Cassazione, il “ruscellamento” non è scarico

Acque

Parole chiave: Acque | Cambiamenti climatici | Rifiuti

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La Corte di Cassazione sottolinea nuovamente che per la configurabilità del reato di scarico non autorizzato di acque reflue si deve essere in presenza di un sistema stabile di collegamento tra la fonte di produzione del refluo e il luogo di immissione.

Con la sentenza 25037/2011 la Cassazione ha così escluso che le acque reflue provenienti dagli impianti di un frantoio, depositate sul terreno e confluenti in un vicino canale per effetto di “ruscellamento”, possano costituire quel “sistema stabile di collettamento” previsto dalla definizione di “scarico” contenuta nel Codice ambientale (articolo 74 del Dlgs 152/2006).

Rimane fermo il fatto, sottolinea la Cassazione, che in assenza di una condotta di scarico le acque reflue devono qualificarsi rifiuti liquidi.

La Suprema Corte ne ha approfittato per sottolineare che in punto di diritto “ben può configurarsi il concorso della contravvenzione di cui all’articolo 674 C.p. (Getto pericoloso di cose) con la fattispecie di cui all’articolo 137 (scarichi non autorizzati) o 256 (gestione di rifiuti non autorizzata) del Dlgs 152/2006”.