La "pulp fiction" dei rifiuti: un dramma scontato in un'Italia che non conosce il valore del merito
Rifiuti
Giano bifronte, uno sguardo rivolto in avanti e uno all’indietro. Il dio degli inizi, delle porte e dei passaggi che presidia i giorni andati che si sgretolano e quelli futuri non ancora vissuti, quasi uno spettatore del divenire.
È l’arcaica divinità, cui la tradizione ha dedicato il mese di gennaio, che sembra essere il vessillo più adatto sotto il quale in Italia si può collocare la tracciabilità dei rifiuti.
Era il 13 gennaio 2010 e sulla Gazzetta ufficiale veniva pubblicato il Dm 17 dicembre 2009. Nasceva il Sistri. Il futuro. Ci fosse stato, il dio dei passaggi chiudeva una porta e ne apriva un’altra, fatta di informatica, dematerializzazione e (fra le molte) archiviazione del Mud.
Era il 27 dicembre 2013 e sulla Gazzetta ufficiale veniva pubblicato il Dpcm 12 dicembre 2013 recante il nuovo Mud. Un passato che, per quanto già sgretolato, ritorna. Mentre i registri e i formulari continuano (per fortuna) ad essere degli “evergreen”.
La chiusura delle porte del Tempio di Giano nella Roma antica simboleggiava una età di pace. Oggi, nel fluire e rifluire degli eventi che ci affannano, le porte del tempio sarebbero spalancate. Eh già, perché non è stata siglata nessuna pace; in questa doppia faccia del tempo c’è solo un limbo stagnante di passato e di futuro che confluiscono in un disordinato presente dove mutamenti e cambi di passo fanno da controcanto al tempo che, inesorabilmente, fugge. Restano le cose e la loro materialità, con l’inevitabile e altissima dose di persistenza e inerzia.
Tutto è accaduto e nulla accade mai; in una specie di gioco pretestuoso e sperimentale le imprese nazionali sono ferme, dopo infinito tempo, a fare ancora i conti con la contingenza, cioè con quel carosello di volontà e caso sempre scivoloso e alla mercé del primo che passa o dell’ultimo arrivato.
Tutto era scritto nel verbale dell’audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 7 ottobre 1997. Un verbale secretato per sedici anni e declassificato solo da pochissimo tempo. Tutti sapevano tutto, ma su questo sapere calava la pietra tombale del segreto di Stato.
La tragedia dei rifiuti italiani è frutto del perenne italico vivere sulla soglia tra legalità e illegalità, dove sullo sfondo il mantra sinistro dell’ecomafia alita veleno. Dove ai camion che Schiavone affermava venire dalla Germania con i fanghi nucleari si è risposto con pratiche che di pragmatico avevano solo l’ambizione, come i dibattiti sul deposito cauzionale o sui “rifiuti zero”. È stato il tempo della storia dentro una storia ostinata e cattiva che ha sabotato la nostra vita. Il link al verbale dell’interrogatorio è in calce a questa pagina.
Un monito, affinché tutto questo non debba succedere mai più. Una specie di “pulp fiction” che, pur non annunciando alcuna novità, fa tremare.
In questo settore di reale e razionale non c’è mai stato veramente nulla, solo l’affanno dei maquillages legislativi, delle occasioni perdute, dell’idea bigotta e remissiva di un “destino” colpevole di tutto.
Lo scempio dei rifiuti in Italia non è che l’ovvio risultato di un paese che, a rischio perenne di fatalità, fa della superstizione il suo credo. Un paese dove la politica è ancora lontana anni luce dalla necessità di ricostruirlo a partire dalla testa delle persone, ponendo i saperi al centro dei sistemi decisori. Un paese dove il sistema educativo pensa che il modello di admission all’Università di Oxford sia una parolaccia perché selettivo. Un paese dove quella politica è figlia di questo sistema educativo. Invece, la valorizzazione del merito deve essere un imperativo categorico. In difetto, non abbiamo alcuna speranza di conservare le basi della democrazia. Ma, in una grande farsa, il difetto di saperi e competenze, condito con l’alchimia dell’apparire, è di grande utilità perché così sua maestà lo Scempio può insinuarsi nelle basse frequenze del quotidiano dove ognuno ha il suo personale vocabolario per un lavoro di traduzione che diventa sempre più lento e insensibile, nonostante l’accelerazione delle connessioni e delle reti. O forse proprio per questo.
Audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone
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