News - Editoriali

Roma, 1 marzo 2010

Rifiuti: i decreti attuativi delle tariffe non esistono e i criteri di assimilazione risalgono a 26 anni fa

Rifiuti

(Paola Ficco)

Pagamento servizio di gestione dei rifiuti urbani. La quasi totalità dei Comuni italiani è ancora nel regime Tarsu (circa l’85%), il resto sperimenta la Tia. Tutto bene? No; la disciplina normativa, sul punto, è quanto mai lacunosa e stratificata grazie a proroghe e norme prive di disegno ed obiettivo. Forse perché il difetto di memoria storica tradisce l’agire legislativo, forse perché i rifiuti urbani sono considerati un problema “a latere” (salve le esplosioni improvvise di emergenze annunciate e l’implodere di altre più antiche). Il secondo è un dato culturale che nasce dai concetti di etica e di politica del territorio (anche declinati insieme) e sul quale si dovrebbe dire molto più di quanto queste poche righe mi concedono. Sul difetto di memoria storica, invece, provo a fornire un aiuto a chi (poiché legifera) dovrebbe averla più salda della mia. I fatti, però, dimostrano la carenza.

 

Dunque, la tariffa sui rifiuti urbani venne istituita dall’articolo 49 del “Decreto Ronchi” ove si prevedeva un regime transitorio affinché i Comuni coprissero i costi del servizio e, accedendo ad una contabilità separata, passassero da Tarsu a Tia. Infatti, con la Tarsu moltissimi Comuni coprivano solo parte dei costi e il residuo lo ricavavano dalla contabilità generale (come, del resto, accade ora). Tale regime transitorio risiedeva nel Dpr 158/1999 che dava alla Tia una struttura binomia dove trovavano posto una quota fissa e una variabile. Dal 1° gennaio 2008 la Tia sarebbe stato l’unico regime applicabile, tuttavia, di proroga in proroga, il termine è stato diluito fino a giugno di quest’anno.

 

Il “Codice ambientale” (Dlgs 152/2006) ha abrogato la Tia di cui al “Decreto Ronchi” e ne ha introdotta un’altra (articolo 238) prevedendo appositi decreti attuativi. Nelle more dell’emanazione, resta valida la disciplina regolamentare pregressa. Tali decreti non sono stati emanati; pertanto, ritorna di stretta attualità il Dpr 158/1999 che (salvo ulteriori proroghe) dovrà essere adottato da tutti i Comuni italiani per passare dalla tassa alla tariffa da giugno 2010. Dei decreti (dopo quattro anni dall’entrata in vigore del “Codice ambientale”) non c’è traccia; nello schema di recepimento della direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti che modifica profondamente la parte IV del “Codice”, l’articolo 238 non è sfiorato.

 

Che dire dell’altra tariffa, quella che le imprese dovrebbero pagare su una serie di rifiuti speciali assimilati agli urbani e conferiti al gestore pubblico, prevista dall’articolo 195, comma 2, lettera e), “Codice ambientale” (anch’essa prorogata ed esitante ad aprile 2010)? Manca il Dm sull’assimilazione (citato ben due volte nell’ambito della stessa lettera e)). L’unica norma al riguardo esistente è la delibera Cipe 27 luglio 1984. Sono passati 26 anni.

 

Mentre ci si dedica al Sistri (a proposito, ma il contributo è soggetto ad Iva? E se sì, la fattura chi la emette? Il Ministero, il Sistri, l’Albo, le Cciaa?) un sano sistema economico, principale elemento salvifico per una gestione non emergenziale del problema rifiuti, è inesistente.

Una logica di gattopardiana memoria dove tutto cambia affinché tutto rimanga uguale.

 

 

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