Delitti ambientali: equilibrio e pacata misura non sono oggetti inconquistabili
Rifiuti
Presentiamo l'editoriale di Paola Ficco pubblicato sul numero di febbraio della Rivista Rifiuti — Bollettino di informazione normativa
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Tra (in)efficienza e precariato stabile anche il diritto penale dell’ambiente sembra ormai giunto a un punto di svolta. Infatti, il Ddl recante l’inserimento dei delitti ambientali nel Codice penale è stato approvato dalla Camera e ora è all’esame del Senato con il n. 1345.
Il testo approvato dalla Camera propone l’introduzione di quattro nuovi delitti nel codice sostanziale: inquinamento, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività e impedimento del controllo.
Tra i noti motivi che sottendono a tale introduzione si ricorda la scarsa forza deterrente degli attuali strumenti sanzionatori dovuta soprattutto alla loro natura (in massima parte) di contravvenzioni e non di delitti, con tutto quel che ne consegue in termini di limitazioni sia dei tempi di prescrizione sia degli strumenti investigativi. A tacere della possibilità di accesso alle rogatorie internazionali. Insomma un sistema che ha sicuramente bisogno di un ripensamento e di una necessaria rivisitazione del paradigma di riferimento. Un cambio di passo che, però, non deve far dimenticare l’equilibrio.
Nel dibattito tra fautori e detrattori del Ddl si assiste, infatti, ad un indicare come “demagogica” la posizione di chi chiede che i principi di ragionevolezza e di tassatività della fattispecie penale non vengano meno. Non c’è niente di demagogico nel voler sapere esattamente quale sia la condotta punita, affinché si possa conoscere con sufficiente precisione ciò che è penalmente lecito o meno, per circoscrivere in limiti definiti l’attività interpretativa del giudice.
È questa la concezione formale di legalità come è stata creata dalla tradizione democratica occidentale in perfetta antitesi con quella sostanziale, tipica degli ordinamenti più o meno assolutisti. In altri termini: è reato solo quanto è previsto come tale dalla legge e non ciò che è considerato socialmente pericoloso, anche se non è previsto dalla legge.
Si pensi al disastro ambientale che, presente nel nuovo Ddl, prevede la reclusione da 5 a 15 anni. Non è uno scherzo ma la sua definizione si presta, sin da ora, a diverse letture. È questo un motivo più che sufficiente per chiedere che la relativa definizione sia perfetta e “oggettivizzata” fin da subito, senza rinviare (per la fretta di un risultato politico) ad un disarmante quanto incerto domani.
Il nuovo Ddl, invece, deve essere una grande occasione per l’Italia ma è necessario che esprima incedere sicuro, rigore e chiarezza esemplare per poter punire davvero e pesantemente quando necessario.
Gergalità, sensazionalismo, giudizio morale e citazioni non devono affollare i tanti piani dell’indagine che il Legislatore deve compiere prima di decidere su un settore così delicato che tocca tutti così da vicino, spesso emozionandoci.
Per questo non si dove aver paura di distinguere (e nettamente) tra chi abbia agito a titolo di dolo e chi, invece, a titolo di colpa e magari si attivi anche per la riparazione (ad esempio messa in sicurezza).
Ma questo distinguo non viene fatto; anzi, il Senato sta pensando di applicare la confisca obbligatoria anche ai reati colposi.
Dosando tra cronaca, commenti, documentazione, emozioni e quel pizzico di personale che ciascuno di noi mette nelle cose, occorre raggiungere la distinzione netta tra l’operato della criminalità organizzata e quello di chi, nell’ordinario esercizio dell’attività d’impresa, vìoli a titolo di colpa le norme poste a presidio dell’ambiente.
Anche perché non sempre queste norme sono chiare, non sempre le autorizzazioni sono rispondenti alla legge e, solo raramente, la Pubblica amministrazione è collaborativa e competente.
Nel settore delle autorizzazioni ambientali, si assiste da sempre ad una straordinaria attrazione verso la creatività, dove la periferia spesso risponde al centro con personali convinzioni, declinando una irresistibile tendenza alla creazione di teorie (non di rado) assurde ma che, esposte in modo serio e articolato, obbligano a seguirne trame e (in)coerenza costruttiva.
Occorre riflettere perché, eliminando alcuni monumentali errori, quello che oggi sembra perdita può essere invece sopravvivenza.
La realtà è multiforme ma l’equilibrio e la pacata misura non sono oggetti inconquistabili.
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