Impianti recupero rifiuti, P.a. deve risarcire chiusura illegittima
Rifiuti
Non è scusabile l'errore della Provincia che, a seguito di campionamenti effettuati in violazione di un quadro normativo “sufficientemente univoco”, ha revocato l'autorizzazione a un impianto di recupero di rottami ferrosi.
Il Consiglio di Stato (sentenza 2195/2014) ha così confermato la condanna della Provincia a risarcire a un impianto di recupero il danno derivante dalla lesione di un legittimo diritto di iniziativa economica.
I campionamenti alla base dei provvedimenti provinciali (prima di diffida e poi) di revoca dell'autorizzazione, effettuati pochi giorni dopo il riavvio dell'impianto seguito a consistenti periodi di fermo, sono infatti da considerarsi inattendibili perché secondo le norme vigenti al tempo dei fatti (Dpr 203/1988 e Dm 124/2000), avrebbero dovuto essere svolti solo dopo che il forno fosse stato messo in condizione di operare a pieno regime.
È quindi evidente l'eccesso di potere che vizia gli atti della P.a., così come, ai fini del risarcimento del danno, il nesso di causalità tra la condotta e l'evento lesivo (alla luce del criterio del “più probabile che non”) e la colpa della Provincia (che pure era stata avvisata dalla Regione).
Impianto di recupero rifiuti contenenti stagno e rame - Emissioni - Campionamenti - Dpr 203/1988 e Dm 124/2000 - Da svolgersi dopo che l'impianto è entrato a regime - Revoca autorizzazione - Illegittima - Risarcimento danno per lesione diritto iniziativa economica - Sussiste
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