News - Editoriali

Roma, 2 novembre 2015

I rifiuti e le norme per la loro gestione: la sorprendente eccentricità di un affresco "a macchia di leopardo"

Rifiuti

(Paola Ficco)

Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 233/234 di novembre-dicembre 2015 della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa

 

 

Gli aspetti ambientali delle attività economiche sono trasversali alla vita delle imprese poiché fortemente legati con la prospettiva sanitaria, sociale ed economica. Per questo motivo, la gestione delle tematiche ambientali produce significative ricadute sul sistema produttivo e la sua competitività. Tali ricadute non devono essere negate, ma gestite mediante politiche di largo respiro. I tempi sono sufficientemente maturi per uscire dalla logica sia dell’emergenza sia della preconcetta visione di una condotta imprenditoriale sempre colpevole.

La possibile strategia declinabile a tal fine non è né misteriosa né nuova: norme semplici e stabili nel tempo; controlli uniformi e competenze precise. Infatti, le imprese

  • sul versante delle norme, continuano ad avvertire la necessità di rigore e chiarezza interpretativi, di fissazione di obiettivi realistici e di stabilità delle regole nel tempo. E, invece, dispongono di costellazioni provvisorie che rendono quasi impossibile garantire la tutela della salute e dell’ambiente e la continuità produttiva;
  • sotto il profilo dei controlli, soffrono della mancanza di uniformità di lettura del dato normativo e della sovrapposizione degli accessi, mai concordi tra loro;
  • sul fronte delle competenze, l’applicazione delle regole (non solo di quelle ambientali) sul territorio nazionale è un affresco a “macchia di leopardo”. La uniformità del dato, invece, unitamente alla ragionevolezza della discrezionalità, è elemento essenziale se si vuole rendere efficace la tutela dell’ambiente e la parità di trattamento tra imprese insediate di aree diverse, ma della stessa nazione. Dalla grammatica del decentramento amministrativo, i sistemi a presidio delle matrici ambientali hanno avuto troppi svantaggi, sopportando competenze condivise che si sono accreditate con l’inevitabile portato di liti e veti incrociati sulla precisione dei relativi confini. Senza contare il disordine policromo creato dalle fughe in avanti di note e leggi regionali che si ascrivono fermezze complessive tutte da verificare.

Un elemento salvifico che spesso, da tutte le parti, si invoca è la semplificazione amministrativa. In materia ambientale, però, la semplificazione deve fare i conti con la necessità di tutela delle matrici (aria, suolo, acqua) poiché questa tende ad obiettivi sempre più ambiziosi. Tutto, dunque, si anima di una specie di inquietudine che si vorrebbe capire e che invece lascia spazio a eccentricità sorprendenti.

 

Così, mentre con fatica il diritto nazionale cerca di adeguarsi al modello europeo, le ragioni della semplificazione premono per dare slancio alla produzione e alla crescita liberandole dal peso della burocrazia.

 

Ma semplificare deve significare soprattutto razionalizzare. In Italia non è semplice. Sempre più spesso, infatti, accade che quello che potrebbe essere una seria opportunità economica e ambientale diventa, invece, una corsa a ostacoli scandita dalla burocrazia che, anche a livello interpretativo locale, frena ogni sensata iniziativa imprenditoriale. Si pensi alle bonifiche e ai materiali da riciclo dove le procedure amministrative si arrestano spessissimo sulla personale visione interpretativa che delle norme nazionali fanno le amministrazioni locali che, non di rado, da un lato, rivendicano autonomia (interpretativa, legislativa, regolamentare e chi più ne ha più ne metta) e dall’altro, quando si tratta di prendere decisioni che a quell’autonomia competono, aspettano “input” dal centro.

 

Molti attori e molte angolazioni che esitano in una realtà scheggiata e ferita.

 

Anche limitare per legge i tempi dei procedimenti amministrativi non sempre è sufficiente perché ormai le Autorità competenti richiedono anche documenti non previsti dalla disciplina di riferimento e reperirli allunga i tempi. Il tutto governato dall’ansia (più o meno) consapevole di voler prevedere tutto, in termini perentori e definitivi; dove le disparità interpretative hanno generato danni enormi in termini di spese di giustizia, vanificazione di investimenti e ovvia alterazione della concorrenza tra imprese, in uno straniante viaggio tra realtà e velleitarismi.

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