevole agli enti locali che tale modalità di raccolta attuano più compiutamente.

Per tali ragioni, gli esponenti instano conclusivamente per l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si è costituita in giudizio l’Acem, opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato, è stata estesa l’impugnazione alla deliberazione n. 29 del 10 dicembre 2008, con cui l’assemblea dell’A.C.E.M. ha approvato il bilancio preventivo per l’esercizio 2009 e il piano pluriennale 2009-2011.

Tale atto, ad avviso dei deducenti, riprodurrebbe le scelte operate con i precedenti documenti contabili e sarebbe, pertanto, affetto dai medesimi vizi di legittimità denunciati con riguardo a questi ultimi.

Inoltre, la deliberazione impugnata con motivi aggiunti sarebbe affetta da vizi propri di legittimità, denunciati con il seguente motivo di ricorso: “Violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione agli artt. 3, 219, 221, 224 e 238 del Dlgs n. 152/06; violazione di legge e/o erronea interpretazione ed applicazione in relazione alla l.r. n. 24/2002; eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità; travisamento, contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione (dedotta altresì come violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990); sviamento”.

La censura si riferisce ai criteri, asseritamente non chiari e incompleti, utilizzati per attribuire ai comuni un “benefit” per l’incentivazione del compostaggio domestico, nell’intento di ridurre la quantità dei rifiuti indifferenziati da smaltire.

Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, l’amministrazione resistente ha articolato le proprie difese, proponendo eccezioni di rito e di merito.

Anche la parte ricorrente ha depositato una memoria difensiva.

Chiamato alla pubblica udienza del 16 luglio 2009, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.

Diritto

1) Con il ricorso introduttivo del presente giudizio e con i motivi aggiunti, è posta in contestazione la legittimità dei provvedimenti con cui l’Acem di Mondovì (Azienda consortile ecologica del monregalese) ha approvato i fondamentali documenti contabili relativi agli ultimi esercizi finanziari (bilancio preventivo per il 2008 e il 2009, piano pluriennale 2008-2010 e 2009-2011, bilancio consuntivo 2007) nonché determinato la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati.

Le censure formulate dalla parte ricorrente, di cui si è reso conto nelle premesse, sono tese a denunciare una serie di scelte inerenti la ripartizione dei costi e dei ricavi fra i comuni consorziati – con riferimento all’utilizzo dei contributi Conai, al riparto delle quote di ammortamento dell’impianto consortile di smaltimento dei rifiuti, del premio per la raccolta della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, ecc. – secondo modalità ritenute contrastanti con la normativa di riferimento e prodotto di una politica gestionale non protesa al doveroso obiettivo di promuovere e incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti, come testimoniato dalle tariffe approvate che, secondo i deducenti, finirebbero per penalizzare i comuni che attuano correttamente tale raccolta.

2) Prima di scrutinare nel merito le censure di legittimità dedotte dalla parte ricorrente, occorre soffermarsi sulle eccezioni di rito proposte dalla difesa dell’Acem e prevalentemente riferite alla carenza di legittimazione attiva dei singoli ricorrenti.

3) Con riferimento alla posizione di Legambiente, va preliminarmente osservato, in accordo con i rilievi dell’eccepiente, che, nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti, l’Associazione non individua gli elementi che fonderebbero la sua legittimazione ad impugnare gli atti dell’Acem.

Si deve comunque escludere che tale condizione dell’azione possa radicarsi sulle disposizioni normative (artt. 13 e 18 della legge n. 349 del 1986) le quali riconoscono una speciale legittimazione ai soggetti che abbiano tra i propri fini istituzionali la tutela dell'ambiente e che, in virtù della loro qualificazione, sono normativamente individuati, attraverso un particolare procedimento demandato all'amministrazione centrale dello Stato.

In materia, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che tale eccezionale legittimazione processuale viene delimitata con riferimento alla qualificazione dell'interesse sostanziale fornita dalla legge, cosicché l'interesse in materia ambientale si radica in capo alle associazioni di protezione riconosciute, determinandone la legittimazione ad agire, nella misura in cui assume rilevanza giuridica in forza della previsione normativa (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 3 dicembre 2003 , n. 1979).

L'interesse all'ambiente, perciò, assume qualificazione normativa con riferimento e nei limiti tracciati dalle fonti legislative intese a identificare beni ambientali in senso giuridico ed a tale estensione oggettiva dell'interesse va necessariamente rapportata la sua titolarità, cioè la legittimazione ad agire, in capo alle associazioni ambientaliste.

In ogni caso, viene richiesto, in ragione della eccezionalità della legittimazione riconosciuta alle associazioni predette, che i provvedimenti che si intende impugnare ledano in modo diretto e immediato l'interesse all'ambiente (cfr., ex multis, T.A.R Liguria, sez. I, 1° agosto 2007, n. 1426).

Inoltre, dalla rilevata stretta correlazione tra estensione oggettiva dell'interesse all'ambiente ed ambito di legittimazione, discendevano, almeno prima dell’entrata in vigore dell'art. 310, comma 1, del DlgsDlgs 3 aprile 2006 n. 152, i limiti di proponibilità delle censure, non essendo considerata configurabile la proposizione di motivi non riferiti alla violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente, ma atti solo a garantire in via strumentale, per effetto del conseguito annullamento, un effetto ritenuto utile ai fini della tutela dei valori ambientali (cfr., ex multis, T.A.R. Veneto, sez. I, 19 gennaio 2006, n. 97).

Tanto precisato, si rileva come dalle allegazioni contenute nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti non si evincano elementi atti a fondare, in aderenza alle coordinate disegnate dalla giurisprudenza, la legittimazione attiva dell’Associazione ricorrente.

Essa non denuncia, infatti, la diretta lesione di un bene ambientale in senso stretto, ma si limita a contestare talune scelte, di tipo economico-gestionale, che, secondo la prospettazione difensiva, penalizzerebbero i comuni più virtuosi, finendo per operare in senso antitetico all’incentivazione della raccolta differenziata dei rifiuti.

Va rilevato, peraltro, come l’incidenza di tali provvedimenti sull’ambiente (in senso lato) sia del tutto ipotetica e indiretta, tanto più che il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti è regolarmente attivo nei comuni del consorzio, e le censure all’uopo formulate non siano riferite alla violazione di specifiche norme di tutela ambientale, bensì a criteri di riparto dei costi fra i comuni aderenti che non hanno diretta attinenza con le ragioni di tutela per cui è riconosciuta ex lege la legittimazione delle associazioni di protezione ambientale.

L’omessa allegazione di un danno diretto all’ambiente non consente, in ultima analisi, di ritenere sussistente la speciale legittimazione di Legambiente, né a diverse conclusioni può pervenirsi in forza della previsione contenuta nel già citato art. 310 del codice dell’ambiente che, nel configurare una generale legittimazione delle associazioni di tutela ambientale, limita oggettivamente detta legittimazione all’impugnazione degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del codice medesimo, mentre le censure dedotte nella fattispecie afferiscono alle norme che regolano il servizio di gestione dei rifiuti e alla ripartizione dei relativi costi.

Nella memoria difensiva depositata il 4 luglio 2009, Legambiente precisa che la sua legittimazione ad impugnare gli atti contestati deve ricollegarsi ai propri scopi statutari e, in particolare, alla previsione statutaria, richiamata senza indicazione degli estremi, secondo cui l’Associazione “opera per la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente” e promuove “stili di vita, di produzione e di consumo … improntati all’ecosviluppo e alla tutela dei consumatori, ad un equilibrato e rispettoso rapporto tra gli esseri umani, gli altri esseri viventi e la natura”.

Tale richiamo, peraltro, non è sufficiente, poiché la ricorrente ha omesso di depositare una copia dello statuto, adempimento comunque inderogabile per verificare, nonostante la notorietà della ricorrente medesima, l’effettiva incidenza dei provvedimenti impugnati nella sfera di interessi di cui essa si afferma portatrice.

Per tali ragioni, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione attiva in capo a Legambiente.

4) Quanto alle posizioni delle persone fisiche che hanno proposto il ricorso, l’amministrazione resistente propone eccezioni diversificate.

4.1) Va esaminata, in primo luogo, la condizione del signor Michele Bertolino che ha sottoscritto il ricorso e i motivi aggiunti nell’asserita qualità di residente nel Comune di Vicoforte, cioè uno dei comuni aderenti al consorzio.

Tale qualità, peraltro, non è comprovata documentalmente né si rinvengono in atti elementi idonei a configurare il signor Bertolino quale destinatario degli effetti dei provvedimenti che impugna.

A fronte delle puntuali contestazioni della parte resistente, perciò, la persona fisica non ha fornito prova alcuna circa le condizioni che dovrebbero costituire presupposto della sua legittimazione al ricorso e tale omissione comporta, secondo i principi, l’inammissibilità del gravame.

4.2) Diverso è il caso degli altri ricorrenti, i signori Cagliero, Danna, Gallo e Virtuoso, tutti residenti in comuni aderenti al consorzio.

Essi hanno conferito la procura speciale al difensore con distinti atti in data 16 ottobre 2008 (Cagliero e Danna) e 23 ottobre 2008 (Gallo e Virtuoso), entrambi con autentica di firme del notaio Birone di Mondovì.

Il testo dei due atti, nella parte di specifico interesse, è identico e reca: “Le/i sottoscritte/i … nominano e costituiscono in loro speciali procuratori e per quanto infra generali l’avvocato … affinché i medesimi propongano ricorso al T.A.R. Piemonte per l’annullamento della deliberazione dell’Assemblea dell’Azienda Consortile Ecologica del Monragalese – ACEM di Mondovì numero 5 in data 25 giugno 2008, nonché di ogni altro atto, anteriore e successivo, comunque connesso, quali indicati nell’epigrafe del ricorso medesimo”.

Le deliberazioni adottate il 25 giugno 2008 dall’assemblea dell’Acem e impugnate con il ricorso introduttivo, però, non recano il numero 5, bensì i numeri 11 e 12.

Ciò premesso — pur rifuggendo da inutili formalismi e considerando il canone che impone di interpretare la procura alle liti nel rispetto della regola della conservazione del negozio – va osservato come gli atti di conferimento del mandato ai difensori non contengano elementi atti ad accertare l’effettiva portata della volontà dei sottoscrittori e di ricollegarli al ricorso successivamente notificato.

Nel caso in cui la procura "ad litem" non sia rilasciata in calce o in margine al ricorso, infatti, essa deve contenere l’indicazione specifica del suo oggetto e degli elementi identificativi dei provvedimenti da impugnare.

L’erronea indicazione degli estremi di tali provvedimenti non comporta necessariamente l’inidoneità della procura, a condizione che essa contenga ulteriori riferimenti, quale un sintetico accenno al contenuto degli atti che si contestano, che consentano di connetterla concretamente ai provvedimenti impugnati con il ricorso.

Nel caso in esame, le accennate condizioni non possono ritenersi sussistenti, dal momento che gli atti di conferimento del mandato ai difensori, non solo individuano erroneamente gli estremi dei provvedimenti impugnati, ma non contengono alcun ulteriore riferimento sufficiente per ricostruire l’effettiva volontà delle parti di impugnare questi e non altri atti adottati dall’assemblea dell’Acem. Né tale carenza può essere colmata attraverso il riferimento all’impugnativa “di ogni altro atto, anteriore e successivo, comunque connesso, quali indicati nell’epigrafe del ricorso medesimo”, trattandosi di mera clausola di stile, come tale inidonea a testimoniare l’effettiva volontà del sottoscrittore.

Tale insuperabile condizione di incertezza determina l’inammissibilità dell’impugnazione.

5) In conclusione, nessuno dei ricorrenti risulta fornito della necessaria legittimazione ad impugnare.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Si ravvisano, comunque, giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite fra le parti costituite.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 16/7/2009 con l'intervento dei magistrati: (omissis)

Depositata in segreteria il 4 settembre 2009

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