News - Editoriali

Roma, 2 gennaio 2016

Nel mondo dominato dalla "mediocrazia", anche l’economia circolare rischia il suo potenziale di futuro per l’impresa 4.0

Rifiuti

(Paola Ficco)

 

Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 246 di gennaio 2017 della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa"

 

"La Médiocratie" è l’inquietante titolo del bel libro del filosofo canadese Alain Deneault che affronta il tema del momento: il mondo dominato dai mediocri.

Non c’è stata alcuna presa della Bastiglia ma l’assalto è partito e con successo: i mediocri hanno preso il potere. Il dibattito è in corso, potente, in Canada e in Francia. In Italia il volume non è neanche tradotto. Forse non è un caso.

Il libro rivela la principale competenza del mediocre: saper riconoscere un altro mediocre. Quindi, creare una potente "tribù" che si espanderà poiché gli incompetenti si attirano vicendevolmente. Non è importante evitare la stupidità (questa si copre da sola con le immagini del potere); è fondamentale, invece, amplificare l’incompetenza, elevata al rango di autorità. Questo è pericoloso, perché l’incompetente è inattivo anche se crede di lavorare molto. La perfezione tecnica, infatti, è indispensabile per mascherare la pigrizia intellettuale e sottomettere chi aspira al meglio.

Deneault, sostiene che non è interessante la questione della "mediocrità" (del resto la mediocrità è la media per eccellenza) è, invece, fondamentale la questione della "mediocrazia", cioè del potere esercitato usando gli strumenti della mediocrità, tanto da sottomettere spesso chi aspira al meglio e fingendosi sempre migliori di quello che si è (il successo planetario dei programmi di photoshop la dice lunga).

Come si manifesta? Rendendoci configurabili e parametrabili. Ci viene chiesto di essere niente di più che un nickname, un profilo in rete, per non avere più nulla da dimostrare, da dire, se non un’attività media, se non una conoscenza limitata, se non un desiderio normale. La mediocrazia rende mediocri, anche se non lo si vorrebbe.

Ma come è stato possibile tutto ciò? La visione di Deneault individua la causa di tutto questo in una "rivoluzione anestetizzante" che conduce a posizionarsi sempre al centro, anzi all’ "estremo centro": mai disturbare e, soprattutto, mai far nulla che possa mettere in discussione l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La "media" è diventata la norma, la "mediocrità" il modello da seguire.

Deneault spiega che essere mediocri non significa essere del tutto incompetenti. Anzi, il sistema incoraggia l’ascesa di individui mediamente competenti a scapito dei supercompetenti e degli incompetenti; infatti, i primi rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni; i secondi, invece, sono ovviamente inefficienti. Il mediocre, insomma, spiega il filosofo canadese, deve "giocare il gioco". Tutto questo è cominciato quando, sull’esempio di una ferrea Margaret Thatcher, dalla politica si è passati alla "governance": una forma di gestione neoliberale dello Stato, dove tutti sono clienti/consumatori e che si tende a confondere con la democrazia.

Dire "no" è il percorso indicato da Deneault per uscire dalla mediocrità.

Un percorso difficilissimo perché "nulla è più terribile di un’ignoranza attiva" (Goethe) che, infatti, dilaga in ogni ordine e grado sociale e di cui, anzi, ci si fa vanto. Si sta così creando una "massa" che conduce l’ignoranza al potere e, quindi, al potere dell’ignoranza. Nulla da spartire con il socratico "sapere di non sapere".

Forse è perché accade tutto questo, che qualche Regione ancora fatica a capire che il recupero può essere agevolato e non agevolato e che, in questo secondo caso, in mancanza di criteri "End of Waste" comunitari o nazionali, l’individuazione spetta (appunto) alla Regione. Forse è la "médiocratie" che impedisce a Bruxelles di cambiare la definizione di rifiuto (che, coniata per un’economia lineare, risale al 1991) e di stabilire concretamente quando un rifiuto cessa di essere tale. Questi sono gli elementi fondamentali dell’economia circolare. Diversamente resta un concetto denso di secchezza crepitante, privo di compostezza e simmetria e che, con il consueto groviglio di colpevoli e innocenti, rende inaffidabile e inverosimile quello che legge e direttive (oggi e ancora di più domani) dispongono.

È dunque necessario dire "no" a chi fa senza sapere. O, peggio, a chi immagina di saper fare e addirittura di saperne parlare.

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