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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Marche 1° febbraio 2008 n. 16

Inquinamento atmosferico - Autorizzazione alle emissioni - Mancanza di presupposti originari al rilascio - Provvedimento di sospensione -  Mancata comunicazione di avvio del procedimento ex legge 241/1990 - Annullabilità del provvedimento - Sussiste

La sospensione per mancanza di presupposti originari di una autorizzazione alle emissioni in atmosfera deve avvenire nel rispetto delle procedure ex legge 241/1990 sul procedimento amministrativo.
Per il Tar Marche (sentenza 16/2008) se l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera rilasciata risulta essere in contrasto con norme giuridiche che stanno a monte del procedimento amministrativo (nella fattispecie, norme di carattere urbanistico) l'Amministrazione che intende agire in via cautelare per congelare gli effetti dell'autorizzazione in parola deve farlo attraverso il meccanismo stabilito dall'articolo 7, legge 241/1990, che obbliga l'Amministrazione a dare comunicazione dell'avvio del procedimento.

Tar Marche

Sentenza 1° febbraio 2008 n. 16

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione Prima)

 

ha pronunciato la seguente:

 

Sentenza

Sul ricorso (...) proposto da:

(omissis)

contro

(omissis)

Sul ricorso numero di registro generale 739 del 2006, proposto da:

(omissis)

contro

— la Provincia di (...);

— il Dirigente del Servizio Beni ed Attività Ambientali Agricoltura Caccia, presso la Provincia di (...), (omissis);

— il Comune di (...), in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

= quanto al ricorso n. 738 del 2006:

dell'ordinanza di sospensione attività produttiva.

= quanto al ricorso n. 739 del 2006:

della determinazione dirigenziale 25 settembre 2006 prot. n.63181 recante diffida a mettere a regime gli impianti autorizzati con provvedimento del 20 settembre 2006 ed ordine di sospensione dell'attività.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di (...);

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Dirigente del Servizio Beni ed Attività Ambientali Agricoltura Caccia c/o Provincia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 21/11/2007, il dott. (...) e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

Fatto

La società ricorrente premette di essere titolare di uno stabilimento produttivo classificato come industria insalubre di 1° classe ai sensi dell'articolo 216 Rd 1265 del 1934, in relazione al quale riferisce di avere presentato domanda di autorizzazione "per la costruzione di un nuovo impianto che dà luogo all'emissione in atmosfera ai sensi dell'articolo 6 del Dpr 24 maggio 1988 n. 203". Riferisce che la Provincia, subentrata nel frattempo alla Regione nelle funzioni amministrative in materia, dopo che in un primo tempo (20 dicembre 2005) aveva comunicato il parere negativo espresso dall'Arpam in data 21 novembre 2001, con determinazione 20 giugno 2006 n. 2163, previo parere favorevole dell'Arpam, rila-sciava l'autorizzazione di cui agli artt. 269 e 275 Dlgs n. 152 del 2006 con la prescrizione che l'attività si svolgesse in conformità agli strumenti urbanistici del Comune di (...). Quest'ultima amministrazione, con deliberazione consiliare 27 giugno 2006 n. 43, adottava a sua volta una variante di Prg diretta a consentire l'insediamento delle industrie insalubri di prima classe.

La ricorrente dapprima comunicava la messa in esercizio degli impianti per il 22 luglio 2006, e successivamente faceva presente che la messa a regime non poteva avvenire nel termine di novanta giorni imposto dall'autorizzazione, per cui ne chiedeva il differimento al 31 dicembre 2006.

In data 26 settembre 2006 veniva notificato il provvedimento impugnato, con cui – considerato "che ad oggi non è ancora pervenuta la comunicazione di messa a regime"; vista la deliberazione della Giunta provinciale 14 settembre 2006, con cui la variante al Prg di (...) era dichiarata proceduralmente inammissibile; ritenuto che l'attività autorizzata venisse pertanto a risultare incompatibile con il vigente Prg; ritenuta la necessità di un intervento affinché la ditta si attivasse "per eliminare le irregolarità e ogni altro possibile danno all'ambiente e alla salute pubblica" – l'amministrazione diffidava la società "dal mettere a regime gli impianti autorizzati" e contestualmente le ordinava la sospensione dell'attività con effetto immediato, il tutto fino a quando non fosse stata condotta a termine la verifica di conformità dell'insediamento al predetto strumento urbanistico.

Contestualmente il Sindaco di (...), preso atto del provvedimento provinciale, ritenuto di adottare misure a tutela della salute e dell'incolumità pubblica, adottava atto contingibile ed urgente con cui ordinava di non utilizzare gli impianti e di sospendere l'attività.

Avverso il provvedimento provinciale la ricorrente deduce innanzitutto la violazione degli artt. 7 e ss. legge 241/90, essendo stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento nonostante la gravità degli effetti dal medesimo derivanti ed in assenza di ragioni di particolare urgenza. L'omissione avrebbe così impedito alla ricorrente di fornire il suo contributo e di rappresentare alla Provincia l'incompetenza a tutelare una previsione urbanistica comunale. La Provincia, infatti, non avrebbe alcun potere ad agire in tutela di interessi di esclusiva pertinenza comunale.

Peraltro, il provvedimento non troverebbe comunque giustificazione nella previsione del Prg, dato che l'insediamento delle industrie insalubri non è in precluso in via assoluta e che il potere di ordinanza implica comunque l'accertamento di una situazione di concreto pericolo, nella fattispecie del tutto insussistente, come era dato atto nella stessa autorizzazione, rilasciata dopo il favorevole accertamento in tal senso da parte dell'Agenzia di protezione ambientale.

Non sarebbe stato inoltre considerato che non era ancora decorso il termine per la messa a regime degli impianti, mentre sarebbe stata del tutto ignorata la comunicazione che rappresentava l'esigenza di un differimento del predetto termine.

Analoghe censure sono rivolte contro il provvedimento comunale, ulteriormente sostenendosi la insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 50 e 54 Dlgs n. 267 del 2000.

Si è costituita in giudizio la Provincia di (...), che ha messo in evidenza la notevole rilevanza della prescrizione secondo cui la ditta si intendeva autorizzata a condizione che l'attività si svolgesse in conformità al Prg, condizione che tuttavia, come sarebbe stato in seguito accertato, non poteva essere soddisfatta stante la vigente preclusione all'insediamento di industrie insalubri di prima classe nell'ambito del territorio comunale. La difesa dell'amministrazione esclude poi, attesa la natura dell'atto e la sua finalità di tutela di interessi fondamentali, che la misura cautelare potesse essere ritardata per consentire di comunicare l'avvio del procedimento. Il provvedimento sarebbe quindi da ricondurre al potere di cui all'articolo 278, comma 1, lett. b) del Dlgs n. 152 del 20061 ["In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, …, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione: a) …; b) alla diffida ed alla contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un periodo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente], essendo stata violata la suddetta specifica prescrizione dell'autorizzazione. Trattandosi poi di industria insalubre di prima classe non consentita dallo strumento urbanistico, ne conseguirebbe che la prosecuzione dell'attività è idonea a compromettere la tutela degli interessi che il divieto di insediamento mira a tutelare. Il che evidenzierebbe, peraltro, come il potere esercitato attraverso il provvedimento impugnato rientri pienamente nell'ambito delle attribuzioni provinciali, tenuto conto, prosegue l'amministrazione, che ai sensi dell'articolo 269, comma 3, del citato Dlgs 152, l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera è subordinata al concorrente rispetto delle prescrizioni tecnico ambientali, urbanistiche, nonché in materia di igiene, sanità pubblica ed edilizia, per cui anche la mancata rispondenza ad uno solo di tali parametri legittimerebbe l'esercizio del potere di diffida. Ha quindi concluso per il rigetto del ricorso.

Si è anche costituita in giudizio (...), nella qualità di Dirigente del Servizio 4.3 della Provincia intimata, chiedendo anch'essa il rigetto del ricorso.

Non si è invece costituito il Comune di (...).

Nella camera di consiglio del 17 ottobre 2006 il Tar, ritenuta la fondatezza dell'assorbente censura di violazione dell'articolo 7 legge 241/90, concedeva la sospensione dei provvedimenti impugnati.

All'udienza del 21 novembre 2007 i ricorsi passavano in decisione.

Diritto

1. I ricorsi vanno riuniti stante la loro connessione.

2. Prendendo in esame il provvedimento della Provincia, è opportuno individuarne preliminarmente la natura.

La prima considerazione utile in tal senso deriva dal fatto che il suddetto provvedimento assume a suo unico presupposto un'asserita incompatibilità dell'attività della ditta con il Prg del comune di (...), in linea con la corrispondente condizione contenuta nell'autorizzazione ("la ditta si intende autorizzata … sotto la condizione che l'attività … si svolga in conformità al vigente piano regolatore generale e relative norme tecniche attuative del Comune di (...)"). La seconda discende invece dal dato che le previsioni di Prg non hanno subito modifiche nel tempo intercorrente tra il rilascio della suddetta autorizzazione e l'adozione dell'atto impugnato. E' infatti pacifico che le Nta contenevano una previsione in cui era stabilito il divieto di insediamento di attività classificate come insalubri di 1^ classe ai sen-si dell'articolo 216 Tuls (articolo 24, quarto comma, Nta) e che solo in epoca successiva al rilascio dell'autorizzazione veniva avviato il pro-cedimento per modificare la disposizione. Non vi è stata, quindi, alcuna variazione del quadro normativo di riferimento, non essendo in questo senso rilevante la deliberazione della Giunta provinciale 14 set-tembre 2006 n. 304 -richiamata dal provvedimento in quanto da essa"si evince l'inammissibilità procedurale della variante normativa al vigente Prg"— che nell'economia del provvedimento pare invece assurgere ad elemento costitutivo del presupposto ("preso atto, per quanto sopra, che attualmente l'attività della ditta risulta incompatibile con il vigente Prg del Comune"). In realtà tale deliberazione ha avuto l'effetto di interrompere l'iter della variante, così determinando il ricostituirsi di un quadro normativo identico a quello presente all'epoca in cui veniva rilasciata l'autorizzazione. La circostanza che successivamente il procedimento venisse riavviato e portato al suo esito, come illustra la difesa provinciale, dimostra peraltro che la suddetta deliberazione della Giunta provinciale non creava un impedimento all'ulteriore prosieguo dell'iter né era espressione di una valutazione negativa sul merito della variante.

Il fatto che il provvedimento muova da un immutato parametro di riferimento normativo conduce perciò a ritenere che l'amministrazione provinciale abbia inteso riconsiderare la sussistenza dei presupposti che erano stati posti a base dell'autorizzazione. Ciò è in linea con il contenuto dispositivo del provvedimento che dispone la sospensione dell'attività fino all'esito della verifica sulla compatibilità urbanistica, e mostra così di essere chiaramente finalizzato all'apertura di un procedimento idoneo a condurre all'annullamento d'ufficio dell'autorizzazione.

Che l'esigenza fondamentale tenuta presente dall'amministrazione fosse quella di effettuare un'adeguata verifica sui presupposti del titolo rilasciato è confermato dalla memoria difensiva della Dirigente (e si può qui lasciare da parte la questione della legittimazione, quantomeno dubbia, della medesima a partecipare al giudizio, dovendosi escludere tanto la sussistenza di un interesse personale alla conservazione dell'atto, quanto la titolarità a rappresentare la Provincia in qualità di Dirigente del Servizio, atteso che l'ente sta in giudizio con il suo Presidente ex articolo 50 del testo unico: cfr. Tar Emilia Romagna Bologna, sez. II, 19 gennaio 2004, n. 74; Tar Sicilia Palermo, sez. II, 13 marzo 2007, n. 799; Consiglio Stato , sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2291; Consiglio Stato, sez. VI, 09 giugno 2006, n. 3452), dove si fanno ripetuti riferimenti alla irregolarità originaria della posizione urbanistica della ricorrente.

Cosicché appare confermato che le ragioni poste alla base della necessità di procedere alla preannunciata verifica stanno nell'insorgere del dubbio in ordine alla carenza originaria di uno dei presupposti ritenuti essenziali per il rilascio del titolo, in presenza del quale l'amministrazione ha preannunciato l'avvio di un procedimento di secondo grado ed ha altresì disposto l'applicazione delle misure immediate che vengono contestate in questa sede.

L'atto impugnato, nella sua componente provvedimentale, ha perciò natura essenzialmente cautelare in quanto muove non da una accertata illegittimità dell'autorizzazione ma da un mero dubbio in proposito, ed è in presenza di tale "fumus", in attesa della conclusione del relativo accertamento, che è stata disposta la sospensione "temporanea" dell'autorizzazione. Il che implica che le questioni di merito che attengono a tale verifica urbanistica (su cui le parti prospettano opposti punti di vista) non possono che costituire l'oggetto essenziale di tale procedimento mentre sono sostanzialmente estranee al contenuto del provvedimento impugnato e quindi a questo giudizio.

In tale contesto appare doversi escludersi la corretta applicazione dell'articolo 278, comma 1, lett. b), Dlgs 152/2006, esplicitamente richiamato a fondamento del provvedimento: la norma contempla infatti un atto di natura diversa da quello impugnato in questa sede, posto che il presupposto del medesimo è dato da una accertata "inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione", che qui non è dato invece ravvisare. Nella fattispecie manca infatti tanto l'accertamento di una violazione, rimandato all'esito dello specifico procedimento a ciò finalizzato, quanto la inosservanza di una qualche prescrizione dell'autorizzazione, non essendo qualificabile in tale senso la "condizione" di conformità urbanistica apposta all'autorizzazione. Che tale clausola non costituisca una condizione sospensiva risulta evidente dalla circostanza che l'efficacia della suddetta autorizzazione non era in alcun modo subordinata al positivo avverarsi di un evento esterno al procedimento, eventualmente affidato alla competenza di altra amministrazione. Al contrario, essendo stata la società autorizzata a mettere a regime gli impianti nel termine di novanta giorni, l'autorizzazione aveva, pacificamente, efficacia immediata. D'altra parte la questione urbanistica aveva fatto pieno ingresso nel procedimento autorizzatorio, essendo stato a tal fine coinvolto anche il Comune di (...), che aveva dato il suo riscontro positivo sulla richiesta attestazione di conformità dell'insediamento alla disciplina urbanistica comunale. Non sorgeva perciò alcuna necessità di subordinare l'efficacia dell'autorizzazione ad un ulteriore accertamento della conformità urbanistica, in quanto la medesima era stata specificamente valutata e riscontrata.

Non era perciò prospettabile alcuna violazione di una simile "prescrizione", che a sua volta legittimasse l'adozione della "diffida" per tale ipotesi prevista, non vedendosi tra l'altro in che modo l'interessata potesse adeguarvisi eliminando "l'irregolarità". D'altra parte, tutto ciò appare aderente ai dati del procedimento: posto che la conformità urbanistica era stata attestata dal Comune, una rinnovata verifica in tal senso richiedeva la risoluzione di una serie di questioni che rendevano l'operazione abbastanza complessa e tale da non poter essere definita senza ulteriore adeguata valutazione, necessariamente aperta alla partecipazione della società interessata.

Trovando perciò l'atto impugnato la sua ragion d'essere non già in un'accertata violazione di una prescrizione dell'autorizzazione, bensì nella ritenuta dubbia legittimità di un presupposto originario del titolo rilasciato, appare più aderente alla fattispecie ricondurre l'atto ad una misura cautelare ex articolo 7 legge 241/90, funzionale al contestuale avvio di un procedimento "di merito" diretto all'adozione di misure defintive. Può analogamente soccorrere il secondo comma dell'articolo 21quater legge 241/90: in ogni caso, al fine di pervenire ad una prima conclusione, si può dare atto che in ogni caso le norme richiamate contemplano provvedimenti che tendono a fronteggiare situazioni che richiedono misure di carattere provvisorio in attesa della definizione delle questioni di merito.

È perciò astrattamente condivisibile, una volta esclusa la riconducibilità dell'atto all'articolo 278 citato, la difesa delle resistenti diretta ad escludere, attesa tale natura, che sussistesse l'obbligo di preventiva comunicazione di avvio del procedimento, sulla cui ritenuta necessità era stato motivato l'accoglimento della domanda di sospensione.

D'altra parte, se non è contestabile la spettanza in capo all'amministrazione di una qualche forma di potere cautelare, va tuttavia rimarcato che il presupposto per l'esercizio di tale potere è essenzialmente costituito dall'urgenza di provvedere, vale a dire dalla presenza di una situazione da fronteggiare in tempi talmente rapidi da giustificare l'omissione degli ordinari mezzi di garanzia. La natura cautelare del provvedimento doveva perciò presupporre, oltre al dubbio sulla legittimità del titolo, una situazione di oggettivo e concreto rischio per gli interessi tutelati, tale da imporre l'adozione di misure immediate e di cui andava evidentemente dato atto nel provvedimento, non potendo la stessa da sola emergere dal mero riferimento alla situazione urbanistica del Comune di (...).

Da tale ottica è significativo notare che l'autorizzazione, dopo aver ri-chiamato il documento istruttorio in cui si dava atto che "alla luce del parere favorevole espresso dall'Arpam sussistono garanzie sufficienti per considerare salvaguardati gli aspetti strettamente ambientali" e si rilevava che fosse "oltremodo indispensabile rilasciare autorizzazione alle emissioni in atmosfera per consentire (alla società) di operare in piena legittimità", ravvisava quindi "la presenza di tutti i presupposti ed i requisiti tecnici ed amministrativi prescritti dalla legge" infine ritenendo che sussistesse "il diritto della ditta interessata all'ottenimento dell'autorizzazione richiesta".

L'autorizzazione perciò presupponeva tanto la conformità urbanistica quanto l'accertamento dell'esistenza dei dispostivi atti a contenere l'apporto delle emissioni inquinanti nell'ambito dei parametri normativi, cosicché qualsiasi misura cautelare doveva comunque adeguatamente dare atto del livello delle emissioni e del loro grado di tollerabilità nell'ambito del contesto urbanistico considerato.

Se l'esercizio del potere cautelare — la cui efficacia andava comunque confinata nell'ambito di un periodo predefinito, cosa che qui è mancata non essendo stata data alcuna delimitazione temporale per la conclusione del procedimento di verifica, che peraltro non risulta essere stato nel frattempo ancora portato a definizione— era perciò legittimato in astratto dall'esigenza di chiarire il dubbio sulla compatibilità urbanistica, doveva tuttavia essere parimenti considerato che la sospensione del titolo richiedeva ulteriormente una situazione di pericolo (le "gravi ragioni" di cui all'articolo 21quater) che, non manifestandosi in re ipsa, doveva essere necessariamente assunta ad esplicito fondamento del provvedimento. D'altra parte una simile valutazione era richiesta dallo stesso articolo 278 Dlgs 152 del 2006 da cui il provvedimento muove, visto che la norma in parola attribuisce all'amministrazione il potere di diffidare al rispetto delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione ed eventualmente di sospendere l'attività autorizzata, ma in tal ultima eventualità imponendo comunque la verifica dell'ulteriore presupposto di una situazione di pericolo per la salute o per l'ambiente.

La mancata motivazione in ordine alla sussistenza di tale presupposto è sufficiente a condurre, con assorbimento di ogni altra censura, all'accoglimento del ricorso con annullamento dell'atto impugnato.

Le spese possono essere compensate tra le parti.

3. Parimenti privo di motivazione sul punto è il provvedimento contingibile ed urgente del Sindaco di (...), essendo assunta una situazione di rischio per la salute e l'incolumità pubblica sul solo presupposto dell'emanazione del provvedimento provinciale di cui al capo precedente. Anche in questo caso manca ogni riferimento ed elementi concreti, tanto urbanistici che riguardanti il livello ed il tipo di emissioni, idonei a rappresentare una situazione di pericolo che giustificava una tale urgenza nel provvedere.

Anche tale atto va perciò annullato.

Le spese possono essere parimenti compensate.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche, riuniti i ricorsi, li accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 21/11/2007, con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria il 01/02/2008

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