Sistri, il capolinea è vicino ma non è ancora così facile come sembra
Rifiuti
Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 265 di ottobre 2018 della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa"
Scade il 31 dicembre 2018 il termine finale di efficacia del contratto tra Minambiente e Selex Se-Ma S.p.A. Lo stabilisce l’articolo 11, comma 9 del Dl 101/2013 (legge 125/2013). E dopo?
Comunque sia, il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, al portale di Tiscali ha dichiarato che “Il Sistri non ha funzionato” e che “entro la prossima primavera entrerà in funzione un nuovo sistema di tracciabilità dei 140 milioni di tonnellate di rifiuti speciali che si movimentano in Italia”.
Il ministro Costa si dice convinto del fatto che “vada ripensato il sistema di controllo ambientale dei rifiuti. Non si tratta di migliorarlo, ma di mandarlo in pensione. La soluzione potrebbe essere il gps poiché tutti i mezzi sono dotati di gps e rilevatori satellitari e vanno messi in rete”.
Finalmente, quanto di più semplice e normale, in un sistema che ha bisogno di saggezza e di punti fermi.
Ci si avvia dunque verso un addio definitivo ma, nel frattempo, sarà necessario procedere ad una nuova proroga del termine a decorrere dal quale scatteranno le sanzioni previste dal Codice ambientale per il Sistri. Ad oggi, il termine è il 31 dicembre 2018. Sarebbe folle se un sistema che si candida ad essere eliminato fosse la base fondante per comminare sanzioni per errate o omesse compilazioni. Bastano (e avanzano) quelle già operanti (anche se dimezzate) per l’omessa iscrizione e il mancato versamento del diritto annuale. Una specie di flebo appesa al braccio di un sistema che, pur agonizzante, è sempre insidioso e pericoloso.
Frutto di scelte politiche e amministrative aberranti, il Sistri (secondo la Corte dei Conti, Delibera 7 giugno 2016, n. 4/2016/G) ha riguardato 78.000 imprese (prima del passaggio ai soli rifiuti pericolosi erano 398.160); ha distribuito 641.746 dispositivi; ha emunto dalle casse delle imprese 187.251.865.54 euro. Dati 2016 che, se attualizzati, fanno sicuramente lievitare i costi oltre i 200 milioni euro. A fronte del nulla che il Sistri elargisce, la domanda è: ce lo possiamo permettere? La risposta è ovvia: no.
Liberarsi del Sistri non sarà un’operazione indolore; costerà ancora molto, anche per gli indennizzi previsti dal comma 9-bis dell’indicato articolo 11, Dl 101/2013.
Ma cambiare si deve e si può. Moltissimo potrà fare la collaborazione delle diverse associazioni datoriali che in questi anni hanno combattuto il Sistri.
Parlare solo di ecomafia, senza valorizzare mai il fatto che la gestione dei rifiuti è un “asset” importantissimo dell’economia sana di questo Paese, significa averne capito poco o nulla e non parlare dei bisogni reali. Eppure non è difficile capire che, come in tutte le cose, più il sistema legale è assistito, governato e gestito più la parte malavitosa si ritira.
Della mancata assistenza al settore delle imprese sane, è un esempio il limbo nel quale (dopo la tristemente nota sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2018) è stato lasciato l’End of Waste autorizzato caso per caso.
Dopo dichiarazioni, riunioni, prese di posizione, esternazioni, stupori, imbarazzi, proclami, ecc. non è ancora accaduto nulla che consenta ad un rifiuto di cessare di essere tale sulla base dell’autorizzazione regionale.
Si aspettava un decreto legge che, sciogliendo il nodo, facesse finalmente decollare l’economia circolare ampliando l’antico e tranquillizzante (per le Regioni) seminato del Dm 5 febbraio 1998 (e decreti consimili). Nulla di fatto.
Nella gestione dei rifiuti gli elementi si scontrano perché c’è un errore nella costruzione della sintassi di base: dalla pervasività della definizione di rifiuto, alla perversione dei rifiuti assimilati agli urbani, all’estensione delle regole per i rifiuti industriali a quelli domestici. A tacer d’altro.
Nella produzione e nella gestione dei rifiuti tutti hanno un bisogno, per questo tutti invocano una regola che lo soddisfi nel modo migliore possibile. Una regola che sarà tanto più scadente quanto minore sarà il sapere non solo teorico posseduto da chi la scrive e da chi deve farla rispettare. Il recepimento della nuova direttiva sui rifiuti sarà l’imminente banco di prova.
Vi confluiranno desideri, speranze e frustrazioni di tutti. E tutti saranno insoddisfatti perché nessuno sarà disposto a rinunciare a qualcosa. Dimenticando che non esiste un bilancio dove c’è solo la voce “avere” senza la voce “dare”.
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