Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Tar Sicilia

Sentenza 20 marzo 2009, n. 540

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

Sul ricorso numero di registro generale 2299 del 2006, e successivi motivi aggiunti, proposto da:

(omissis);

contro

-L'Agenzia regionale rifiuti e acque, (...);

nei confronti di

— (omissis);

— (omissis);

— (omissis);

— (omissis);

 

Sul ricorso numero di registro generale 1436 del 2007, e successivi motivi aggiunti, proposto da:

(omissis);

contro

-l'Assessorato reg.le del territorio e dell'ambiente, in persona dell'Assessore p.t.,

-l'Agenzia regionale rifiuti e acque, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata per legge in Palermo, via A. De Gasperi 81;

nei confronti di

(omissis)

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 2299 del 2006:

— del decreto n. 93 del 3 agosto 2006, con cui l'Agenzia intimata ha rilasciato alla ricorrente ...."l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 210 del Dlgs n.152/2006 all'esercizio delle operazioni di trattamento (D9), nell'impianto biologico consortile della ricorrente, dei rifiuti costituiti dalla acque contaminate identificate con il codice CER 191307 ...provenienti dalla falda superficiale sottostante l'area dell'impianto IAS, per un quantitativo di 30 mc/h e per un quantitativo di 250 mc/h, provenienti dalle operazioni di messa in sicurezza e bonifica ...previo trattamento nell'impianto RAS della ...Società ERG e successivo invio all'impianto biologico consortile IAS.",

— di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e consequenziale ancorché non conosciuto,

e con motivi aggiunti:

-del decreto n.108/SRB dell'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque del 31/10/2007, notificato il 2/11/2007;

quanto al ricorso n. 1436 del 2007:

-del provvedimento adottato dall'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente Dipartimento Territorio e Ambiente, con nota prot. n. 24767 del 30 marzo 2007, notificato il 23/4/07, con il quale l'Assessorato dopo aver rilevato che le attività di trattamento di rifiuti pericolosi costituiti da acque contaminate "rientrano tra le tipologie progettuali di cui alla lettera i) dell'Allegato A al Dpr 12/04/1996 e ss.mm.ii." ha chiesto all'IAS di attivare la procedura di Via ex articolo 5 del Dpr 12/04/1996 e ss.mm.ii., avendo cura di rispettare le indicazioni di cui alla Circolare A.R.T. del 10/02/2005",

e con motivi aggiunti:

-del provvedimento dell'Assessorato Reg.le Territorio ed Ambiente, Dipartimento Terr. e Ambiente, Servizio 2/VAS – Via prot. 48290 del 26/6/07, pervenuto alla Industria Acqua Siracusana il 9/7/2007.

Visto il ricorso R.G.2299/06 ed i successivi motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia Regionale Rifiuti e Acque;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di (omissis);

Vista l'ordinanza n.1644 del 28/9/07 di rigetto della domanda cautelare proposta avverso il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo;

Visto l'ulteriore ricorso R.G.1436/07 ed i successivi motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Reg.Le del Territorio e dell'Ambiente;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia Regionale Rifiuti e Acque;

Vista l'ordinanza n.1645 del 28/09/07 di rigetto della domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/12/2008 il dott. (...) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

Fatto

L'Industria Acqua Siracusana S.p.A.(d'ora innanzi "IAS") è una società consortile che gestisce l'impianto biologico di depurazione che fa capo al Consorzio per l'Area di Sviluppo industriale di Siracusa. Nell'impianto in parola vengono altresì convogliati, a mezzo di un unico collettore, anche tutti i reflui, sia civili che industriali, provenienti dai comuni e dagli insediamenti industriali produttivi presenti nel contesto del territorio dell'A.S.I. di Siracusa.

Atteso che quello di Priolo Gargallo è stato individuato dal D.M. 468/01 quale "sito di interesse nazionale" ai fini della disciplina alla bonifica dei siti contaminati, l'Industria Acqua Siracusana, unitamente ad altre società – in atti meglio individuate – hanno attivato, ciascuno in relazione al proprio sito, dei sistemi di sbarramento idraulico delle falde sotterranee contaminate a mezzo di pozzi di emungimento. In particolare, le acque emunte dalla I.A.S. sono avviate in testa all'impianto di depurazione ove confluiscono miscelandosi con le altre acque reflue provenienti dal collettore fognario. Tale attività è stata autorizzata con provvedimenti straordinari adottati dal Prefetto di Siracusa, previa verifica tecnica delle caratteristiche di tali acque. Analoga attività di emunzione delle acque è altresì svolta sia dall'(omissis) ed altre società insistenti nel medesimo contesto territoriale. In particolare, in ragione della interconnessione delle tubature a servizio delle suddette imprese, le acque emunte dalle stesse confluiscono, miscelandosi, nell'impianto "TAS" della (omissis) ove si effettua il recupero della frazione oleosa (attività quest'ultima autorizzata con provvedimenti straordinari sin dal 7/11/02). Terminato regime emergenziale, l'IAS ha chiesto all'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque (A.R.R.A.) il rilascio dell'autorizzazione al trattamento nell'attuale impianto di depurazione delle acque emunte dalla falda sottostante la propria area, mentre la (omissis), unitamente alla (omissis) e la stessa IAS, ciascuno per quanto di competenza, hanno chiesto alla medesima A.R.R.A. l'autorizzazione ad effettuare operazioni di trattamento delle acque di falda, provenienti dalle operazioni di messa in sicurezza svolte dalla medesima società presso l'impianto TAS, fino ad un massimo di 250mc/h e al recupero dei prodotti oleosi fino ad un mass. Di 10mc/h, per poi avviare tali acque all'impianto biologico consortile IAS nel rispetto dei limiti previsti dal contratto di utenza tra (omissis) e IAS.

Con decreto n.93/2006 l'Agenzia Reg,.le per le Acque e i Rifiuti ha rilasciato all'IAS l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 210 Dlgs 152/06 per l'esercizio di operazioni di trattamento (D9), nell'impianto di che trattasi, dei rifiuti costituiti dalle acque contaminate identificate con il codice CER 191307, con le modalità e i limiti nello stesso decreto meglio evidenziati.

Avverso il predetto decreto è stato proposto ricorso, notificato il 14/11/2006 e depositato il successivo 24/11/2006, in cui si articolano le seguenti censure:

1-Violazione di legge ex articolo 243 Dlgs 152/06

Ha errato l'amministrazione a qualificare le acque emunte provenienti dal sito IAS, nonché le altre provenienti dall'impppianto TAS della ERG, come "rifiuti liquidi", così sottraendone la disciplina al diverso ambito degli scarichi idrici. Invero, quelle di cui si discute ed in ordine alle quali era stata avanzata la richiesta di autorizzazione, sono da considerare acque reflue e non rifiuti liquidi.

2-Violazione di legge ex articolo 74 co.1 lett.ff Dlgs 152/06

Nel caso di specie ricorrono comunque tutti gli estremi della nozione di "scarico" ai sensi della normativa invocata.

3-Eccesso di potere sotto diversi profili.

Le conclusioni cui giunge l'Amministrazione in relazione alla acque provenienti dall'impianto TAS sono contraddette dagli accertamenti tecnici compiuti in periodo emergenziale.

4— Eccesso di potere sotto ulteriori profili.

Sempre avendo riguardo alle acque provenienti dall'impianto TAS, l'applicazione della disciplina sui rifiuti non soddisfarebbe alcuna esigenza di tutela ambientale ulteriore rispetto a quella già prevista dall'applicazione della disciplina degli scarichi.

5-Eccesso di potere per difetto di istruttoria in relazione al codice CER attribuito alle acque emunte e ad alcune specifiche prescrizioni impartite.

Risulta errata l'attribuzione del codice CER 19.13.07* (erroneamente indicato in ricorso con codice CER.19.13.17), già adottata solo in fase di avvio del processo di emungimento solo quale misura precauzionale. Inoltre risulterebbe impossibile la prescrizione imposta con l'articolo 2 lett.b.

6-Violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità della stessa prescrizione.

La prescrizione si pone in contrasto con le pregresse acquisizioni tecniche, né se comprende l'utilità e le specifiche modalità per effettuare tutti i controlli prescritti.

Ha chiesto parte ricorrente l'annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione degli effetti, vinte le spese.

Alla camera di consiglio del 15/12/06 la domanda cautelare era rinviata al merito su istanza di parte.

Resistono le società Syndial S.p.A., Polimeri Europa S.pA., ed Eni S.pA. Div. Refining and Marketing.

Resiste l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo per l'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque.

Riproposta l'istanza cautelare, la stessa veniva rigettata alla camera di consiglio del 28/9/07, giusta ordinanza n.1644.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 2/1/2008 e depositato il 4/1/08 è stato impugnato, il nuovo provvedimento emesso dall'Agenzia Reg.le per i Rifiuti e le Acque n.108/SRB del 31/10/08, pervenuto alla ricorrente il 2/11/08, in cui si articolano sostanzialmente le stesse doglianze del ricorso introduttivo, sotto il profilo della illegittimità derivata, oltre la violazione di legge per difetto di motivazione espressamente riferita al nuovo provvedimento impugnato.

Con ulteriore ricorso r.g. 1436/07 la IAS ha impugnato, chiedendone l'annullamento previa sospensione degli effetti, il provvedimento adottato dall'Assessorato Reg.le Territorio ed Ambiente mercé il quale è stato chiesto alla stessa IAS di avviare la procedura Via ex articolo 5 Dpr 12/4/96 e ss.mm.ii.

Nel ricorso si articolano tre censure riconducibili alla violazione di legge per errata qualificazione delle acque emunte come rifiuti (prima doglianza), eccesso di potere per difetto di istruttoria in ordine al codice Cer attribuito alle acque in questione (seconda censura), violazione di legge in ordine alla richiesta postuma della Via .

Resiste l'Avvocatura dello Stato per entrambe le Amministrazioni intimate.

Con ordinanza collegiale n.1645 del 28/9/07 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Con ricorso per motivi aggiunti è stata impugnata l'ulteriore nota n.48290 del 26/6/2007 dell'Ass.to Reg.le Terr. e Ambiente deducendone vizi di illegittimità derivata, oltre che vizi propri.

Fissata la pubblica udienza di discussione del dicembre 2008 per entrambi i ricorsi, con memorie del 21/11/2008 l'Avvocatura dello Stato chiedeva il rigetto di entrambi i mezzi, sollevando profili di inammissibilità del ricorso principale R.G.2299/06.

Producevano memorie sia la società IAS ricorrente, sia (nel ricorso r.g.299/06) congiuntamente le controinteressate costituite.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2008, presenti i procuratori delle parti, come da verbale, entrambi i ricorsi sono stati assunti in decisione dal Collegio.

 

Diritto

Va disposta in primo luogo la riunione dei ricorsi in epigrafe per evidente connessione oggettiva, al fine di una contestuale definizione con un'unica sentenza.

In primo luogo deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo R.G.2299/06 sollevata dall'Avvocatura distrettuale dello Stato con la memorie del 21/11/2008. Il suddetto mezzo risulta infatti notificato all'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque anche nella sede del domicilio legale: il contraddittorio risulta quindi regolarmente instaurato avverso la suddetta amministrazione. Analoghe considerazioni valgono invero anche per il ricorso introduttivo R.G.1436/07, siccome il contraddittorio avverso l'A.R.R.A. risulta istaurato a mezzo di notifica tanto alla sede legale dell'Agenzia, quanto presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.

Costituisce oggetto principale della questione dedotta con il primo ricorso R.G.2299/06, i cui effetti si riverberano altresì nel secondo ricorso r.g.1436/07 qui riunito, la qualificazione come rifiuto o meno dei liquidi emunti dalle falde rispettivamente dalla ricorrente IAS e dalla intimata ERG nell'ambito dell'attività di bonifica del sito di rilevanza nazionale di Priolo Gargallo, siccome parte ricorrente ritiene che tali attività siano da ricomprendere nell'ambito della sola disciplina degli scarichi delle acque reflue.

Con la prima e la seconda censura, qui contestualmente esaminate, la I.A.S. contesta rispettivamente la violazione dell'articolo 243 e dell'articolo 77 co,1 lett.ff) Dlgs 152/06 ritenendo errata la qualificazione delle acque emunte quali rifiuti liquidi, siccome ricorrerebbero in specie altresì tutti gli estremi della nozione di "scarico".

Le censure sono da disattendere.

Occorre preliminarmente procedere ad una ricostruzione -quanto più esaustiva possibile— del dato normativo di riferimento, come desumibile essenzialmente dalle previsioni del Dlgs 152/06. A ciò si aggiunga la complessità della questione qui dedotta, che investe un impianto biologico consortile (quello dell'IAS) in cui, oltre alla normale attività già autorizzata, convergono oggi sia le acque emunte dalla IAS nella falda superficiale sottospante il proprio terreno, sia le acque emunte dalla altre imprese, sempre nell'ambito della bonifica del sito di rilevanza nazionale Priolo Garagallo, e in un primo tempo convogliate nell'impianto TAS (trattamento acque di superficie) della ERG. Il tutto in attesa della definizione dei lavori di completamento dell'impianto TAF (trattamento acque di falda), tanto che l'autorizzazione rilasciata, ed impugnata con il ricorso introduttiva R.G.2299/06, è valida fino al 31/7/07. Il "sistema" autorizzato con il provvedimento impugnato, melle more della ultimazione dell'impianto TAF, costituisce l'unica soluzione tecnicamente perseguibile e concretamente percorribile per le operaioni di disinquinamento, tenuto conto dei quantitativi emunti.Sul punto convergono anche le difese delle altre Società resistenti. Si osserva sin d'ora, comunque, che la sopravvenienza dell'ulteriore provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti non fa venire meno l'interesse alla coltivazione del ricorso introduttivo, siccome l'Amministrazione – su richiesta di riesame della IAS — si è limitata a rinnovare la precedente autorizzazione n93/06 mantenendone inalterati i contenuti precettivi qui avversati.

Costituisce punto incontroverso, desumibile dagli atti di causa, che le acque di falda di cui si discute, emunte nell'ambito dell'attività di disinquinamento del sito, risultano contaminate non soltanto da idrocarburi e da sostanze chimiche provenienti dalle lavorazioni industriale dei siti limitrofi, ma anche da sostanze chimiche ulteriori non presenti nelle lavorazioni industriali della zona, sentore questo di un preesistente inquinamento dei terreni soprastanti la falda.

In linea del tutto generale, sul piano normativo si osserva che mentre la Parte Terza del Dlgs 152/06 cit. contiene "Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche", prevedendo la disciplina degli scarichi ed il relativo regime autorizzatorio, la successiva Parte Quarta regolamenta la diversa e separata materia della gestione dei rifiuti e, ciò che maggiormente rileva in questa sede, la bonifica dei siti inquinati.

Ebbene, ai sensi dell'articolo 185, nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia (né tanto meno le modifiche apportate alla suddetta norma dall'articolo 2, comma 22, del Dlgs 16 gennaio 2008, n. 4 revocano in dubbio le osservazioni che seguono), la disciplina della parte IV Dlgs 152/06 non trova applicazione per gli scarichi idrici, esclusi i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue. Và inoltre considerato che si sensi del co.5 articolo 108 Dlgs 152/06, proprio in relazione alle acque reflue industriali (la cui definizione è contenuta al co.1 lett.h articolo 74), il legislatore ha previsto che "L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti". Tra le sostanza contenute nella predetta tabella spiccano, per quanto rileva in specie, gli "Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti" (Tabella 5 All.to 5 alla parte terza, n.12), che figurano come componenti significativi dei liquidi emunti dalle falde del sito da disinquinare. È quindi da disattendere l'assunto della parte ricorrente tendente ad escludere a priori, ai sensi dell'articolo 243 Dlgs 152/06, la riconduzione delle acque emunte in attività di disinquinamento della falda dal regime dei proprio dei rifiuti liquidi.

Ed invero si osserva ancora, a completamento ulteriore del quadro normativo, che l'allegato "D" alla parte quarta del Dlgs cit. contiene l'elenco dei rifiuti istituito conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/Cee relativa ai rifiuti e all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/Cee relativa ai rifiuti pericolosi di cui alla Decisione della Commissione 2000/532/Ce del 3 maggio 2000. Ebbene, con il codice 19.13.07* il legislatore individua chiaramente i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose: in specie, ai sensi del punto 3.4, i rifiuti contrassegnati nell'elenco con un asterisco "*" sono infatti rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 91/689/Cee e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva. Con il codice 19.13.08 sono individuati i rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19.13.07cit..

Il Collegio ritiene quindi di non poter condividere, anche in ragione del generale principio di prevenzione e cautela, la ricostruzione della ratio dell'articolo 243 Dlgs 152/06 adombrata dalla IAS ricorrente nel ricorso in esame. Al comma 1 articolo 243 cit. il Legislatore prevede che "Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto". La norma in parola introduce un peculiare regime diversicato per le acque di falda emunte nell'ambito di interventi di donifica di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarene il regime giuridico –per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi impianti di trattamento— a quello proprio delle acque reflue industriali. Una lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto con le altre norme già richiamate e con le ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 Dlgs 152/06, non può infatti non tenere conto della particolare natura dell'oggetto dell'attività posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti liquidi (cfr. codici CER in narrativa).

Come osserva correttamente l'Avvocatura erariale, le acque di falda emunte nell'ambito dell'attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via diretta dagli ordinari cicli produttivi delle aziende presenti nell'ambito del Consorzio A.S.I. di Siracusa, con ciò rendendone improbabile una aprioristica omologazione alle acque reflue industriali, come definite chiaramente dal co.1 lett.h) articolo 74 Dlgs cit..

Ferma restando quindi la specifica natura del prodotto oggetto di trattamento (emungimento), con le connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio dei relativi impianti, l'articolo 243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle acque di superficie purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle acque reflue industriali.

Per altro, come evidenziato dall'Avvocatura erariale, la stessa IAS, già nell'istanza del 11/1/05, richiamando l'esplicita indicazione fornita dal Ministero dell'Ambiente, ha qualificato come rifiuti liquidi le acque estratte dalla falda acquifera, cui ha attribuito in via preventiva il codice CER 19.13.07*. Le stesse Società resistenti, nell'evidenziare il loro interesse alla conservazione in parte qua del provvedimento in esame, manifestano la preoccupazione – in caso di caducazione — per la possibile applicazione dell'articolo 208 Dlgs 152/06.

Non risulta utile alle tesi della società ricorrente, per quando già evidenziato, il richiamo alla nozione degli scarichi ex co.1 lett.ff) articolo 74 Dlgs cit. contenuto nella seconda doglianza, siccome – ripetesi – non può prescindersi dalla effettiva natura del "refluo" trattato (id est: acque emunte da falda inquinata, classificate come rifiuti liquidi dallo stesso legislatore in applicazione di specifiche norme comunitarie) e considerato altresì quanto previsto dal già richiamato articolo 185 Dlgs cit..

Nel contesto del provvedimento impugnato, per altro, l'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque richiama espressamente la propria nota n.3202 del 6/7/2006, inviata congiuntamente alla ERG Raffinerie Mediterranee e alla I.A.S., con la quale era stato già precisato dalla P.A. che "la richiesta della ERG di trattamento nell'impianto TAS delle acque di falda contaminate (CER191307*) si limita ad una prima parte del trattamento. Infatti, come risulta dalla documentazione agli atti, il RIFIUTO LIQUIDO in uscita dall'impianto TAS è avviato direttamente all'impianto biologico consortile IAS al quale viene affidata la fase di depurazione completa ai sensi di legga, con la conseguenza che il gestore dell'impianto biologico consortile (I.B.C.) non puo non essere coinvolto nella gestione del processo di trattamento. Il contratto di utenza con la IAS prevede che le acque che possono essere conferite all'I.B.C. di Priolo siano acque di processo nel rispeto dei parametri di accettabilità di cui all'all.1 dello stesso contrato e non RIFIUTI LIQUIDI provenienti dall'emungimento di falde contaminate. Alla Luce delle osservazioni riportate, l'istanza di autorizzazione al trattamento dei RIFIUTI LIQUIDI PERICOLOSI, costituiti dalla acque contaminate (CER 19.13.07*) provenitnei dalla messa in sicurezza e bonifica della falda sottostante il sito industriale di Priolo Gargallo, deve essere prodotta congiuntamente da ERG Raffinerie Mediterranee S.p.A. e da I.A.S. S.p.A. nella considerazione che il processo di trattamento del rifiuto in questione avviene inizialmente nell'impianto TAS di ERG, ove il rifiuto viene posto in ingresso all'impianto e subisce una prima fase di trattamento per essere quindi avviato direttamente all'I.A.S. ove subisce il trattamento definitivo nell'impianto Biologico Consortile atto alla restituzione nei limiti di emissione per le acque reflue industriali acque superficiali".

 

Ebbene, considerata la pregressa autorizzazione per l'attività ordinaria già rilasciata alla I.A.S. con D.A.225/7 del 7/5/1998, quella di cui si discute costituisce certamente un aliquid novi (riconducibile nell'ambito della tipologia "D9" delle operazioni di trattamento di rifiuti, di cui all'allegato "B" alla parte quarta del Dlgs 152/06) che, ai sensi del combinato disposto degli articolo 210 e 124, superata la fase di emergenza gestita dal Prefetto, necessita della relativa autorizzazione ai sensi e per gli effetti del mentovato articolo 210.

 

Le considerazioni appena esposte non sono revocabili in dubbio mercè i richiami della I.A.S a pronunce della giurisprudenza amministrativa più favorevoli alle tesi dalla ricorrente qui prospettate (orientamento per altro non ancora consolidato: cfr. C.G.A. ordinanza n.228 del 7/4/2008 con cui è stata sospesa la sentenza in prime cure emessa dal T.A.R. Catania n.1254/07).

 

Quanto alla censura di eccesso di potere, sotto diversi profili, rubricata con la terza doglianza del ricorso introduttivo, ha buon gioco l'Avvocatura distrettuale dello Stato nell'osservare in primo luogo che il Grupop Tecnico di Valutazione, insediato a suo tempo dal Prefetto, ebbe ad esprimere un parere favorevole circa la compatibilità tecnica del nuovo sistema con il normale processo di depurazione dei reflui. Tuttavia, ai sensi del già richiamato combinato disposto degli artt.210 e 142 Dlgs cit., il fatto che i rifiuti emunti da ERG, dopo un primo trattamento nell'impianto TAS, confluiscano ad IAS tramite un unico collettore, miscelandosi con le normali acque provenienti dai processi industriali, non vale ad escludere la necessità di apposita autorizzazione in ordine alla suddetta attività di trattamento.

 

Le paventate difficoltà della IAS in ordine alla quantificazione e registrazione con i pertinenti codici CER dei reflui provenienti dall'impianto TAS attengono invero – come eccepito dall'Avvocatura – a profili organizzativi/gestionali dell'ente cui fa capo l'impianto che non possono incidere sul regime autorizzatorio.

 

Del pari da disattendere è la quarta censura con cui parte ricorrente adombra profili di eccesso di potere in quanto le prescrizioni imposte non assicurerebbero un miglioramente della tutela ambientale ulteriore rispetto a quella già garantita con la disciplina ordinaria in materia di scarichi irdici.

 

Si osserva che, data per certa la natura quale rifiuto liquido di quanto oggetto di trattamento, la stessa previsione normativa ex articolo 210 impone, nel rilascio dell'autorizzaizone, impone di adottare peculiari precauzioni in materia di sicurezza e tutela ambientale.

D'altra parte, l'allegato 5 alla parte terza Dlgs 152/06 cit. impone l'adozione di specifiche prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose, quali quelli di cui si discute (già riconosciuti come rifiuti liquidi anche dalle rispettive ordinanze prefettizie di proroga di autorizzaizone in periodo emergenziale, rispettivamente rilasciata – per quanto di competenza – rispettivamente alla IAS e ad (omissis)).

Con la successiva doglianza parte ricorrente contesta la figura sintomatica dell'eccesso di potere in ordine all'attribuzione del Codice CER.19.13.07* (erroneamente indicato in atti con il cod.19.13.17, per altro non esistente).

La tesi è priva di pregio. Nello specifico, non risultano travalicati i limiti di irragionevolezze ed illogicità nell'esercizio della discrezionalità tecnica di cui ha fatto uso l'Amministrazione nella attribuzione del codice CER., considerata l'esigenza di precauzione e cautela che la materia delle tutela ambientale impone. Vieppiù attesa la chiara formulazione della classificazione normativa in tema di rifiuti e della incontestata presenza nelle acque emunte di sostanze pericolose ed altamente nocive, anche se in concentrazione non sempre costante.

A diverse conclusioni non può indurre il richiamo al codice CER 19.13.08 contenuto nella nota 9/9/05 che la stessa IAS ha inoltrato al Prefetto di Siracusa. Invero, l'attribuzione prima facie del più stringente codice CER.19.13.07*, come sostenuto dall'Avvocatura, non è avvenuto in via prudenziale per iniziativa della IAS, ma su esplicita e mai revocata indicazione del Ministero dell'Ambiente. In secondo luogo, la richiesta contenuta nella suddetta nota IAS del 9/9/05 non ha comportato alcuna modifica nella assegnazione del codice CER di che trattasi in sede di proroga concessa dal Prefetto di Siracusa con provvedimento 2344-2006 Ord.2983 Gab. del 31/3/2006.

Inoltre, le considerazioni contenute nella stessa nota, a ben guardare, sono relative comunque all'attività di emungimento compiuta dalla IAS, invero diversa quantitativamente e qualitativamente da quella autorizzata separatamente dal Prefetto nei confronti di (omissis) (come da documentazione in atti).

La peculiarità del materiale trattato, in adesione ai generali principi di cautela e precauzione, rende prive di mende le ulteriori prescrizioni contestate con la sesta ed ultima censura, siccome miranti ad assicurare un controllo costante, sia a valle che a monte, dei limiti qualitativi dei rifiuti liquidi trattati al fine di consentirne lo smaltimento, ai sensi dell'articolo 243 cit., tramite scarico nelle acque superficiali (se ed in quanto ripetesi – siano rispettati determinati parametri).

Le ampie considerazioni che precedono si adattano anche alla delibazione del ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso il nuovo provvedimento adottato dall'Agenzia il 31/10/2007 su richiesta di riesame della IAS. Con il decreto 108/SRB l'Amministrazione ha sostanzialmente rinnovato la precedente autorizzazione, senza modificarne il contenuto. Quanto alle censure di illegittimità derivata articolate subA), la IAS ripropone le stesse questioni già esaminate in uno con la delibazione sul ricorso introduttivo. L'accertata legittimità del primo provvedimenti impugnato, passato indenne dallo scrutinio delle censure mosse, comporta che non può sussistere alcun profilo di illegittimità derivata in ordine al nuovo provvedimento in esame.

Quanto ai vizi propri del nuovo provvedimento, censurati con la doglianza sub.B) per violazione di legge per omessa motivazione, si osserva quanto segue.

Come correttamente posto in evidenza dall'Avvocatura dello Stato, i risultati comunicati da IAS in esecuzione della precedente autorizzazione impugnata con il ricorso introduttivo (in adempimento degli obblighi di monitoraggio imposti) evidenziano non solo la possibilità di effettuare detto controllo (così smentendo l'assunto prospettato nel ricorso introduttivo), ma non fanno venir meno l'esigenza di continuare, nel perdurante periodo transitorio in attesa di ultimazione dell'impianto TAF, nell'opera di monitoraggio nei termini già stabiliti. Evidenzia infatti l'Avvocatura che, in perfetta coerenza con quanto disposto dall'Organo statale, si è infatti previsto che i prospetti riepilogativi delle indagini compiute siano trasmessi per competenza anche al Ministero dell'Ambiente per le opportune valutazioni del caso (Ministero che aveva ab origine dato indicazioni specifiche in ordine alla attribuzione del codice CER.19.13.07* al caso di specie, sito per altro già qualificato di ). L'osservazione appare plausibile e coerente con le esigenze di maggior tutela e precauzione anche nella rinnovata proroga (in attesa della ultimazione del sito TAF) Occorre infatti avere riguardo al dato – non contestato— del rinvenimento nel sito di sostanze chimiche tossiche inquinanti non presenti nelle lavorazioni industriali inseditate nel relativo territorio di pertinenza, sentore di una preesistente situazione di inquinamento.

La censura è quindi da disattendere.

Occorre adesso procedere alla delibazione del secondo ricorso qui riunito R.G.1436/07 con cui è stato impugnato il provvedimento dell'A.R.T.A. n.24767 del 30/3/2007 che ha richiesto alla IAS di avviare la procedura di Via ex articolo 55 Dpr 12/4/96.

Con la prima e la seconda censura parte ricorrente ripropone le medesime argomentazioni già illustrate in ordine alla violazione dell'articolo 243 d.lgs.152/06 e alla errata attribuzione del codice CER.19.13.07*.

Entrambe le doglianze sono da respingere, dovendosi qui ribadire quanto già ampiamente illustrato in narrativa.

Con la terza doglianza, la IAS lamenta la violazione di legge in riferimento alla applicazione della procedura di Via "postuma": la richiesta formulata dal Servizio 2/VAS-Via si porrebbe al di fuori dei limiti legali di applicabilità della disciplina sulla Via che, per sua natura – è preventiva alla realizzazione dell'opera, siccome preordinata ad una valutazione ex ante dell'incidenza sull'ambiente. A tal fine richiama pronunce del giurisdizionali e le conclusioni cui è pervenuta l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato.

La censura non può essere condivisa nei termini esposti, né risultano del tutto pertinenti i riferimenti giurisprudenziali evocati, per altro condivisi dalla Sezione. Infatti non si dubita del valore preventivo del procedimento di Via.

Tuttavia il principio non può assumere valenza assoluta nei sensi auspicati dalla parte ricorrente. Occorre infatti avere riguardo in specie non già alla attività ordinaria posta in essere dalla IAS sin dal 1998, bensì alle mutate condizioni di esercizio dell'impianto connesse alla attività di emungimento e trattamento di rifiuti liquidi pericolosi. Rispetto alla sopravvenuta e modificata situazione, considerata la natura pericolosa del rifiuto liquido ex novo trattato (nuova attività), la richiesta di Via non può essere considerata postuma, risultando quindi legittima. Né può trovare applicazione ratione temporis la per gli impianti di carattere temporaneo contenuta del Dlgs 152/06, considerata l'entrata in vigore della relativa disposizione rispetto al provvedimento di cui si discute.

 

Con ricorso per motivi aggiunti è stato infine impugnata la nota dell'A.R.T.A. di riscontro alle osservazioni avanzate dalla parte ricorrente.

 

Anche in questo caso, la accertata legittimità del provvedimento impugnato in prima istanza (la richiesta di avvio del procedimento Via) induce a disattendere la formulata doglianza di illegittimità derivata ( nelle sue ulteriori articolazioni sub.1, 2 e 3) proposta con il mezzo in esame. Per quanto riguarda gli altri profili relativi alla illegittima applicazione dell'articolo 243 si rinvia ancora una volta alle considerazioni già svolte.

 

Del pari è infondata è la doglianza (la quarta) con cui si contestano vizi propri della nota de quo per difetto di istruttoria derivante dal mancato esame dei rilievi di parte, siccome tendenti ad escludere la natura pericolosa delle acque emunte, cui non andava attriito il codice CER.19.13.07*.

 

La tesi prova troppo. La IAS cerca infatti spostare l'attenzione dalla contestata e già delibata qualificazione giuridica come rifiuto liquido pericoloso delle acque emunte (nuova attività svolta medio tempore l'ultimaizone dell'impianto TAF) a fronte della sussistenza dei presupposti generali in presenza dei quali l'Ass.to Reg.le Territorio ed Ambiente, per quanto di relativa competenza, è chiamato ad operare in relazione alla Via.

 

Per altro si osserva che nessuna obiezione è mossa dalla società ricorrente all'assunto dell'Amministrazione, di cui alla predetta nota (come riportata in corsivo nel ricorso in esame) secondo cui anche in presenza del diverso codice CER.19.13.08, la nuova attività di gestione di che trattasi sarebbe stata comunque attratta tra le tipologie di cui alla lett.L) dell'allegato A al D.P.R.12/4/96 e, quindi, ugualmente da avviare a Via.

In conclusione, i provvedimenti impugnati con i ricorsi in epigrafe resistono alle censure mosse con i rispettivi mezzi, risultando quindi legittimi.

I ricorsi in epigrafe, previa loro riunione, sono quindi da respingere siccome infondati.

Considerata la complessità delle questioni dedotte, si ritiene sussistano giusti motivi per disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, riuniti i ricorsi in epigrafe, li respinge entrambi.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 02/12/2008 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria il 20/03/2009

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