News - Editoriali

Roma, 4 maggio 2015

Sistri, lo tolleriamo perché (in fondo) ci somiglia

Rifiuti

(Paola Ficco)

Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero 228 di maggio  2015 della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa

 

Nel super vertice dello scorso 15 aprile, il cd. “Tavolo Sistri” ha riunito intorno a sé rappresentanti delle istituzioni competenti (Minambiente, Ispra e Consip) e delle Associazioni di categoria. Quello che è successo è ormai noto ma non guasta ricordare che entro il 30 giugno il Ministero dovrà pubblicare un bando di gara (predisposto da Consip) per scegliere il nuovo gestore del Sistri. Il bando recherà anche le semplificazioni che connoteranno il futuro sistema: integrazione con i sistemi gestionali delle aziende; verifica dei dati degli utenti; compilazione “off line”; introduzione di certificati virtuali; eliminazione di chiavette e “black box”; unificazione del registro cronologico e scheda movimentazione. A parte le indicate semplificazioni, che da sempre le imprese richiedono e che, a distanza di 5 anni, sono ancora oggetto di richiesta, le proposte di modifica (e le conseguenti aspettative) sono molte: si va dal censimento dei dati a consuntivo per la generazione Mud “on line” alla possibilità di compilazione della scheda produttore da parte del trasportatore; dall’unificazione del registro cronologico per le unità locali all’inserimento dei dati tramite il collegamento tra le targhe e schede movimentazione.

 

È evidente a tutti che, in ogni caso, nulla potrà essere fatto senza delle sostanziali modifiche normative. Che dire? Ci sono tanti modi per garantire la tracciabilità dei rifiuti; l’Italia ha scelto il peggiore. Chiedersi il perché di questo è doveroso, anche perché serve a tracciare una fenomenologia specifica di un modello di comportamento che non ci rende onore ma che, purtroppo, ci appartiene e sembra davvero non possibile sradicare: la mediocrità dell’uomo medio. Quella stessa mediocrità che, nel 1961, Umberto Eco poneva alla base del successo di Mike Bongiorno nella sua insuperata fenomenologia del “gaffeur” nazionale il quale “rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello”.

 

È proprio la mediocrità, la spinta e il livellamento verso il basso di intelligenze e di contenuti che consentono di convivere con il Sistri e la spiegazione è solo una: il Sistri è lo specchio dell’Italia.

Grazie al suo (in)felice mix di disinformazione e presunzione, di aggressività ammiccante da venditore di spazzole, di furberia e intrallazzi tra l’amicale e il politico, il Sistri restituisce l’essenza più profonda di questo paese nella quale alligna una politica più che mai distante e incompetente.

È lo stesso (in)felice mix che sta rischiando di ridurre l’Expo 2015 ad una fiera paesana sottraendole tutto il potenziale di innovazione che ad un’esposizione universale compete di diritto. Nessuno ha, inoltre, ancora capito perché alcuni godano, per assegnazione diretta, di migliaia di metri quadrati senza essere passati per gara pubblica.

È questo sentire, sempre a metà strada fra il destino e il caso, che provoca l’emorragia di braccia e di cervelli verso l’estero (oltre 60.000 giovani lasciano l’Italia ogni anno, di questi il 70% sono laureati. Fonte Centro studi “La fuga dei Talenti”).

 

Se questo sentire non cambia in fretta moltissimi altri scapperanno a gambe levate (in favore di chi si accontenta che non si spari per strada). E con loro fuggiranno il futuro, la bellezza, il sapere, la ricchezza e il denaro di chi ha (giustamente) pagato per l’istruzione pubblica di chi adesso sceglie (giustamente) di andare via.

Andare via per rivendicare un atteggiamento all’insegna della possibilità e non dell’ideologicizzazione della condotta. Per farsi trasformare dagli incontri con i quali intrecciare la propria esperienza. Per interagire con i problemi ma anche con le passioni più belle sulla cartografia delle opportunità.

In Italia alle opportunità per i giovani non è mai stata consentita la resa geniale che meritavano ma solo quella (ormai) irrimediabilmente ottusa dei progetti mai realizzati e delle emergenze.

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