Sistri, è finita. Ma la gestione dei rifiuti mantiene tutta la mostruosa efficienza della sua inefficienza
Rifiuti
Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 268 di gennaio 2019 della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa"
Dal 1° gennaio 2019, il Sistri è "soppresso" e i contributi "non sono dovuti".
Non è un sogno ma è la realtà contenuta nell'articolo 6, Dl 135/2018 (cd. "semplificazioni").
Un regalo che segna l'inizio del 2019 con la scomparsa della mole di paure e ansietà che, dal 17 dicembre 2009 (sic!) attanaglia le imprese italiane.
In un misto di tragedia e di commedia, il Sistri resta un brutto ricordo.
La nuova legge dispone che si avrà un "nuovo sistema (...) gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente. Nella speranza che non si tratti dell'ennesima deriva tecnocratica di esperti e competenti, "fino ad allora" i rifiuti si continuano a tracciare con registri, formulari e Mud di carta nel rispetto delle regole previste dagli articoli 188, 189, 190 e 193 del "Codice ambientale" "nel testo previgente alle modifiche apportate" dal Dlgs 205/2010.
Anche le sanzioni sono quelle pregresse. Insomma con il Sistri, per circa nove anni, abbiamo parlato di nulla; nove anni vissuti tramontando.
Che sia lo specchio dell'Italia? Un paese normale non avrebbe consentito tutto questo.
E ora ricominciamo daccapo, in un perenne gioco dell'oca, ripassando dal via.
Anche sotto il profilo della sicurezza ripassiamo dal via con l'articolo 26‑bis del Dl 113/2018 che ha imposto il piano di emergenza interno ed esterno agli impianti di "stoccaggio e lavorazione dei rifiuti". Cosa significhi "lavorazione" possiamo intuirlo, ma perché non usare l'infinito lessico allestito dalla legislazione di riferimento e usare altri neologismi, altri termini che innescano inevitabili dispute e derive interpretative nella sempre più affollata platea di esperti e competenti, pubblici e privati?
Il tutto appare ridondante e sovrapponibile a quanto le imprese già fanno in materia di sicurezza, antincendio e (ove tenute) di Seveso. E non sarà l'ennesimo piano di emergenza a eliminare il panico generato dagli incendi negli impianti di gestione rifiuti.
Gli incendi possono essere ridotti solo se a valle si creano le condizioni per valorizzare i rifiuti nei cicli produttivi e per smaltirli se non recuperabili.
Il sistema ha urgente bisogno non di altri piani di emergenza ma di strumenti che la evitino: armonizzazione delle autorizzazioni e tempi certi nel loro rilascio; sblocco costruttivo della disciplina dell'End of Waste per l'attuazione dell'economia circolare; controlli fatti in modo omogeneo, consapevole e da chi li sa fare, senza vizi ideologici e senza voler far valere a tutti i costi il proprio "credo", anche se la legge dispone diversamente.
Anche in materia ambientale (e forse, qui più che altrove) si assiste alla nascita di nuovi desideri che sta sostituendo la regolazione normativa. Si pensi ad esempio, al Dm 5 febbraio 1998 che viene brandito come il paradigma di ogni recupero anche non agevolato. In una visione onirica la quale, incurante del fenomeno del consumo, si fa convinta che poche vecchie regole possano disciplinare il mondo della fenomenologia della materia e l'immenso scenario della merceologia mondiale.
Un vero e proprio strumento per la dissoluzione dell'economia circolare, una specie di "io narrante" del mercato postmoderno dell'imperfezione.
Chi è dentro e chi è fuori; elenchi di buoni e cattivi senza alcun nesso con la realtà, dove la reinterpretazione delle norme pregresse e la loro mancata manutenzione completano la discesa verso il baratro.
La tecnologia e l'ambiente sono dinamici, la legge è statica.
Dovremmo averlo capito e invece no; vagheggiamo ancora del territorio simbolicamente intatto, perimetrato dai decreti sul recupero agevolato che, nati solo per questo, diventano l'assurdo paradigma di ogni forma di recupero non agevolato.
Il simulacro di una certezza, l'alibi perfetto per non fare. Del resto, è così falso che sembra vero.
Il Sistri è abrogato. Davvero piccola cosa, rispetto alla mostruosa efficienza della inefficienza, dove i rifiuti sono ormai un gioco di specchi che vuole solo cogliere l'errore di chi prova a fare. Un rapporto ambiguo e incerto con le cose e la società del rischio, nell'eterna burrasca di un sistema che, ormai non più disciplina, somiglia sempre di più a un rito sciamanico.
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