Le acque di falda da escavazione non sempre sono “industriali”
Acque
Quando non “intorbidate” da residui dei lavori, le acque di falda derivanti dall’attività di scavo di un cantiere sono assimilabili alle acque reflue domestiche, il che esclude la sanzione penale per gli scarichi non autorizzati.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 22 marzo 2011, n. 11494) in un caso di scarico diretto in mare non autorizzato delle acque di falda estratte in un cantiere edile.
Alla luce della definizione di “acque reflue industriali” contenuta nell’articolo 74 del Dlgs 152/2006, sottolinea la Suprema Corte, l’acqua di falda da escavazione non può essere assimilata tout court alle acque reflue industriali, ed è quindi necessario che le stesse siano in qualche modo contaminate dai residui dei lavori di scavo e cantiere, per sottrarle al più blando regime previsto per le acque reflue domestiche.
In tali casi la mancanza dell’autorizzazione comunque prescritta dall’articolo 124 del “Codice ambientale”, non implica affatto l’assoggettamento a sanzione penale.
Tutela delle acque - Articolo 137, Dlgs 152/2006 - Scarichi acque di falda in acque superficiali - Mancata autorizzazione non comporta assoggettamento a sanzione penale
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte III - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche
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