News - Editoriali

Roma, 6 giugno 2014

Abiti usati: un esempio di disordine nazionale in un grandioso e sinistro videogame

Rifiuti

(Paola Ficco)

Presentiamo l'editoriale a firma di Paola Ficco pubblicato sul numero di giugno della Rivista Rifiuti

 

 

 

Tutto è rifiuto, niente è rifiuto. Dipende.

Le regole esistono ma spesso è come se non ci fossero, oppure si piegano al servizio dello sperimentalismo interpretativo (e del lucroso affare che c’è dietro). Anche sui rifiuti, dunque, l’Italia è sempre in bilico tra destino e caso. Un’assenza di struttura e di disegno che la trasforma in un grandioso e sinistro videogame, in un idolo “kitsch” invocato da chi propina la surreale e salvifica ricetta che lo porterà ai vertici di qualche importante ufficio. Il Principe di Machiavelli sosteneva che “la fortuna dimostra la sua potenza dove non è stata predisposta virtù che le resista”. La virtù è solo la competenza. Ed è questa competenza che in Italia non c’è praticamente più, in tutti i settori. In quello dei rifiuti c’è assoluta necessità di conoscenze tecniche e scientifiche perché non è più possibile lasciare l’ultima parola delle scelte di programmazione (economica, sociale e ambientale) alla competenza (per quanto altissima) del Giudice amministrativo.

La soluzione non sarà certo il “Senato delle competenze” perché il percorso culturale che portò Verdi, Carducci, Verga, Croce, Manzoni a decidere cosa sarebbe successo dell’Italia, è irrimediabilmente perso. Sacrificato sull’altare della politica che, da molto tempo, ha smesso di essere un’arte e si è allontanata dalla conoscenza e dalla cultura. Il tratto più evidente di tutto ciò è l’accesso facile, legalizzato, coccolato, difeso e indiscriminato al gioco d’azzardo. Fatto accettare dolcemente, fin dalla più tenera età, anche mediante la lobotomizzazione quotidiana che da 11 anni Rai 1 pratica alle 20,30 con il gioco dei pacchi (“Affari tuoi”) i cui toni esasperanti (e quasi allarmanti) “allietano” serata e cena di milioni di persone abituandole all’azzardo che tutto è tranne che un gioco, semmai un’idiozia.

I tecnocrati spesso non hanno competenze vere, presidiano la nostra Pubblica amministrazione, ingrigiti schiavi (anch’essi) di procedure sempre più rigide che non salvano niente e non aiutano nessuno, salvo conservare la poltrona di chi le ha inventate e di chi deve farle osservare.

L’incapacità nazionale di monitorare i vari settori per averne una precisa conoscenza si ripercuote anche nel settore dei rifiuti, sempre più impreparato e fragile. Sicuramente è per questo che l’Italia ha pensato bene di risolvere il problema trasformando la capacità gestionale in un parapiglia sommario che vede nell’esportazione l’unica possibile soluzione: in parte verso il nord Europa (ben felice di ricevere combustibile per generare energia) e in parte verso il Far East (ben felice di trovare materie prime nei risultati delle nostre raccolte differenziate).

Ma anche sul fronte dell’esportazione nulla è come sembra, o meglio non tutto è uguale per tutti. Si pensa agli abiti usati: un caso scuola del disordine in bilico tra (presunta) carità e (reale) violazione delle regole. Spesso nei cassonetti ci sono scarpe, borse, cinte ecc. Questo “mix” fa sì che gli abiti usati migrino dalla Lista verde (e Allegato VII) alla Lista ambra (e notifica). Ma lo fanno davvero tutti? Certamente no. Questo perché i costi della notifica non sono quelli della lista verde. Quindi, non conviene. E i controlli dove sono? C’è stata una sentenza della Corte di Giustizia (25 giugno 1998), non c’è bisogno di alcun parere ministeriale.

Con altra sentenza, ancora la Corte di Giustizia (Tombesi, 25 giugno 1997) ci ha insegnato che lo scopo della direttiva sui rifiuti non è quello di istituire una libera circolazione dei rifiuti “bensì garantire che il loro trattamento persegua la tutela ambientale”.

Gli abiti usati (al pari di bottiglie, carta, vetro, metalli eccetera) che come cittadini depositiamo nei cassonetti stradali, sono rifiuti. La definizione di “rifiuto” è uguale per tutti e quella di “riutilizzo” passa per la emanazione di decreti ministeriali (mai adottati). Fino ad allora, gli abiti usati vanno raccolti nei cassonetti e gestiti come rifiuti da soggetti autorizzati.

Insomma, in Italia neanche i rifiuti riescono ad essere delle risorse gestite in modo coerente e univoco. Ma anche i rifiuti, come ormai tutto, sono solo una moderna Melpomene, la greca musa ispiratrice della poesia tragica che cercava ordine nel caos.

 

© Copyright riservato - riproduzione vietata - ReteAmbiente Srl, Milano - La pirateria editoriale è reato ai sensi della legge 633/1941

Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598